Giuliano l'Apostata
Alla morte di Costantino (avvenuta nel 337, poco dopo il battesimo
dell'imperatore) l'Impero fu diviso fra i tre figli Costantino II, Costanzo e
Costante che, per evitare opposizioni, compirono un massacro di quasi tutti i
parenti. Dopo altre violenze e assassinii l'Impero rimase a Costanzo, che nel
355 diede il titolo di Cesare a Giuliano, figlio di un fratello di Costantino,
mandandolo in Gallia. Ma le truppe nel 360 proclamarono Giuliano imperatore a
Lutezia (Parigi), e la morte di Costanzo, il quale poco prima aveva ricevuto il
battesimo, evitò la guerra civile. Rimase così solo imperatore Ginliano, che
passò alla storia col nome di Apostata (361-363).
Giuliano aveva avuto educazione cristiana, ma per le sue tendenze, per
i suoi studi, entusiasta della filosofia greca, abbandonò il Cristianesimo e
concepì l'idea di restaurare la cultura e la religione pagana, ma in forma più
filosofica che religiosa e non accessibile alla plebe. A Costantinopoli fu
accolto con entusiasmo e si diede alle riforme amministrative e finanziarie,
lottando contro il fiscalismo e la corrotta burocrazia; alleggerì le province
dai carichi più pesanti; restaurò le finanze; provvide alla nettezza della
giustizia; reagì contro la mollezza e l'inerzia.
Ma la sua preoccupazione maggiore fu di arrestare lo sviluppo del
Cristianesimo, pur senza bandire vere persecuzioni di cristiani. Li allontanò
dalla corte e dai posti di responsabilità; la Chiesa fu privata di ogni
privilegio e protezione; templi cristiani furono occupati o distrutti; la
religione pagana riaveva le sue prerogative ufficiali. Ma questo tentativo
anacronistico falli completamente.
Ispirandosi all'esempio di Alessandro Magno e di Marco Aurelio,
Giuliano allestì una spedizione contro i Persiani, ma morì sotto le mura di Ctesifonte
(363).