Giotto
Giòtto: pittore italiano (Colle di
Vespignano nel Mugello, Firenze, 1267 circa - Firenze 1337). Molto incerte sono
le notizie sulla sua prima educazione artistica. I più lontani segni della sua
attività sembra si possano ricercare ad Assisi, dove avrebbe lavorato
nell'ultimo decennio del secolo, eseguendo alcune delle Storie del Vecchio e
del Nuovo Testamento nei registri più alti della navata della basilica
superiore. Gli affreschi tutti assai guasti, rivelano modi desunti da Cimabue e
dai pittori romani, seguaci del Cavallini, succeduti a Cimabue nella
decorazione della basilica, unitamente a elementi ancora bizantini nel sistema
cromatico con lumeggiature sovrapposte e frastagliate. In alcune scene tuttavia
(ad es. la Deposizione) già si realizza il sentimento nuovo di uno spazio
concreto, attraverso la disposizione delle figure, chiuse entro fermi contorni,
e il loro rapporto con gli elementi del paesaggio. È probabile che, dopo
l'esecuzione di questo primo ciclo di affreschi, Giotto sia andato a Roma:
nella serie dei ventotto riquadri con le Storie di san Francesco, dipinte
nell'ordine inferiore della navata della basilica superiore d'Assisi, si
avverte infatti una più diretta esperienza dei modi cosmateschi nelle
architetture dipinte sugli sfondi e, soprattutto, si sente la suggestione
dell'arte di Arnolfo di Cambio, che consentì al giovane artista di dare maggior
vigore al risalto plastico delle sue figure. Alla realizzazione di queste forme
monumentali si adeguano alcune residue consuetudini bizantineggianti, come il
lumeggiare violento, che qui diviene «mezzo più energico alle impressioni di
massa e di rilievo» (Toesca). Giotto certamente ideò l'intero ciclo, ma per
l'esecuzione si valse di collaboratori, tra i quali emerge il Maestro della
Santa Cecilia. Nelle scene dipinte da Giotto, databili verso l'ultimo
quinquennio del Duecento, vi sono pochi personaggi essenziali, le composizioni
sono chiare e ordinate in modo da dare la massima evidenza al racconto degli
episodi, condensati nei loro momenti più drammatici e significativi. Le
immagini hanno potente risalto e il paesaggio, le architetture, i riferimenti
ambientali non servono semplicemente da sfondo alle figure, ma si articolano
con queste in modo da creare uno spazio commisurato ai moti e ai gesti dei
personaggi e da conferire la maggior vivezza narrativa ai vari momenti della
leggenda francescana, sottolineandone i più profondi significati. La Rinuncia
ai beni terreni, il Miracolo dell'assetato, la Morte del cavaliere di Celano,
la Predica davanti a papa Onorio, l'Apparizione al Capitolo di Arles sono i
soggetti di alcuni tra i più bei riquadri di questo ciclo che segna, nel
percorso stilistico di Giotto, la conquista della piena padronanza della forma,
intesa come sintesi di spazio e di rilievo, e dà inizio così a una nuova
tradizione figurativa. Importante in questo percorso è l'incontro con i modi
del Cavallini, avvenuto a Roma, che rende meglio comprensibile il successivo
passaggio a una modellazione delle forme più dolce e fusa rispetto a quella dei
primi tempi. Le opere che documentano, nonostante i rifacimenti, questo
contatto sono il mutilo affresco in San Giovanni in Laterano (Bonifacio VIII
che indice il Giubileo) e il mosaico della Navicella per il portico di San
Pietro.
Degli stessi anni,
intorno al 1300, dovrebbe essere il Crocifisso di Santa Maria Novella a
Firenze, dal bellissimo modellato del corpo. Fra il 1303 e il 1305 Giotto era a
Padova, dove decorò l'interno della cappella degli Scrovegni con le Storie della Vergine nell'ordine superiore, la Vita
di Cristo in quello mediano, i Vizi e le Virtù, a monocromo, in quello
inferiore, entro finte edicole, l'Angelo e la Vergine Annunziata nell'arco
trionfale, il Giudizio universale nella controfacciata e, sulla volta a botte
della navatella, Cristo benedicente, la Vergine e i Profeti entro medaglioni.
Questi affreschi sono il frutto della maturità artistica di Giotto: c'è qui una
compostezza e una maggior distensione delle forme che ad Assisi; il tono del
racconto si è fatto più grave e pacato. Tale semplificazione è frutto della
diversa concezione della luce, intimamente fusa col colore. Anche il paesaggio,
ancora più sobrio ed essenziale che ad Assisi, è in perfetta rispondenza col
ritmo del racconto. Si vedano, ad es., l'Annuncio ad Anna, l'Incontro di Anna e
Gioacchino, la Fuga in Egitto, la Cattura di Cristo, la Deposizione. Per la
cappella degli Scrovegni, in cui concorse l'opera di alcuni collaboratori,
evidente in certe discontinuità dell'esecuzione, Giotto dipinse anche un
Crocifisso, che nel rilievo e nella modulazione del chiaroscuro testimonia,
insieme con gli affreschi, la maturità dello stile giottesco.
Nell'ultimo
trentennio della vita, l'attività di Giotto si intensificò ulteriormente: oltre
alla Dormitio Virginis (Berlino, Staatliche Museen), al polittico Stefaneschi
(Roma, Pinacoteca vaticana) e ad altri polittici, pale e crocifissi, usciti
dalla sua bottega e oggi smembrati in numerose collezioni, le opere più
importanti sono la pala di Ognissanti (Firenze, Uffizi), nella quale i colori
fusi in gamme luminose e i volumi dal rilievo netto esaltano l'immagine
monumentale, architettonica della Vergine, e gli affreschi, eseguiti non prima
del 1317, con le Storie dei santi Giovanni Battista ed Evangelista nella
cappella dei Peruzzi e le Storie di san Francesco nella cappella dei Bardi in
Santa Croce a Firenze. Nei secondi, meglio conservati, le figure stesse creano
l'architettura e si identificano con essa in un perfetto equilibrio,
raggiungendo una più spiegata e statuaria monumentalità. Nel 1334 Giotto venne
eletto capomaestro dell'Opera di Santa Reparata (la cattedrale di Firenze) e
iniziò la costruzione del campanile, definito con precisione ai quattro spigoli
della sua struttura dai robusti contrafforti a sezione ottagonale. Sembra che
alla morte dell'artista la costruzione del campanile fosse giunta alla prima
cornice; fu continuata da Andrea Pisano e terminata nel 1357 da Francesco
Talenti e Neri di Fioravante i quali abolirono la cuspide piramidale che
l'avrebbe, forse, completata alla sommità. Nessuna diretta testimonianza ci è
rimasta dei viaggi e dei soggiorni di Giotto d'importanza determinante per il
corso dell'arte negli anni che seguirono oltre che ad Assisi, a Roma e a
Padova, a Rimini, dove fu prima del 1313 ed eseguì il solenne Crocifisso del
Tempio Malatestiano, a Verona, a Napoli, dove la sua presenza è documentata da
carte d'archivio tra il 1329 e il 1332, a Milano, dove fu chiamato da Azzone
Visconti nel 1335-1336.