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Condizione della donna nell'IslamNavigazionec
La condizione della donna è una delle realtà
dell'Islam che più sconcertano l'Occidente. Dal punto di vista religioso non
sembrano esserci problemi; per la legge islamica la donna è ontologicamente
uguale all'uomo, ha gli stessi doveri, non c'è per essa alcuna discriminazione
nella vita eterna che l'attende dopo la morte. I problemi cominciano quando dal
campo religioso si passa a quello sociale.
Stabilisce infatti il Corano: «gli uomini sono preposti alle donne
perché Dio ha prescelto alcuni esseri sugli altri e perché essi donano dei loro
beni per mantenerle.»
Questo significa, in pratica, che la donna, finché rimane in
famiglia, è sottoposta all'autorità del padre e dopo, quando si sposa, passa
sotto l'autorità del marito. Paradossalmente esclusa da questa tutela ( wilaya
) è la nubile non più giovane ( anīs ) che può in tutto e per tutto
gestirsi senza dipendere dall'altrui beneplacito.
Naturalmente, nel mondo islamico, le donne non vivono una condizione di libertà
uguale in tutti i Paesi, per cui per parlare dei diritti delle donne islamiche
occorre fare delle distinzioni.
In alcuni Stati esse hanno ormai ottenuto parecchi privilegi una volta destinati quasi esclusivamente agli uomini, ma negli Stati più tradizionalisti e in quelli che mirano alla reintroduzione a pieno titolo della sharīa, dove le norme del Corano sono interpretate ed applicate in maniera più rigida ed estrema, le donne non vivono una situazione egualitaria in termini di libertà, e sono considerate ad un livello inferiore rispetto all'uomo.
Il principio della superiorità maschile è enunciato dal Corano nella sura IV, detta al-Nisa (delle donne), al versetto 34:
«Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono [per esse] i loro beni. Le [donne] virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse. Allah è altissimo, grande»
Così, in virtù di questo precetto, le donne sono private persino dei fondamentali diritti umani e civili: non godono della libertà di spostamento, della libertà di espressione e di parola; non possono procedere negli studi né tanto meno fare carriera o ricoprire cariche o posizioni di responsabilità in campo civile o religioso. Non possono decidere il proprio destino né quello dei propri figli e sono totalmente sottomesse all'uomo, da cui possono venire ripudiate (e non viceversa). Sono eventualmente costrette a convivere con altre mogli scelte dall'uomo; e sono obbligate a coprire il proprio corpo e spesso anche il viso.
La poligamia è lecita e prevista dal Corano per gli uomini con la limitazione se temete di non essere giusti con loro sposatene una sola o le ancelle in vostro possesso. Questa limitazione ha indotto alcuni commentatori modernisti ad affermare che, poiché è impossibile essere giusti con più di una donna la poligamia è virtualmente illecita.
Al v. 15 della stessa sura si dice se alcune delle vostre donne avranno commesso atti indecenti portate quattro testimoni contro di loro, e se questi porteranno testimonianza del fatto, chiudetele in casa fin che non le coglierà la morte o fin quando Dio apra loro una via. Dai commentatori questa punizione s'intende abrogata dal v. 2 della sura 'della Luce', in cui si afferma che l'adultera e l'adultero siano puniti con cento colpi di frusta ciascuno alla presenza di un gruppo di credenti, ma in questo caso si parla di adulterio mentre nell'altra sura si parla di atti indecentie i commentatori non sono d'accordo se per atti indecenti debba intendersi l'adulterio.
Secondo il Corano l'uomo può ripudiare la moglie e non v'è
nessun accenno che la moglie possa farlo nei confronti del marito. Nella sura
'della Luce'. il v. 31 prescrive che le credenti abbassino gli
sguardi e custodiscano le loro vergogne, non mostrino troppo le loro parti
belle ad altri che agli uomini della famiglia e non battano i piedi sì
da mostrare le loro parti nascoste. Secondo un'usanza che è precedente al
Corano questo versetto proibirebbe alla donne di mostrare il volto e quindi
avrebbe giustificato nei tempi passati l'esistenza dei ginecei (harem)
in cui erano rinchiuse le donne, custodite nel caso di personalità di grande
ricchezza, da guardiani evirati, nonché l'uso oggi in certi Stati islamici di vesti
che coprono interamente il viso. Circa l'obbligo di portare il velo e coprire
il volto non c'è alcun versetto che lo prescriva espressamente. Circa il
divieto di battere i piedi forse ci si riferisce alla non liceità del ballo per
le donne musulmane.
Nella sura 'del Misericordioso' si parla del paradiso con le vergini
a disposizione degli uomini ma è pur vero che lo stesso Testo sacro islamico
afferma che esistono anche ghulam (schiavi, paggi). Insensati i
commenti di certi esegeti secondo cui a popolare l' inferno sarebbero in
maggioranza le donne, anche se questo attesta una certa qual attitudine mentale
maschilista, fortemente presente nella cultura islamica.
Se tutto ciò appare in qualche modo soggetto a interpretazione ( ijtihad
), sì da smentire chi affermi apoditticamente che il velo o la supremazia dell'uomo
sulla donna siano previsti, nella loro accezione più avvilentemente
maschilista, dal Corano, ben diversa è la situazione legata al diritto
ereditario. È infatti detto in merito
all'eredità ai figli Iddio vi raccomanda di lasciare al maschio la parte di
due femmine e in molti altri punti del Corano si evidenzia uno stato
d'inferiorità della donna rispetto all'uomo, anche se sono frequenti le
raccomandazioni ai mariti di trattare con gentilezza e giustizia le loro mogli
anche nei rapporti sessuali, in caso di poliginia. Ovviamente alle donne non è
concesso avere più di un marito.
In Iran la condizione della donna ha subìto vari mutamenti nella storia, a seconda del leader spirituale
Reza Pahlavi, divenuto Scià nel 1926 cominciò, con metodi
dittatoriali, un iter di modernizzazione del Paese in senso occidentale che in
qualche modo aiutò le donne, bandendo il velo e aprendo anche alle studentesse
l'Università di Teheran (1936). Il figlio, Mohammad Reza Pahlavi, succedutogli
nel 1942, proseguì la politica di modernizzazione del padre, ampliando i
benefici riguardanti le donne, ed adottando una serie di provvedimenti che
favorirono l'emancipazione femminile. Queste misure rientravano nel quadro di
un programma di riforme, noto come 'rivoluzione bianca', che avevano
lo scopo di modernizzare l'Iran nel più breve tempo possibile. Con la
"rivoluzione bianca", le donne iraniane, oppresse per tanti secoli dalla sharīa
islamica, finalmente acquisivano il diritto di voto sia attivo che passivo;
lo stato di famiglia veniva riformato con l'introduzione di codici progressisti
che proteggevano il diritto delle donne in questioni come il divorzio e che
limitavano la poligamia.
Ma il sistema politico dello Shah era comunque vessatorio, ed obbligava
il Paese ad un'occidentalizzazione in qualche modo forzata per cui le donne si
ribellarono, opponendo una forma di resistenza passiva: cambiarono così, in
segno di protesta, il loro modo di abbigliarsi ed indossarono un mantello lungo
e largo che copriva tutto il corpo, al posto del Chadòr, ed avvolsero la
testa in un grande foulard. Quando esplose la rivolta di popolo, ispirata dall'Ayatollah
Rū ollah Khomeynī, le donne di ogni estrazione sociale sfilarono
in prima fila opponendosi al regime dello Shah, e spesso utilizzando
proprio lo Chador come metafora della ribellione. Lo Scià fu costretto a
fuggire e il 30 marzo 1979 venne proclamata la Repubblica Islamica
L'Ayatollah Khomeini era decisamente contrario
all'occidentalizzazione inaugurata dalla dinastia Pahlavi, poiché sosteneva che
una politica sviluppata in quel senso avrebbe allontanato la popolazione dai
princìpi del Corano. Per questo motivo, prima ancora che venisse proclamata la Repubblica
Islamica, il 6 marzo 1979, cominciò ad annunciare una serie di misure
restrittive della libertà delle donne: tutti i giudici donne furono privati del
loro incarico, alle donne s'impedì l'accesso alla facoltà di diritto. Khomeini
lanciò addirittura una fatwa in cui si dichiarava formalmente che «le
donne membri e sostenitori dei Mojahedin, il maggior gruppo di
opposizione ai mullah, potevano essere uccise, torturate, violentate e
le loro proprietà confiscate»
Le donne venivano viste come l'incarnazione della seduzione sessuale e del
vizio, e per nascondere tale potere seduttivo, venne imposto un severissimo
codice del costume che doveva essere rispettato da tutte le donne nei luoghi
pubblici. Il hijab (dal termine arabo coprire), doveva essere indossato
da tutte le donne: i capelli ed il corpo ad eccezione della faccia e delle
mani, dovevano essere coperti. Era proibito inoltre l'uso di cosmetici e
sorridere per strada. Alle donne veniva nuovamente negato l'accesso
all'istruzione superiore e non potevano nemmeno lavorare senza il consenso del
marito. Chiunque avesse infranto queste leggi veniva sottoposto a punizioni:
queste variavano dalla reprimenda verbale a 74 frustate fino
all'imprigionamento da un mese a un anno. La più grave di tutte era la morte
per lapidazione. Questa, tutt'ora praticata, è una forma di punizione legale in
caso di condotta sessuale indegna, il cui scopo è quello di infliggere grandi
sofferenze e dolore prima del sopraggiungere della morte. Per quanto riguarda
il matrimonio, l'età legale nella quale le ragazze potevano sposarsi era di 9
anni lunari. La poligamia era legale: gli uomini potevano avere fino a 4 mogli
ed un numero illimitato di mogli temporanee ammesso dal solo Sciismo ma non dal
predominante Sunnismo nell'Islam.
Il potere di prendere tutte le decisioni riguardanti la famiglia, inclusa la
libertà di movimento delle donne e la custodia dei figli, spettava solo ed
esclusivamente all'uomo.
Quando Mohammad Khatami fu eletto Presidente, nel 1997,
vennero introdotte nuove leggi e adottate nuove severe politiche sia nel campo
dell'istruzione che della sanità che avevano come obiettivo quello di segregare
donne e uomini.
Nel 1997 alcuni membri del parlamento suggerirono l'attuazione di alcune misure
restrittive che trasformassero le scuole femminili in 'zone vietate agli
uomini' implicando la condizione che tutti i componenti del corpo docente
e del personale fossero donne.
A partire dal settembre 1999 alle insegnanti donne fu impedito l'accesso in
aule maschili e, viceversa, agli insegnanti uomini fu vietato l'accesso alle
classi femminili.
Anche nel campo della Sanità furono applicate misure segregative, e nell'aprile
del 1997 il Parlamento approvò una nuova legge secondo la quale gli ospedali
dovevano separare, a seconda del sesso, tutti i servizi ospedalieri.
Sempre nel 1997 una delle più importanti branche della magistratura,
specializzata nella lotta contro le manifestazioni della cultura occidentale,
considerata decadente e satanica, su richiesta della fazione più estrema del
regime, introdusse delle nuove regole particolarmente rigide sull'abbigliamento
femminile, emanando una hejab, o codice del costume, rigorosissima. La pena
prevista in caso di non rispetto delle regole andava dalla prigione (da tre
mesi a un anno) all'ammenda e alla flagellazione. Le donne che indossavano «un
foulard leggero che non coprive completamente la capigliatura o il collo» o delle
«gonne senza indossare un lungo mantello sopra», dei «mantelli corti» o dei
«tagli alla moda» o dei «colori sgargianti» correvano seri rischi di essere
arrestate, caricate su pulmini e portate ad un centro contro la «corruzione
sociale». A causa di questo regime così oppressivo, durante il periodo di
Khatami, l'età media delle prostitute è passata dai 27 ai 20 anni, e il numero
delle ragazze fuggite da casa è salito del 30%. È inoltre aumentato il numero
dei suicidi delle donne; ben quattro volte di più rispetto agli uomini.
Con l'avvento del nuovo secolo, le donne hanno preso maggior
coscienza della loro situazione, percependola come un'ingiustizia: nel 2001,
infatti, le donne sono state le protagoniste delle cinque maggiori
manifestazioni in Iran e hanno fatto emergere il loro odio per il regime
misogino dei mullah gridando 'abbasso Khatami, abbasso
Khomenei'. Ma purtroppo la presa di coscienza, sebbene rappresenti un
passo avanti rispetto al passato, non basta a modificare la situazione.
Dall'elezione del nuovo Presidente iraniano la repressione contro le donne è
nettamente peggiorata: il nuovo Ministro della Giustizia Jamal Karimi-Rad ha,
infatti, dichiarato alla stampa, nell'agosto del 2005, che le donne
«impropriamente velate» saranno trattate come se non indossassero per nulla il
velo. L'accusa alle donne è di «non rispettare le virtù islamiche» e di
indossare «vesti repulsive ed immorali». Il bersaglio privilegiato dei gruppi
paramilitari e delle polizie private sono le giovani donne, prese di mira per
cercare di non far perdere le antiche tradizioni islamiche basate sul rispetto
del Corano. Nella città di Shahin-Shahr, il tribunale ha reso noto, tramite
pubblici annunci, che coloro che violeranno il codice d'abbigliamento verranno
portate in giudizio e condannate alla pena di 100 frustate in pubblico.
Ali Khamenei , il supremo leader religioso iraniano, sostiene che le donne del
suo paese non hanno diritto ad un'attività politica e sociale, in quanto il loro unico scopo nella vita
deve essere quello di rimanere a casa, di mettere al mondo i bambini,
allattarli, crescerli ed educarli. Anche da punto di vista fisico, psicologico
ed emotivo, sempre secondo Ali Khamenei, le donne, sono troppo deboli rispetto
all'uomo
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