Cinema e Neorealismo
Si è soliti considerare con "Roma città
aperta" di Rossellini il momento d'avvio del cinema neorealista, di
quella tendenza presto definita come "scuola italiana" che ha suscitato grande
eco in tutto il mondo e contribuì non poco ad orientare nuovi sviluppi
dell'estetica del film che portarono poi al fenomeno del nuovo cinema degli
anni Sessanta. Con la scuola italiana nasce un nuovo modo
di concepire il cinema caratterizzato da nuovi elementi. Innanzitutto
rappresentare con grande autenticità il disperato paesaggio sociale, prima
ancora che politico, della tragica realtà italiana che usciva dal fascismo e
iniziava tra mille contraddizioni la propria ricostruzione resa difficile
dall'arretratezza. Altri elementi importanti sono il
rifiuto di attori professionisti e soprattutto la
scelta di girare in ambienti reali, elementi dovuti non solo ad una
consapevole scelta espressiva ma anche al disastroso stato dell'industria
cinematografica italiana e dei suoi studi di Cinecittà. Questa scelta, o
necessità, di girare in ambienti reali ebbe non poche conseguenze sullo stile. Inquadrature e movimenti di macchine appaiono molto più
improvvisati e disponibili al caso di quanto ciò non accade nel cinema
tradizionale. Ma anche: montaggio meno accentuato,
illuminazione molto naturale e a volte non adeguata alle scene.
Ma bisogna tenere conto che
il Neorealismo non nasce solo nel cinema, anzi prima ancora nasce nella nostra
letteratura: gli autori neorealisti intendevano rappresentare la realtà
contemporanea della guerra, della Resistenza e del dopoguerra, per dare
testimonianza artistica di un'epoca che segnò tragicamente la vita di tutto il
popolo italiano. Proprio il bisogno di rappresentare
direttamente storie di vita vissuta in prima persona, sia dagli scrittori, sia
dai lettori, comportò la scelta della prosa a scapito
della poesia, l'adozione di un linguaggio tendenzialmente chiaro e comunicativo,
il rifiuto della tradizione letteraria della pagina ben scritta di moda negli
anni Venti e Trenta. Gli scrittori guardavano piuttosto
all'esperienza letteraria del Verismo e in particolare all'opera di Giovanni
Verga. Tra i maggiori esponenti di tale corrente sono da annoverare
scrittori come Carlo Levi, Vasco Pratolini, Italo
Calvino. Esiste dunque un forte legame tra cinema e letteratura: per
capire in che cosa consista questo forte legame è necessario rifarsi alla prefazione
dell'opera "Il sentiero dei nidi di
ragno" di Calvino e ad alcune espressioni teoriche di Zavattini e di
Rossellini; l'affermazione di Zavattini "che il
linguaggio cinematografico è pieno delle stesse possibilità del linguaggio
letterario" e che il "regista usa la macchina da
presa come lo scrittore il foglio bianco su cui scrivere", ci dice già
quanto forte sia il legame tra le due espressioni almeno per come esso è
sentito dai maggiori registi dell'epoca. Calvino aveva scritto nella citata
prefazione al suo primo romanzo: 'Più che come un'opera mia lo leggo come
un libro nato anonimamente dal clima generale di un'epoca, da una tensione
morale, da un gusto letterario che era quello in cui la nostra generazione si
riconosceva, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale Questo ci tocca
oggi, soprattutto: la voce anonima dell'epoca, più forte delle nostre
riflessioni individuali ancora incerte.' E questa 'voce anonima
dell'epoca' e questa concezione corrispondono nel cinema l'esigenza di
superare ogni forma di mediazione del racconto e comunque di qualsiasi
espressione artistica, l'utopia della scrittura spontanea e della macchina da
presa in mano a tutti.
Un esempio di questo legame
tra cinema e letteratura neorealista lo si può trovare nelle analogie tra il
già citato film "Roma città aperta" e
il romanzo di Calvino "Il sentiero dei
nidi di ragno". Innanzitutto sia
il romanzo sia il film non hanno un narratore esterno onnisciente, ma un
narratore interno e lo spettatore/lettore vede i fatti e i personaggi come se
si raccontassero da sé, secondo anche la lezione verista. Infatti nel
film vediamo tutto con gli occhi del figlio di Pina (la protagonista,
interpretata da Anna Magnani), nel romanzo il racconto è filtrato attraverso
gli occhi di Pin, il piccolo protagonista. Altra
analogia è proprio il ruolo dei bambini che con la loro ingenuità vedono
la crudeltà e la devastazione in Italia. Infine, ovviamente, la descrizione di ambienti e luoghi reali, con personaggi di
basso livello sociale, in un Italia che usciva dal Fascismo.