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ANTROPOLOGIA INTERPRETATIVA E ANTROPOLOGIA DELLA CONTEMPORANEITA'
A partire dal 1970 l'antropologia ha attraversato quella che è stata chiamata una "crisi della rappresentazione etnografica". Tale crisi riguardava il modo in cui finora l'antropologia aveva parlato degli altri senza interessarsi sul modo in cui questi altri dovevano venire rappresentati.
Con l'espressioni "antropologia interpretativa" e "antropologia della contemporaneità" indichiamo qui 2 prospettive emerse a partire da queste premesse. L'antropologia interpretativa intende una prospettiva di ricerca e di analisi affermatisi in America a partire dalla fine degli anni 1960 ma che ha le sue radici nella filosofia e nelle scienze umane che si sono sviluppate in Europa nel 2° dopoguerra. Questa sfera interpretativa fa parte tuttavia di una corrente più generale detta antropologia simbolica. Nell'antropologia simbolica confluiscono stili intellettuali e filosofici come la semiotica,la linguistica,l'ermeneutica..
Tutte le correnti e le risorse intellettuali in questa prospettiva hanno consentito di sviluppare una riflessione piuttosto sofisticata su almeno 3 grandi tematiche : 1) la considerazione del punto di vista del nativo,2) una discussione di processi comunicativi che si instaurano tra l'etnografo e il suo informatore ,3) il tema di come l'esperienza di questo incontro possa essere trascritta in un testo etnografico.
Il programma dell'antropologia interpretativa parte dalla base comune d'incontro tra osservatore e osservato ed è costituito da pratiche realmente agite e rappresentate. Queste pratiche per poter essere riconosciute come significanti devono poter esistere all'interno di un contesto rappresentazionale più ampio (tipo le mosse dell'alfiere che dalla semplice mossa sono dipendenti dalle regole generali del gioco di scacchi). Le pratiche e i significati che esse veicolano sono di natura intersoggettiva perché sono riconoscibili agli stati psichici individuali o alle credenze personali. L'osservato e l'osservatore sono calati nella stessa situazione e quindi non esiste una posizione di privilegio :non c è il distacco in antropologia tra osservatore e osservato come nella scienza tra scienziato e oggetto.
C'è invece una "circolarità ermeneutica" in cui ciascuno è produttore di significati. L'antropologia ha come oggetto di studio un contesto significante che è dato dal dialogo tra antropologo e informatore
.L'insieme delle pratiche di ricerca si caratterizzano per l'attenzione che esse prestano alle variabilità concrete dei significati culturali nella loro complessità contestuale. L'idea di una cultura come testo costituisce un punto nodale del lavoro teorico di Clifford Geertz il virtuale "caposcuola" dell'antropologia interpretativa che compì studi sul campo che lo hanno portato a toccare gli estremi geografici del mondo musulmano:l'Indonesia e il Marocco.
Per Geertz il fatto che molte interpretazioni siano soggettive non va bene con un campo di studio che afferma di essere una scienza. Bisogna "raggiungere l'accesso al mondo concettuale" per scavare oltre una superficie al di là della quale si trova la verità.
Si tratta di "sfogliare" uno ad uno i significati stratificati la cui trama costituisce il TESTO.
Per Geertz la cultura è costituita da azioni simboliche e quindi da ragnatele di significati e si configura proprio come un testo che l'antropologo tenta di leggere. Il concetto di descrizione densa ci permette di capire cosa fa o dovrebbe fare un antropologo quando cerca di comprendere una cultura aliena ( es analizzare una strizzatina d occhio che può avere diversi significati in diverse culture). All'interno di questo "testo" costituito dalla trama di significati stratificati c è un "testo pubblico" che si crea nell'interazione tra i soggetti che opera l'antropologo.Qui risiede l'oggetto dell'etnografia: per Geertz l'etnografia è antropologia in quanto è nel momento stesso in cui l'antropologo de-stratifica le strutture significative che egli "fa dell'antropologia". Un esempio di comparazione interpretativa è la nozione di persona : analizzando tre contesti culturali diversi in Giava,Bali e Marocco ,Geertz non vuole conferire nessun contenuto predefinito dell'idea di persona. Egli invece vuole vedere le esperienze dei giavanesi,dei balinesi e dei marocchini all'interno del quadro concettuale della loro idea di ciò che è il sé. Questo lavoro fu accompagnato dall'osservazione dei diari di Malinowski in cui l'autore poneva un problema epistemologico: come possiamo conoscere un'altra cultura se è impossibile capire l'altro per empatia?La ricerca di una soluzione porta Geertz a ritenere che il processo conoscitivo in antropologia si articoli attraverso 2 tipi di concetti ,quelli "vicini" e quelli "lontani": i primi sono quelli che un informatore può utilizzare senza sforzo per definire ciò che lui e i suoi colleghi vedono, i secondi che sono lontani dall'esperienza sono quelli con caratteristiche contrarie tipo "amore" e "nirvana" che sono 2 concetti vicini per noi all'esperienza e per l'INDU al contrario sono 2 concetti lontani all'esperienza.
L'antropologia oscilla tra questi 2 poli vicini e lontani : tenere il controllo dei secondi per interpretare i primi. L'utilizzazione ,l'analisi ,la ricerca dei concetti "vicini all'esperienza" ed un loro continuo confronto con quelli "lontani" appaiono come operazioni necessarie per Geertz, per tentare una comprensione del "punto di vista dei nativi".Ritornando quindi al concetto di persona studiato nei 3 contesti culturali ( Giava,Bali,e una cittadina del Marocco) ,Geertz non rifiuta la dimensione comparativa che è utile se serve a raggiungere la conoscenza del modo in cui una realtà "universale" come l'idea del sé viene interpretata nei vari contesti culturali ;quindi rifiuta una prospettiva generalizzante che impone dei concetti "etici" e si muove solo a livello di concetti "lontani dall'esperienza" .
Quindi respinge l'estremismo "emico"che si illude di raggiungere un'empatia con il punto di vista del nativo. L'antropologia interpretativa dopo Geertz (metà anni '70) si indirizza a dare uno sguardo "oggettivante" più attento alla condizioni "concrete" di vita di una popolazione ,agli effetti di comportamento degli individui, allo studio del cambiamento sociale. Questa corrente interpretativa non è sempre convincente sul piano del sapere dove non si capisce più chi "interpreta" chi o cosa ,non era il senso che Geertz aveva originariamente dato al suo lavoro interpretativo. Quindi cambia l'oggetto di studio e il modo con cui viene fatto,adesso si parla di antropologia della contemporaneità in cui prevale la dimensione contemporanea : per "contemporaneità" non si indica solo l'"oggi" ma anche il carattere simultaneo con cui i fatti e l'idee avvengono e prendono forma in un determinato contesto culturale. L'antropologia della contemporaneità non è un'antropologia "del qui e dell'ora" . Le culture sono infatti il prodotto di storie ,di stratificazioni,di incontri e scambi culturali. Questa antropologia della contemporaneità vuole indicare la preoccupazione che consiste nel non ridurre l'antropologia a una semplice rivisitazione del patrimonio classico da un lato, né ad una scienza del "presente". Sono sempre più numerosi gli studiosi che hanno cercato di collocare di collocare all'interno del discorso antropologico ,la dimensione della contemporaneità. Colui che ha affrontato in maniera più perspicua il tema della contemporaneità è il francese Marc Augé il quale parla di un'antropologia dei mondi contemporanei . Tra i temi da lui messi in rilievo vi è un tentativo di mettere in rilievo la dimensione cosmopolita dell'antropologia nell'epoca attuale.
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