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Altre recensioni delle mostre del MAC (1952-1957)
Nel mese di novembre Regina partecipa con i concretisti del MAC - ormai aperti anche al contribu- to dei membri delle succursali nate lontano da Milano, che rimane comunque l'epicentro del movi- mento - alla mostra allestita a Torino presso la Libreria Gissi Le recensioni non sono poche, e sono anche abbastanza significative; tuttavia, per quanto riguarda i riferimenti alla stagione futuri- sta di Regina non riscontriamo nulla. Non ne parla il bell'articolo de «La Stampa», per il resto molto efficace nel delineare quella diversità di concetto tra i termini 'astratto' e 'concreto' su cui si basa la stessa poetica del MAC ; non ne parla l'articolo de «L'Unità», che persegue la tradizionale linea di sottovalutazione delle correnti astratte che è propria del quotidiano né, ancora, entra nella questione il polemico articolo de «La Gazzetta del Popolo» a firma di Marziano Bernardi che invi- ta soprattutto a non confondere gli statuti delle arti visive e della musica, perché per le prime «'co- municare' senza allusioni a immagini naturali, sarebbe come pretendere di dialogare con suoni di parole, e non con parole che significhino realtà di universale conoscenza». Più interessante, ma comunque non in merito al passato futurista di Regina, è l'articolo di Marius Russo su «Torino» del gennaio 195 , in cui l'artista-critico rimprovera ai concretisti di non aver fatto altro che recuperare i principi del Raggismo, dell'Orfismo e del Suprematismo, e di non aver saputo invece cogliere il messaggio profondo del suo «primo manifesto del sostanzialismo». Vincenzo Incisa, invece, sul «Notiziario d'arte , si limita ad elencare i nomi degli espositori, non dilungandosi in «commenti su questa forma di espressione, già nota per essere stata presentata anni or sono ai torinesi».
Tra dicembre e gennaio, invece, Regina espone con altri artisti del MAC presso la Saletta dell'Eli- cottero della Galleria dell'Annunciata , ma anche in questo caso nelle recensioni nulla si dice della sua partecipazione al Futurismo. Ottima è ovviamente la critica di Mario Radice che in quell'occasione non espone ma che da poche settimane è entrato a far parte del MAC e tiene dunque soprattutto ad evidenziare che le opere in mostra «sono ricerche fatte con serietà» anche se «intorno ad esse gli sciocchi vanno suscitando un'atmosfera di scherno e di comicità»; puramente informa- tiva è invece la segnalazione del «Notiziario d'arte (il cui autore cita Regina come prima tra gli espositori).
Non ha nulla a che vedere con le mostre del MAC, ma si riporta in questa sede per la prossimità cronologica, un articolo di costume in cui Renzo Sertoli Salis - poligrafo tiranese grande amico di Luigi Bracchi - cita Regina e il marito tra gli inquilini del famoso stabile milanese di via Rossini : pur non essendo nulla più che una curiosa annotazione il testo di Sertoli Salis è attento nell'evi- denziare che l'artista pavese «segnò una pagina non dimenticata nella storia del futurismo
Qualche mese più tardi, un'altra mostra collettiva vede Regina presente a Genova, alla Galleria San Matteo . La recensione di «Genova. Rivista municipale» piuttosto benevola nei confronti del gruppo del MAC, ma è tiepida nel giudizio su Regina, sul cui passato futurista non si dice nulla e che è inserita con Veronesi e Davico tra i «meno convincenti»; simile atteggiamento benevolo, ma stavolta senza valutazioni sui singoli artisti, si può riscontrare nella anonima recensione de «Il Lavoro Nuovo , che avverte - ma senza polemica - come questi giovani espositori [.] sembra, abbiano lo scopo di disumanizzare l arte».
Violentemente critico, invece, è l'articolo di Emilio Zanzi per il «Corriere del Popolo , che ci inte- ressa soprattutto perché per certi versi simile - nella volontà di evidenziare la deleteria filiazione del MAC dal Futurismo - alla recensione di Borgese dell'anno precedente. Dopo aver sarcastica- mente segnalato come la rassegna fosse «annunciata con un cartoncino rosso e bianco sul quale, stampate verticalmente alla maniera futurista-marinettiana di trent'anni or sono, si leggono le tau- maturgiche parole Astratto-Concreto», Zanzi affonda infatti il colpo contro una mostra che - a di- spetto dei proclami - è in realtà a suo avviso «senza la più piccola novità, senza mordente, senza neanche quel tanto di urtante e di polemicamente antitradizionale e di ermetico che poteva far col- po dieci anni fa, nelle ricordanze del trapassato futurismo». La similarità dell'opinione di Zanzi con la posizione di Borgese, che pure era sicuramente espressa in maniera più articolata, è evidente: nella sua visione, il MAC non fa altro che riprendere (con gli stessi risultati a suo avviso scarsi, e addirittura con la «frigidità della ripetizione, se non del plagio») quanto il Futurismo aveva proposto già diversi decenni prima. Anche in questo articolo, insomma, si misura quell'avversione per il Fu- turismo che caratterizza la massima parte della critica degli anni Cinquanta, e che di fatto coinvol- ge nella svalutazione anche tutte quelle correnti d'avanguardia che in un modo o nell altro - volenti o nolenti - qualcosa al Futurismo lo dovevano.
Nel gennaio del 1954 Mia Cinotti recensisce su «Via» (la rivista dell Automobile Club) la «prima mostra della Biennale di Brera e della Permanente, che rinnova, dopo la sosta del ventennio e del- la guerra, un'antica tradizione dei due enti milanesi». La Cinotti, come già abbiamo visto nella sua recensione a Ragione dell'arte astratta della Nicco-Fasola, stima molto la scultrice pavese, tanto che anche stavolta la cita in absentia per sottolineare come nella mostra scultori solidi come Maselli, Broggini, Conte, Soli, Calvani, Tallone, Russo, quanto meglio a- vrebbero risaltato accanto alla nostra astrattista Regina, o ad un Viani, o a dieci altri dell'a- vanguardia plastica, anziché in quella repubblica senza tempo di opere di poco valore, dove rischiano anch'essi di confondersi!;
stavolta, però, nonostante l'evidente considerazione nei confronti di Regina, la Cinotti non ha modo di replicare le valutazioni che già aveva espresso anni prima, secondo le quali - come abbiamo vi- sto - anche l'opera reginiana degli anni Trenta avrebbe potuto essere letta in termini precocemen- te concretisti.
Dopo questo articolo della Cinotti, bisogna aspettare più di tre anni per ritrovare una citazione a stampa di Regina, che torna alla ribalta delle cronache artistiche solo nel 1957, partecipando alla I rassegna nazionale di arte concreta allestita a Milano dal nuovo raggruppamento MAC-Espace70 e inaugurata il 30 marzo presso la Galleria Schettini . Tra aprile e maggio si contano dunque tre re- censioni della mostra, in cui Regina è citata ma in cui - ancora - nulla si dice circa la sua parteci- pazione alle avventure del Futurismo. La recensione di Mario Portalupi per «La Notte , in cui pu- re è interessante notare come Regina sia citata tra gli «antesignani, in Italia, di personalità distinte- si nel non-figurativo» (ma è un 'antesignanesimo' interpretato certamente in maniera piuttosto lar- ga) , è piuttosto critica nei confronti dell'astrattismo, qui inteso come equivalente di 'concreti- smo' ; per forza di cose più benevoli sono invece l'articolo de «L'Italia» (che non è firmato da Radice - che espone -, ma il cui articolista non può che essere bendisposto nei confronti dell'illu- stre collega , e a maggior ragione, e soprattutto, quello di Luigi Bracchi per il «Corriere della Valtel- lina , alle cui pagine il marito di Regina affida una vera apologia della mostra e del corredato volume Documenti d'arte di oggi77.
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