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La "crisi dei fondamenti" della matematica




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LA "CRISI DEI FONDAMENTI" DELLA MATEMATICA





















Con 'crisi dei fondamenti della matematica' si vuole indicare l'ampio dibattito che ha coinvolto l'intera comunità dei matematici, e dei filosofi, nel primo trentennio del XX secolo, incentrato sulla natura della matematica, cioè su quali siano gli enti primitivi indimostrabili che costituiscono il punto di partenza di questa disciplina. Tale dibattito fu di dimensioni così vaste che portò praticamente tutti gli uomini di scienza a pronunciarsi in proposito.

Nonostante le questioni fondazionali abbiano monopolizzato l'interesse della comunità scientifica per diversi decenni, si deve constatare che non si è mai giunti a conclusioni soddisfacenti, cioè universalmente accettate. Almeno da una cinquantina d'anni i matematici hanno quasi del tutto rinunciato a portare avanti il dibattito, o per lo meno lo considerano di interesse esclusivamente filosofico. La matematica contemporanea è sempre più prolifica di risultati tecnici, anche grazie alla recente commistione con l'informatica e al rapidissimo sviluppo del calcolo delle probabilità e della statistica, e pare ormai allontanarsi quasi del tutto dalle investigazioni epistemologiche, così che la crisi dei fondamenti può considerarsi chiusa nella pratica.

Fondamentali per capire quali sono le radici storiche della crisi sono i profondi cambiamenti che la matematica ha subito nell'arco del XIX secolo. Molto schematicamente, è possibile raggrupparli in

  • Nascita dell'analisi moderna
  • Scoperta delle geometrie non euclidee
  • Nascita logica matematica
  • Nascita teoria degli insiemi
  • Aritmetizzazione dell'analisi
  • Logicizzazione dell'aritmetica
  • Formalizzazione geometria    



NASCITA ANALISI MODERNA


Negli ultimi anni del '700 l'attenzione dei matematici era in gran parte rivolta alla sistemazione della neonata analisi che, dopo le geniali intuizioni di Newton e Leibniz (suoi fondatori), prometteva di essere una delle più fruttifere discipline, sia in campo teorico che in campo applicato, ma che, proprio per la sua 'giovane età', era ancora priva di fondamenta sicure e difettava in organicità. Si imponeva cioè di dare alle definizioni di 'infinitesimo', 'limite', 'derivata', 'integrale' ecc. una veste rigorosa, così da poter costruire l'intera analisi (reale e complessa) su basi solide, e domare una volta per tutte gli sfuggevoli concetti dell'infinitamente grande e dell'infinitamente piccolo che tanto avevano tormentato l'homo mathematicus sin dall'inizio delle sue speculazioni.

Nel periodo che seguì, attraverso l'operato di Lagrange, Carnot, Cauchy, Fourier, Gauss, Weierstrass ed altri, si diede vita all'analisi moderna così come oggi la studiamo.




SCOPERTA DELLE GEOMETRIE NON EUCLIDEE


Negli Elementi di Euclide, che per circa due millenni è stato il testo più autorevole, la geometria è sviluppata come un sistema assiomatico non formale. Gli enti primitivi sono quelli dettati dall'intuizione dello spazio ideale: punto, retta, piano. Sono dati cinque postulati di cui il quinto, noto come postulato delle parallele, recita:

'Se una linea retta, incontrandone altre due, forma gli angoli interni da una medesima parte minori di due angoli retti, quelle due rette prolungate all'infinito si incontrano dalla parte in cui sono i due angoli minori di due retti'

Questo postulato, quando sia preventivamente ammessa la proprietà della retta di avere lunghezza infinita (sostanzialmente il IIs postulato), equivale all'affermazione che

"dati, in un piano, una retta e un punto esterno ad essa, esiste una e una sola retta, in quel piano, parallela a quella retta e passante per quel punto."


Per motivi non ben identificati si era sviluppato sin dall'antichità il presentimento che questo postulato fosse dimostrabile a partire dagli altri quattro, perciò non necessario per la deduzione completa della geometria, dunque eliminabile. Vi furono dunque, fin dall'antichità, vari tentativi di dimostrazione o 'correzione'. Nei primi decenni del XIX secolo, il fallimento di tutti i tentativi effettuati aveva convinto i matematici dell'impossibilità di dimostrare il V postulato. È da questo momento che inizia a farsi strada l'idea di costruire altre geometrie che facciano a meno del V postulato. La rivoluzione non euclidea è una rivoluzione di pensiero e segna la data d'inizio di buona parte del pensiero matematico moderno ed ha perciò grande importanza anche per lo sviluppo della concezione astratta dell'algebra. Con l'avvento delle geometrie non euclidee si scopre che può esistere una geometria coerente, indipendentemente dal fatto che gli assiomi esprimano proprietà evidenti dello spazio fisico dell'intuizione. E' dunque possibile esprimere matematicamente nuovi spazi, nuove geometrie indipendentemente da una loro possibile interpretazione fisica. Insomma si scopre la distinzione tra 'verità' e 'coerenza'.

 Oggi col nome di geometrie non euclidee si designano di solito due diverse teorie:

  • quella corrispondente alla negazione del Vs postulato e costruita da GAUSS, LOBACEWSKI, BOLYAI e KLEIN (GEOMETRIA IPERBOLICA)
  • quella di RIEMANN in cui è verificato il Vs postulato, ma non il IIs, nel senso che il prolungamento di una retta non conduce, oltre certi limiti, a nuovi punti, ma la retta è chiusa, ha lunghezza totale finita. (GEOMETRIA ELLITTICA)


NASCITA DELLA LOGICA MODERNA


La nascita della logica, che potrebbe essere definita come la scienza che studia le forme e le leggi del pensiero, coincide con la nascita del pensiero filosofico. La storia della logica si può dividere in due fasi: la logica aristotelica e la logica moderna. La logica aristotelica, il cui primo teorizzatore fu appunto Aristotele, si fonda prevalentemente sul sillogismo, cioè 'un ragionamento consistente di tre parti, una premessa maggiore, una premessa minore e una conclusione', e sulla deduzione. Con logica matematica o formale si vuole indicare quella branca della logica moderna che rappresenta i modi del pensiero con combinazioni di stringhe di segni e, spogliate queste di ogni significato, riconduce lo studio del pensiero allo studio di tali stringhe e alle leggi che ne regolano le trasformazioni.

Il precursore della logica matematica fu Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716) che nel 1666 espresse, nel suo primo lavoro matematico, l'idea-utopia di creare un alfabeto universale di segni tale che tutti i possibili pensieri potessero essere espressi tramite stringhe di tali segni, così che


'lo stesso sillogismo avrebbe dovuto essere ridotto a una sorta di calcolo espresso in un simbolismo universale comprensibile in tutte le lingue. La verità e l'errore si sarebbero ridotti allora semplicemente a una questione di calcoli esatti o errati all'interno del sistema, e si sarebbe posto fine a tutte le controversie filosofiche'


Nonostante quella di Leibniz fosse un'idea pionieristica di grande portata, essa fu accolta con scarsissimo entusiasmo dai suoi contemporanei e la logica matematica dovette rimandare la sua nascita di circa due secoli.

L'anno che di solito si sceglie per datare la nascita della logica matematica è il 1847, anno di pubblicazione di The mathematical Analysis of Logic (L'analisi matematica della logica) di Gorge Boole (1815-1864).

Le idee più innovative contenute nelle opere di Boole sono:

  • la convinzione che la logica è collegata con la matematica più che con la metafisica;
  • la concezione della logica come scienza che studia le 'forme' dei ragionamenti più che i loro 'contenuti', da cui la cosiddetta 'formalizzazione della logica';
  • la convinzione che la vera essenza della matematica risiede nella logica che vi sta sotto, non negli oggetti classici (numeri e figure) del suo studio.






ARITMETIZZAZIONE DELL'ANALISI E LA TEORIA DEGLI INSIEMI



La cosiddetta aritmetizzazione dell'analisi[1] altro non è che la riduzione dell'analisi all'aritmetica, e i suoi principali artefici furono quattro matematici tedeschi: Karl Weierstrass (1835-1897), H. Edward. Heine (1821-1881), Georg Cantor (1845-1945), Julius Wilhem Richard Dedekind (1831-1916).

Lo scopo di ridurre l'analisi all'aritmetica sarebbe stato raggiunto se si fosse riusciti nell'impresa di definire i numeri reali, cioè le grandezze continue, in funzione dei numeri naturali, cioè delle quantità discrete. In pratica era necessario riuscire a definire un numero irrazionale senza ricorrere al concetto di 'limite', visto che per definire quest'ultimo fino a quel momento era stata necessaria la nozione di 'irrazionale'.

Fondamentale in tale contesto fu Cantor a partire dal 1874 formulò la Mengenlehre (Teoria degli insiemi) come disciplina matematica a sé. In essa si sviluppava la cosiddetta aritmetica transfinita che rivoluzionava letteralmente la nozione matematica di infinito, e che sarebbe stata destinata a cambiare la storia della matematica, nel bene e nel male.

Egli assegnò ad ogni insieme infinito un cardinale, partendo da 1 per N e assegnando via via numeri maggiori ad insiemi con una potenza maggiore. Dimostrò che esistono infiniti numeri transfiniti, ma è ancora aperta la questione se ve ne sia qualcuno maggiore di quello di N e minore di quello di R.

La teoria degli insiemi di Cantor è un indubbio capolavoro e stupisce per la chiarezza con cui tratta quell'orribile infinito che aveva offuscato le migliori menti. Essa 'difettava' però proprio nella definizione di partenza, cioè nella definizione di insieme, che era: per insieme si intende un raggruppamento in un tutto di oggetti ben distinti della nostra intuizione o del nostro pensiero.

Ma cos'è un raggruppamento? E un tutto? Un oggetto? Ebbene Cantor non ci dice niente di preciso sui primi due ma dice chiaramente che oggetto è una nozione intuitiva dell'uomo. Dunque la matematica, anche per Georg Cantor, nasce dall'intuizione.

E' strano che proprio la teoria degli insiemi, che sarà una delle principali armi scagliate contro l'intuizione, era stata costruita dal suo fondatore intorno a una definizione che ricorreva all'intuizione esplicitamente (la nominava addirittura), riconoscendole quindi una esistenza fuori discussione.


LOGICIZZAZIONE DELL'ARITMETICA



Quella che abbiamo chiamato logicizzazione dell'aritmetica è la riformulazione di tutta l'aritmetica classica, cioè la teoria dei numeri interi, in modo assiomatico formale. Il che è una novità assoluta. Infatti, mentre la geometria era sempre stata concepita come un sistema assiomatico, anche se non formale (per essere precisi dovremmo dire da Euclide in poi), l'aritmetica era rimasta intuitiva e non formale, senza nessuna definizione per il concetto di numero e soprattutto senza che nessuna delle proprietà riconosciute ai numeri venisse scelta come punto di partenza, cioè come assioma, da cui dedurre le altre           

I matematici che realizzarono la logicizzazione sono Friedrich Ludwig Gottlab Frege (1848-1925), Giuseppe Peano (1858-1932) e Julius Wilhem Richard Dedekind (1831-1916).

-Frege definisce un numero cardinale di una classe, finita o infinita che sia, come la classe di tutte le classi i cui elementi possono essere messi in corrispondenza biunivoca con quelli della classe data. Si noti che, in base a tale definizione, i normali numeri interi positivi, che nessuno mai aveva immaginato di dover definire, per Frege sono classi di classi.

L'aspetto storicamente più importante dell'opera di Frege è che nella sua sistemazione dell'aritmetica riesce a fondere logica matematica e teoria degli insiemi. Questa 'fusione' costituisce una sintesi emblematica della tendenza della matematica di fine '800.

-G. Peano: il suo intento era quello di sviluppare un sistema logico formale che fosse in grado di esprimere tutta la matematica.

Egli fu il primo a dare una veste assiomatica formale abbastanza rigorosa all'aritmetica.

In Arithmetices principia nova metodo exposita (1889) e nella sua opera più importante, il Formulario di matematica si trova presentato il sistema formale costituito dai famosi assiomi:

  • Esiste un numero naturale, 0 (o 1)
  • Ogni numero naturale ha un numero naturale successore
  • Numeri diversi hanno successori diversi
  • 0 (o 1) non è il successore di alcun numero naturale
  • Ogni insieme di numeri naturali che contenga lo zero (o l'uno) e il successore di ogni proprio elemento coincide con l'intero insieme dei numeri naturali (assioma dell'induzione).

-J. W. R. Dedekind: riconduce l'aritmetica alla logica e completa il suo cammino di riduzione intrapreso nel 1874 con l'aritmetizzazione dell'analisi.

Egli dapprincipio definisce una cosa come un qualsiasi oggetto del pensiero, e dice che ogni cosa è completamente determinata da tutto ciò che può essere pensato o affermato riguardo ad essa. Se più cose possono essere pensate in un unico pensiero esse costituiscono un sistema. Da questa definizione Dedekind riusciva a dimostrare il principio di induzione completa e a costruire i numeri naturali per i quali dava gli assiomi che fondamentalmente sono gli stessi che darà Peano nel '94.


LA FORMALIZZAZIONE DELLA GEOMETRIA



La formalizzazione della geometria è, almeno nella sua fase compiuta, opera di David Hilbert (1862-1943.

L'intenzione di Hilbert era quella di dare una presentazione della geometria euclidea in cui non comparissero nel modo più assoluto riferimenti all'intuizione e tale che le proprietà degli enti indefiniti, che si chiamano 'punto', 'linea', 'piano', apparissero vere solo perché dedotte meccanicamente dagli assiomi.

Hilbert non partiva da intuizioni ma da scelte arbitrarie e la sua geometria non parlava di oggetti chiaramente intuiti, ma di qualsiasi cosa soddisfacesse gli assiomi scelti. Famosa è la sua affermazione:


'si deve sempre poter dire al posto di "punti, rette, piani", "tavoli, sedie, boccali di birra"'.


Il XIX è stato quindi per la matematica un secolo di grandi cambiamenti. Per andare all'estrema sintesi si può affermare che le cause scatenanti di tali rivoluzioni siano state la contaminazione della matematica con la logica, ed il gusto per l'essenzialità. Dall'antichità fino al XVIII secolo la matematica e la logica erano sempre state due cose distinte: la prima era stata concepita come scienza che studia i numeri e le figure, intesi questi come entità intuitive; la seconda era invece l'arte di trarre conclusioni vere da premesse vere. Verso la metà dell'800, con l'operato di Boole, la logica fu matematizzata e nacque la logica matematica.

Nel frattempo c'era stata la scoperta delle geometrie non euclidee che ebbe due conseguenze: da un lato si sviluppò un grande interesse per i sistemi assiomatici, quindi in definitiva per la logica; dall'altro si generò, una sorta di impulso irrefrenabile alla libertà creativa e alla non accettazione dei vecchi modelli, che causò la messa in discussione di tutta la matematica classica.

La matematica classica, abbiamo detto, poggiava su due pilastri: l'aritmetica e la geometria. Quello che abbiamo chiamato gusto per l'essenzialità e la voglia di rinnovamento spinsero a ridurre i fondamenti della matematica da due a uno: tra l'aritmetica e la geometria si scelse di salvare l'aritmetica e si ebbe l'aritmetizzazione dell'analisi (e la nascita della correlata teoria degli insiemi). Quella voglia di ridurre, unita all'innamoramento per la logica, portarono poi alla logicizzazione dell'aritmetica, e più tardi della geometria.

Sin dalla fine dell'Ottocento, inoltre, viene messo in discussione lo"psicologismo" di John Stuart Mill, che aveva ricondotto i principi logici alle operazioni mentali, alle leggi e ai processi psicologici che sono alla loro base ed aveva, così, legato la logica (e gli stessi concetti della matematica) alla psicologia.

Fondata su processi psicologici, la matematica aveva assunto con Mill un carattere empirico e soggettivo, quindi privo della pretesa ad una validità assoluta.

La tendenza che viene ad affermarsi verso la fine dell'Ottocento è di rifiutare nettamente lo psicologismo e di avanzare nuove esigenze di rigore nei procedimenti della disciplina.

In questo modo si arrivò ad identificare la matematica con la logica, giungendo ad una piena formalizzazione della prima e a una traduzione della seconda in sistemi di simboli su cui operare calcoli algebrici.






L'inglese George Boole, il tedesco Ernst Schroder e l'italiano Giuseppe Peano hanno portato avanti questa linea di elaborazione e costituito una disciplina nuova, la LOGICA MATEMATICA, grazie all'adozione di un ristretto numero di concetti e proposizioni aritmetiche.

Ma proprio questa accentuazione della ricerca del rigore farà emergere la presenza di antinomie

di natura logica nella matematica. Eppure, grazie alla coscienza di tali antinomie, logici e matematici effettueranno nuove elaborazioni e formuleranno nuove soluzioni, che rafforzeranno la consapevolezza e il rigore concettuale della disciplina.












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