Seneca e l'attacco alle false
credenze dell'uomo
Finora abbiamo preso in esame il rapporto fra
realtà e senso comune solo in relazione all'ultimo secolo; adesso facciamo un
salto indietro per parlare di uno dei più grandi filosofi dell'antichità: Lucio
Anneo Seneca (4 a.c.?-65
d.c.). Nella sua vasta produzione egli si occupò spessissimo di temi
impegnativi, fra cui quelli della morte e del tempo. Coerentemente con la
filosofia Stoica, di cui era un illustre rappresentante, egli cercava sempre di
sfatare falsi miti e paure ingiustificate presenti nell'immaginario dell'uomo
comune. Secondo Seneca, solo il "saggio" è in grado di cogliere appieno il
significato profondo della precarietà e della limitatezza della vita umana,
rendendosi conto di come questi limiti non siano temibili come l'uomo
solitamente crede.
Vediamo ora le opere in cui Seneca cerca di
perseguire questi obbiettivi.
Presunto
ritratto di Seneca.
Le opere
- Consolatio ad Marciam e Consolatio ad Polybium: sono
"dialoghi" che l'autore scrive rispettivamente per Marcia, una nobildonna
Romana, e l'imperatore Claudio; entrambi i dedicatari hanno subito lutti
familiari, e Seneca cerca di consolarli dimostrando razionalmente come la
morte non sia un male, in quanto il defunto o scompare definitivamente, e
quindi pone fine alle proprie sofferenze, oppure passa ad una vita
migliore. ("aut beatus aut nullus est", o è felice o non esiste più)
- De brevitate vitae: è un "dialogo- trattato" dedicato a Paolino, prefetto dell'annona
di Roma, che forse era anche un parente di Paolina, la moglie di Seneca.
Come suggerisce il titolo, il tema trattato è quello della brevità della
vita umana e, più in generale, del tempo. Seneca si rivolge a quella consistente
parte di uomini che considerano la vita troppo breve, e afferma che la
loro credenza è un grave errore, in quanto la vita è breve solo se viene
sprecata in occupazioni futili e non nella ricerca della virtù, che per il
filosofo rappresenta il sommo bene. Ogni attimo della vita va investito
con oculatezza solo in attività virtuose, e non va buttato inutilmente in
frivolezze o alla ricerca del piacere. Il tempo, secondo Seneca, va
interpretato qualitativamente, e non quantitativamente, in una prospettiva
esistenziale interiore: Seneca, infatti, ritiene che a differenza del fato
il tempo appartenga alla sfera di ciò che è controllabile dall'uomo.
- De providentia: è un "dialogo-trattato", dedicato all'amico Lucilio, che prende in
esame i mali che inevitabilmente colpiscono gli uomini, in particolare
quelli buoni e virtuosi. Lucilio si chiede come mai i giusti sono vittime
del male nonostante l'universo sia retto dalla provvidenza divina: Seneca
risponde affermando che quelli, in realtà, non sono veri mali, ma prove
che le divinità impongono agli uomini virtuosi affinché temprino
ulteriormente il proprio animo.
- Naturales quaestiones: è un trattato di scienze naturali in sette libri, anch'esso
dedicato a Lucilio. Gli eventi naturali che Seneca passa in rassegna sono
tutti, in qualche modo, visti con paura o con sgomento dall'uomo comune:
si parla, infatti, di "fuochi celesti"(I); lampi, tuoni e fulmini (II);
acque terrestri (III); piene del Nilo, pioggia, grandine e neve (IV);
venti (V); terremoti (VI); comete (VII). L'obbiettivo che si propone
Seneca è di tipo moralistico: egli vuole liberare l'uomo dagli
ingiustificati timori che nascono dall'ignoranza dei fenomeni naturali, ed
è intenzionato a insegnare come utilizzare nel modo migliore possibile i
beni offerti dalla natura.
Come si può notare, siamo lontanissimi dagli
sconvolgimenti che hanno investito la conoscenza umana nel Novecento, ma ad
ogni modo le tesi portate avanti da Seneca erano, per quell'epoca, in contrasto con il "senso comune" .