|
Appunti scientifiche |
|
Visite: 973 | Gradito: | [ Picolo appunti ] |
Leggi anche appunti:De Broglie e le proprietà ondulatorie della materiaDe Broglie e le proprietà ondulatorie della materia Attraverso vari esperimenti Il lavoro meccanicoIL LAVORO MECCANICO Introduciamo ora un concetto - quello di lavoro meccanico Fisica moderna - relativita' generaleFISICA MODERNA - RELATIVITA' GENERALE La luce viene oggi spiegata |
RELATIVITA' RISTRETTA
Avevamo dunque stabilito, dall'intuizione di Galileo alle successive dimostrazioni, che la luce aveva una velocità ben definita: "c"; ma la cosa sorprendente è che, come ci spiegherà Einstein nel 1905, con la teoria della relatività, questa velocità era davvero particolare, era una sorta di privilegiata nell'universo fisico. Infatti se ci muoviamo ad una determinata velocità, percepiamo i corpi che stanno attorno a noi con velocità diverse rispetto ad un sistema in cui noi fossimo fermi: per esempio in autostrada, se la macchina accanto a noi viaggia alla nostra stessa velocità, se non prendiamo punti di riferimento al di fuori di essa, ci sembrerà ferma. Per la luce non è così: possiamo muoverci a qualsiasi velocità ( inferiore a c, che d'altra parte è impossibile raggiungere), ma percepiremo sempre lo stesso valore di c. Ci spiega infatti Albert Einstein che la percezione di ciascuno di noi, di tempo e spazio, varia, in modo tale da lasciare invariata la percezione di "c".
Ecco un altro esempio: consideriamo un treno che viaggia a 100 km/h e consideriamo un passeggero che sta risalendo dalla coda verso la testa a passo normale. Per il controllore del treno, quel passeggero si muove alla velocità di 5 km/h. Ma il casellante di un passaggio a livello che lo osserva da terra lo vede muoversi a 105 km/h. E' chiaro che a tutti la velocità del passeggero dipende dal moto dell'osservatore. Ma il principio di Einstein impone che se quel passeggero accende la luce nel suo scompartimento, tutti gli osservatori vedano il raggio propagarsi alla medesima velocità: 300.000 km/s.
In Germania era sorta un'organizzazione che denunciava la teoria della relatività come una manifestazione di un complotto semitico per corrompere il mondo. Nel 1920 l'organizzazione prese in affitto la sala della Filarmonica di Berlino per tenervi una dimostrazione contro Einstein e la sua teoria, e il fisico andò ad assistervi. Preso posto in un palco, aveva l'aria di divertirsi un mondo. Alle asserzioni più assurse degli oratori lo si vedeva ridere di cuore e applaudire con ironia. (Ronald W. Clark)
La teoria della relatività ristretta ci interessa, perchè spiega l'invariabilita della velocità della luce, ed il fatto che prorpio quel numero, c, elevato al quadrato, regola i rapporti di conversione fra massa ed energia. Fu pubblicata dal fisico Albert Einstein nel 1905; dieci anni dopo fu il turno della relatività generale, che estendeva la validità delle sue teorie anche ai sistemi accellerati.
La relatività andava a distruggere due concetti fondamentali che mai erano stati messi in discussione, quali fondamento della fisica e della struttura del pensiero umano: l'oggettività dello spazio e del tempo. Con la sua nuova teoria Einstein li rendeva assolutamente variabili, in funzione della grande costante, c, la velocità della luce.
Einstein per la sua definizione partiva da due postulati:
(da: Wikipedia, https://it.wikipedia.org/wiki/Relativit%C3%A0_ristretta)
Il fatto più ecclatante, nonchè quello su cui questo scritto concentra l'attenzione, è quello dell'invariabilità della velocità della luce, c.
Secondo la teoria Einstaniana, ancor'oggi vigente e indiscussa,
"Non aveva importanza la velocità con cui si muoveva un individuo: la sua percezione di un centimetro o di un minuto secondo variava sempre in modo da lasciare invariata la percezione della velocità della luce!"
(da: Le cinque equazioni che hanno cambiato il mondo, di Michael Guillen)
Dunque, all'aumentare della velocità "v" di un individuo, questi percepirà lo spazio contratto, ed il tempo dilatato, rispetto al sistema di riferimento.
Questa contrazionedilatazione non è casuale, ma segue uno schema ben preciso:
Ovvero la lunghezza percepita è uguale alla lunghezza propria* moltiplicata per il fattore di contrazione di Einstein; essendo questo fattore sempre minore di uno, e decrescente all'aumentare della velocità, ne consegue che la distanza percepita dall'osservatore in movimento è sempre minore rispetto alla lunghezza propria, e che la lunghezza percepita dall'osservatore si contrae maggiormente quanto più è elevata la velocità dello stesso.
*Per lunghezza propria si intende la lunghezza massima del corpo, misurata nel sistema in cui il corpo è in quiete.
Per quanto riguarda il tempo si possono fare considerazioni analoghe, ma "al rovescio": con l'aumentare della velocità dell'osservatore, il tempo si dilata sempre più.
Per assurdo, ponendo la velocità dell' osservatore uguale a quella della luce, si ha che:
Il che significherebbe che alla velocità della luce, lo spazio si contrae fino al nulla, e il tempo si dilata all'infinito, cioè si ferma. Einstein capì che questa espressione non andava interpretata alla lettera, ma andava intesa come un indizio del fatto che fosse impossibile raggiungere la velocità della luce; "c" è un limite, analogo alla temperatura di 0 gradi Kelvin, alla quale paradossalmente si teorizza che non esiste materia; si pensa dunque che non si possibile eguagliarla.
Per comprendere un altro aspetto della relatività ristretta, è interessante capire il significato della bizzarra espressione che abbiamo utilizzato finora, ignorandone le origini:
Che abbiamo definito come "fattore di contrazione di Einstein".
Per prima cosa è necessario comprendere la nozione di FATTORE DI CONTRAZIONE, e la sua approssimazione.
Il FDC si definisce come:
,
e si dimostra che si può approssimare, per , con la più comoda espressione:
Dunque facendo le opportune sostituzioni, possiamo riscrivere il FDC di Einstein in questo modo:
dove:
Rappresenta la variazione relativa; se non fosse chiaro il perchè può venirci in aiuto un bell'esempio:
Immaginiamo di avere un recipiente, contenente una quantità "q" di acqua, e di toglierne un quarto del totale, cioè la variazione relativa al totale del contenuto è di un quarto. L'espressione matematica di questa situazione è:
Dove è la quantità rimanente, la quantità iniziale, e il fattore di contrazione. Avevamo detto che la variazione relativa era di un quarto, e, come si può vedere, corrisponde al secondo membro tra parentesi, che, nel caso di Einstein era proprio
A questo punto siamo pronti ad apprendere l'altro grande elemento della relatività ristretta: anche la massa variava insieme alla velocità, sempre secondo il fattore di contrazione, dunque più l'osservatore si muoveva velocemente, più cresceva la sua massa;
Inoltre, il grande Albert giunse alla conclusione che energia e materia fossero la stessa entità, anche se sotto forma diversa, e che il passaggio fra l'una e l'altra fosse legato da una costante.
"Per capire meglio questi concetti, si potevano paragonare la massa e l'energia ai dollari americani e alle sterline britanniche: nonostante apparissero diversi, erano fondamentalmente la stessa cosa, ossia forme monetarie di scambio. Inoltre, anche se le due valute avevano valori ben distinti, esisteva fra loro un tasso di cambio, vale a dire una formula che stabiliva il rapporto fra le due.
(da: Le cinque equazioni che hanno cambiato il mondo, di Michael Guillen)
Considerando che la massa di un corpo varia, sempre secondo il FDC di Einstein, la sua VARIAZIONE si esprime moltiplicando la massa per la variazione relativa, cioè in questo modo:
dove "m" sta per massa. Saltò subito all'occhio dello scienziato la somiglianza di questa espressione con quella che definiva il valore dell'energia cinetica:
Dunque la variazione di massa era data dall'energia cinetica fratto la velocità della luce al quadrato, che generalizzando diventa:
era il tasso di cambio, ed è meravigliosa l'eleganza di questa equazione, così semplice, che ci spiega un fatto così grande e incomprensibile, che l'energia può trasformarsi interamente in massa e viceversa.
C'è qualcosa come 'lo stato reale' di un sistema fisico che esiste obiettivamente, indipendentemente da ogni osservazione o misurazione e che in linea di principio si descrive con i mezzi di espressione della fisica.
Quali mezzi di espressione e, di conseguenza, quali concetti fondamentali si debbono utilizzare al riguardo è cosa che secondo me ancora non si conosce.
Questa tesi sulla realtà non ha il senso di un enunciato chiaro in sé, a causa del suo carattere 'metafisico'. Ha soltanto il carattere di un programma.
(A. Einstein)
A questo punto è chiaro che siamo di fronte ad un entità di grandissima importanza, un fenomeno che regola l'andamento di tutto l'universo, ed il fatto che sia invariabile acquista senso, anzi ci dà quasi un senso di conforto il sapere che alle basi del tutto ci sia qualcosa di COSTANTE.
Appunti su: |
|
Appunti Chimica | |
Tesine Geografia | |
Lezioni Biologia | |