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Luigi Pirandello e la soggettività del reale
Finora abbiamo parlato di "rivoluzioni" che hanno caratterizzato soprattutto la scienza; ma qual è l'atteggiamento di intellettuali ed artisti di fronte a quei mutamenti così radicali? Come reagiscono di fronte al crollo di certezze secolari, e come si pongono in relazione con il nuovo scenario di incertezza che gli si para davanti?
Luigi Pirandello (Girgenti 1867- Roma 1936) in questo senso, nell'ambito della letteratura, riesce perfettamente a dare una rappresentazione della realtà totalmente opposta a quella che si dava nel secolo precedente. Nella seconda metà dell'Ottocento, infatti, la cultura era dominata dal Positivismo, una corrente di pensiero che considerava il "fatto" obiettivo al centro della conoscenza umana, e che di conseguenza aveva una fiducia quasi dogmatica nella scienza, la quale doveva essere applicata in ogni ambito della cultura. Da queste premesse nacquero movimenti come Realismo, Naturalismo e Verismo, che a parte qualche differenza avevano in comune la concezione della letteratura come scienza: l'opera letteraria era vista come un "esperimento" in grado di svelare i meccanismi di funzionamento della società. Come abbiamo visto, tutto questo crollò sotto i colpi delle nuove scoperte scientifiche.
Luigi Pirandello
L'umanità secondo Pirandello
Per certi aspetti, la concezione della realtà di Pirandello si sposa con quella proposta dalla relatività einsteniana: anche il nostro autore, infatti, crede che non esista una realtà oggettiva, certa e verificabile, ma al contrario ritiene che esistano tante realtà quanti sono i punti di vista che la osservano. La stessa società civile, apparentemente ordinata e razionale, in realtà si basa su presupposti totalmente fittizi e convenzionali, che di fatto inquadrano l'uomo in un preciso status sociale impedendogli di comunicare realmente con gli altri e di esternare la molteplicità del proprio sentire. Le convenzioni sociali quindi, insieme al caso, che impedisce di trovare un nesso logico nelle vicende, fanno sì che la condizione umana sia "assurda e tragica". Ogni uomo si cela dietro una "maschera" che gli dà una posizione all'interno della società, ma che allo stesso tempo lo appiattisce. Chi prova a fuggire si troverà inevitabilmente escluso dal resto dell'umanità; secondo Pirandello solo il folle, in un certo senso, è realmente libero, in quanto dispiega senza limiti la propria personalità e non è impastoiato nelle convenzioni sociali.
Le opere
Andremo ora a vedere le opere nelle quali è più forte il tema dell'impossibilità di conoscere oggettivamente la realtà:
In ultima analisi, possiamo concludere dicendo che il genio di Pirandello (Nobel nel 1934) ha svelato all'umanità come non è solo la realtà "fisica" ad essere lontana dal "senso comune": caso e incertezza, infatti, regolano anche la nostra vita in società.
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