La teoria quantistico-ondulatoria
È
opportuno sottolineare che la teoria originariamente proposta da Bohr prevedeva
che gli elettroni ruotassero attorno al nucleo percorrendo orbite stazionarie
analoghe a quelle dei pianeti attorno al Sole. In realtà la visione moderna
dell'atomo, basata sulla meccanica quantistica, è più complessa e comporta una
descrizione probabilistica del moto dell'elettrone attorno al nucleo.
Tale
descrizione fu introdotta per la prima volta dal giovane Heisenberg nella sua
tesi di laurea, meglio conosciuta come Principio di Indeterminazione: non si
possono sapere con esattezza posizione e velocità di una particella e di
conseguenza non esiste una prova sperimentale degli stati fisici di
eccitamento, cioè delle orbite. In poche parole tutto il lavoro di Bohr andava
rivisto alla luce di una descrizione probabilistica e nel 1926 Schrödinger
introdusse la teoria quantistico-ondulatoria.
Con Schrödinger fu abbandonato
il concetto di orbita e fu introdotto il concetto di orbitale. Secondo la meccanica
quantistica non ha più senso infatti parlare di traiettoria di una
particella: da ciò discende che non si può neanche definire con certezza dove
un elettrone si trova in un dato momento. Ciò che si poteva conoscere era la probabilità di
trovare l'elettrone in un certo punto dello spazio in un dato istante di tempo. Un orbitale quindi non è una traiettoria
su cui un elettrone (secondo le idee della fisica classica) poteva muoversi,
bensì una porzione di spazio intorno al nucleo definita da una superficie di
equiprobabilità, ossia entro la quale c'è il 95% della probabilità che un
elettrone vi si trovi. In termini più rigorosi, un orbitale è definito da una
particolare funzione d'onda, l'equazione di
Schrödinger, in tre variabili, i numeri quantici,
ciascuna delle quali è associata rispettivamente all'energia, alla forma e
all'orientamento nello spazio dell'orbitale.