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La teoria di unificazione: Albert Einstein
Da sempre i fisici cercano di elaborare una teoria che riesca a mettere insieme tutti i fenomeni conoscibili.
Agli inizi del 1900
Albert Einstein stava lavorando per arrivare a formulare una legge di
unificazione che riuscisse a descrivere tutto lo scibile dall'infinitamente
grande all'infinitamente piccolo.
Il suo primo obiettivo era di conciliare l'elettromagnetismo, appena scoperto,
con il principio di relatività galileiano.
Ammirava molto Clerk Maxwell, colui che era riuscito ad unire elettricità ed magnetismo
in un'unica semplice teoria di quattro principi: Einstein voleva fare
altrettanto per raggiungere una conoscenza sempre più facile ed armonica.
Nella meccanica galileiana non esistono velocità assolute (e tanto meno sistemi assoluti), ma solo relative al sistema di riferimento (u = u' + v); il problema sorse quando vennero effettuati studi sulla luce, onda elettromagnetica che, secondo Maxwell, viaggiava ad una velocità limite, costante (c = 300 000 km/s).
La legge di composizione
delle velocità di Galileo era forse errata?
Erano necessarie nuove trasformazioni?
Esisteva un sistema privilegiato o forse la velocità della luce non è costante?
Altri fisici lavorarono
allo stesso progetto di Einstein presupponendo l'esistenza di un sistema
privilegiato (etere) in cui la velocità della luce fosse 300 000 km/s e in cui
valessero le leggi di Maxwell; in tutti gli altri era necessario applicare la
legge di composizione delle velocità.
Intorno al 1885 gli scienziati Abraham Michelson e Edward Morley vollero
provare l'esistenza dell'etere tramite un interferometro (misura dei ritardi
del fascio luminoso) dimostrando così che anche per la luce valeva la legge
galileiana di composizione delle velocità. (Cercarono di misurare la velocità
della luce relativamente alla terra supponendo il pianeta il moto. La velocità
della luce sulla terra avrebbe dovuto essere diversa a seconda della velocità relativa del pianeta
rispetto all'etere).
L'esperimento non diede alcun risultato: non vennero infatti misurati ritardi.
Il fisico Handrik Lorentz cercò di giustificare comunque la presenza dell'etere
con espedienti matematici creando nuove equazioni (mantenne il concetto di un
sistema di riferimento assoluto come l'etere, rinunciando al principio di
relatività galileiano) che, solo in seguito, dopo la pubblicazione ad opera di
Einstein della Teoria della Relatività Ristretta, si rivelarono corrette anche
senza la presenza dell'etere.
Einstein proseguì i suoi
studi da solo, parallelamente a quelli di Michelson, Morley e Lorentz, non
prendendo in considerazione la teoria che esistesse l'etere come sistema
privilegiato, ma postulando come costante la velocità della luce e rinunciando
alla legge di composizione delle velocità.
Egli aveva intuito che non erano le leggi dell'elettromagnetismo a dover essere
cambiate bensì quelle della meccanica, introducendo il concetto di spazio e
tempo relativi.
La celebre teoria della relatività ristretta di Einstein si basava così su due
postulati (validi in sistemi inerziali):
È impossibile distinguere con esperimenti fisici due sistemi di riferimento in moto rettilineo uniforme l'uno rispetto all'altro: le leggi della fisica hanno pertanto stessa forma in tutti i sistemi inerziali. (estensione del principio di Galileo)
La velocità della luce nel vuoto è la stessa in tutti i sistemi inerziali, indipendentemente dallo stato di moto del sistema e dalla sorgente luminosa.
Esistono quindi solo moti relativi ai sistemi di
riferimento e non assoluti; le grandezza si dividono in grandezze che cambiano
in base al sistema e altre invarianti.
L'etere come ideale mezzo di propagazione delle onde elettromagnetiche non è
quindi più necessario e il fatto che la velocità della luce sia c in ogni
sistema di riferimento spiega il risultato degli esperimenti di Michelson e Morley.
Le trasformazioni di Lorentz - Einstein vanno così a sostituire, anzi a migliorare quelle di Galileo, estendendole anche al campo dell'infinitamente veloce (le equazioni galileiane restano infatti tutt'oggi valide per velocità basse rispetto alla luce), come nel caso di particelle subatomiche.
Le trasformazioni di Lorentz mantengono costante il valore c in entrambe i sistemi di riferimento:
è il fattore di Lorentz.
Il tempo non è più
invariante come per Galileo, anch'esso dipende dal fattore di Lorentz: due
eventi sono simultanei relativamente al sistema di riferimento, non in maniera
assoluta; se le velocità sono molto piccole questa mancanza di simultaneità non
è visibile (esempio del treno e dei due fulmini).
Non si può quindi più parlare solo di moto nello spazio ma nello spazio tempo,
è necessario considerare una spazio quadridimensionale: ogni punto ha quattro
coordinate, tre spaziali e una temporale.
Inoltre Einstein propose una serie di riflessioni in conseguenza alla formulazione dei nuovi principi; se immaginassimo di viaggiare a velocità prossime a quelle della luce:
I tempi si dilaterebbero (paradosso dei gemelli; se viaggiassi alla velocità della luce il tempo passerebbe più lentamente)
Gli spazi si contrarrebbero
Le masse aumenterebbero
Inoltre la massa è energia ( E = mc2; legge di conservazione della massa energia)
Il secondo obiettivo di Einstein era quello di perfezionare il concetto di gravità formulato da Newton, applicando le nuove conoscenze sulla luce, secondo cui niente viaggiava più veloce di essa.
Nel 1665Newton scoprì la
Forza di gravità, rivoluzionando la concezione di universo: si tratta della
prima legge di unificazione.
Nella teoria della gravità Newton riuscì ad unire cielo e terra affermando che
corpi celesti e terrestri rispondono ugualmente alla legge di gravità.
La Teoria della
Relatività Generale estende i concetti della Relatività Ristretta a sistemi di
riferimento non inerziali, cioè sottoposti ad un'accelerazione.
Einstein si occupò della causa di moto degli oggetti sottoposti alla forza di
gravità: avanzò l'idea che essa non fosse una forza in grado di agire a
distanza, come Newton pensava, ma la modifica dello spazio-tempo in cui l'oggetto si muove. Lo
spazio-tempo si incurva a causa della presenza delle masse: è la curvatura a
determinare la traiettoria dell'oggetto.
È come se lo spazio-tempo controllasse la massa dettandole il moto da seguire e
la massa a sua volta comandasse sullo spazio tempo dettandone la curvatura.
La relatività generale si basa su due principi:
PRINCIPIO DI INVARIANZA - le leggi fisiche sono invarianti rispetto a trasformazioni generiche delle coordinate spazio temporali, cioè hanno stessa forma in tutti i sistemi di riferimento.
PRINCIPIO DI EQUIVALENZA - non è possibile distinguere fenomeni in un sistema di riferimento in caduta libera in un campo gravitazionale e quelli in un sistema di riferimento inerziale.
Il principio di equivalenza è spiegato dall'esperimento ideale dell'ascensore; inoltre vale il principio di equivalenza debole da lui formulato secondo cui massa gravitazionale e inerziale coincidono.
Nella teoria della
relatività ristretta lo spazio tempo è piatto, ha cioè curvatura nulla, mentre
nella relatività generale è curvo e i corpi si muovono lungo le sue geodetiche
(circonferenza massima).
I sistemi di riferimento inerziali non sono più privilegiati e i due nuovi
principi sostituiscono quelli della relatività ristretta: la velocità della
luce non è più costante perché anche la traiettoria del raggio luminoso viene
curvata nello spazio tempo da forza
apparenti.
La velocità della luce dipende dal sistema di riferimento anche se sono
necessari grandi campi gravitazionali per far curvare il raggio luminoso.
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