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La relatività generale
La teoria della relatività ristretta nasce per accogliere al suo interno l'elettromagnetismo classico, infatti non a caso la riflessione sull'invarianza della velocità della luce nel vuoto è uno dei punti di partenza da cui poi si è sviluppata tutta la teoria.
Fin dall'inizio, Einstein si pose il problema se fosse possibile introdurre l'attrazione gravitazionale nella teoria della relatività ristretta e nello stesso tempo si chiese se fosse possibile ampliare il primo dei due assiomi della relatività ristretta secondo cui le leggi fisiche hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali.
Infine si rese conto che i due problemi si fondevano in uno unico e la sua risoluzione costituiva l'ossatura della nuova relatività generale, che andava a completare quella ristretta.
La massa gravitazionale e la massa inerziale sono sempre direttamente proporzionali tra loro e grazie a questa proprietà sono state scelte delle unità di misura in modo che esse risultino addirittura uguali. L'uguaglianza tra le masse giustifica il fatto che tutti i corpi che si trovano in una stessa zona di spazio risentono della stessa accelerazione di gravità.
Il modulo della forza di interazione gravitazionale tra un pianeta e un punto materiale di massa mg e massa inerziale mi posto ad una distanza r dal centro del pianeta è:
F = G Mg mg
r2
dove Mg è la massa gravitazionale del pianeta e G è la costante di gravitazione universale.
L'accelerazione del punto materiale dovuta alla forza gravitazionale si può calcolare grazie al secondo principio della dinamica e corrisponde all'equazione:
F = mia
Sostituendo questa formula con la precedente e ricavando da questa l'accelerazione a, si ottiene
a = G Mg mg
r2 mi
In quest'ultima espressione si potrebbe pensare che l'accelerazione possa dipendere dal rapporto mg / mi e che, quindi, potrebbe variare da corpo a corpo, ma con accurate misure sperimentali si è scoperto che esso equivale ad 1; perciò l'equazione diventa:
a = G Mg
r2
Poiché l'accelerazione dipende solamente dalle costanti G e Mg se ne deduce che anche essa sia una costante uguale per tutti i corpi.
È possibile effettuare alcuni esperimenti ideali con i quali si è in grado di simulare l'esistenza di un campo gravitazionale o eliminarlo e proprio grazie a questi Einstein fu in grado di formulare uno degli assiomi fondamentali della nuova teoria della relatività generale: il principio di equivalenza, che afferma che in una zona delimitata dello spazio-tempo è sempre possibile scegliere un opportuno sistema di riferimento in modo da simulare l'esistenza di un campo gravitazionale uniforme o reciprocamente, in modo da eliminare l'effetto della forza di gravità.
Grazie a questo principio Einstein poté fare una serie di riflessioni tramite le quali guardò alla fisica, ed in articolare alla gravità, in un modo assolutamente nuovo. Il fisico riuscì, infatti, ad ampliare il primo assioma della relatività ristretta, considerando i sistemi inerziali non più "privilegiati" rispetto agli altri sistemi di riferimento poiché quello che avveniva al loro interno si verificava tranquillamente anche in un sistema accelerato o in uno in caduta libera.
Einstein formulò il principio di relatività generale: le leggi della fisica hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento.
In seguito, il fisico tedesco, riuscì a superare anche il secondo postulato, secondo cui la velocità della luce è la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali.
Se la luce si propaga in linea retta con velocità costante in un sistema di riferimento, passando ad uno accelerato rispetto al primo, risulterà avere una traiettoria curva.
Grazie a questi punti di partenza Einstein fu in grado di formulare una teoria organica e completa che prese il nome di teoria della relatività generale, che si basa su due assiomi fondamentali:
la presenza di masse incurva lo spazio tempo;
i corpi soggetti alla forza di gravità devono essere considerati come particelle libere, che si muovono seguendo le geodetiche dello spazio - tempo.
Poiché la teoria della relatività ristretta non prende in considerazione l'attrazione gravitazionale tra le masse, lo spazio-tempo di questa viene considerato piatto.
Il termine spazio-tempo, in realtà, è una definizione non proprio corretta poiché dal punto di vista geometrico si parla di spazi a quattro dimensioni.
Viene formulata, quindi, una concezione nuova di geometria, in cui non vale più il quinto postulato di Euclide che afferma che esiste ed è unica la parallela condotta da un punto esterno ad una retta. Queste nuove geometrie prendono il nome di "non euclidee" e possono essere di due tipi: iperboliche e ellittiche. Nelle prime per un punto esterno ad una retta è possibile condurre infinite rette parallele, mentre nelle seconde non esistono rette parallele ad una retta data passanti per un punto esterno ad essa. Hanno una proprietà particolare che è la curvatura che risulta positiva negli spazi con geometria ellittica, negativa negli altri.
Tali spazi si dicono curvi, mentre quello Euclideo o quello di Minkowski, che hanno curvatura nulla, vengono definiti piatti.
Di rilevante importanza è conoscere la distribuzione delle masse dato che esse influiscono sulla curvatura dello spazio-tempo: le zone più vicine ad una massa presentano una curvatura più accentuata.
Prendono il nome di geodetiche le curvature di minima lunghezza, che hanno la funzione di unire i vari punti: esse sono segmenti di retta nella geometria euclidea, mentre in uno spazio-tempo sferico assumono la forma di archi di circonferenza massima.
Una volta nota la distribuzione delle masse si è in grado di calcolare la geometria dello spazio-tempo grazie all'equazione di campo di Einstein che è il cuore della sua teoria.
Tra le previsioni teoriche della relatività generale ve ne è una particolarmente affascinante: se la geometria dello spazio è determinata dalla distribuzione delle masse e se tale distribuzione viene modificata, si ha di conseguenza una variazione della geometria dello spazio-tempo che, però, non può essere istantanea in tutto l'universo ma si propaga dal punto in cui si è generata con la velocità della luce c. Tale propagazione prende il nome di onda gravitazionale.
La luce subisce una deflessione in presenza di un campo gravitazionale e quindi in presenza della curvatura dello spazio-tempo. Alcune stelle osservabili vengono viste in una posizione diversa rispetto a quella che realmente occupano. Secondo la teoria della relatività generale, la luce trasporta energia, ma poiché essa ci giunge con una frequenza minore di quella con cui è stata emessa e poiché nell'ambito della luce visibile il rosso è il colore a cui corrisponde la frequenza minore, si ha il fenomeno di spostamento verso il rosso o redshift gravitazionale.
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