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Le stesse leggi fondamentali della chimica fornirono le basi per la formulazione della teoria atomica della materia. Fu proprio John Dalton (1766-1844), intorno al 1805, che, per spiegare le sue osservazioni, avanzò l'ipotesi che le sostanze fossero costituite da piccole particelle indivisibili, dette 'atomi' (dal greco a-tomae, termine introdotto per la prima volta da Democrito nel IV secolo a.C). Dalton suggerì che gli atomi di un dato elemento fossero tutti uguali, mentre elementi diversi sarebbero costituiti da atomi diversi, indicando peraltro nella diversità delle masse, l'essenza della diversità degli atomi.
Tuttavia Dalton non si pose il problema dei motivi di tale diversità. In sostanza accettava in maniera acritica il concetto di atomo, così come era stato proposto originariamente dagli antichi filosofi greci. Per tutto il 19° secolo, l'atomo fu considerato come la particella ultima (oggi diremmo particella elementare o fondamentale), priva quindi di una struttura interna, della quale i chimici non si erano neppure posti il problema.
Alcune delle osservazioni di Dalton circa l'identità ponderale degli atomi di un elemento non sono rigorosamente corrette. Sappiamo infatti che la maggior parte degli elementi hanno isotopi che differiscono per qualche unità di massa atomica. L'inadeguatezza della strumentazione dell'epoca, giustifica ampiamente le idee di Dalton; peraltro, l'esistenza degli isotopi era ben lontana dall'essere scoperta.
Accettando le ipotesi di Dalton, si doveva riconoscere che non esisteva un' UNICA particella ultima, ma tante, quanti sono gli elementi, diverse l'una dall'altra.
Oggi sappiamo che la diversità degli atomi deriva dal fatto di essere composti di particelle elementari (elettroni, protoni e neutroni) aggregate in proporzioni diverse.
Ma sono realmente fondamentali queste particelle?
Da un punto
di vista fisico la risposta è negativa. È probabilmente fondamentale
l'elettrone, ma neutroni e protoni sembrano essere a loro volta formati da
altre particelle elementari: i quark.
A tutt'oggi, i fisici hanno scoperto circa 200 particelle subatomiche; solo una
minoranza di esse è ritenuta elementare e, per buona sorte, solo in un numero
molto ristretto costituiscono la materia ordinaria.
Dal punto di vista chimico, i componenti fondamentali dell'atomo 'restano' elettrone, protone e neutrone. In un estremo tentativo riduzionista, adeguato tuttavia per le nostre finalità, potremmo addiittura concepire l'atomo come costituito da un dato numero di elettroni (particelle cariche negativamente) e da un nucleo contenente un numero di cariche positive pari a quello degli elettroni.
Peraltro, possiamo osservare che, sotto l'aspetto chimico, conserva validità
anche il concetto di indivisibilità dell'atomo. Anche se può perdere o
acquistare elettroni attraverso reazioni chimiche, o unirsi con altri atomi per
formare composti, un atomo resta sempre quell'atomo.
L'identità di un atomo è determinata dal numero di protoni contenuti nel nucleo. Questo numero viene definito numero atomico (Z) e si indica ponendo il numero in basso a sinistra del simbolo dell'elemento. Ad esempio 6C, indica che il carbonio ha numero atomico 6 e contiene quindi 6 protoni nel nucleo.
In modo analogo, con un numero posto in alto a sinistra del simbolo elementare si indica il numero di massa (A), che è dato dalla somma del numero di protoni (Z) e di neutroni (che generalmente si indica con N) contenuti nel nucleo. Il simbolo indica il cosiddetto nuclide del carbonio.
Gli elementi che hanno lo stesso numero atomico, ma diverso numero di massa si dicono isotopi. Un particolare isotopo di un elemento si indica utilizzando solo il numero di massa, dando per sottinteso il numero atomico. Così, 14C indica l'isotopo del carbonio che contiene 8 neutroni, anziché i 6 dell'isotopo più stabile, che è appunto il 12C.
Negli elementi con numero atomico piccolo (Z < 20), il numero dei neutroni nell'isotopo più stabile è generalmente uguale a quello dei protoni o vi differisce per una unità in eccesso. Al crescere di Z, il rapporto fra N e Z aumenta progressivamente. È probabile che i neutroni abbiano un ruolo importante nel dare stabilità ai nuclei. I nuclei degli elementi più pesanti sono in genere instabili e tendono a decare emettendo particelle per raggiungere una condizione di maggior stabilità nucleare. È stato osservato che i nuclei con valori pari di Z e N sono più stabili di quelli con valori dispari.
Nel nucleo, protoni e neutroni sono tenuti insieme dalla forza nucleare, la più intensa delle quattro forze fondamentali della natura, che ha però efficacia solo a distanze subatomiche. Questa forza deve essere così intensa da vincere la forte repulsione elettromagnetica esistente tra i protoni dotati di carica positiva, che nel nucleo si trovano a distanza molto ravvicinate. È stato suggerito che questa forza agisca a livello dei quark che compongono protoni e neutroni.
Il numero di massa non deve essere in alcun modo confuso con la massa effettiva di un atomo. Per indicare le masse degli atomi (o dei composti chimici) sarebbe oltremodo scomodo usare l'unità di misura ordinaria della massa, il kg o il g. Per questo motivo i chimici hanno ideato una unità di misura relativa, prendendo come riferimento la massa del nuclide 12C, al quale si assegna il valore 12. L'unita di massa atomica relativa, abbreviazione u.m.a. (o meglio u), è quindi 1/12 (un dodicesimo) della massa del 12C. L'unità di massa atomica è un numero adimensionale in quanto è il rapporto fra due numeri con la stessa dimensione. Una u corrisponde a circa 1.66 x 10-24 g.
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