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La rivoluzione di Einstein: la sintesi di spazio e tempo, massa ed energia
La stessa opera di Maxwell poneva già le premesse di un'ulteriore rivoluzione concettuale, quella con cui Albert Einstein avrebbe ridefinito i concetti di spazio e tempo. La natura ondulatoria del campo elettromagnetico sembrava presupporre l'esistenza di un proprio mezzo di propagazione, in analogia con le altre forme conosciute di onda: il suono si propaga attraverso l'aria, l'acqua stessa è il mezzo che, fluttuando, propaga le onde del mare. Tuttavia nessun esperimento fu mai in grado di dimostrare l'esistenza del presunto invisibile mezzo di propagazione delle onde elettromagnetiche, il cosiddetto etere luminifero.
Albert Einstein
Esisteva poi un grande problema concettuale. Era noto sin dai tempi di Galileo che le leggi che descrivono il moto dei corpi sono indipendenti dal sistema di riferimento, a patto di utilizzare semplici equazioni di trasformazione delle coordinate, le cosiddette trasformazioni di Galileo, quando ci si sposta da un sistema di riferimento ad un altro in moto rispetto al primo. Le leggi dell'elettromagnetismo, invece, sembravano non godere della stessa proprietà: cambiando sistema di riferimento e applicando le trasformazioni di Galileo, le equazioni di Maxwell cambiavano completamente forma, implicando che esperimenti compiuti su cariche elettriche o magneti posti in luoghi diversi della superficie terrestre avrebbero dovuto dare risultati diversi.
Il mondo scientifico dovette confrontarsi con una situazione paradossale: da un lato la teoria dell'elettromagnetismo, che stava ottenendo spettacolari successi, sembrava essere valida così com'era stata formulata da Maxwell solo in un particolare sistema di riferimento - era naturale pensare che tale sistema di riferimento privilegiato fosse proprio l'etere -, d'altra parte gli esperimenti mostravano che, al contrario, i fenomeni elettromagnetici erano identici in qualunque laboratorio fossero studiati. Difficile da accettare era la stessa apparente diversità di comportamento di elettromagnetismo e meccanica dei corpi agli occhi di uno spettatore che cambiasse la propria prospettiva di osservazione: com'era possibile che coesistessero geometrie spaziali di natura diversa a seconda del tipo di fenomeno osservato?
Fu proprio l'idea che l'indipendenza delle leggi fisiche dal punto di vista dell'osservatore dovesse valere per tutti i fenomeni lo stimolo da cui partì Einstein (1879-1955) per formulare nel 1905 la teoria della relatività ristretta. La teoria risolveva ogni apparente contraddizione concettuale abbandonando definitivamente il concetto di etere e sostituendolo con un postulato di notevole audacia intellettuale, oggi diventato uno dei fondamentali della scienza: contrariamente alla velocità di un oggetto ordinario, che può apparire minore o maggiore per un osservatore che si muova rispetto a esso, la velocità della luce nel vuoto ha la particolarità di essere costante e uguale per qualsiasi osservatore. Da questa ipotesi derivavano nuove equazioni di trasformazione delle coordinate, le trasformazioni di Lorentz, che, sostituendo quelle di Galileo, rendevano le leggi dell'elettromagnetismo, al pari di quelle della meccanica dei corpi, indipendenti dal sistema di riferimento.
La teoria di Einstein operava allo stesso tempo tre grandi unificazioni di preesistenti concetti fisici. Da un lato, essa riconciliava tra di loro due mondi fino allora distinti, la meccanica e l'elettromagnetismo, dimostrando che entrambi potevano essere descritti nell'ambito di una comune geometria e prospettiva dello spazio. Allo stesso tempo, il nuovo concetto di spazio risultava indissolubilmente legato a quello di tempo: ad essi si sostituiva la nozione unica di spazio-tempo quadridimensionale, che diventava la sede naturale di osservazione e descrizione dei fenomeni fisici. Infine, il concetto di massa di un corpo veniva reinterpretato come una delle possibili manifestazioni dell'energia. L'equivalenza di massa ed energia - sintetizzata dall'equazione E= mc2 - implicava inoltre che il principio di conservazione della massa era da considerarsi non più come una legge rigorosa della natura, ma come un'approssimazione valida in specifici ambiti di utilizzo: essendo possibili trasformazioni di massa in energia e viceversa, diventavano ammissibili i fenomeni di creazione e distruzione di quantità di materia.
Non tutte le conseguenze di questa rivoluzione concettuale riguardano fenomeni che fanno parte direttamente della realtà di tutti i giorni. Alcune delle peculiarità della nuova concezione dello spazio-tempo potrebbero rivelarsi in modo evidente solo se ci muovessimo a velocità prossima o uguale a quella della luce, limite invalicabile per qualsiasi fenomeno fisico. Qualora diventasse per noi possibile raggiungere simili velocità, assisteremo ad avvenimenti che sfuggono alla capacità di raffigurazione della mente umana: vedremmo contrarsi rispetto a noi gli oggetti che rimangono fermi a terra; e all'interno del nostro mezzo di trasporto il tempo scorrerebbe più lentamente che a terra.
Il progresso apportato dalla nuova visione del mondo si è anche poi riversato sulle tecnologie. La già citata equazione di equivalenza tra massa ed energia stabilisce che una piccola porzione di materia può essere convertita in un'immensa quantità di energia. Tale teoria ha fatto compiere un salto evolutivo alle tecniche di produzione energetica (reattori nucleari) e arrivando a dare all'uomo il potere di cambiare drammaticamente il corso della storia: le esplosioni atomiche su Hiroshima e Nagasaki costituiscono la più sconvolgente manifestazione delle potenzialità della nuova fisica.
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