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La fisica di aristotele




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LA FISICA DI ARISTOTELE



Libro I


Cos'è la fisica e di cosa si occupa

La fisica dovrà essere conoscenza teoretica, ma conoscenza teoretica di quel genere di essere che ha potenza di muoversi e della sostanza intesa secondo la forma, ma prevalentemente considerata come non separabile dalla materia.

Compito del fisico è speculare anche su una parte dell'anima che non esiste senza la materia

Si occupa solo dell'essere in movimento

Aristotele fa rientrare nel campo d'indagine della fisica anche lo studio dei corpi celesti.

Ne segue che gli orizzonti della fisica finiscono per spaziare dalla terra al cielo, dai corpi viventi degli animali all'anima.


Oggetto di studio della Fisica

Dal capitolo secondo del secondo libro della Fisica emerge dunque in maniera definitiva quanti e quali siano gli oggetti studiati dal fisico: egli è chiamato ad occuparsi di sostanze materiali (sinoli di materia e forma) in movimento, sicché la sua indagine spazia dalla terra al cielo. Anche gli astri, infatti, rientrano nel suo campo di investigazione, in quanto sono anch'essi corpi in movimento, ancorché si tratti di un movimento sui generis: se gli oggetti del mondo sublunare si muovono lungo direzioni contrarie (l'alto e il basso) ed è proprio da ciò che nascono i movimenti contrari di generazione e corruzione, gli oggetti del mondo sopralunare, dal canto loro, sono composti di etere, una particolare materia non soggetta a corruzione e tale da spiegare il loro moto circolare.


Essere 'per lo più'

Le scienze teoretiche riguardano cose esistenti necessariamente, ma all'interno della fisica è ritagliato uno spazio anche per i corpi passeggeri e non eterni: le pietre, gli uomini e gli animali possono infatti non esistere e, in ogni caso, sono perituri; essi tuttavia rispondono ad una modalità dell'essere che è (per lo più), per cui gli uomini, invecchiando, diventano per lo più canuti.

Devianze dalla norma della natura che vuole che gli uomini nascano per lo più in un certo modo.

Anche quel che accade per caso ha pur sempre una sua causa, anche se l'effetto risulta derivare da una causa diversa da quella in forza della quale solitamente accade: ossia avviene per accidente


Materia, Forma, Scopo

Infatti, le cose hanno una materia, sono prodotte da qualcuno, sono tali perché hanno una forma che le individua e hanno uno scopo per il quale sono venute ad essere.

La materia e la forma non sono separabili l'una dall'altra, col che egli si distingue nettamente dalla posizione platonica, per cui le forme sarebbero radicalmente distinte dalla materia


I quattro elementi

Agli occhi di Aristotele, i corpi si distinguono in semplici e in composti, ed entrambe le categorie cadono nel campo d'indagine della fisica: alla base di tutti i corpi che popolano il mondo sublunare stanno i quattro elementi.

Solo Empedocle, ravvisando nell'acqua, nella terra, nel fuoco e nell'aria i quattro elementi stanti alla base del reale ha colto la verità: tali quattro elementi, infatti, rendono perfettamente conto e del divenire

Tuttavia sbaglia Empedocle nella misura in cui li concepisce come principi (e non come meri elementi), giacché, così facendo, egli finisce per riconoscerli come eterni: ma da ciò che è eterno non può in alcun caso nascere il mutevole e il transeunte, ovvero tutto ciò che popola questo mondo. Eterna è invece la loro vicenda di trasformazione, poiché eternamente si trasformano l'uno nell'altro.


Il mondo sublunare e i fenomeni meteorologici

o      Aristotele difende a spada tratta l'unicità del mondo: il mondo è uno ed eterno, assolutamente incorruttibile

o      La luna segna il confine tra i due mondi (sublunare e sopralunare), ma tra essi non c'è separazione netta: c'è anzi una zona intermedia in cui si situano i fattori meteorologici, che sono da Aristotele spiegati con le vicissitudini cui vanno incontro i quattro elementi.


Il primo motore immobile

o      Allo studio del motore immobile sono dedicati il libro VIII della Fisica e, con notevoli differenze, il libro XII della Metafisica: nel mondo sublunare constatiamo che ogni cosa è a sua volta mossa da altre cose, a loro mosse da altre; affinché il processo non vada all'infinito, occorre ammettere un "motore immobile", ovvero un qualcosa che muova senza a sua volta essere mosso.

o      Il motore immobile è "primo di tutti i motori": in questo senso, ammettiamo l'esistenza di un primo motore immobile rispetto alla serie di tutti gli altri motori.

o      In quanto immobile, esso non avrà materia - la quale è causa di mutamento - e, di conseguenza, non avrà potenza: sarà allora "atto puro" e muoverà il "primo mobile" come causa finale, proprio come l'amato muove l'amante.

o      Ci deve necessariamente essere un motore immobile unico per tutte le sfere celesti (in un primo momento dice più di uno)

o      Questo primo motore immobile, in quanto privo di potenza, è anche privo di materia ed è da Aristotele identificato con la divinità

o      Da ciò segue una struttura gerarchica del cosmo, poiché dall'unico motore immobile "si dirama" l'intero universo:

o      Il Dio di Aristotele, lungi dall'organizzare provvidenzialmente il mondo, sta fermo ed è causa finale del moto del "primo mobile", ovvero del "cielo delle stelle fisse", che a lui tende come al proprio fine

o      Causa finale (giacché, se fosse causa efficiente, sarebbe essa stessa in movimento)

o      Dio è per Aristotele ("pensiero di pensiero")


Deduzione

Per natura, il processo conoscitivo muove da ciò che è più conoscibile per noi a ciò che è più conoscibile di per sé: e ciò che per noi è dapprima più conoscibile è l'insieme confuso, ossia l'indifferenziato: solo in un secondo tempo, grazie alla scoperta dei principi, degli elementi e delle cause, si può pervenire alla conoscenza dell'articolato e del differenziato, che è più conoscibile di per sé.

o      La conoscenza sensibile degli oggetti è assolutamente veritiera


Enti vs. Essere parmenideo

o      La presa di posizione parmenidea aveva destituito di ogni legittimità la fisica

La natura - come attesta l'induzione - è il regno della varietà e del movimento; indagare alla maniera eleatica equivale a eliminare i principi: la nozione stessa di principio, infatti, comporta dualità, in quanto implica un principio e, accanto ad esso, la cosa di cui è principio; sicchè gli eleati, riducendo all'unità i principi, finiscono per neutralizzare la fisica stessa, giacché non è più possibile render conto del mutamento né della pluralità.

o      Poiché "l'essere si dice in molti modi" in che senso, per gli eleati, tutte le cose sono una?

La soluzione che Aristotele avanza di fronte al gravoso ostacolo eleatico è racchiusa in due punti centrali:

o      Si deve comprendere - sulla scia del Platone "parricida" di Parmenide - che il verbo essere ha due diverse valenze (una copulativa, l'altra esistenziale), per cui dire "il tavolo è" è cosa ben diversa dal dire "il tavolo è rosso"

o      Si tratta di tenere a mente che l'essere e l'uno si dicono in molti sensi e che il divenire non implica quell'indebito passaggio dall'essere al non-essere e viceversa: il blocco di marmo che diventa una statua non passa dall'essere (marmo) al non essere, per poi tornare all'essere (come statua); esso invece passa dall'essere statua in potenza all'essere statua in atto.

Erra Parmenide nel sostenere che l'essere si dice in un solo modo, giacchè l'induzione attesta che esso si predica in più modi.


I principi

Aristotele passa ad esaminare quelle dei fisici in senso proprio, rilevando, in apertura del capitolo quarto, che sussistono due grandi scuole di pensiero sulla natura:

  1. Da un lato, v'è chi pone un sostrato unico e fa derivare il molteplice dai processi di modificazione che coinvolgono quest'unico sostrato
  2. La seconda grande scuola di pensiero sulla natura è quella costituita da quanti hanno ammesso un originario sostrato indistinto da cui sarebbero nate in seguito le diverse articolazioni del reale: tale era l'apeiron di Anassimandro

La tesi vera è quella di Empedocle, l'unica che ha retto al fuoco della confutazione: i principi non sono né uno né infiniti, bensì molti


Molto più corretta è la posizione dei fisici, delineando la quale Aristotele chiarisce anche la propria: occorre ammettere un numero finito di principi, nella fattispecie tre, giacché se se ne ammette uno (alla maniera eleatica) non si può render conto della natura, se se ne ammettono infiniti (sulle orme di Anassagora) tutto diventa inconoscibile e indeterminato, se se ne ammettono solo due allora, nel divenire, uno dei due si annulla.


Tre è il numero dei principi: in particolare essi sono la materia, la forma e la privazione di forma

Libro II


Comune fallibilità di natura e tecnica

Dal canto suo, Aristotele capovolge il modello platonico e studia la natura in analogia con la tecnica non già sulla base di una presunta identificazione tra le due, bensì sulla base della loro comune fallibilità: infatti, tanto la tecnica quanto la natura non sono sorrette da fili divini e, per ciò, sono suscettibili di errori; mirano sempre al raggiungimento di un fine identificatesi con il bene, ma non sempre riescono a concretizzarlo, giacché ostacolate dall'indeterminatezza recalcitrante della materia. E così, come un medico può sbagliare


Cos'è per natura / cos'è per tecnica (avere o no in se il principio di movimento)

Per chiarire che cos'è la natura, nel capitolo primo Aristotele opera un'importante distinzione tra le cose che sono "per natura" e quelle che sono "per tecnica": per natura sono gli animali e le loro parti, le piante, gli uomini e gli elementi; e ciò che non è per natura, è per tecnica: infatti, un tavolo o un mantello sono il frutto della produzione da parte di qualcosa di ad essi esterno (l'artigiano) ed è da quel qualcosa che dipende il loro essere e il loro non essere. Al contrario, le cose di natura hanno in se stesse il principio del moto e della quiete, ossia possono autonomamente spostarsi (tale è il caso dell'uomo che cammina), accrescersi e diminuire, alterarsi, ecc.

o      Aristotele qualifica questa innata tendenza delle cose "per natura" a muoversi con il termine "impulso", "tendenza": ciò sta a significare che "le cose per natura" hanno in sé tale impulso a mutare e si tratta di una tendenza non accidentale,

o      Ben diversa è la situazione per quel che concerne gli oggetti della tecnica: essi hanno il principio del moto e della quiete non in sé, bensì in un oggetto esterno, come rivela il caso del letto che si muove esclusivamente se mosso dall'artigiano.


Materia/Forma; Potenza/Atto

Dal canto suo, Aristotele non nega affatto che la natura sia la materia, ma si spinge oltre: a suo avviso, infatti, l'assunzione di una forma da parte della materia non è un qualcosa di accidentale (come credeva invece Antifonte), ma è anzi l'attualizzazione di una determinata potenzialità, il realizzarsi in senso pieno del fine per cui il processo si è avviato. In questo senso, lo Stagirita si colloca a metà strada tra il materialismo e

o      Ne segue allora che natura è soprattutto la forma, giacché si può parlare in senso pieno di prodotti naturali solo quando essi sono in atto, ossia quando sono dotati di forma, e ciò in base all'acquisizione aristotelica

o      La matematica studia quelle proprietà dei corpi (studiate anche dal fisico) facendo astrazione dai corpi naturali, ovvero studiandole come se fossero forme a sé stanti. Dal canto suo, il fisico studia forme nella materia, ossia corpi materiali e dotati di moto.

o      Ne segue allora che la fisica è la scienza avente per oggetto la natura intesa sia come forma sia come materia. L'acquisizione della forma, infatti, è in ogni processo naturale il fine cui tende il processo, avviatosi appunto per la realizzazione di un fine coincidente con l'acquisizione della giusta forma.


Le 4 cause

L'esperienza, che nasce dalla reiterazione della sensazione, ci dice solo che il fuoco brucia o che i gravi cadono, senza mai spiegarci perché ciò avvenga: non ci fornisce cioè la causa. Per rispondere alla domanda "perché il fuoco brucia?" o "perché i gravi cadono?" occorre individuare le quattro cause, aventi fra loro relazioni specifiche:

  1. La causa materiale, la quale spiega di che cosa è costituito l'oggetto in questione.
  2. La causa formale, che rende conto della forma assunta dall'oggetto in questione, cogliendone l'essenza, il (letteralmente "che cos'era l'essere": l'imperfetto segnala la permanenza della sostanza).
  3. La causa efficiente, ovvero ciò ad opera di cui una cosa viene ad essere.
  4. La causa finale, ossia il fine in vista di cui la cosa viene ad essere.

Caso e fortuna (evento casuale che riguarda l'azione gli uomini)

o      Per parlare di accidentalità, egli impiega due termini distinti e dotati di significati diversi: e "tuche" è la casualità che riguarda il mondo dell'agire umano, mentre "autòmaton" è il regno della casualità in generale e, nella fattispecie, delle cose inanimate.

o      Capita che si producano per accidente eventi che, solitamente, si producono in vista di un determinato fine: l'incrocio di due processi causali indipendenti può apparire come se ci fosse una finalità alla sua origine. Nell'incrocio tra più processi si può produrre una teleologia apparente.

o      Il capitolo sesto distingue meglio tra tuche (fortuna) e automaton (caso): la prima riguarda le azioni che dipende dall'uomo compiere o meno; il secondo, invece, coincide con la casualità lato sensu, in particolare con quella degli enti non equipaggiati di ragione.

o      Poi egli nota che gli eventi per tuche sono ricompresi nel più ampio campo dell'automaton: si tratta di un campo più vasto perché riguardante enti che non paiono agire per deliberazione, ossia che non possono perseguire intenzionalmente i loro fini. In tal senso, l'automaton riguarda gli enti di natura e gli esseri privi di ragione (ad esempio i bambini) e può essere definito come "ciò che si produce spontaneamente". Ciò non


Da quanto detto, risulta chiaro come fortuna e caso siano cause secondarie, posticce e inferiori: in altri termini, il caso è il volto oscuro della finalità.


Finalismo imperfetto

o      La natura non è "divina" e Aristotele ne paragona l'attività a quella tecnica; a differenza della tecnica divina (che è infallibile), la tecnica umana è soggetta a fallire: similmente, in natura non tutto avviene in maniera perfetta.

o      Così, per lo più l'uomo nasce dotato di una data forma, ma ciò non esclude una zona d'ombra entro la quale il processo generativo devia e nasce un mostro rientrante anch'esso nelle cose di natura, ancorché nell'accezione di "contro natura".

o      E' questo il "finalismo imperfetto" (perché non sempre tale da realizzarsi) che Galeno ravvisava in Aristotele, preferendo in forza di ciò Platone con suo modello provvidenzialistico.

o      Lo Stagirita ha individuato due diverse nozioni di fine: da un lato, il "fine per sé", e, dall'altro, il "fine per noi" (coincidente con l'utile)

o      La finalità della natura appare evidente se soffermiamo la nostra attenzione su tutti quegli animali che, pur sprovvisti di ragione, compiono operazioni assai complesse e ben finalizzate, come il ragno che tesse la tela o la formica che accumula il cibo.


La necessità in natura

o      Il capitolo nove, con cui si chiude il secondo libro, affronta in via definitiva il problema della necessità in natura: la necessità esiste "per ipotesi" o "in assoluto"? Alla luce del fatto che i predecessori (Democrito in

o      Aristotele non ha alcun dubbio sul fatto che, in natura, la necessità debba essere identificata con la natura: ma tale necessità - si chiede Aristotele - esiste in maniera incondizionata oppure condizionata? Se fosse vero

o      Da tutto ciò segue che non è la materia a spiegare il perché del muro, ma è il perché del muro (ossia il fine) a render conto della materia impiegata: infatti, se il muro deve dar riparo, allora occorre che abbia pietre e legno. In altri termini, la materia, qualora non si conosca il fine del muro, non ha alcun senso.

o      Sulla base di ciò, lo Stagirita può rispondere alla domanda con cui si apriva il capitolo: la necessità della materia e, dunque, della natura è una necessità ipotetica. È vero che la presenza della materia condiziona il realizzarsi del fine (il quale può non realizzarsi se la materia pone ostacoli), ma è altrettanto vero che è il fine a giustificare la presenza della materia, e non viceversa (se il muro deve riparare, allora dovrà esser fatto di pietre e legno).

o      Naturalmente, affinché la materia acquisisca la forma, occorre una causa efficiente che avvii il processo. Aristotele ha dunque trovato un modo per condizionare il necessario: la necessità resta sì imprescindibile (giacché la natura è anche materia), ma è condizionata dal fine, nel senso che da esso dipende.




Libro III


Continuo

è continuo ciò che è divisibile all'infinito


Entelechia

Entelechia è lo stato di perfezione dell'ente che ha raggiunto il suo fine, attuando il suo essere in potenza


Il Movimento

Il movimento è entelechia di ciò che in potenza ma solo in quanto potenza. Il movimento non si può porre in senso assoluto né nella potenza degli enti né nel loro atto. Il movimento sembra essere un atto ma imperfetto

Il movimento entelechia del mobile in quanto mobile, e ciò accade per contatto del motore, sicché nello stesso tempo quest'ultimo patisce anche. E il motore apporterà sempre qualche forma. Sia il mobile che il mosso sono in entelechia

Il movimento è un'imperfetta entelechia del mobile; il motore invece dev'essere sempre necessariamente già in atto


Infinito

Non può esistere un infinito in atto

o      Ciò che ne entelechia non può essere infinito

o      Non esiste un corpo sensibile infinito

o      L'infinito non può essere né composto né semplice

o      Non si può ammettere che l'infinito sia uno dei quattro elementi

Il concetto di infinito è tuttavia necessario: esiste l'infinito in potenza (per detrazione e aggiunzione)

o      Non è in potenza nel senso che il bronzo può diventare statua, che l'infinito può diventare infinito ma nel senso che 'il giorno è' [l'essere dei quali risiede mai in una sostanza, ma è sempre nel nascere e nel perire: un'essere delimitato ma pur sempre diverso]

o      In verità capita che l'infinito sia proprio il contrario di quel che si dice. Difatti, l'infinito non è ciò al di fuori di cui non c'è nulla, ma ciò al di fuori di cui c'è sempre qualche cosa.

o      L'infinito rientra nel concetto di parte più che in quella l'intero.

o      L'infinito esiste nel movimento e nel tempo ma non nella grandezza: l'infinito è causa solo in quanto materia e il suo essere è privazione, mentre il sostrato in sé sono il continuo e sensibile.

o      Il singolo uomo è perituro, ma la specie umana è eterna (l'atto stesso con cui si ama e ci si riproduce non è che


«IL TEMPO E IL MOVIMENTO SONO INFINITI INSIEME CON IL PENSIERO; MA CIÒ NON COMPORTA LA REALE SUSSISTENZA DI QUELLO CHE VIENE DESUNTO DA ESSI. LA GRANDEZZA INVECE NON È INFINITA NÉ PER RIDUZIONE NÉ PER UN ACCRESCIMENTO»




Libro IV


Il luogo

Tutti gli enti sono in un dove; del resto il più comune e fondamentale movimento, quello che si chiama spostamento, è in relazione ad un luogo

Il cielo è in un luogo perché è in movimento perpetuo. Il luogo non è il cielo stesso ma «l'estremità» immobile del cielo

Ciascun corpo quando non vi sia attrito, è portato al proprio luogo (naturale)

L'alto e il basso, la destra e la sinistra, il davanti e il dietro sono le parti e le specie del luogo. Tali determinazioni sono relative a noi ma hanno ciascuna una particolare determinazione naturale

La terra e ciascuna altra cosa di necessità rimangono nei propri luoghi e solo con la violenza sono rimosse da questi

Il luogo non è materia e non è forma: è separabile dalla cosa per cui non è forma, contiene la cosa per cui non è materia

Il luogo è ciò che contiene l'oggetto di cui è luogo:

Il luogo è il primo limite immobile del corpo contenente (in quanto esso è contiguo al contenuto (e questo contenuto dev'essere un corpo che possa essere mosso mediante spostamento)


Il vuoto

Il vuoto non esiste perché non ci può essere movimento nel vuoto e nell'infinito: «nessuna cosa potrà essere spostata, se non mediante un veicolo»

Se fossimo nel vuoto non ci sarebbe attrito e non ci sarebbe differenza di velocità tra gli oggetti che si spostano

non c'è il vuoto ma solo una differenza di rarità e densità nella materia


Il tempo

Il tempo è una proprietà del movimento:

o      Il tempo è il numero del movimento secondo il prima e poi

o      Il tempo è continuo in quante proprietà di un continuo

o      Misuriamo il movimento durante il tempo e il tempo mediante movimento

o      il tempo è accidentalmente misura della quiete

Il tempo è continuo a causa dell'istante ma è anche diviso secondo l'istante (si adegua all'oggetto spostato: il movimento mantiene la sua unità in virtù dell'unità all'oggetto spostato)

o      L'istante divide solo in potenza: in quanto divisorio è sempre diverso; in quanto collega è sempre lo stesso

o      L'istante non è una parte: la parte deve avere una misura e il tutto deve risultare composto di parti ma il tempo non sembra essere un insieme di istanti: gli istanti non sono continui tra loro

o      Il tempo assunto nella sua totalità è lo stesso perché l'istante è lo stesso di quel che era una volta

o      il tempo è sempre in principio ed è sempre in fine così come il cerchio è concavo e convesso allo stesso tempo

Il tempo di per sé è piuttosto causa di corruzione: infatti esso è numero del movimento e il movimento pone fuori di sé ciò che in sé

o      Le cose eterne quindi non sono nel tempo

o      La conversione circolare uniforme è la misura per eccellenza

Solo l'anima o l'intelletto che sta nell'anima possono numerare quindi è impossibile l'esistenza del tempo senza quella dell'anima




Libro V


Il cambiamento:

Per accidente: il musicista che passeggia (chi passeggia è accidentalmente anche un musicista)

Cambia la parte (il corpo guarisce perché l'occhio guarisce)

Ciò che è mobile invece cambia di per se stesso


Il sostrato

Il diveniente (sinolo di forma e sostanza) è un sostrato. Sempre un sostrato soggiace al divenire. Il termine hypokeimenon viene tradotto anche 'soggetto'. Nell'ente 'musicista', la musica e la a-musica sono i contrari, l'uomo è il sostrato che soggiace ai contrari. Il sostrato ha l'identità di ciò che entro la materia tiene la connessione tra il prima e il poi, in base alla sua relazione con la forma; in questo senso esso si mantiene nel venire ad essere di una sostanza

Il cambiamento avviene solo da qualcosa verso qualcosa. E lo dice anche il termine metabolé che pone un qualcosa dopo un altro qualcosa

Il cambiamento prende il nome per lo più da ciò verso cui tende


Generazione, corruzione e movimento

Il cambiamento non accidentale avviene solo nei contrari e nelle contraddizioni

o      da non-sostrato a sostrato = generazione assoluta

o      da sostrato a non-sostrato = corruzione assoluta

o      generazione e corruzione non sono movimento

o      da sostrato a sostrato = movimento, solo il cambiamento da sostrato a sostrato è movimento


Categorie: sostanza, relazione, agire, partire, quantità, qualità, luogo, tempo. Esistono i contrari sono nelle ultime quattro categorie per cui ci saranno tre tipi di movimento:

Quantitativo: accrescimento/diminuzione rispetto a ciascuno dei contrari

Qualitativo: alterazione

Locale: può essere naturale o contro natura


La quiete

Un'oggetto è in quiete quando in istanti successivi diversi, l'ente è nello stesso stato, tanto nella sua interezza quanto nelle sue parti.

Quiete: la quiete è una privazione presente in ciò che può cogliere il moto. Ciò che per natura si può muovere ma non si muove quando dove come la natura gli ha conferito il moto. Gli enti privi di contrario non hanno movimento e non hanno quiete ma immutabilità




Libro VI


Continuo / In contatto / Consecutivo

o      Continue sono le cose le cui estremità sono una sola cosa

o      In Contatto sono le cose le cui estremità sono insieme

o      Consecutive sono le cose in mezzo a cui non c'è nulla di affine


Il movimento è tutto intero in un tempo intero. Il movimento lungo una traiettoria finita si attua in un tempo finito.


Natura dell'ente continuo

È impossibile che qualcosa di continuo sia composto di indivisibili

Il punto e l'istante non sono consecutivi

Il continuo è composto di quantità sempre divisibili

Nessun continuo è privo di parti


L'istante divide il tempo

Il tempo è necessariamente continuo

L'istante è limite sia del passato che il futuro

L'istante è però indivisibile nel senso che, se fosse divisibile, una parte del passato si troverebbe al futuro e una parte il futuro si troverebbe nel passato

Nell'istante nulla si muove e nulla è in quiete

Il tempo non è composto da istanti / la lunghezza non è composto a punti


I movimenti delle parti sono diversi, secondo che si considerino in relazione alle parti stesse, oppure relazione movimento all'interno. Tale differenza si può osservare massimamente nella sera, perché in essa le velocità delle parti più vicine al centro non saranno uguali a quelle le parti esterne o dell'intera sfera, quasi come se non ci fosse un movimento unitario.


Il cerchio e la retta

Il cambiamento non può essere infinito perché i contrari sono i limiti del cambiamento stesso

Il singolo movimento non può essere infinito

L'unico movimento singolo infinito è la conversione circolare




Libro VII


Quattro specie di spostamento prodotto da altro:

Trazione

Spinta

Trasporto

Rotazione

Tutti e quattro si possono ridurre ai soli trazione spinta (la rotazione è un insieme di trazione e spinta)

il motore più immediato in relazione al mosso è l'aria


Gli stati d'animo non sono alterazioni

Gli Stati, quelli del corpo quelli dell'anima, non sono alterazioni. La virtù è una certa perfezione, i vizi invece e corruzione o perdita di ciò. Ovviamente questi stati hanno a che fare con la parte sensibile dell'anima soggetta a alterazioni. La generazione degli stati d'animo è accompagnata da alterazione, ma gli stati d'animo non sono alterazioni.


Omonimia per affezione

La materia di cui è fatta l'oggetto non è chiamata per omonimia con il nome della forma dell'oggetto. Ciò che è alterato prende per omonimia l'appellativo dell'affezione.

Es. si dice statua bronzea e non bronzo statuario




Libro VIII


Il tempo ingenerato

Tutti i filosofi, eccetto Platone, pensano che il tempo sia ingenerato. Solo Platone sostiene nel Timeo che esso è stato generato con il cielo. Ma visto che l'istante è sempre principio e fine, necessariamente esiste sempre un tempo verso le due direzioni di esso. Ma se c'è un tempo chant con movimento perché il tempo è un'affezione del movimento. Il movimento è eterno come il tempo.


Natura causa di ordine delle cose che sono per natura

Ma in realtà non c'è nulla disordinato tra le cose che sono per natura e secondo natura, perché la natura è per tutte causa di ordine. L'infinito rispetto all'infinito non ha nessun logico rapporto, l'ordine invece è tutto logico rapporto.


Il primo motore

Tutto ciò che è mosso (che non ha in sé il principio del movimento) è mosso da qualcosa, e questo qualcosa a sua volta sarà mosso da qualcos'altro e così via ma non si può procedere all'infinito per cui deve esserci un primo motore

Il primo motore inteso come inizio del movimento e non come causa finale, e insieme con il mosso; e siccome tre sono i movimenti (locale, qualitativo, quantitativo) anche i motori sono tre

La catena dei motori non può procedere a ritroso all'infinito, per cui è necessario un primo motore che si muove da sé


Il primo motore è immobile

Quel che si muove da sé, ha sempre una parte che produce il movimento e un'altra che la subisce

Ne consegue che ciò-che-muove-se-stesso ha il motore che però è immobile


Eternità del primo motore

Poiché il movimento è eterno, necessariamente sarà eterno anche il primo motore

Il primo motore negli esseri è l'anima

Tutte le cose in parte sono mosse da un motore immobile eterno e perciò sono mosse sempre, in parte sono mosse da un motore mosso e cangiante, sicché necessariamente cambiano anch'esse

Il primo motore fa in modo che anche l'aria o l'acqua provochino un movimento


Il primo movimento è lo spostamento, il primo spostamento e la conversione circolare

Il primo movimento è lo spostamento e non la generazione. La generazione infatti è un divenire, e l'inizio non può essere un divenire. Il mosso quando viene spostato si allontana dalla propria sostanza meno che negli altri movimenti, solo in questo infatti non cambia nulla del suo essere.

Il primo spostamento è la conversione circolare: è più semplice, è perfetto, può essere eterno.

Un movimento lungo la retta non può essere eterno, lo sarà invece la conversione circolare che non ha contrari ed opposti. Il moto circolare parte da sé e va verso sé stesso mentre quello rettilineo parte da sé e va verso altro.

in un certo senso la sfera nella sua interezza è sempre in quiete e sempre si muove perché occupa un medesimo luogo. Il centro è allo stesso tempo inizio, mezzo e fine la grandezza.


«Ma il primo motore di muove secondo l'eterno movimento e in un tempo infinito. Quindi, è evidente che esso è indivisibile, è privo di parti e non ha grandezza alcuna»



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