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La deflessione dei raggi luminosi
La prima verifica sperimentale della deflessione dei raggi luminosi da parte di campi gravitazionali venne effettuata nel 1919 da parte della Royal Astronomical Society. Questa organizzò, nonostante la guerra e le ristrettezze economiche, una spedizione proposta e diretta da Eddington durante un'eclissi totale perfettamente visibile dall'isola di Principe, isolotto portoghese situato a largo delle coste occidentali dell'Africa. L'intento era quello di sfruttare l'oscuramento del Sole per vedere una stella che secondo la meccanica classica in quel dato giorno avrebbe dovuto essere coperta dal nostro astro. Se si fosse riusciti a vedere tale stella avrebbe significato che qualcosa aveva deviato la sua luce, facendole compiere un tragitto non previsto da Newton ma previsto da Einstein. Questi infatti sosteneva che:
"Un raggio di luce deve subire un incurvamento del suo percorso allorché passa attraverso un campo gravitazionale, incurvamento simile a quello subito dal percorso di un corpo che sia proiettato attraverso un campo gravitazionale."
Il riscontro di tale curvatura avrebbe sancito l'effettiva esistenza di un incurvamento dello spazio tempo causato da una massa, per l'appunto quella del Sole. Ma dal momento che la luce da questo emessa non avrebbe permesso di individuare quella più flebile di un stella posta molto vicino alla sua corona, l'unica occasione sfruttabile era quella dell'eclisse. In realtà la stessa registrazione fotografica non fu semplice, in quanto le deviazioni relative che ci si poteva attendere fra le fotografie prese durante l'eclisse e le fotografie di confronto, ammontavano soltanto a pochi centesimi di millimetri. Era dunque necessaria una grandissima precisione nell'eseguire queste fotografie e nel compiere le successive misurazione su di esse. Nonostante tutto, i risultati di queste misurazioni confermarono la teoria in modo del tutto soddisfacente per l'epoca.
Oggi in realtà non è più accettabile tale esperimento a dimostrazione della relatività generale in quanto i fotoni luminosi venivano sì deviati dal Sole della quantità prevista dalle equazioni, ma le osservazioni avevano un errore medio dello stesso ordine di grandezza dell'effetto considerato. La prima vera conferma, invece, fu la spiegazione del moto di precessione del perielio di Mercurio, inspiegabile con la gravitazione Newtoniana, ma previsto dalla relatività generale.
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