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Energia che si produce nella fissione o nella fusione di nuclei atomici. La quantità di energia che si può ricavare dal nucleo è di gran lunga maggiore di quella che si ottiene nelle trasformazioni chimiche, che coinvolgono solo la zona più esterna dell'atomo.
Fino al 1800 circa il combustibile principale era il legno, che permetteva dunque di utilizzare l'energia solare immagazzinata dagli alberi nel corso della loro vita. Con l'avvento della rivoluzione industriale, l'uomo ha iniziato a utilizzare combustibili fossili, come il carbone e il petrolio, anch'essi, in ultima analisi, riserve di energia solare immagazzinata nel tempo. Quando viene bruciato un combustibile fossile, ad esempio il carbone, gli atomi di idrogeno e di carbonio del carbone si combinano con quelli di ossigeno presenti nell'aria, e producono anidride carbonica e acqua; in questa reazione chimica viene prodotta una quantità di calore che corrisponde a circa 6500-9500 kcal/kg (o 1,6 kilowattora/kg). È questa la resa tipica di una reazione chimica, che deriva da trasformazioni della struttura elettronica dell'atomo. Una parte di questa energia termica viene assorbita dal combustibile stesso, mantenendolo a una temperatura tale da rendere possibile la prosecuzione della reazione.
L'atomo
L'atomo è costituito da una regione centrale piccola, massiccia, di carica positiva (il nucleo), intorno alla quale ruotano gli elettroni. Il nucleo, in cui è concentrata la maggior parte della massa dell'atomo, è composto a sua volta da neutroni e protoni, tenuti insieme da forze nucleari molto intense: molto più intense di quelle elettriche che legano gli elettroni al nucleo. Il numero di massa A di un atomo è il numero totale di nucleoni, ovvero di neutroni e protoni, che esso contiene; il numero atomico Z invece specifica il numero dei soli protoni, e determina le proprietà chimiche dell'atomo. Un nucleo atomico è indicato dalla notazione ; l'espressione U, ad esempio, rappresenta l'isotopo dell'uranio di numero di massa 235.
L'energia di legame di un nucleo indica quanto protoni e neutroni sono 'vicini' all'interno del nucleo. L'energia di legame media per nucleone (mostrata nel grafico) è funzione del numero di massa A, ed equivale all'energia necessaria per allontanare completamente fra loro i protoni e i neutroni che formano il nucleo. La stessa quantità di energia viene liberata se i nucleoni, per qualche causa esterna o spontaneamente, riassestano la loro disposizione, formando un nucleo che ha una massa leggermente minore. Questo può accadere sia quando si fondono due nuclei leggeri, formando un nucleo pesante, sia se un nucleo pesante si scinde in due nuclei leggeri.
Ad esempio, dalla reazione di fusione di due nuclei di deuterio, o idrogeno pesante (H),
si ottiene un nucleo di elio 3, un neutrone libero (n), e una quantità di energia nucleare pari a 3,2 MeV, cioè 5,1 × 10 J. Dalla fissione del nucleo U, indotta dall'assorbimento di un neutrone,
si ottiene invece cesio 140, rubidio 93, tre neutroni e un'energia nucleare di 200 MeV, cioè 3,2 × 10 J. Vedi Chimica nucleare.
Energia nucleare dalla fissione
L'equazione (2) di fissione dell'uranio consente di sottolineare due aspetti essenziali di tutti i processi di fissione nucleare. In primo luogo la quantità di energia prodotta da ogni singola fissione è molto grande; in termini pratici, la reazione di 1 kg di uranio 235 sviluppa 18,7 milioni di kilowattora in forma di calore. Secondo, il processo di fissione innescato dall'assorbimento di un neutrone dal primo nucleo di uranio 235 continua in modo autonomo: in seguito alla disgregazione di ciascun nucleo di uranio si creano, in media, 2,5 neutroni, che provocano in rapida sequenza la fissione di altrettanti nuclei di uranio 235, ciascuno dei quali a sua volta si spezza in due frammenti, con produzione di neutroni e sviluppo di energia; si realizza in questo modo un processo a catena che si autoalimenta, garantendo una produzione continua di energia nucleare.
Solo lo 0,7 per cento dell'uranio presente in natura è uranio 235; il resto è costituito dall'isotopo non fissile uranio 238 e da uranio 234, che ha una concentrazione di alcune parti per mille, talmente bassa da essere inessenziale ai fini dei processi di reazione nucleare. Una quantità qualsiasi di uranio naturale, dunque, non è in grado di sostenere una reazione a catena, poichè la percentuale di U 235, il solo isotopo in grado di dare luogo a un processo di fissione in seguito a bombardamento con neutroni, è troppo piccola. La probabilità di produzione del processo di fissione in uranio naturale può però essere aumentata fino a cento volte, se i neutroni prodotti (troppo veloci per intercettare i pochi nuclei di U) vengono rallentati mediante una serie di collisioni elastiche con nuclei leggeri, quali idrogeno, deuterio o carbonio. Praticamente, ciò equivale a immergere l'uranio naturale in acqua pesante, un'acqua la cui molecola è composta da ossigeno e deuterio (isotopo dell'idrogeno con numero di massa 2).
Nel dicembre del 1942, all'università di Chicago, il fisico italiano Enrico Fermi riuscì a produrre la prima reazione nucleare a catena controllata, utilizzando frammenti di uranio naturale distribuiti all'interno di un blocco di grafite pura (una forma di carbonio). Nella 'pila', o reattore nucleare di Fermi, la grafite fungeva da 'moderatore' per rallentare i neutroni, rendendo così possibile la reazione a catena.
Reattori nucleari
Un reattore nucleare è un impianto dove una reazione nucleare a catena viene iniziata, mantenuta e, generalmente, controllata, in modo che il rilascio di energia avvenga gradualmente.
I primi reattori su larga scala sorsero nel 1944 a Hanford, nello Stato di Washington, e avevano come scopo la produzione di armi nucleari. Come combustibile utilizzavano uranio metallico naturale, e la grafite come moderatore: nel processo di fissione si generava plutonio, utilizzato nelle bombe atomiche, che si ottiene da U per assorbimento di un neutrone, mentre il calore prodotto non veniva utilizzato.
Da allora nel mondo sono stati progettati e costruiti una gran varietà di reattori nucleari, principalmente per la produzione di energia elettrica, ma fino a pochi anni fa anche per la produzione di armamenti nucleari. Tutti i reattori sono dotati di una regione chiamata 'nocciolo', dove viene posto il combustibile ed eventualmente il moderatore, e dove avviene la reazione nucleare vera e propria; hanno poi un sistema di raffreddamento, vari dispositivi di controllo, strumenti di misura, sistemi di schermatura e sistemi ausiliari e di emergenza. Vengono generalmente distinti in base al tipo di moderatore utilizzato, o al tipo di processo di reazione che realizzano (con neutroni lenti o veloci). Le moderne centrali elettronucleari possono essere costituite da uno o più reattori.
Reattori ad acqua leggera o pesante
I reattori moderati e refrigerati ad acqua naturale (non pesante), largamente diffusi negli Stati Uniti, richiedono come combustibile l'impiego di uranio arricchito, generalmente ossido di uranio al 3% di U: sono riferiti come reattori ad acqua leggera (Light Water Reactor, LWR).
Nel reattore ad acqua pressurizzata (Pressurized Water Reactor, PWR), una variante del LWR, l'acqua funziona sia da moderatore che come mezzo refrigerante: viene portata a una pressione di circa 150 atm e pompata nel nocciolo del reattore, dove raggiunge la temperatura di circa 325 °C. Quindi è trasportata a un generatore di vapore, che scambia calore con un circuito secondario: qui altra acqua viene riscaldata e convertita in vapore, che aziona uno o più generatori a turbina (dove si realizza la trasformazione di calore in energia utilizzabile) per poi tornare nuovamente nel generatore di vapore. Il circuito secondario è isolato dal nucleo del reattore, perciò non è radioattivo. Un terzo circuito di acqua, proveniente da un fiume, un lago o una torre di raffreddamento, serve per condensare il vapore.
Nel reattore ad acqua bollente (Boiling Water Reactor, BWR), anch'esso del tipo LWR, l'acqua è mantenuta a pressione piuttosto bassa, e dunque entra in ebollizione solo quando giunge nel nocciolo. Il vapore prodotto viene mandato direttamente nel generatore a turbina, condensato, e quindi ripompato nel reattore. Benchè il vapore sia radioattivo, non essendoci uno scambiatore intermedio di calore tra reattore e turbina, l'efficienza del sistema è più alta che nel PWR. Come nel PWR, l'acqua di raffreddamento del condensatore proviene da un'altra fonte, come un fiume o un lago.
Il livello di potenza di un reattore in funzione viene costantemente controllato dalla misurazione di una serie di parametri rilevanti (come la temperatura, il flusso di calore e il livello di attività nucleare). La potenza in uscita viene regolata con l'introduzione o l'allontanamento dal nocciolo di 'barre di controllo', elementi costituiti da un materiale capace di assorbire neutroni molto efficientemente. La posizione delle barre viene determinata in modo che il numero di neutroni prodotti in ogni ciclo a catena si mantenga costante, e la reazione nucleare non assuma un andamento esplosivo.
Durante il funzionamento, e anche dopo il suo spegnimento, un grosso reattore di potenza da 1000 MW possiede una radioattività che arriva fino a miliardi di curie. Le radiazioni prodotte dal reattore durante la fissione e dai residui dei processi dopo lo spegnimento sono assorbite da blocchi massicci di cemento posti intorno al reattore e al circuito di raffreddamento primario. Altre strutture di sicurezza includono: un sistema di raffreddamento del nucleo, per impedirne il surriscaldamento e la successiva fusione, evento pericolosissimo, in caso di avaria del sistema di raffreddamento principale e una costruzione esterna di contenimento - obbligatoria nella maggior parte dei paesi - per bloccare qualsiasi tipo di fuga di materiale radioattivo in caso di malfunzionamento dell'impianto.
Sebbene all'inizio degli anni Ottanta fossero già operanti negli Stati Uniti più di 100 impianti per la produzione di energia nucleare, in seguito all'incidente di Three Miles Island (vedi oltre) ragioni di sicurezza e diverse considerazioni di tipo economico hanno bloccato ogni ulteriore sviluppo di impianti nucleari. Dal 1978 in poi è stata approvata la costruzione di nuove centrali, mentre parte di quelli completati non sono mai divenuti operativi. Nel 1990, solo circa un quinto dell'energia elettrica prodotta negli Stati Uniti proveniva da sorgenti nucleari, mentre in Francia le centrali nucleari a tutt'oggi forniscono circa i tre quarti dell'energia del paese.
Nei primi anni Cinquanta, quando ebbe inizio lo sfruttamento dell'energia nucleare, l'uranio arricchito era disponibile solo negli Stati Uniti e nell'allora Unione Sovietica; di conseguenza i primi programmi di produzione di energia nucleare di Canada, Francia e Gran Bretagna prevedevano l'impiego di uranio naturale. Questo tipo di combustibile, meno efficace dell'uranio arricchito, richiede come moderatore l'ossido di deuterio (D O), o acqua pesante: l'acqua naturale, infatti, catturerebbe un numero eccessivo di neutroni che invece servono in gran numero per aumentare il basso rendimento del combustibile. I canadesi svilupparono allora un impianto di 20 reattori a deuterio-uranio, noto come CANDU (Candian deuterium-uranium reactor), che è stato poi copiato in India, Argentina e altri paesi.
In Francia e Gran Bretagna i primi grossi reattori di potenza erano alimentati con barre di metallo di uranio naturale, moderati con grafite e raffreddati con ossido di deuterio in pressione; successivamente furono soppiantati da reattori a uranio arricchito, e dai più avanzati AGR (Advanced Gas-cooled Reactor, Reattore avanzato raffreddato a gas). Oggi nel Regno Unito circa un quarto dell'elettricità prodotta proviene da fonte nucleare. In Francia, in seguito alla costruzione di impianti per l'arricchimento di uranio, sono stati costruiti reattori del tipo PWR. La Russia e gli altri stati dell'ex Unione Sovietica hanno un programma molto ampio di sfruttamento dell'energia nucleare, che prevede sia il sistema PWR sia quello moderato a grafite.
Al dicembre 1994 risultano in costruzione nel mondo 59 reattori nucleari, che, ad eccezione della Francia, si concentrano nei paesi dell'Est e in Asia. Il 65% di tali impianti è costituito da PRW; i rimanenti da LWR e in minima parte da BWR.
Reattori a propulsione
Impianti nucleari vengono utilizzati anche nella propulsione di grandi navi militari, come la portaerei statunitense Nimitz, o di sottomarini. In genere i sottomarini a energia nucleare sfruttano uranio molto arricchito così da permettere una sensibile riduzione delle dimensioni del reattore. Va ricordato che la tecnologia del PWR fu inizialmente sviluppata proprio per il programma di ricerca di reattori navali degli Stati Uniti. Oggi Stati Uniti, Regno Unito, Russia e Francia usano per i loro sottomarini alimentati a energia nucleare questo tipo di reattore.
Tre navi 'nucleari' da carico sono state in funzione, per iniziativa di Stati Uniti, Germania e Giappone, per periodi limitati a scopo di sperimentazione. Nonostante il successo ottenuto dal punto di vista tecnico, le rigide regolamentazioni portuali e motivi di carattere economico hanno decretato la fine di tali progetti. All'ex Unione Sovietica spetta il merito di aver realizzato la prima rompighiaccio a energia nucleare, la Lenin, impiegata per liberare i canali del mare Artico.
Reattori per la ricerca
Numerosi piccoli reattori nucleari sono in funzione nel mondo a scopo di ricerca e formazione, e soprattutto per la produzione di radiazione o isotopi radioattivi. Operano generalmente a livelli di potenza intorno a 1 MW, e, date le loro limitate dimensioni, possono essere messi in funzione e spenti più facilmente che i grossi reattori per la produzione di energia.
Uno dei più usati in questo settore è il cosiddetto reattore a piscina. Il nocciolo è costituito da uranio parzialmente o totalmente arricchito, contenuto in piastre di lega di alluminio, immerse in una grande vasca d'acqua che svolge la doppia funzione di moderatore e refrigerante. I materiali da irradiare con neutroni possono essere collocati all'interno del nocciolo o molto vicino a esso. Può produrre diversi tipi di isotopi radioattivi, per uso in medicina, nell'industria e nella ricerca. Dal nocciolo possono anche venire estratti i neutroni, attraverso linee di trasporto, ed essere utilizzati in esperimenti di fisica.
Reattori autofertilizzanti
L'uranio, la risorsa naturale da cui dipende la produzione di energia nucleare, si trova in giacimenti diffusi in tutto il mondo; non se ne conosce con precisione la disponibilità, ma essa sembra essere molto limitata, soprattutto se si trascurano fonti a bassissima concentrazione, quali il granito e le argilliti.
La caratteristica fondamentale di un reattore autofertilizzante sta nel fatto che esso può produrre, a partire da sostanze dette fertili, una quantità di materiale fissile superiore a quella che consuma. Il sistema autofertilizzante più diffuso usa uranio 238 come materiale fertile. L'assorbimento di un neutrone da parte di un nucleo di uranio 238 dà luogo a un processo radioattivo chiamato decadimento (beta), nel quale il nucleo si trasforma nell'isotopo fissile plutonio 239. La sequenza di reazioni nucleari è
Nel decadimento beta un neutrone decade in un protone, una particella beta (ovvero un elettrone) e un antineutrino elettronico.
La fissione di un nucleo di plutonio 239, innescata da un neutrone, avviene con emissione di una media di 2,8 neutroni, uno dei quali è necessario per indurre la fissione nello stadio successivo della reazione a catena. Circa 0,5 neutroni (in media) vengono persi perché assorbiti dalle strutture del reattore o dal refrigerante, e i restanti 1,3 neutroni possono essere assorbiti dall'uranio 238 per la produzione di altro plutonio 239, secondo la reazione (3).
Il reattore che sfrutta il sistema autofertilizzante più avanzato è il Reattore autofertilizzante rapido a metallo liquido (LMFBR, Liquid Metal Fast Breeder Reactor). Per massimizzare l'efficienza del sistema la velocità dei neutroni deve essere mantenuta alta, pari circa alla velocità a cui vengono prodotti nella reazione: qualunque materiale moderatore, ad esempio l'acqua, che rallenterebbe i neutroni, va dunque escluso dal reattore. Come refrigerante viene usato un metallo liquido, di preferenza il sodio, per le sue ottime proprietà di trasferimento di calore e per l'alto punto di ebollizione. Il tempo di raddoppiamento, cioè il tempo in cui il reattore produce una quantità di combustibile doppia rispetto a quella originaria, è di circa 10 anni.
Lo sviluppo del sistema LMFBR è iniziato negli Stati Uniti prima del 1950, con la costruzione del primo reattore autofertilizzante sperimentale, EBR-1. Sono stati poi installati reattori autofertilizzanti operativi in Gran Bretagna, Francia, Russia e altri paesi dell'ex Unione Sovietica; procede inoltre il lavoro a scopo sperimentale in Giappone e in Germania.
In un grosso impianto LMFBR, il nucleo del reattore consiste in migliaia di tubi sottili di acciaio inossidabile contenenti il combustibile, costituito per il 15-20% di ossido di plutonio e per la parte rimanente di ossido di uranio. Intorno al nocciolo vi è una regione che contiene delle sbarre riempite di solo ossido di uranio. Tutto l'apparato centrale contenente il nucleo del reattore misura circa 3 m di altezza e 5 m di diametro ed è sospeso in un grosso 'contenitore' di sodio liquido che, grazie a un sistema di pompe e scambiatori di calore, mantiene il reattore a una temperatura di circa 500 °C. Il vapore viene prodotto in un altro circuito di sodio, separato dal circuito di raffreddamento radioattivo del reattore dal sistema intermedio di scambiatori di calore del contenitore. Tutto il sistema è contenuto in una grande struttura di calcestruzzo e acciaio.
Il primo importante impianto di questo tipo per la generazione di elettricità, chiamato Super-Phénix, è entrato in funzione in Francia nel 1984. Un impianto di medie dimensioni, il BN-600, è stato costruito sulle coste del mar Caspio per la produzione di energia e la desalinizzazione dell'acqua.
Combustibili e scorie radioattive
Lo sfruttamento di combustibili come uranio e plutonio impone un'analisi dettagliata del problema dello smaltimento e dell'immagazzinamento delle scorie radioattive, che costituiscono il sottoprodotto dei processi nucleari.
Il ciclo del combustibile nucleare
Il ciclo di combustibile consiste di tre stadi fondamentali: il trattamento di preparazione del combustibile di un reattore, la fase di sfruttamento e l'immagazzinamento o il riciclaggio del combustibile usato. Nei reattori ad acqua leggera l'uranio naturale, che contiene circa lo 0,7% di uranio 235, viene estratto da giacimenti superficiali o sotterranei. Il minerale viene concentrato per macinazione e poi trasportato in un impianto di conversione, dove viene trasformato in esafluoruro di uranio gassoso (UF ). Nell'impianto di arricchimento isotopico, questo gas viene spinto contro una barriera porosa che funge da setaccio: l'uranio 235, più leggero, vi penetra più facilmente dell'uranio 238. Il prodotto arricchito viene quindi mandato a un impianto di fabbricazione del combustibile, dove il gas di UF viene trasformato prima in polvere di ossido di uranio e poi nelle pastiglie di cui sono composte le barre di combustibile. Queste ultime vengono raggruppate in elementi di combustibile e trasportate al reattore, pronte per essere utilizzate.
Un tipico reattore PWR da 1.000 MW usa circa 200 elementi di combustibile, un terzo del quale ogni anno deve essere sostituito con materiale nuovo, a causa dell'impoverimento in uranio 235 e dell'accumulo di prodotti di fissione che assorbono neutroni. Il combustibile usato viene conservato in un contenitore metallico pressurizzato per circa un mese e quindi immerso per almeno un anno all'interno di vasche di raffreddamento nelle vicinanze del reattore.
Al termine del periodo di raffreddamento, il combustibile usato viene trasportato, all'interno di barili pesantemente schermati, in depositi permanenti o in impianti di riprocessamento chimico: in questi ultimi l'uranio e il plutonio vengono separati dal resto delle scorie radioattive e in parte recuperati per la produzione di nuovo combustibile.
In alcuni paesi, ad esempio negli Stati Uniti, non è consentito il riprocessamento del combustibile, per impedire che il plutonio 239 possa venire utilizzato illegalmente per la fabbricazione di armi nucleari.
Nel ciclo del combustibile dell'LMFBR, il plutonio prodotto nel reattore viene sistematicamente riciclato. Per alimentare gli impianti di fabbricazione del combustibile si usano uranio 238 riciclato, uranio impoverito dalla separazione isotopica, e parte del plutonio 239 recuperato dalle barre usate. Il processo di recupero e riciclaggio fornisce quantitativi sufficienti di combustibile senza che siano necessarie ulteriori attività di estrazione: le riserve di materiale estratto esistente potrebbero alimentare questo tipo di reattore per secoli. Poichè il reattore autofertilizzante produce più plutonio 239 di quanto non sia necessario alla sua successiva alimentazione, il plutonio recuperato viene depositato per un uso successivo, con nuovi reattori.
Lo stadio finale di qualsiasi tipo di trattamento del combustibile nucleare è l'immagazzinamento a lungo termine delle scorie altamente radioattive, che rimangono biologicamente pericolose per migliaia di anni. Gli elementi combustibili possono essere immagazzinati in depositi adeguatamente schermati e sorvegliati, in attesa di diverse collocazioni, oppure possono essere convertiti in composti stabili, inglobati in vetri o ceramiche, incapsulati in contenitori di acciaio inossidabile, e infine seppelliti sottoterra a profondità opportune, in formazioni geologiche particolarmente stabili. Benchè ciascuna di queste tecnologie appaia potenzialmente soddisfacente, mancano a livello mondiale le strutture adeguate per affrontare e risolvere il problema delle scorie radioattive, che oggi costituisce uno dei più gravi problemi dell'umanità. Restando radioattivi per migliaia di anni, infatti, i rifiuti nucleari costituiranno un grave pericolo per le generazioni future. Sembra che la scelta più adeguata sia quella di costruire grandi depositi seppelliti in formazioni geologiche stabili: negli Stati Uniti, è stato scelto un sito nel deserto del Nevada; il Regno Unito sta indagando la stabilità della regione di Sellafield.
Energia nucleare e sicurezza
La preoccupazione pubblica - in continuo aumento - nei confronti dell'energia nucleare si fonda su due ragioni ben precise: la prima è l'elevato livello di radioattività che accompagna tutte le fasi del processo nucleare, dalla reazione iniziale fino allo smaltimento dei rifiuti; la seconda è che i materiali oggi diffusi per alimentare i reattori nucleari possono facilmente trasformarsi in armi nucleari. Vedi Fallout radioattivo.
Negli anni Cinquanta e Sessanta l'energia nucleare fu vista come una forma di energia economica, disponibile e poco inquinante. La possibilità di trovare una fonte alternativa all'uso dei combustibili fossili suscitò l'interesse sia dell'industria energetica, attenta alla riduzione del costo dell'elettricità, sia degli ecologisti, che vedevano un'opportunità di salvaguardare l'ambiente dall'inquinamento atmosferico causato dalle comuni centrali elettriche. Cionondimeno, nell'opinione pubblica, cessato l'entusiasmo iniziale, maturarono le prime riserve sull'energia nucleare e nel corso di pochi anni si verificò un brusco rallentamento dei progetti di realizzazione di nuove centrali, anche grazie all'attività di informazione e sensibilizzazione svolta da parte dei movimenti contrari allo sfruttamento delle reazioni nucleari. Numerosi governi hanno approvato severe regole di sicurezza per confronti degli impianti nucleari, al fine di salvaguardare la salute dei cittadini: la Svezia ha deciso di limitare al numero di dieci i reattori in funzione, l'Austria ha concluso il suo programma nucleare; per contro, Gran Bretagna, Francia, Germania e Giappone stanno invece potenziando i loro impianti nucleari.
L'Italia, in seguito al referendum del novembre 1987, ha bloccato la realizzazione e l'installazione di nuove centrali nucleari sul suolo nazionale e ha sospeso l'attività di quelle già funzionanti.
Pericoli radiologici
I pericoli della radioattività derivano dal fatto che le sostanze radioattive emettono radiazioni ionizzanti molto penetranti, che possono danneggiare i tessuti biologici, in particolare quelli in rapido sviluppo. L'unità di misura per la dose di radiazione assorbita dal corpo è il millisievert, che viene corretta e adattata per tenere conto del diverso grado di danno provocato dalle varie radiazioni.
Nel Regno Unito è stato calcolato che un normale individuo assorbe circa 2,5 millisievert all'anno, causati dal fondo naturale di radiazione proveniente dall'atmosfera e dal suolo. Chi lavora all'interno di industrie nucleari assorbe in media 4,5 millisievert all'anno; questa stessa dose è valida anche per il personale degli aerei, costantemente esposto alla radioattività dei raggi cosmici. Si considera fatale l'esposizione a una dose di 5 sievert. Vedi Effetti biologici delle radiazioni.
I rischi radiologici possono insorgere a diversi stadi del ciclo del combustibile nucleare. Il gas radon è un comune inquinante proveniente dalle miniere di uranio sotterranee: le operazioni di estrazione e di macinazione lasciano nel suolo una gran quantità di scorie, contenenti piccole concentrazioni di uranio, che vanno tenute in bacini impermeabili e coperte da uno spesso strato di terra, per evitare che rilascino radioattività nella biosfera.
Gli impianti di arricchimento dell'uranio e di fabbricazione degli elementi combustibili contengono grandi quantità del gas corrosivo UF . Il rischio radiologico però è basso: le normali misure adottate per i rischi di natura chimica sono infatti sufficienti a garantire la sicurezza.
Sistemi di sicurezza dei reattori
Gli impianti nucleari sono provvisti di diverse strutture di sicurezza, atte a controllare le possibili fughe radioattive e a ridurre il rischio e l'effetto di eventuali incidenti o malfunzionamenti del reattore. Nella maggior parte dei casi, un sistema di schermatura impedisce che i prodotti di fissione si liberino nella biosfera: il combustibile è rivestito di materiale anticorrosivo; le pareti del sistema di raffreddamento primario del PWR sono realizzate in acciaio per formare una seconda barriera; l'acqua refrigerante stessa assorbe alcuni degli isotopi radioattivi biologicamente pericolosi, come lo iodio; infine la struttura esterna è costruita in acciaio e calcestruzzo per fornire un'ulteriore barriera.
Durante il normale funzionamento di un reattore sfuggono inevitabilmente piccole quantità di sostanze radioattive, che fanno aumentare la dose annua assorbita dalla popolazione locale di qualche punto percentuale rispetto alla dose dovuta al fondo di radioattività naturale. Ben più preoccupante è il rilascio improvviso di sostanze radioattive in caso di incidenti; il maggior pericolo è costituito da una perdita nel sistema di refrigerazione, poiché in questo caso la temperatura può raggiungere addirittura il punto di fusione del combustibile.
In ogni reattore è prevista una complessa e sofisticata strumentazione di controllo, che sorveglia il buon funzionamento del reattore stesso e dei sistemi di sicurezza. Nei PWR, in caso di emergenza, uno di questi sistemi effettua l'istantanea immissione di boro all'interno del refrigerante; il boro serve ad assorbire i neutroni, interrompendo la reazione a catena e spegnendo il reattore. Per i reattori ad acqua leggera, in cui il refrigerante è tenuto ad alta pressione, una rottura del condotto principale causerebbe la perdita totale del refrigerante. Questi reattori sono quindi dotati di un sistema di raffreddamento di emergenza, che entra in funzione automaticamente quando si abbassa la pressione all'interno del circuito primario. Nell'eventualità di una perdita di vapore all'interno della struttura di contenimento, intervengono automaticamente refrigeranti spray che condensano il vapore evitando che la pressione all'interno dell'edificio aumenti fino a livelli di pericolo.
Gli incidenti di Three Miles Island e di ernobyl
Nonostante tutti i sistemi di sicurezza sopra descritti fossero operanti, nel 1979 si verificò un incidente nel reattore PWR di Three Miles Island, vicino a Harrisburg, in Pennsylvania, causato da un errore di manutenzione e da una difettosa valvola di controllo. Il reattore comunque si spense automaticamente poco dopo che era iniziata la perdita del liquido di raffreddamento, e il sistema di raffreddamento di emergenza entrò in funzione con efficienza. La quantità di gas radioattivi fuoriuscita fu dunque contenuta, ma il danno economico e l'impatto psicologico sull'opinione pubblica furono enormi.
In seguito a questo evento, negli Stati Uniti furono approvati provvedimenti legislativi che condussero alla creazione di una Commissione per la regolamentazione nucleare, al fine di garantire l'adozione di regole molto più restrittive per la costruzione di nuovi impianti e di aiutare i governi locali a preparare piani di emergenza per la protezione della popolazione.
Il 26 aprile 1986 un altro grave incidente allarmò il mondo intero. Uno dei quattro reattori nucleari della centrale di ernobyl, nell'allora Unione Sovietica, esplose e si incendiò. Secondo il rapporto ufficiale emesso l'agosto seguente, l'incidente fu causato da un esperimento non autorizzato sul reattore, effettuato dagli operatori addetti. Venne perso il controllo del reattore e si verificarono due esplosioni; il tetto del reattore saltò via e il nucleo si incendiò, bruciando a temperature estremamente alte (intorno a 1500 °C). La popolazione residente nella zona fu sottoposta a una quantità di radiazioni 50 volte superiore a quella dell'incidente di Three Miles Island e una nube di materiale radioattivo mise in allarme molte regioni. I residui radioattivi, gas e particelle di materiale, si sparsero sulla Scandinavia e sul Nord Europa. A differenza di tutti gli impianti in funzione nei paesi occidentali, quello di ernobyl non aveva un edificio di contenimento, che avrebbe potuto evitare che il materiale radioattivo si diffondesse al di fuori della zona del reattore. Vennero fatte evacuare circa 135.000 persone dalla regione circostante, per un raggio di 1600 km: più di 30 persone morirono nell'incidente. I resti dell'impianto furono incapsulati in una struttura di calcestruzzo. A partire dal 1988, comunque, gli altri tre reattori dell'impianto hanno ripreso a funzionare.
Riprocessamento del combustibile
Lo stadio di riprocessamento del combustibile nucleare pone numerosi rischi: tra questi, il rilascio accidentale dei prodotti di fissione nel caso di rottura delle strutture di processamento chimico o dell'edificio che le contiene, e il rilascio sistematico di piccole quantità di gas inerti radioattivi quali cripto e xeno. Una struttura britannica chiamata THORP (Thermal Oxide Reprocessing Plant) opera a Sellafield, e riprocessa combustibili usati provenienti da impianti nazionali ed esteri. Anche in Francia esistono impianti di riprocessamento, e il Giappone ne sta costruendo uno.
Un ulteriore elemento di preoccupazione in relazione ai diversi stadi del riprocessamento chimico è la separazione del plutonio 239, materiale di elezione per la costruzione delle armi nucleari. Per evitare furti e sparizioni del materiale, severi controlli vengono effettuati in luoghi strategici da parte dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (IAEA).
Fusione nucleare
Oltre che nel processo di fissione di un nucleo pesante, anche nel processo di fusione di due nuclei leggeri si sviluppa energia nucleare. L'energia irradiata dal Sole , ad esempio, si sprigiona per le reazioni di fusione tra nuclei di idrogeno che avvengono all'interno della stella.
La prima fusione nucleare artificiale fu realizzata all'inizio degli anni Trenta, mediante il bombardamento di un bersaglio di deuterio, con nuclei di deuterio ad alta energia accelerati da un ciclotrone; tuttavia il bilancio energetico della reazione fu negativo, poichè era richiesta molta energia per accelerare i nuclei. Un considerevole rilascio netto di energia per fusione fu ottenuto per la prima volta negli anni Cinquanta, nell'ambito delle sperimentazioni sulle armi nucleari da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica e Francia. In questo caso il bilancio energetico fu positivo, ma il rilascio di energia fu breve e incontrollato, e pertanto non utilizzabile per la produzione di elettricità.
A rendere particolarmente difficile la fusione nucleare è il fatto che il processo avviene per unione di due particelle - i nuclei - di carica elettrica uguale, le quali, prima di potersi avvicinare, devono vincere la naturale reciproca repulsione, causata dalla forza di Coulomb. Ciò si realizza fornendo ai nuclei una considerevole energia, mediante il riscaldamento del gas reagente fino alla temperatura di 50 milioni di gradi. In un gas costituito dagli isotopi pesanti dell'idrogeno, deuterio e trizio, ogni evento di fusione
rilascia un'energia pari a 17,6 MeV, che si manifesta dapprima come energia cinetica del nucleo di elio 4 e del neutrone prodotti, e quindi si trasforma in energia termica, determinando un rapido riscaldamento del gas circostante.
Si può affermare che i due maggiori problemi tecnici della realizzazione della fusione nucleare su larga scala sono il riscaldamento del gas ad altissima temperatura, e il 'confinamento' dei nuclei reagenti.
Un problema complesso è anche quello della cattura dell'energia sprigionata e della sua conversione in elettricità. Per temperature superiori ai 100.000 °C, gli atomi di idrogeno sono completamente ionizzati. Il gas reagente si trova cioè nello stato della materia detto plasma, che consiste in una miscela di cariche libere positive e negative, complessivamente neutra. Perché il processo sia efficiente è necessario confinare il plasma entro uno spazio ridotto, così da aumentare il più possibile il numero degli eventi di fusione. Negli attuali reattori per fusione, detti tokamak, la camera di confinamento è di forma toroidale, con il diametro minore di circa 1 m e il diametro maggiore di circa 3 m. Un campo magnetico applicato, di intensità pari a 5 tesla, induce una corrente longitudinale di diversi milioni di ampère all'interno del plasma e le linee del campo magnetico risultante producono il confinamento del plasma.
In seguito ai successi degli esperimenti condotti in diversi laboratori con piccoli tokamak, all'inizio degli anni Ottanta ne vennero costruiti due di grandi dimensioni, di cui uno all'università di Princeton, negli Stati Uniti, e l'altro nell'ex Unione Sovietica.
Per mettere a frutto la fusione nucleare, numerosi laboratori nel mondo stanno esplorando la possibilità del confinamento inerziale. Questo metodo confina il combustibile, deuterio e trizio, in minuscoli bersagli che, bombardati da un fascio laser pulsante, implodono, innescando una reazione termonucleare che avvia la fusione. Le ricerche nel campo della fusione fanno progressi, ma la prospettiva di un utilizzo pratico di questa fonte di energia pare ancora lontana.
I vantaggi dell'energia ricavata dalla fusione, quando si riuscirà a trovare il metodo efficace per produrla e renderla utilizzabile, saranno: 1) una fonte inesauribile di combustibile (il deuterio dell'oceano); 2) un basso rischio di incidente all'interno del reattore, che conterrebbe quantità minime di combustibile; 3) residui molto meno radioattivi di quelli della fissione.
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