Cartesio
Rene DesCartes nasce nel 1596, fu educato in un collegio e gli studi che
intraprese furono sottoposti a una critica nel discorso sul metodo. Alla
ricerca di un orientamento sicuro, che non gli era stato dato dai suoi studi,
Cartesio operò i suoi sforzi. Nel 1619 trovò questa via in un modo quasi
miracoloso, seguendo un pellegrinaggio al santuario della Madonna di Loreto. La
prima opera in cui questa intuizione del metodo fu esplicato fa le regole per
dirigere l'ingegno composto tra il 1619 e il 1630. nel 1628 si stabilì in
Olanda per godere della sua libertà religiosa - filosofica. Riprese gli studi
di fisica e scrisse un trattato sul mondo col titolo di trattato sulla luce. La
condanna di Galilei del '33 lo convinse a non pubblicare l'opera in quanto
sosteneva anch'egli il sistema copernicano. Pubblicò però in seguito i saggi
scientifici con i risultati raggiunti: La Diottrica, le Meteore, la Geometria
ai quali premise una prefazione intitolata il discorso sul metodo. Nel 1641 fu
pubblicata con il titolo di "meditazioni sulla filosofia prima" con l'aggiunta
delle "obiezioni". Compose in seguito "le passioni dell'anima" e in seguito ai
numerosi inviti della regina Cristina di Svezia si trasferì in Svezia per
educarla ma qui, per il grande freddo, muore di polmonite nel 1650. Cartesio è
caratterizzato da un'ampia prospettiva non solo scientifica come quella di
Galileo a cui rimprovera appunti di essersi limitato al campo scientifico.
Cartesio nel suo metodo non vuole insegnare ma descrivere se stesso e parla
così in prima
persona. Dopo l'istruzione al collegio si accorge di non aver alcun sicuro
criterio per distinguere il vero dal falso e tutto ciò che ha appreso serve a
poco o nulla alla vita. Il metodo di Cartesio è allo stesso tempo teoretico, in
quanto deve condurre a saper distinguere il vero dal falso, e pratico, in
quanto deve essere utile alla vita umana. Il metodo dev'essere dunque un
criterio unico e semplice di orientamento che serva all'uomo in ogni campo
teoretico e pratico e che abbia come fine ultimo il vantaggio dell'uomo nel
mondo. Cartesio fonda nel Discorso sul metodo le 4 regole fondamentali del
metodo:
1. l'evidenza, l'intuizione chiara e distinta: è la più importante; tutti gli
oggetti del pensiero devono essere chiari, senza dubbio, e distinti, che non si
confondano con altri.
2. l'analisi: per la quale un problema viene risolto nelle parti più semplici
da considerarsi separatamente.
3. la sintesi: per la quale si passa dalle conoscenze più semplici alle più
complesse gradualmente presupponendo che ciò sia possibile su ogni campo.
4. Enumerazione e revisione: l'enumerazione controlla l'analisi, la revisione
la sintesi.
Queste regole sono importanti perché il metodo non ha in se stesso la propria
giustificazione ma esige di essere legittimato e lo si fa tramite queste
regole.
Per trovare il fondamento del metodo, che deve essere guida sicura della
ricerca di ogni scienza, Cartesio propone di sottoporre a una critica radicale
tutto il sapere, sospendendo l'assenso a ogni conoscenza comunemente accettata,
dubitando di tutto: persistendo questo atteggiamento si arriva a un principio
sul quale il dubbio non è possibile. Nessuna forma di conoscenza si sottrae al
dubbio: si parte dubitando delle conoscenze sensibili ma, supponendo che l'uomo
sia stato creato da un genio maligno che si sia proposto di ingannarlo
facendogli apparire chiaro ed evidente ciò che è falso e assurdo, il dubbio si
estende a ogni cosa, comprese le discipline come la matematica, e diventa
universale o iperbolico. Si presenta però una prima certezza: io posso
ammettere di essere ingannato ma per essere ingannato io posso esistere; questa
proposizione, io esisto, è confermata dal dubbio stesso in quanto può dubitare
solo chi esiste: io non esisto se non come una cosa che dubita, cioè che pensa,
da qui cogito ergo sum. Bisogna però trovare nell'esistenza del soggetto
pensante il principio che garantisce la validità della conoscenza umana. Questo
principio mi rende sicura la mia esistenza ma mi lascia nel dubbio per quanto
riguarda le altre esistenze sulle quali grava ancora l'ipotesi del genio
maligno. Queste idee esistono sicuramente nel mio spirito, in quanto fanno
parte di me come soggetto pensante, ma non sono sicuro della loro esistenza
reale, fuori di me. Per rispondere a ciò Cartesio divide le idee in 3
categorie:
1. Idee innate: a questa classe appartiene la capacità di avere idee di
pensare.
2. Idee avventizie: a questa classe appartengono le idee delle cose naturali,
estranee a me stesso.
3. Idee fittizie: appartengono le idee delle cose inventate, formate o trovate
in me stesso.
Per capire se a qualcuna di queste idee corrisponde una realtà esterna bisogna
chiedersi la causa. La causa può essere Dio, e per dimostrare la sua esistenza
ne da 3 prove:
1. L'idea di Dio, in quanto infinita, eterna, è difficile che possa averla
creata io stesso. Difatti sono privo di quelle perfezioni che l'idea di Dio
rappresenta e la causa di un'idea deve sempre avere tanta perfezione quanta è
quella che l'idea rappresenta. La causa di un'idea di una sostanza infinita non
posso essere io che sono sostanza finita.
2. Io sono imperfetto e finito come dimostrato dal fatto che dubito. Ma se
fossi la causa di me stesso mi sarei dato le perfezioni contenute nell'idea di
Dio: non mi sono dunque creato da me e mi può aver creato solo Dio che mi ha
reso finito pur dandomi l'idea dell'infinito.
3. Non è possibile concepire Dio come essere perfetto senza ammettere la sua
esistenza perché l'esistenza è una delle sue perfezioni, questa è la prova
tipicamente ontologica.
Avendo riconosciuto l'esistenza di Dio si può dire che la facoltà di giudizio
che mi ha dato non può portarmi all'errore se viene adoperata rettamente: Dio
ci può portare dalla certezza del nostro io alla certezza delle altre evidenze.
Ma l'errore com'è possibile? Esso dipende dal concorso di due cause,
l'intelletto e la volontà. L'intelletto è limitato infatti possiamo pensare a
un intelletto più esteso come quello infinito di Dio. La volontà invece è
libera e più estesa dell'intelletto. Essa consiste nel libero arbitrio che Dio
ci ha donato. Se la volontà vuole affermare o negare ciò che all'intelletto non
è chiaro si può generare l'errore, mentre se si limita ad affermare o negare
ciò che è chiaro all'intelletto l'errore non sussiste. L'errore dipende dal
libero arbitrio che ci permette di affermare anche ciò che non ci è chiaro.
Accanto alla sostanza pensate che costituisce l'Io esiste una sostanza
corporea, divisibile in parti, quindi estesa. Questa però non possiede tutte le
qualità che noi percepiamo di essa. Cartesio spezza la realtà in due zone
distinte ed eterogene: la sostanza pensante (Res cogitans) che è in estesa,
consapevole e libera e la sostanza estesa (res exstenza) che è spaziale,
inconsapevole e meccanicamente determinata. Pur essendo etereogene comunicano
tramite la ghiandola pineale (epifisi) che è l'unica parte del cervello che,
non essendo doppia, può unificare le sensazioni che vengono dagli organi di
senso, tutti doppi.
La fisica di Cartesio: lo spazio è infinito ed è infinita anche la
sostanza estesa che lo riempie. Lo spazio è infinitamente divisibile. Lo spazio
è continuo e non si può quindi concepire il vuoto. Le qualità che attribuiamo
alla materia sono puramente soggettive. Il motore di questa macchina è Dio che,
una volta avviata, non interviene più e non è da nessuna parte in quanto non
occupa spazio. Secondo Cartesio vi è anche movimento corrispondente a frammenti
di spazio che si muovono rispetto ad altri frammenti di spazio. La materia
sottile o etere che riempie il tutto è costituita di corpuscoli, ovvero
frammenti minuti di estensione, privi di ogni coerenza. Anche il corpo umano è
una macchina di cui la res cogitans si serve come uno strumento: questo è stato
elaborato dopo la scoperta dei nervi e della circolazione.
Morale di Cartesio: nel discorso sul metodo Cartesio stabilisce alcune
regole di morale provvisoria
1. obbedire alle leggi e ai costumi del paese conservando la religione
tradizionale.
2. Essere il più fermo e risoluto possibile nell'azione seguendo con costanza
anche l'opinione più dubbiosa. Questa è la regola della coerenza.
3. cercare di vincere piuttosto se stessi che la fortuna e di cambiare i propri
pensieri più che l'ordine del mondo: nulla è nel nostro potere a parte i nostri
pensieri. Questa regola è il caposaldo della morale di Cartesio.
Si distinguono nell'anima affezioni (involontarie e costituite da emozioni e
percezioni) e azioni (che dipendono dalla volontà. La forza dell'anima sta nel
controllare le emozioni mentre la sua debolezza sta nel lasciarsi dominare
dalle emozioni. Ciò che giustifica e determina la moralità di un'azione non la
somiglianza con un fattore esterno ma la coerenza con la ragione.