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SISTEMA ECONOMICO E MUTAMENTO STORICO
Si ha oggi l'impressione di essere ad una svolta della storia: il progresso, la tecnologia, la globalizzazione dell'economia e della finanza, la 'medianificazione' della vita politica e sociale, il mescolarsi di razze e culture, l'aprirsi di nuovi conflitti contestualmente ad un più forte desiderio di pace e di giustizia che, per la prima volta, ha portato religioni diverse a dialogare tra loro .Tra questi segnali di cambiamento si registra una rinnovata attenzione alla economia e ai mezzi teorici che le sono propri per rispondere all'esigenza di un adeguamento all'intreccio, sempre più profondo, tra politica, economia, alta finanza e società, che ha caratterizzato le scelte politiche delle nazioni in questo scorcio di fine secolo.
Le trasformazioni della società e della politica sono infatti strettamente connesse ai cambiamenti dell'assetto economico.e viceversa!
Michael Chossudovsky, docente di economia all'Univesità di Ottawa in Canada, sostiene che la globalizzazione, un unico mercato mondiale creatosi naturalmente come conseguenza del progresso tecnologico, sia in realtà una strategia imposta ai paesi e alle nazioni dalle grandi multinazionali, per 'favorire i grandi creditori'.
Così può essere sintetizzata la sua analisi critica: 'L'economia mondializzata è dominata da due logiche: la prima è il recupero dei crediti su scala mondiale; l'altra è ridurre i costi del lavoro'. [3]
Questa la ricetta consigliata dal FMI: riforme di risanamento strutturale per far diventare i paesi più competitivi.
Però, ricorda M.Cossudovsky, che il compito di uno Stato non è esportare, bensì 'mantenere e se possibile sviluppare il benessere della sua popolazione interna'.[4]
La globalizzazione attuata secondo le linee guida del FMI rischia di 'distruggere la società e persino i mercati'
"Per reagire a questo tipo di dispotismo economico e finanziario non si possono utilizzare i canali tradizionali ed istituzionali (come i partiti e i sindacati) ormai burocratizzati in modo verticistico: essi non traggono la loro legittimità dagli elettori o dagli iscritti, ma dall'alta finanza.
Piuttosto, Deve nascere un nuovo movimento. Dal basso"[5]
E' in questo panorama economico, politico e sociale insieme che si inserisce la proposta delle ECONOMIE ALTERNATIVE.
Questa definizione, un po' generica, comprende quelle proposte di metodo che, partendo da una diversa concezione degli elementi costitutivi della scienza economica, forniscono soluzioni -tra loro differenziate- alle problematiche socio-economiche ed ambientali del nostro tempo. [6]
La base comune, da cui partono le proposte operative, è l'utilizzo di un paradigma economico più ampio del profitto, comprendente principi etici e valori morali, che spostano la centralità dell'agire economico dal guadagno allo sviluppo umano.
Questa scelta teorica ha portato alla sostituzione della componente individuale, tipica dell'homo oeconomicus, con una componente personale-relazionale: l'uomo-persona, saldamente inserito nel contesto sociale ed ambientale. "Chi vive esperienze di comunione sperimenta tutti i giorni che la propria individualità acquista senso nella misura in cui entra in rapporto con qualcun altro. .Sa che l'individuo isola non esiste, e che ogni scelta matura dentro un contesto di reciprocità."
Esso è l'elemento di valutazione per giudicare la bontà dei fatti economici.
L'uomo, nella visione marxiana, è il protagonista ed il principale artefice del processo storico perché interviene sulla realtà circostante -producendo da sé stesso i mezzi di sussistenza e quindi la stessa vita materiale-, dandosi forme di organizzazione sociale.[8]
Per Marx la storia è essenzialmente: "storia delle forze
produttive che si sviluppano e sono riprese da ogni nuova
generazione"[9]
Eppure, nel materialismo storico, strettamente connessa con la produzione materiale, vi è una attività spirituale che si manifesta "nel linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della religione, della metafisica, ecc. di un popolo": un popolo di individui reali, condizionati quindi dal grado di sviluppo delle forze produttive e delle relazioni sociali. La vita sociale, politica ed anche spirituale dipende dal sistema di produzione materiale.
"Nella produzione sociale della loro vita , gli uomini entrano in determinati rapporti, necessari e indipendenti dalla loro volontà-rapporti di produzione L'insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, la base reale su cui si edifica una soprastruttura giuridica e politica, e alla quale corrispondono determinate forme sociali di coscienza. Il modo di produzione della vita materiale condiziona il processo della vita sociale, politica e spirituale. .Col mutamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente l'intera gigantesca soprastruttura. "[11]
Oggi, più semplicemente, si può dire che il sistema economico mondiale ha intorno a sé un sistema di leggi e norme che ha tradotto i rapporti economici in strutture: la storia però ha dimostrato che i sistemi di pensiero economico secondo cui tale processo è avvenuto non sono in grado, a volte, di prevedere e contenere fatti e avvenimenti concreti negativi -pensiamo alla crisi occupazionale che attanaglia i paesi industrializzati; oppure all'ormai scomparsa U.R.S.S. che certamente non incarnava il comunismo reale ipotizzato da Marx; ed ancora allo sviluppo industriale atipico dei paesi asiatici e all'urgente questione ecologica.-.
In questo senso è stata intesa la citazione scelta per aprire il presente capitolo e che qui si vuole riportare per intero: "per la rivoluzione non é sufficiente che le masse sfruttate e oppresse, siano coscienti dell'impossibilità di vivere come per il passato ed esigano dei cambiamenti; per la rivoluzione é necessario che gli sfruttatori non possano più vivere e governare come per il passato. Soltanto quando gli strati inferiori non vogliono più il passato, e gli strati superiori non possono fare come per il passato, soltanto allora la rivoluzione puo' vincere. In altri termini questa verità si esprime cosi': la rivoluzione non é possibile senza una crisi di tutta la nazione (che coinvolga cioè sfruttati e sfruttatori)"[12]
Oggi, la rivoluzione cui si può aspirare é una rivoluzione pacifica, quella che parte dal cuore di ogni singola persona che si sente costruttore e protagonista del futuro suo e della "nazione", e perciò investe le proprie energie per uno sviluppo equo, solidale e sostenibile.
Se consideriamo l'economia il motore che muove la storia, quale risposta essa può fornire oggi, alle rinnovate esigenze dell'umanità?
E' vera la pretesa degli economisti secondo cui la teoria economica non vuole e non deve modificare la realtà, ma solo descriverla?
Nel 1981 Pier Luigi Zampetti[13] nel suo libro 'La Società Partecipativa'[14], con accenti quasi drammatici richiama l'attenzione sul degrado morale e politico del tessuto sociale e cita al riguardo l'enciclica di Giovanni Paolo II, Redemptor hominis: "l'ampiezza del fenomeno[15] chiama in causa le strutture e i meccanismi finanziari, monetari, produttivi e commerciali, che poggiando su diverse pressioni politiche reggono l'economia mondiale: essi si rivelano quasi incapaci sia di riassorbire le ingiuste situazioni sociali, ereditate dal passato, sia di far fronte alle urgenti sfide e alle esigenze etiche del presente.
"Sottoponendo l'uomo alle tensioni da lui stesso create, dilapidando, ad un ritmo accelerato le risorse materiali ed energetiche, compromettendo l'ambiente geo-fisico, queste strutture fanno estendere incessantemente le zone di miseria e, con queste, l'angoscia, la frustrazione e l'amarezza Si aggiungano la febbre dell'inflazione e la piaga della disoccupazione: ecco altri sintomi di questo disordine morale, che si fa notare nella situazione mondiale e che richiede, pertanto, risoluzioni audaci e creative, conformi all'autentica dignità dell'uomo"
Nonostante la lunghezza del brano citato, lo stesso P.L.Zampetti lo inserisce per intero nell'Opera in quanto rappresenta un'analisi sintetica, ma lucida e acuta degli elementi di disagio che, già in quel decennio, affioravano dal tessuto sociale.
Dieci anni più tardi, l'indomani della caduta del comunismo, nell'Agosto del 1991, una preoccupazione cominciò a farsi strada tra economisti, politici, studiosi e quanti più in generale sono attenti e vigili alle svolte della storia: paradossalmente il crollo del sistema comunista e la prospettiva di una mancata alternativa al sistema economico capitalista dell'Occidente, mise in evidenza 'i limiti del capitalismo'
L'accordo raggiunto il 10 Aprile '98 tra Tony Blair, primo ministro inglese, e Bertie Ahern, primo ministro irlandese, e i leaders dei più importanti partiti dell'Irlanda del Nord che ha trovato un largo consenso nel referendum popolare del 23 maggio 1998. Ed anche il recente documento della Santa Sede 'Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah'.
Lenin, L'estremismo, malattia infantile del comunismo. Cit. in G.Gilli, Come si fa ricerca. Oscar Mondadori 1971
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