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L'esercito e l'economia




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L'esercito e l'economia

L'esercito

L'armamento offensivo del fante etrusco comprendeva per il combattimento corpo a corpo una vasta scelta di armi: l'asta pesante, la spada lunga, che dal VI secolo viene sostituita da una corta, asce normali e bipenni, spade ricurve, pugnali. Le armi da getto erano: giavellotti, archi e fionde. L'armamento difensivo era costituito da una corazza per il torace, di tessuto rinforzata da borchie metalliche o interamente di bronzo, in due o più pezzi, foderata in lino; il capo era protetto da un elmo di bronzo, di fogge molto differenti: con guanciali e paranaso, a calotta, semplice o crestato; le gambe da schinieri. Completava il tutto uno scudo in cuoio, legno o bronzo, di forma circolare ellittica o rettangolare. Più di una volta parteciparono alle battaglie anche schiere di sacerdoti armati di serpenti e fiaccole ardenti, il cui effetto era però più psicologico che effettivo. A volte gli Etruschi arruolarono truppe mercenarie assoldate presso le popolazioni confinanti. Nei tempi più antichi doveva essere diffuso l'uso del carro da guerra. Non sappiamio se fungesse da solo mezzo di trasporto sul campo di battaglia per i capi, oppure da vero e proprio strumento di combattimento. In epoca storica venne comunque abbandonato, e per migliorare la mobilità delle truppe si preferì costituire dei corpi di cavalleria. Conosciamo molto poco dell'organizzazione militare degli etruschi e delle loro tattiche di combattimento. Possiamo dedurre che l'esercito fosse costituito da corpi specializzati: la cavalleria, gli opliti, ed i fanti leggeri. La cavalleria, aveva la sua forza principale nella mobilità, quindi le erano assegnati compiti di ricognizione, di schermaglia e di inseguimento. Gli opliti, la cui armatura poteva essere di fogge molto differenti, ma che garantiva al corpo una protezione abbastanza completa, combattevano in formazione compatta, i migliori in prima fila, e cercavano l'urto contro la formazione nemica. Infine i fanti leggeri, dotati di armi da getto, ma non protetti da corazze, avevano lo scopo di scompigliare e di provocare la formazione nemica, colpendola da lontano. Vi erano poi dei corpi di genieri che avevano il compito di erigere fortificazioni, e di provvedere allo smantellamento di quelle nemiche durante le operazioni di assedio.

Le navi

Le caratteristiche delle navi degli Etruschi sono comuni con quelle dei popoli marinari del Mediterraneo orientale come Greci e Fenici. Come materiale da costruzione usavano il legname delle foreste dell'entroterra dell'Etruria, da cui traevano il fasciame e gli alti alberi delle loro imbarcazioni. Lo scafo era di solito lungo una decina di metri, con la chiglia coperta a volte di una lamina di piombo, la poppa ricurva, la prua acuminata, la vela agganciata all'unico albero centrale. Per dirigere la rotta il timoniere disponeva di uno o due remi situati sul castello di poppa. Le navi da carico erano piuttosto panciute, e sfruttavano il vento come sola forza motrice; disponevano anche di ancore, la cui invenzione era dagli antichi attribuita agli Etruschi. Le navi da guerra, più lunghe e affusolate, erano munite di remi, su uno o due ordini, e usavano il vento come forza motrice ausiliaria. Non c'era un ponte superiore, marinai, rematori e soldati occupavano gli stessi spazi. Sulla prua aguzza andava ad inserirsi un rostro che affiorava a pelo d'acqua, usato in combattimento per speronare le navi nemiche. Sul mare la tecnica del combattimento è quella della manovra e dello speronamento delle navi nemiche, allo scopo di aprire grosse falle sotto la linea di galleggiamento. Il successo dipende perciò dall'abilità degli equipaggi e dalla vigoria dei rematori. Nell'avvicinamento si effettua un fitto lancio di dardi, anche infuocati. Si ricorre all'abbordaggio ed al combattimento corpo a corpo quando sono imbarcati contingenti di fanteria, e nel caso in cui si miri alla cattura della nave nemica e del suo carico più che all'affondamento. La navigazione, per mancanza di strumentazione, e per la fragilità delle imbarcazioni, che non erano in grado di resistere alle tempeste, avveniva alla più breve distanza possibile dalla costa, e solo di giorno. Di notte le navi da carico gettavano l'ancora in luoghi riparati, mentre le navi da guerra venivano trascinate dagli equipaggi sulla riva. I marinai dell'epoca usavano per orientarsi gli astri e la loro conoscenza della conformazione delle coste; esistevano anche dei portolani, ma non erano certamente di uso comune.


Battaglie tra Etruschi e Greci d'Italia

Nel 545 a.C. circa nei pressi di Alalia (in latino Aleria, presso l'odierna Bastia), in Corsica, si verificò la prima grande battaglia navale a noi nota, fra Cartaginesi ed Etruschi da una parte e Greci Focesi di Massalia (Marsiglia) dall'altra. In seguito all'esito della battaglia i Greci rinunziarono a ogni ulteriore colonizzazione nel Mediterraneo occidentale, ai Cartaginesi venne riconosciuto il controllo dei traffici del Mediterraneo meridionale con la Sardegna e agli Etruschi quelli del Mediterraneo settentrionale e del Tirreno con la Corsica e l'arcipelago toscano. L'alleanza fra Etruschi e Cartaginesi portò all'intesa fra Calcidesi di Cuma e Latini. La tradizione ci parla di una battaglia combattuta intorno al 524, presso Aricia, dove le forze della coalizione cumana-latina comandate da Aristodemo batterono l'esercito etrusco. In seguito alla sconfitta gli Etruschi dovettero abbandonare le loro posizioni nel Lazio, lasciando in tal modo isolati i loro centri della Campania. Tuttavia, grazie alla loro alleanza con i Cartaginesi, gli Etruschi potevano ancora comunicare con i loro possedimenti della Campania via mare. Infatti, in seguito, approfittando della caduta di Aristodemo, gli Etruschi assalirono Cuma. A questo punto entrò in scena Ierone, tiranno di Siracusa, che, proclamatosi difensore della libertà greca in Italia, corse con la propria flotta in aiuto di Cuma e vinse gli Etruschi. La battaglia navale di Cuma del 474 venne celebrata dal poeta lirico Pindaro nella I delle sue Pitiche. I Cartaginesi, sconfitti poco prima dai Greci a Imera, non erano potuti intervenire in soccorso degli alleati Etruschi. La sconfitta di Cuma segnò la fine della libertà delle città etrusche di Campania, che, abbandonate al proprio destino, vennero ben presto, militarmente o pacificamente, assimilate dai Greci o dalle popolazioni indigene circostanti.


Economia

Grande fu il livello di ricchezza raggiunto dal popolo etrusco nel corso della sua lunga storia. Le città e le campagne fervevano di ogni attività: commercio, agricoltura, attività manifatturiera ed estrattiva, grandi opere civili e militari. Situati in una regione cardine per i traffici commerciali tra oriente ed occidente, i mercanti etruschi seppero sfruttare al meglio questa posizione di favore. Essi, garantito il controllo del Tirreno dalle loro flotte militari, non erano meno noti di quelli greci o fenici ai popoli che abitavano le coste del Mediterraneo. Anche le vie commerciali di terra che portavano verso il nord Europa erano battute dagli Etruschi, che in tal modo fungevano da tramite tra le civiltà progredite del bacino orientale del Mediterraneo, e quelle meno sviluppate dell'Occidente. L'agricoltura degli Etruschi era tecnicamente avanzata, in particolare erano esperti nel drenaggio e nella bonifica dei terreni paludosi. Le principali colture erano quelle del farro da grano, del miglio, della segale, dell'avena e del lino, per non dimenticare la vite e gli alberi da frutta. Anche l'allevamento era fiorente: greggi di pecore, mandrie di buoi, di maiali e di cavalli erano al pascolo nelle campagne. La fauna dell'entroterra, lepri, cinghiali, uccelli, cervi, caprioli, forniva abbondante cacciagione, e ancora in età romana la costiera etrusca era famosa per la pescosità delle sue acque. Nelle botteghe artigiane si fabbricavano vasi di terracotta di ogni foggia ispirati al gusto greco, recipienti ed arnesi in bronzo, raffinati gioielli in oro e in altri metalli preziosi. Prodotti che venivano acquistati in loco o che prendevano la via di popoli lontani. Le foreste garantivano il legname necessario ad armare le flotte, e servivano per l'industria metallurgica come combustibile. Ricche di metalli, la regione delle Colline Metallifere e l'Isola d'Elba costituirono una risorsa economica di grande valore per gli Etruschi, sia dal punto di vista commerciale che da quello militare. Per secoli nelle miniere localizzate nelle loro terre si estrassero rame, ferro, piombo, stagno, con cui venivano realizzati sia armi che arnesi di uso civile.






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