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L'Italia dopo la fine del governo di Crispi si ritrovò ad affrontare un periodo di grande disordine e difficoltà; infatti in Italia accanto alla crisi politica si verificò, anche una grande crisi economica. Infatti dopo la sconfitta ad Adua il periodo di espansione dell'Italia era finito.
La situazione economica internazionale peggiorò, infatti la produzione ebbe un grande calo e le
esportazioni dei prodotti diminuirono. Furono specialmente le banche, a pagare questa situazione;
infatti esse avevano prestato numerosi capitali alle imprese e alle attività
speculative; però siccome c'era una
grande crisi, anche tra le imprese, molte banche entrarono in
fallimento, provocando una reazione a catena e colpendo direttamente i centri del sistema economico come
IL SALVATAGGIO E IL RIORDINO DEL SISTEMA BANCARIO:
Dopo il fallimento
delle banche, fu lo stato a
cercare di operare il salvataggio del sistema bancario. Infatti tra il
1889 e il 1891 lo stato decise di operare la totale liquidazione delle banche,
tramite l'emissione di una nuova liquidità e l'assorbimento dei crediti
scoperti degli istituti bancari che si trovavano in difficoltà. Quando
la crisi si fece più difficile e grave, proprio quando Crispi stava praticando
la sua politica coloniale, lo stato non si limitò solo al salvataggio delle
banche ma, attraverso una serie di interventi legislativi , cercò di riordinare
il settore bancario , fondando
LE RIPERCUSSIONI SOCIALI DELLA CRISI:
La crisi economica però ebbe anche delle conseguenze sociali;
come sappiamo Crispi su modello della politica di equilibrio di Bismarck, aveva cercato di combattere contro tutto ciò che potesse ostacolare l'equilibrio che si era creato. Quindi fu particolarmente durò verso i contadini e gli operai, reprimendo con la forza ogni loro tentativo di rivolta e di protesta. Dopo ciò la situazione dei contadini e degli operai era sicuramente peggiorata.
Inoltre in seguito alla politica colonialista operata da Crispi (volta ad esempio alla conquista dell'Abissinia) , il sistema fiscale si era inasprito. Tutta questa situazione aveva creato il malcontento sia nelle campagne che nelle città tra cui Modena e Bologna, dove i braccianti organizzarono numerose proteste e sindacati, al fine di ottenere salari più alti e lavori meno precari. Successivamente in molte città scoppiarono altre rivolte, a causa dell'aumento del prezzo del pane, che era ciò di cui i contadini si sfamavano.
La risposta dello stato a questi disordini fu molto dura.
Il nuovo primo ministro Pelloux, che aveva preso il posto di Rudini, presentò la proposta di limitare la libertà di stampa al fine di rafforzare il potere esecutivo. Nonostante Pelloux avesse l'appoggio del re e delle forze militari, il parlamento però respinse questo progetto e Pelloux fu costretto a dare le dimissioni e a indire nuove elezioni.
LE ELEZIONI DEL 1900 E
Le elezioni del 1900, furono vinte dalle opposizioni che (repubblicani, radicali, socialisti) ottennero la maggioranza dei voti. La sconfitta del fronte autoritario , ovvero il partito moderato, si dovette principalmente a causa di quattro diversi motivi:
all'azione delle minoranze.
a causa dei fallimenti che il governo consegui nella politica estera (come ad esempio il fallimentare tentativo di occupare una parte di territorio cinese).
le divisioni esistenti all'interno dello stesso partito moderato, in cui era sorto una nuova classe dirigente che si era dimostrata più aperta alle riforme e nei confronti del movimento socialista.
la forza dei partiti e dei movimenti di massa, come il movimento operaio.
Sia e Umberto I ( ucciso il 29 luglio del 1900, ad opera dell'anarchico Bresci) che Vittorio Emanuele III promuovono il governo della sinistra liberale. Infatti Umberto affida l'incarico di formare un nuovo governo a Giuseppe Saracco che era un liberale di sinistra. Mentre successivamente, Vittorio Emanuele nomina Zanardelli (1901) che era il leader della sinistra parlamentare
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