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EFFICIENZA E GIUSTIZIA SOCIALE
Nella prima metà del XIX secolo nascono però critiche nei confronti della scuola classica: il tentativo più ambizioso fu quello della scuola storica che "criticò che fosse possibile una scienza economica autonoma"[1]
E' in questo momento storico -quello della miseria disumanizzante di certi strati della società della prima metà dell'ottocento- che si rimettono in discussione i postulati sui quali è fondata l'economia liberale del XIX secolo. Da qui una serie di proposte dei socialisti utopisti come J.A.Blanqui, Comte, L.Blanc, R.Owen, Saint Simonche con le loro idee rivoluzionarie, nel tentativo di realizzare una maggiore giustizia sociale, sostituiscono all'individuo l'organismo sociale.
Saint Simon, primo teorizzatore del socialismo francese, intuì che la politica rientra nel più largo giro dell'economia e che i governi e le istituzioni mutano con il mutare dei rapporti di proprietà e di produzione. O in modo violento e rivoluzionario, come Blanquì, o auspicando una "riforma dall'alto", essi per lo più proponevano una trasformazione della società, intervenendo sulla proprietà individuale dei mezzi di produzione.
I socialisti utopisti non risolsero affatto la questione sociale, ma contribuirono vivacemente a mantenere alta l'attenzione politica nei confronti degli effetti perversi della Rivoluzione industriale.
Tra i socialisti non possiamo dimenticare Karl Marx. (socialismo scientifico). La teoria economica marxista rappresenta una reazione alla scuola classica: la sua 'Critica all'economia politica' è un'accusa al sistema economico e teorico capitalistico di cui però riconosce la validità su alcuni punti. La sua è un'analisi teorica del meccanismo di funzionamento e di evoluzione del sistema capitalistico, tendente a metterne in evidenza le contraddizioni: in particolare al suo andamento ciclico che porterà all'ultima fatale crisi dello stesso sistema, che perciò giungerà all'autodistruzione.
Il suo contributo più importante ai fini del presente studio è certamente la sua tipica impostazione metodologica, per cui realtà economica e realtà sociale sono inseparabili: i fenomeni e i processi sociali vanno analizzati nelle loro interezza inseriti nel proprio contesto storico e ideologico (per M. il capitale non è soltanto l'insieme dei mezzi di produzione, è soprattutto il potere che il loro controllo da alla borghesia).
Sono i principi del materialismo storico, per cui l'analisi economica ha il compito di interpretare lo sviluppo dialettico del sistema economico-sociale determinato dalle forze produttive.
Inoltre, come accennato precedentemente, nella prima metà del XIX secolo dobbiamo ricordare la corrente del romanticismo economico, che si inserisce in un ambiente culturale profondamente segnato dalla teoria marxista "che tenta di spiegare i mutamenti economici e le sovrastrutture politiche e culturali attraverso il materialismo dialettico e l'interpretazione classista della società e quella (teoria) darwiniana, della discendenza umana, per selezione naturale dalle più rudimentali forme di vita" Tale corrente di pensiero fa capo ad A.Muller
Il Romanticismo economico si oppone all'utilitarismo all'individualismo ed al liberalismo della scuola classica. L'importanza della corrente sta nella intuizione che le teorie classiche erano inadatte per interpretare la realtà economica dei Paesi a economia pre-capitalistica in cui il liberalismo avrebbe accentuato le differenze di classe e di sviluppo. -Muller spiega i problemi sociali ed economici con il principio del contrasto seguendo il metodo dialettico: per esempio nel campo economico dal contrasto delle forze individuali e delle forze extra economiche nasce un certo equilibrio delle forze produttive. Lo Stato (nato dal contrasto tra libertà e coazione) rappresenta la continuità .della società e della vita economica della Nazione.
"Se infatti il capitalismo aveva agevolato la frantumazione della società e peggiorato il solco tra capitale e lavoro, il romanticismo invece considerava la società come un unico organismo e non quale complesso di individui in lotta tra di loro."[3]
Il maggior impatto della filosofia romantica in campo economico si ebbe con la scuola storica.
I seguaci di questa corrente "non accettavano l'idea che il comportamento sociale dipendesse dall'interesse personale dei singoli individui. Né accettavano l'idea che le scelte degli individui fossero basate unicamente sul calcolo razionale finalizzato all'arricchimento"[4]
Contestualmente gli economisti della cosiddetta SCUOLA STORICA, sviluppando proprio il 'das Adam Smith problem', ribadiscono la relatività delle leggi economiche, che vanno inserite nella condizione storica di ogni singola nazione. La realtà dell'azione economica va studiata, pertanto, per quello che è: un fenomeno complesso; non si può, quindi, estrarre ed isolare un solo aspetto della condotta umana.
L'apporto della Scuola Storica è anche significativo perché mette in evidenza che la diversità di sviluppo di differenti paesi è strettamente legata a fattori istituzionali e ciò sottolinea il ruolo che lo stato può assumere nello sviluppo economico.
G.Lo Giudice, Aspetti e problemi dell'agricoltura siciliana agli inizi del '900 in A.Sartorius von Waltershausen, da Annali del Mezzogiorno, Università di Catania '72
Più tardi tali idee vennero riprese da uno studioso economista dell'inizio del nostro secolo: A.Sartorius von Waltershausen. Egli perviene ad una concezione globale dell'economia attraverso un'analisi critica dei vari sistemi economici dottrinari intesi come concezione di vita.. le diverse concezioni economiche sociali che sostanzialmente esprimono esigenze pratiche di vita, sono in netto contrasto tra di loro, anche se la vita non può schematizzarsi in astratti teoremi, bensì secondo necessità obiettive, rendendo difficoltosa l'esclusiva propensione per l'una o per l'altra teoria.
L.Bruni: faccio notare per inciso che tale problema di metodo torna ciclicamente fuori nella scienza. Oggi viene chiamato il problema dell'idealizzazione ed è al centro del dibattito contemporaneo di metodologia, nel quale vengono rivalutate anche alcune delle tesi della scuola storica, forse troppo velocemente liquidate. Nuova Umanità n°6/'97 p.853
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