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DUALISMO ECONOMICO E POLITICA DI POTENZA
IL MEZZOGIORNO TRA ARRETRATEZZA ED EMIGRAZIONE:
Giolitti come detto in precedenza, aveva fatto leva sulle componenti privilegiate della classe operaia e aveva proposto un programma ricco di riforme sociali (inserimento classe operaia nelle liste d'appalto per i lavori pubblici, tutela del lavoro delle donne e dei bambini, legge sulla pensione, sugli infortuni ecc). Giolitti promosse il processo di industrializzazione cerando, tutelando gli interessi delle componenti emergenti della classe operaia e contadina. Il mezzogiorno però fu lasciato in un totale stato di abbandono e arretratezza e in seguito al protezionismo doganale, dovette affrontare una grave crisi economica.
I dazi doganali imposti dal governo per difendere i prodotti industriali italiani dalla concorrenza internazionale, ostacolarono però l'esportazione dei prodotti agricoli nei mercati esteri. Ad aggravare la situazione furono poi dei disordini naturali come l'eruzione del Vesuvio (1906) e un gravissimo terremoto che provocò gravissimi danni a Messina e Reggio Calabria. Tutta questa situazione aumento la tendenza della popolazione meridionale ad emigrare all'estero, con la speranza di trovare lavoro. All'inizi del novecento questo fenomeno coinvolse milioni di lavoratori specialmente del Veneto e delle regioni meridionali. Si trattava di gente povera e per lo più analfabeta , spinte a lasciare la propria nazione a causa della povertà e della fame.
Giolitti comunque attuò anche delle piccole riforme del sud, ma il sud necessitava di un processo di modernizzazione , che favorisse lo sviluppo industriale ed agricolo e che limitasse il potere delle antiche famiglia di latifondisti.
La politica Giolittiana aveva quindi un grande limite:aveva accentuato la grande divisione esistente tra nord e sud Italia. Questa grane differenza tra nord e sud si manifestò anche in ambito politico, infatti ad esempio il primo ministro piemontese sfruttò il sistema della corruzione elettorale tramite gruppi mafiosi e camorristi, allo scopo di assicurarsi gli appoggi necessari .Proprio per questo Giolitti venne definito da molti "come il ministro della malavita".
LE SPINTE AL COLONIALISMO E L'IMPRESA DI LIBIA:
Giolitti oltre ad
attuare una politica interna riformista, determinò una svolta nella politica
estera. Infatti grazie ad un accordo stipulato tra l'Italia ,
LE RIPERCUSSIONI POLITICHE DELL'IMPRESA LIBICA:
Giolitti attraverso l'impresa della Libia era risuscitò ad ottener un grande successo;e grazie alla sua politica interna ed estera era riuscito a conquistare l'appoggio di quelle forze che avrebbero potuto costituire un'attiva opposizione. Giolitti infatti tramite la sua politica riformista era riuscito ad ottenere una collaborazione con i socialisti riformisti e ad avvicinarsi i radicali e ai repubblicani. La politica di Giolitti però aveva creato come sappiamo, anche una frattura interna al partito socialista, diviso tra socialisti riformisti e massimalisti, indebolendo cosi il partito socialista. Però la convivenza all'interno dello stesso partito, di riformisti e massimalisti divenne sempre più difficile e resistette sino alla guerra di Libia; infatti il gruppo riformista di destra , guidato da Leonida Bissolati, Bonomi e Cabrini , fu espulso dal Partito Socialista nel congresso di Reggio Emilia nel 1912 e andò a formare un nuovo partito , ispirandosi ai tradizionali ideali del riformismo socialista.
La sinistra massimalista però, guidata da Benito Mussolini, riuscì a riprendere i controllo del partito socialista e cominciò a portare avanti una politica anti giolitti. L'impresa della Libia ebbe delle ripercussioni anche sulla destra , dove si era rafforzato il movimento nazionalista; il movimento nazionalista era un movimento reazionario,a antidemocratico e militarista che possedeva propri strumenti di propaganda e si raccolse intorno alla rivista chiamata "il Regno" fondata da Corradini.
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