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Crisi economica e peste nera
Nel corso del XIII secolo, come già si è detto, la società europea occidentale era profondamente mutata e le tradizionali strutture feudali erano state in gran parte cancellate dal rigoglio economico delle città, çhe con le loro attività produttive avevano stravolto il vecchio tessuto delle signorie feudali, chiuse in se stesse, e avevano creato nuovi ricchi e nuovi poveri nelle città e nelle campagne.
Ma se fino all'XI secolo la povertà era stata considerata una condizione almeno spiritualmente privilegiata capace di salvare l'anima del credente, nei secoli successivi.. con lo sviluppo dei traffici e della produzione e con la formazione delle facoltose borghesie cittadine, la povertà era diventata qualcosa di spregevole, e il povero, l'accattone, il vagabondo, lo storpio, la prostituta, erano stati «emarginati» (come diremmo oggi), e rappresentavano un vero e proprio pericolo per la società.
Già nel corso del '200, in città come nelle campagne, i poveri vivono a loro volta in un atteggiamento di rivolta contro i ricchi e contro i rappresentanti più facoltosi dell'alto clero; pertanto anche il XIII secolo, che pure fu un secolo di relativo equilibrio sociale, cominciò a vedere qualche sporadica rivolta dei contadini più poveri, degli artigiani e degli operai di bottega che, al grido di «abbasso i ricchi», rivendicavano in modo disordinato il diritto a migliori condizioni di vita. Nella seconda metà del XIII secolo, specialmente nelle zone più urbanizzate della Francia, si ebbe una successione di disordini, regolarmente stroncati dalla nobiltà e dalla borghesia con spietate repressioni.
Ma se questi segni si manifestavano già nel '200, che pure era stato un secolo di equilibrio tra aumento della produzione e incremento demografico, il secolo successivo si dimostrò molto difficile per l'Italia e l'Europa, perché fu travagliato da complesse contraddizioni economiche e sociali (cui corrispose, come visto in letteratura anche una profonda trasformazione degli orizzonti culturali e filosofici).
Agli inizi del XIV secolo la popolazione italiana raggiungeva ormai, come ai tempi di Augusto, gli 11 milioni di abitanti, e la ricchezza delle grandi città, come Firenze, Venezia e Milano, non tro-vava riscontro in altre parti del mondo cristiano. Ma nonostante queste premesse favorevoli, nel corso del '300 tutto l'Occidente, dalla Germania all'Inghilterra, dalle Fiandre all'Italia, fu gravemente turbato da una serie di eventi naturali e sociali che intorno alla metà del secolo assunsero le proporzioni di immani catastrofi.
La serie di eventi negativi che ebbe inizio in Europa nei primi anni del XIV secolo è comunemente attribuita dagli storici allo squilibrio venutosi a creare tra produzione e incremento demografico; nel corso del '200, infatti, era aumentata la produzione in conseguenza degli ampi dissodamenti di terre conquistate per la prima volta all'agricoltura. Si trattava però di terre per lo più povere, che dopo qualche tempo si rivelavano scarsamente produttive. L'incremento della produzione, quindi, era dovuto all'aumento precario dell'estensione coltivata, ma non al miglioramento tecnico della produzione stessa, visto che gli strumenti agricoli e le tecniche agrarie, dopo i progressi dell'XI e XII secolo, non avevano compiuto nuovi passi avanti.
Agli inizi del '300 l'aumento costante della popolazione finì col creare una situazione di rottura, visto che ormai le terre scarsamente produttive venivano per forza di cose abbandonate e il prodotto totale dell'agricoltura tendeva a diminuire; tra il e il una grave carestia toccò vaste regioni europee provocando la morte di migliaia di persone. Da questo momento le carestie si fecero sempre più frequenti e la sottoalimentazione dei ceti più poveri e modesti divenne una costante delle popolazioni europee.
La miseria, unita a un'igiene precaria e a una scienza medica ancora molto grossolana, espose allora un umanità malnutrita a una serie di spaventose epidemie che fra il 1347 e il 1351 culminarono nella micidiale peste nera, destinata a falcidiare quasi un terzo della popolazione europea.
Le epidemie e le lunghe guerre che insanguinarono l'Europa - basti pensare alla cosiddetta guerra dei cent'anni tra Francia e Inghilterra - provocarono dissesti economici e monetari.
I prezzi in un primo tempo subirono un rialzo per la penuria di derrate alimentari, ma più tardi si abbassarono, perché l'enorme numero dei decessi fece diminuire la domanda di alimenti e di merci in genere. I lavoratori sopravvissuti ne furono avvantaggiati, perché la richiesta di mano d'opera aumentò ed essi poterono esigere salari più alti. Si arrivò al punto che gli stati stessi dovettero intervenire ad arginare la pressione salariale, fissando un limite massimo.
Da questa situazione trasse profitto in particolar modo la borghesia, già impadronitasi di vasti terreni agricoli, da cui erano stati scacciati i feudatari, e che ora poteva acquisire ampi beni immobili ed imporre il prezzo degli affitti, oltre che delle derrate.
Si assisté via via ad un inasprimento delle tensioni sociali, frequenti diventano le sommosse e le ribellioni popolari contro i borghesi. Tali fenomeni erano per lo più convulsi e scoordinati, ma talvolta dietro la guida di capi politicamente più consapevoli, acquistano maggiore pericolosità.
Molti movimenti ereticali (ad esempio quello di Fra Dolcino) alimentano le proprie file proprio grazie a tali masse popolari che, dietro una motivazione religiosa, esprimono in realtà il proprio malcontento. Non a caso nel Trecento si assiste alla nascita di numerosi movimenti religiosi ereticali, in tutta Europa: si ricordino gli Hussiti (di Jan Hus) in Boemia e i Lollardi (di Wycliff) in Inghilterra che già criticavano la corruzione del clero. Anch'essi rappresentarono una protesta delle classi più povere contro i ricchi (nobili e borghesi).
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