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L'offerta aggregata deriva dalla capacità del sistema economico di produrre, cioè dal suo prodotto potenziale. Per il breve periodo, possiamo considerare che la curva OA sia relativamente orizzontale fino al livello del prodotto potenziale, poi si avvicini nettamente alla verticale per più alti livelli di produzione. Gli aumenti del prodotto potenziale, a costi invariati, spostano la curva OA verso destra; gli aumenti dei costi (per esempio di quelli dei salari) spostano la curva OA verso l'alto.
Le principali determinanti della crescita del prodotto potenziale sono gli aumenti dei fattori produttivi capitale e lavoro e il miglioramento dello stato della conoscenza e della tecnologia. Nei lunghi periodi, la crescita del prodotto potenziale tende ad essere piuttosto regolare.
I cicli economici sono fluttuazioni dell'attività economica globale, caratterizzata dalla simultanea espansione o contrazione della produzione nella maggior parte delle industrie. Nel linguaggio economico moderno, i cicli economici si producono quando il PNL reale aumenta rispetto al PNL potenziale (espansione) o diminuisce (contrazione o recessione). Per comprendere meglio i cicli, si può considerarli come movimenti della domanda aggregata, che rispecchiano spostamenti C+I+G.
Esiste un evidente collegamento tra i movimenti della produzione e il tasso di disoccupazione durante il ciclo. Secondo la legge di Okun, per ogni punto percentuale di cui il PNL reale scende ad disotto del PNL potenziale, il tasso di disoccupazione sale di mezzo punto percentuale ad disopra del tasso naturale di disoccupazione. Tale regola è utile per tradurre i movimenti ciclici del PNL nei loro effetti sulla disoccupazione (ma funziona meglio negli USA che in Italia).
Un attento esame delle statistiche sulla disoccupazione rivela parecchi fatti sorprendenti. Le recessioni colpiscono tutti i gruppi in modo grossolanamente proporzionale; cioè, tutti i gruppi vedono oscillare i loro tassi di disoccupazione quasi proporzionalmente al tasso generale di disoccupazione. In Italia, però, la disoccupazione giovanile tende ad oscillare un po' meno di quella degli adulti. Negli Stati Uniti la maggior parte della disoccupazione è di brevissimo periodo: negli anni di bassa disoccupazione (come il 1973), più del 90% dei lavoratori disoccupati rimane disoccupato meno di sei mesi. In Italia, viceversa, circa tre quarti della disoccupazione è di lunga durata. La durata media della disoccupazione, in particolare il numero di disoccupati di lunghissimo periodo, aumenta nettamente nelle recessioni profonde e prolungate. Negli Stati Uniti una parte notevole della disoccupazione è semplice disoccupazione frizionale dovuta alla mobilità, che comprende le persone che entrano per la prima volta nelle forze di lavoro o vi rientrano: soltanto nelle recessioni l'insieme dei disoccupati è costituito principalmente da individui che hanno perso il posto di lavoro. In Italia invece la disoccupazione frizionale sembra trascurabile, e prevale quella strutturale, particolarmente tra i giovani.
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