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Teoria di Lewis del legame covalente




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Teoria di Lewis del legame covalente

L'ipotesi del legame covalente come doppietto elettronico condiviso fra due atomi fu suggerita dal chimico americano Gilbert Newton Lewis (1874-1946) nel 1916.

Contemporaneamente, riprendendo alcune idee del chimico tedesco Richard Abegg (1869-1910), Lewis sviluppò, parallelamente a Irving Langmuir (1881-1957), la teoria dell'ottetto.

Lewis propose anche di rappresentare le configurazioni elettroniche esterne degli elementi, ponendo dei punti attorno al simbolo elementare stesso, che di per sé aveva lo scopo di indicare il 'nocciolo', ovvero i gusci elettronici completi più interni. Similmente, il legame nelle formule si sarebbe rappresentato con i due punti ( : ).

Attualmente, anziché i due punti, si preferisce usare un trattino; il trattino che si usa nelle formule di struttura non è quindi un semplice formalismo, ma ha il preciso significato di doppietto elettronico, sia esso di legame o solitario.

Il simbolismo di Lewis per indicare gli elettroni di valenza, unitamente alle sue due ipotesi centrali:

  • legame covalente come coppia elettronica condivisa
  • teoria dell'ottetto

sono un ottimo punto di partenza per imparare a rappresentare le formule di struttura dei composti chimici.

Qualche semplice esempio lo abbiamo già visto nel paragrafo precedente. Ne ripeteremo qui alcuni, sia per chiarire il procedimento da seguire, sia per introdurre alcuni nuovi concetti correlati con il legame chimico e con le formule di struttura: covalenza, ordine di legame, cariche formali e risonanza.


Fluoro, ossigeno e azoto possono formare molecole biatomiche omonucleari, mettendo in compartecipazione due, quattro, sei elettroni, rispettivamente.


Come si può capire, una volta scritto il simbolo elettronico a partire dalla configurazione elettronica esterna, si tratta di unire con un trattino una coppia di elettroni spaiati tra due elementi: una nel caso del fluoro, due nel caso dell'ossigeno e tre nel caso dell'azoto. Si deve fare in modo, finché sia possibile e consentito, di completare gli ottetti di tutti gli atomi. Ciascun atomo nella figura è circondato da quattro coppie (un ottetto) di elettroni.

Si definisce covalenza il numero di legami covalenti che un elemento può formare. In pratica, è il numero di coppie elettroniche che un atomo condivide con altri atomi: possiamo così osservare che in queste strutture il fluoro ha covalenza uno, l'ossigeno due e l'azoto tre.

L'ordine di legame è invece il numero di coppie elettroniche condivise in un legame. È 1 nella molecola di F2, 2 in quella di O2 e 3 in quella di N2.

Covalenza e ordine di legame sono due concetti diversi, ben distinti, che possono coincidere solo nel caso di molecole biatomiche.


F, O, N, C possono formare molecole biatomiche eteronucleari.
Il fluoro ad esempio può combinarsi con l'idrogeno per formare acido fluoridrico:


Ovviamente, l'H non può avere un ottetto elettronico; per questo elemento, la configurazione elettronica stabile è quella isoelettronica con l'He, quindi con due elettroni nell'unico livello disponibile (1s).

L'ossigeno può combinarsi con il carbonio per formare il monossido di carbonio:


In questa formula, costruita mettendo in compartecipazione gli elettroni spaiati, il carbonio non completa l'ottetto. Tuttavia, se utilizziamo uno dei due doppietti liberi dell'ossigeno per formare un ulteriore legame, otteniamo una struttura in cui entrambi gli atomi hanno un proprio ottetto completo:


Questa struttura, in cui carbonio e ossigeno mostrano un'insolita tricovalenza (come vedremo il carbonio è praticamente sempre tetracovalente, mentre l'ossigeno quasi sempre dicovalente), è in accordo con i dati sperimentali relativi alla lunghezza del legame carbonio-ossigeno, molto prossima a quella prevista per un triplo legame.

In questo modo, tuttavia, è 'come se' il C avesse 5 elettroni di sua pertinenza (anziché i 4 dello stato fondamentale) e lo stesso l'O (anziché i 6 dello stato fondamentale).
Quindi, una rappresentazione più coerente della formula è quella in cui ai due atomi sono attribuite cariche formali. La polarità misurata sperimentalmente corrisponde effettivamente alla formula a cariche separate.


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