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Il petrolio è una miscela di idrocarburi densa, viscosa, che varia di colore dal giallo-bruno fino al nerastro, di odore caratteristico e di notevole fluorescenza. E' facilmente infiammabile e si presenta come fluido con un peso specifico che varai da 0,80 a 1 g/cm3; la sua densità relativa è definita dall'American Petroleum Institue e si trova con la relazione: °API = 141,5 / ps (60°F / 60°F) - 131,5; dove ps (60°F / 60°F) è il rapporto fra densità del prodotto a 60°F e quella dell'acqua a 60°F e corrisponde all'intervallo fra 45° e 10° API. La maggior parte dei petroli contiene miscele di idrocarburi nafteno-paraffinici (idrocarburi cicloalifatici i nafteni, con la stessa formula bruta degli alcheni, mentre i paraffini sono gli alcani) con percentuali fino al 20% di idrocarburi aromatici e piccole percentuali di composti ossigenati, solforati o azotati. Per esempio il petrolio del Caspio e del Caucaso, del Borneo del Venezuela e del Messico hanno percentuali fino al 75% di idrocarburi naftenici di formula CnH2n; i petroli della Pennsylvania, della Polonia, del Medio Oriente e dell'Africa settentrionale fino al 60% di idrocarburi paraffinici di formula CnH2n + 2; altri petroli del Borneo hanno percentuali fino al 50% di idrocarburi aromatici (che forniscono benzine ad alto numero di ottano) e inoltre quelli della California, del Venezuela e del Giappone hanno percentuali del 12% di ossigenati e quelli del Medio Oriente dall'1,2 al 2,4% di zolfo.
Origine
La maggior parte del petrolio ha origine dal sapropel che si è mescolato a sedimenti argillosi depositati in acque paludose povere di ossigeno. Il sapropel è una melma che si forma nelle paludi e nella quale sono presenti i resti organici di ogni tipo. Quando i resti organici vegetali prevalgono il sapropel da origine con un processo di carbonizzazione in assenza di ossigeno a carboni fossili molto ricchi di gas (carboni sapropelitici). Quando prevalgono organismi animali, soprattutto acquatici da invece origine a rocce madri petrolifiche. I batteri anaerobi presenti nel sapropel con il tempo sottraggono ossigeno alle sostanze organiche che si arricchiscono per riduzione di carbonio, idrogeno, grassi (derivati da proteine e lipidi). Per successiva saponificazione si formano acidi grassi saturi ed insaturi e da questi per azione combinata di pressione e temperatura si formano i vari idrocarburi. La saponificazione consiste nella reazione di idrolisi su composti organici come per esempio esteri e ammidi i quali si scindono in acidi e alcooli nel primo caso e in acidi e ammine nel secondo, e su nitrili con formazione di acidi e ammoniaca. Da grassi ed oli si ottengono su opera di alcali i sali alcalini degli acidi grassi. I lipidi infatti contengono acidi grassi che si dividono in saturi ed insaturi, saturi quando il numero di atomi di carboni nella loro catena lineare è tra 3 e 40 (il numero degli atomi di C è sempre pari), insaturi e ramificati se maggiori. Piccoli giacimenti di petrolio si formano invece dalla distillazione di scisti bituminosi e di carboni, dovuta all'azione di rocce eruttive, come in Natal. Gli scisti sono rocce metamorfiche e sedimentarie facilmente sfaldabili; nel caso particolare sono bituminose e cioè ricche di composti organici ad alto peso molecolare con carbonio all'83%, idrogeno al 10,7%, zolfo al 5,5%, ossigeno al 0,8%. Si forma per polimerizzazione naturale ossidante di residui di petrolio; è nero e fragile ed è usato nell'asfalto. Durante la diagenesi dei sedimenti si costituisce gradualmente una roccia madre petroligena ricoperta, frammentata e compressa dall'accumulo di nuovi sedimenti e dal moto della crosta terrestre. Per diagenesi si intende quel procedimento chimico, meccanico oppure di metasomatismo o autogenesi di sedimenti che sono soggetti a tre fasi: quella iniziale o di deposito in cui il contatto con l'acqua provoca le prime trasformazioni, intermadia o del primo affossamento, che vede la trasformazione della tessitura e della composizione mineralogica, premetamorfica o di affossamento profondo dove dominano la cementazione, l'autogenesi e le trasformazioni mineralogiche. Per metasomatismo si intende una trasformazione chimica di una roccia per scambio esterno di materiale, che avviene tra ioni di fasi cristalline e fase fluida. Le rocce madri sono quindi distillate e gli idrocarburi liquidi e gassosi filtrano attraverso fessure e rocce permeabili fino a quando non trovano la così detta trappola petrolifera, le naturali rocce impermeabili. Gli idrocarburi si accumulano nelle rocce porose (rocce magazzino) occupando le cavità. A volte gli idrocarburi salgono in superficie formando giacimenti di asfalto o rocce bituminose, oppure disperdendosi.
Per la formazione di giacimenti è necessaria la presenza di sedimenti organogeni (rocce madri), di strati di rocce permeabili intorno a questi (rocce magazzino), e la presenza di strati impermeabili intono alle rocce magazzino (trappole petrolifere). Le rocce madri possono trovarsi con quelle magazzino raggruppate in due tipi di serie, quella argillo-sabbiosa interessata dalla orogenesi del carbonifero-perminiano e del miocene-pliocene e quella dei terreni
che sono stati interessati a trasgressioni marine, la serie calcareo-dolomitica. Le trappole petrolifere sono strutture anticlinali, fraglie, domi, lenti sabbiose entro serie argillose; la presenza di queste trappole è fondamentale per la fluidità e la mobilità del petrolio, unica sostanza minerale di origine inorganica ad avere queste due caratteristiche. Queste caratteristiche sono alla base della migrazione e dell'accumulo di petrolio che portano alla separazione del petrolio liquido, dei gas e dell'acqua salata nei giacimenti (fig.1, si notano: a, gli strati geologici; b, il gas; c, l'acqua; d, il petrolio; e, la perforazione) che sono detti: primari, quando la roccia madre è permeabile o esistono lenti (le cavità) piene di petrolio liquido e gas, secondario quando il petrolio e il gas si trovano in strati porosi piuttosto lunghi, di recupero quando il petrolio migrato da rocce magazzino stratifica in altre rocce magazzino ma in pieghe diverse rispetto a quelle che già lo contengono.
Le cavità che presentano gas e petrolio hanno dimensioni non notevoli nella maggioranza dei casi; il petrolio di solito si trova nelle porosità della roccia magazzino e da queste è estratto grazie alla differenza di pressione fra esterno ed interno. I gas si possono trovare dissolti nel petrolio (dissolved gas) oppure sopra questo (gas cap); l'acqua salata, se presente è sempre al di sotto del petrolio.
Nello sfruttamento di un pozzo è importante ricostruire la distribuzione del gas che ha la funzione di permettere la fuoriuscita del minerale allo stato liquido. La pressione delle rocce magazzino e del gas infatti provocano una sorta di distillazione immediata della roccia. Se la pressione dei gas cade si deve portarla al valore originario con mezzi artificiali. La distillazione provoca la compressione e il diminuimento di volume delle rocce magazzino e con il tempo si provocano slittamenti e crolli sotterranei, dovuti al cambiamento morfologico. Per prevenire questi crolli si utilizzano fanghi sotto pressione che mantengono la pressione sotterranea. Per quanto riguarda i periodi in qui si è formato il petrolio si hanno percentuali del 41% di pozzi formati nel neogene (cenozoico), 10% nel paleogene (cenozoico), 16% nel cretaceo, 14% nel permiano, 9% nel carbonifero, e percentuali inferiori nel giurassico, devoniano e siluriano. Quindi il periodo di maggiore sviluppo del petrolio è stato nel cenozoico. I paesi dove si trova più abbondanza di petrolio sono: Kuwait, Arabia Saudita, Iran, USA, Iraq, Iran, Venezuela, Russia, Indonesia, Canada, Africa settentrionale. L'Italia ha piccole riserve in pianura padana e Sicilia. Le riserve sfruttate fino all'84 sono 50 miliardi di tonnellate, il petrolio greggio estratto annualmente è 2 miliardi di tonnellate.
Il petrolio contiene centinaia di idrocarburi, da C1 (metano), a oltre C20 (oltre venti atomi di carbonio), che si possono riunire in tre classi fondamentali: paraffinici a catena lineare e ramificata; naftenici; aromatici, mono e policiclici. Non è possibile in pratica eseguire un analisi qualitativa e quantitativa di un petrolio per caratterizzarlo e fissarne il valore commerciale. Per farlo si usano sistemi semplificativi, per esempio quello della misurazione della densità in gradi API la cui formula spiegata prima si può anche scrivere come: API = (141,5 / G) - 131,5 dove G è la densità del petrolio a 60°F rispetto all'acqua presa alla stessa temperatura. Un secondo modo, detto classificazione sulla base, consiste nel dare la percentuale totale degli idrocarburi delle tre classi, o meglio la percentuale riferita ai prodotti leggeri e a quelli pesanti ottenuti da una distillazione. Altre classificazioni si possono fare con il valore del punto di anilina, o di combustione o di infiammabilità in base ad un parametro k = 3√ TB / G; dove TB è la temperatura di distillazione del petrolio in gradi Rankine ( Gradi Rankine = °F + 460).
Per prospezione si intende tutte le indagini geofisiche e geochimiche atte a trovare giacimenti petroliferi. Prima di tutto bisogna tracciare una mappa geologica della zona per capire se le caratteristiche sono tali da favorire la presenza di petrolio, così nei territori un tempo marini sarà più facile trovare dei giacimenti grazie alla microflora e alla microfauna di depositi che formano il sapropel. L'esplorazione dei giacimenti si fa con i seguenti metodi: il carotaggio, che consiste nel prelevare con diverse sonde campioni di terreno a diverse profondità. Dall'analisi geochimica e geofisica dei campioni si può capire l'età del terreno. Il metodo gravimetrico, basato sulla variazione della forza di gravità da zona a zona in dipendenza della compattezza del terreno; il metodo sismico, che consiste nel provocare piccoli terremoti con cariche esplosive poste a diverse profondità e vedere la compattezza del terreno grazie alle onde acustiche, che sono più veloci più compatto è il terreno. Il metodo magnetico, che misura la variazione di intensità e di direzione del campo magnetico terrestre messe in relazione alla densità e alla natura degli starti del terreno, molto utile per arie vaste, potendo utilizzare il magnetometro, lo strumento di misurazione, anche da un aereo. L'ultimo è il carotaggio elettrico, che verifica la resistività delle rocce con degli elettrodi sonda. Sapendo la resistività del terreno si può arrivare alle sue caratteristiche geofisiche e geochimiche.
L'estrazione del petrolio grezzo (o semplicemente del grezzo) si effettua mediante trivellazione. All'inizio la pressione dei gas interni è sufficiente a portare in superficie il petrolio. Nei casi meno favorevoli o alla fine dell'estrazione è invece utile l'utilizzo di pompe. Un impianto di estrazione è costituito da un incastellatura meccanica chiamata derrick che sostiene una serie di tubazioni di acciaio avvitate l'una sull'altra, con uno scalpello all'estremità inferiore e una testa rotante a quella superiore. Questo insieme di tubi è detto treno di perforazione, è internamente cavo, viene fatto circolare con pompe e fango liquido e torna poi in superficie passando dall'intercapedine tra la parete del pozzo e il treno stesso. Il fango serve per sostenere le pareti del pozzo, lubrificare la testa di perforazione, evitare la fuoriuscita del petrolio. Al treno che inizia con un asta quadra si avvitano spezzoni rotondi. Quando ha raggiunto una certa profondità si cementa alle pareti un tubo di acciaio sul quale si applica un sistema di saracinesche di tenuta e di prelevamento. Giunti alla sacca si perfora ancora per conoscerne la profondità, quindi si ritira il treno si cementa tutta la parete con tubi e si inizia a prelevare. Il grezzo è mandato nel serbatoi di raccolta e dopo decantazione (si separa solido e liquido) è convogliato con oleodotti alle raffinerie o ai depositi costieri per l'imbarco. In mare il derrick poggia su una piattaforma galleggiante e le saracinesche sono su questa piattaforma.
Ecco una tabella con la produzione e il consumo di petrolio:
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STATO |
PRODUZIONE NEL 1995* (milioni di tonnellate) |
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Arabia Saudita** |
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USA |
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CSI |
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Iran** |
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Messico |
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Cina |
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Venezuela** |
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Norvegia |
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Gran Bretagna |
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Emirati Arabi Uniti** |
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Kuwait** |
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Canada |
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Nigeria** |
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Indonesia** |
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Libia** |
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Algeria** |
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Egitto |
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Totale OPEC |
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Totale mondiale |
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* Sono elencate soltanto le produzioni superiori a 45 milioni di tonnellate. |
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** Membri dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC). |
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Fonti: Osservatorio per l'Energia, Conferenza mondiale dell'Energia |
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STATO |
CONSUMO NEL 1995* (milioni di tonnellate) |
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USA |
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Giappone |
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CSI |
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Cina |
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Germania |
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Italia |
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Corea del Sud |
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Francia |
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Gran Bretagna |
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Canada |
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India |
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Totale mondiale |
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* Sono elencati soltanto i consumi superiori a 70 milioni di tonnellate. |
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Fonti: Osservatorio per l'Energia, Conferenza mondiale dell'Energia |
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Lavorazione del grezzo
Essendo una miscela di vari idrocarburi con caratteristiche diverse il petrolio non si presenta subito adatto per essere utilizzato. Ma grazie ad operazioni di separazione, tramite distillazione, si possono separare frazioni detti tagli che possono essere utilizzati in modo omogeneo. Alcuni di questi tagli poi sono trattati chimicamente tramite cracking e reforming, cioè si effettua una conversione, e altri prodotti, soprattutto quelli gassosi, subiscono trattamenti petrolchimici che permettono di ottenere una quantità enorme di prodotti. La prima distillazione del petrolio grezzo (distillazione primaria o topping) permette di separare le sei frazioni principali: gas ed eteri, benzina leggera (o nafta leggera), benzina pesante, cherosene e nafta, gasolio, residuo. La tabella qui sotto indica una caratterizzazione per mezzo dei punti di ebollizione. Con il termine gasolina si intende la frazione con punto di ebollizione tra 60° e 200° contenente idrocarburi da C6 a C12, le benzine leggere e pesanti. I gas di solito vengono liquefatti e poi messi in commercio come combustibili per uso domestico. La frazione gasolina invece viene lavata con soluzioni di soda caustica, deodorata per ossidazione e immagazzinata per essere riunita a quella proveniente da cracking e reforming. La nafta può venire trattata con il platino (platforming). La frazione cherosene-nafta non destinata a questi processi è desolforata per idrogenazione catalitica e usata come Diesel o per impianti di riscaldamento. Il residuo e la frazione gasolio sono sottoposti invece ad una distillazione sotto vuoto che produce un distillato leggero, uno pesante e uno residuo. I primi due subiscono il cracking che li porta al gas di petrolio o alle benzine, oppure quello pesante serve per oli e paraffine. Il residuo da bitumi o asfalti.
Distillazione
La distillazione rappresenta la prima fase della raffinazione del greggio. Il petrolio inizia a vaporizzare a una temperatura leggermente inferiore ai 100 °C: prima si separano gli idrocarburi a più basso peso molecolare, mentre per distillare quelli a molecole più grandi sono necessarie temperature via via crescenti. Il primo materiale che si estrae dal petrolio greggio è la frazione destinata a diventare benzina, seguita dal gasolio e dal cherosene. Nelle vecchie raffinerie, il rimanente veniva trattato con soda o potassa caustica e con acido solforico, e quindi distillato in corrente di vapore, ottenendo oli combustibili e oli lubrificanti dalla parte superiore della colonna di distillazione, e paraffina solida e asfalto da quella inferiore.
Reforming
Reforming è il processo, costituito da una serie di complesse reazioni chimiche, che ha per scopo l'aumento della resa in benzina della distillazione, mediante la scissione delle molecole di frazioni pesanti del petrolio greggio e la loro successiva ricombinazione in molecole di frazioni più leggere. Il passaggio principale del processo di reforming è il cracking, ovvero la rottura dei legami fra atomi di carbonio, con la generazione di radicali alchilici (alchilazione), che a loro volta si ricombinano per isomerizzazione, polimerizzazione e deidrogenazione
L'industria petrolifera si avvale del lavoro di numerosi specialisti, che coprono quasi tutti i campi della scienza e dell'ingegneria. Il gruppo di tecnici e ingegneri che va alla ricerca di pozzi petroliferi comprende sempre anche geologi specializzati nei rilevamenti di superficie, che ricostruiscono la configurazione dei vari strati sedimentari del sottosuolo, ovviamente con lo scopo di trovare indizi di un'eventuale presenza di trappole petrolifere. I geologi studiano le 'carote' prelevate durante le perforazioni, e interpretano i dati trasmessi agli strumenti di registrazione installati in superficie dai dispositivi elettrici, acustici e magnetici calati nel pozzo di trivellazione. I sismologi invece interpretano i segnali trasmessi in superficie dalle onde sonore propagate nella crosta terrestre, mentre i geochimici studiano la trasformazione dei materiali organici e i metodi per rilevare e ipotizzare la presenza di tali materiali nel sottosuolo. Per finire, fisici, chimici, biologi e matematici collaborano al lavoro di ricerca e sviluppo di sofisticate tecniche di esplorazione. Una volta scoperto un giacimento, gli ingegneri petroliferi si occupano della coltivazione. Generalmente essi si specializzano in un ambito di lavoro particolare, come la trivellazione e le attrezzature di superficie, l'analisi petrofisica e geologica del bacino petrolifero, la stima della riserva e la specificazione delle pratiche di coltivazione ottimali, oppure il controllo e la sorveglianza della produzione. L'ingegnere responsabile della trivellazione sovrintende al programma che verrà adottato per trivellare il pozzo petrolifero: specifica il tipo di fango da usare, stabilisce il modo in cui nel pozzo di trivellazione deve essere inserita la tubazione d'acciaio, che servirà a isolare gli strati produttivi da altri strati del sottosuolo, e infine decide il metodo con cui gli strati produttivi saranno coltivati. Un altro ingegnere si occupa del progetto e della realizzazione delle attrezzature da installare in superficie, che comprendono le pompe e i vari impianti di misurazione del giacimento, di raccolta del petrolio coltivato e di riempimento dei serbatoi, di degassificazione e di disidratazione, e le attrezzature di recupero secondario. L'ingegnere petrofisico e i geologi, dopo aver interpretato i dati forniti dall'analisi delle carote e dai vari dispositivi di raccolta dati, mettono a punto la descrizione della roccia del bacino e della sua permeabilità, porosità e continuità. L'ingegnere responsabile della coltivazione vera e propria stabilisce quindi la disposizione e il numero dei pozzi che dovranno essere trivellati, i ritmi di produzione che potranno permettere un recupero ottimale, e la necessità di eventuali tecniche di recupero secondarie. Egli cerca inoltre di determinare la produttività e le percentuali di recupero massime che possono essere ottenute dal giacimento, in termini di tempo, costi operativi e valore approssimato del petrolio greggio estratto. L'ingegnere responsabile della produzione, infine, effettua il monitoraggio dei pozzi, disponendo interventi correttivi come la fratturazione, l'acidificazione, l'approfondimento, la regolazione dei rapporti gas-petrolio o acqua-petrolio, e qualsiasi altro intervento che migliori il rendimento economico del giacimento.
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