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Appunti scientifiche |
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Finora gli atomi sono stati presi in considerazione come entità isolate; ma in natura gli atomi sono solitamente legati ad altri, in unità più complesse che, se aggregate fra loro, costituiscono quello che percepiamo macroscopicamente come 'materia', le sostanze.
Queste sono chiamate sostanze elementari o elementi se costituite da atomi tutti uguali chimicamente (compresi perciò anche gli isotopi) oppure composti se costituite da due o più atomi diversi tra loro.
In moltissimi composti e in alcuni elementi gli atomi sono organizzati in gruppi discreti (cioè distinguibili l'uno dall'altro), eguali fra loro, formati da due o più atomi: questi sono chiamati molecole; talvolta, se gli atomi sono tenuti assieme da forze elettrostatiche, non è possibile distinguere gruppi discreti dato che ogni ione è legato (con legame di tipo ionico) a molti altri ioni contemporaneamente.
Le sostanze vengono identificate da simboli detti formule chimiche; questi simboli non sono espressioni astratte ma, per convenzione, rappresentano e distinguono tra loro sostanze specifiche.
La 'formula' è uno dei risultati delle elaborazioni che, nella storia della chimica, hanno portato al perfezionamento della microlingua chimica, un linguaggio estremamente sofisticato, forse il più sofisticato, astratto e formalizzato tra i linguaggi scientifici, ed anche uno dei più significanti poiché si riferisce ad oggetti concreti che, mediante la 'formula' vengono descritti in molte loro caratteristiche.
Per capire quale progresso abbia portato la 'formula' chimica come noi ora la intendiamo, si pensi che, fino alla metà del '700, si usavano simbologie estremamente oscure, che solo gli 'addetti ai lavori' potevano comprendere. Esistevano molte 'tavole', che si potrebbero considerare come pagine di dizionari, che specificavano il significato del simbolo usato. Alcune di esse, tratte dalla raccolta di Planches della Encyclopédie di Diderot e d'Alembert, sono rappresentate nella figura che segue.
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Fig. 12.1 Tavole in uso comune fino ai tempi di Dalton. Le varie sostanze erano rappresentate non mediante formule chimiche (anche perché, delle sostanze, non si conosceva realmente la composizione), ma mediante simboli più o meno fantastici, spesso di origine alchemica. La simbologia era però abbastanza codificata e utilizzata in modo diffuso da chi operava nel settore. Per esempio, nella tavola I i primi due simboli in alto a sinistra rappresentano l'acciaio (acier), gli ultimi due in basso a destra ciò che si ottiene per distillazione del vino (esprit de vin). |
Le formule attuali hanno invece un significato assolutamente universale e la loro 'lettura', se effettuata con sufficienti requisiti di conoscenza di tipo chimico, acquista significati che al profano possono risultare assolutamente incomprensibili. La comunità scientifica dei 'chimici' si riconosce appunto nell'uso di questo 'linguaggio' codificato che permette una comunicazione biunivoca e condivisa da tutti, un linguaggio che quasi tutte le discipline scientifiche (biologia, ecologia, geologia, medicina, farmacia, agraria etc.) debbono utilizzare se non vogliono limitarsi ad un approccio solo qualitativo e descrittivo dei fenomeni e degli oggetti delle loro ricerche.
Le formule chimiche possono essere di vario tipo (un approfondimento sui vari tipi di formule si può trovare nel capitolo sulle isomerie):
La formula minima indica solo il rapporto di combinazione tra gli atomi (per es.: CH2O).
La formula molecolare indica anche il numero dei singoli atomi che costituiscono la molecola (per es.: C2H4O2).
La formula di struttura indica inoltre come gli atomi sono legati fra loro e dà perciò indicazioni sul comportamento chimico della molecola (per es.: CH3COOH, acido acetico); solo a questo punto possiamo sapere di che molecola si tratta e talvolta neppure questo è sufficiente.
Le reazioni chimiche sono rappresentazioni simboliche e sintetiche che si presentano come equazioni in cui, a sinistra, compaiono le formule dei reagenti, (stato iniziale), a destra, quelle dei prodotti (stato finale).
Una reazione generica può venire espressa, per esempio, con l'espressione:
a A + b B → c C + d D
o con l'equazione:
a A + b B = c C + d D
in cui a, b, c, d sono i coefficienti stechiometrici, rispettivamente, di A, B, C, D, nella reazione (cioè il numero di unità minimo con cui ogni molecola compare: può essere a=1, b=2, c=1, d=1, ma non a=2, b=4, c=2, d=2, perché in questo secondo caso i coefficienti non sono primi tra loro).
L'equazione è la rappresentazione schematica della trasformazione chimica reale: la dizione 'reazione chimica' si usa per indicare sia la reazione reale sia la sua rappresentazione 'algebrica'. La reazione scritta simbolicamente rappresenta però sempre un fatto sperimentale; perciò non bastano criteri algebrici per scriverla: occorrono criteri chimici.
Le reazioni chimiche comportano la rottura di legami e la formazione di nuovi legami; questo significa che avviene una trasformazione reale di sostanze in altre.
Essendo anche equazione algebrica, il numero e il tipo di atomi a sinistra devono essere eguali anche a destra. Si parla perciò di bilanciamento dell'equazione chimica: questo, chimicamente, significa che vale la legge della conservazione della materia.
A seconda del tipo di sostanze e degli atomi in gioco potranno esistere varie tipologie e varie gradazioni di legame.
I legami più importanti per i chimici sono, al limite, il legame ionico e il legame covalente, ma con la possibilità di tutte le situazioni intermedie tra i due tipi.
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