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Le Soluzioni




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Le Soluzioni


Con soluzione si intende un sistema omogeneo costituito da due o più componenti.

Le soluzioni possono essere liquido-liquido, liquido-solido, solido-solido, solido-gas, solido-liquido. Le soluzioni di cui noi ci interesseremo sono quelle liquido-liquido e solido-liquido e solamente a due componenti.

Nelle soluzioni liquido-liquido si definisce solvente quel componente che nella soluzione è presente in quantità maggiore; si definisce invece soluto quel componente che è presente in quantità minore.

Nelle soluzioni liquido solido il solvente è quel componente che nel passare allo stato di soluzione non cambia le sue proprietà fisiche; il soluto invece è quel componente che nel passare allo stato di soluzione cambia le sue proprietà fisiche.

Soluzioni liquido-solido

Per parlare di soluzioni liquido-solido dobbiamo intanto definire il concetto di solubilità.

Con solubilità di un soluto in una soluzione si intende la quantità massima di soluto (in grammi g o in moli n) che riesce a sciogliersi nell'unità di solvente. La soluzione si dice satura quando presenta il massimo possibile di soluto. Ad esempio la solubilità del cloruro

di sodio NaCl è di 300 g/l, cioè l'acqua si satura con 300 g di NaCl. Sol 80 g/l

Come possiamo osservare se aumentiamo la temperatura ella soluzione

la solubilità del cloruro di sodio aumenta fino ad arrivare a 800 g/l

alla temperatura di 100°C. Se volessimo di nuovo far passare il     30 g/l

cloruro di sodio allo stato solido basta far raffreddare la soluzione:

se essa si raffredda molto lentamente allora si formerà un unico

cristallo di cloruro di sodio molto compatto e di forma gradevole; 25°C 100°C t°C

se invece si fa raffreddare molto velocemente l'NaCl si solidificherà sotto forma di polvere.

Al contrario invece col solfato di Sodio Na2SO4 la solubilità diminuisce all'aumentare della temperatura.


Ma come si esprime la concentrazione di una soluzione liquido-solido?

Vi sono delle proprietà fisiche quali la percentuale peso su litro (% P/L), la percentuale peso su volume (% P/V) e la percentuale volume su volume (% V/V).

In chimica invece per esprimere la concentrazione di una soluzione si usano le cosiddette unità chimiche: la molarità, la molalità, la frazione molare e la normalità.

Frazione Molare

Con frazione molare si intende il rapporto tra il numero di moli di un soluto e il numero di moli totali della soluzione.

Xa = __na__ = __na__ Xb = __nb__ = __na__

na + nb ntot na + nb ntot

Come si può notare la somma delle frazioni molari di una soluzione è uguale a 1, ossia:

Xa + Xb = 1

Molarità

Con molarità M si intende il numero di moli di soluto presenti in 1 litro di soluzione.

M = _n_

L

Ad esempio vogliamo calcolare i g di Acido nitrico HNO3 presenti in 50 ml di soluzione 0,5 Molare.

Facciamo così la proporzione: se 0,5 moli di acido nitrico sono presenti in un litro di soluzione, allora x moli di acido nitrico devono stare in 50 ml di soluzione:

0,5 : 1 = x : 0,050

ossia il numero di moli di HNO3 presenti in 50 ml di soluzione è n = 2,5 10-2, ed essendo i grammi uguali al prodotto tra le moli e il peso molecolare, l'HNO3 in una soluz. 0,5 molare pesa 150 10-2 g.

Molalità

Con molalità si intende il numero di moli di soluto presenti in 1 Kg di solvente puro.

Prendiamo ad esempio il cloruro di sodio NaCl. Mettiamo 58 g di cloruro di sodio nel fondo di un matraccio vuoto; successivamente riempiamo il matraccio con un kg (cioè 1 L) di acqua: la soluzione ottenuta non arriverà più nel segnale del matraccio (corrispondente a un litro), ma arriverà più in alto. Quindi la molalità di questa soluzione è il rapporto tra il numero di moli del soluto e la massa in Kg del solvente.

Normalità

Prima di parlare della normalità di una soluzione dobbiamo parlare del peso equivalente di una molecola. In un elemento il peso equivalente è uguale al rapporto tra il peso atomico e il volume. Nelle basi il peso equivalente è uguale al rapporto tra il peso molecolare e il numero di ossidrili OH presenti nel composto. Negli acidi il peso equivalente è uguale al rapporto tra il peso molecolare e il numero di atomi di idrogeno H sostituibili nella reazione.

Ad esempio il peso equivalente dell'acido solforico H2SO4 è:

PE = PM/nH = 98/2 = 49 g

Dell'acido nitrico è:

PE = 63/1= 63

L'acido fosforico, essendo un acido monoprotico, sostituisce solo un atomo di H e quindi il suo peso equivalente è:

PE = PM/nH = 98/1

Il peso equivalente in una reazione di ossidoriduzione è uguale al rapporto tra il peso molecolare e il numero di elettroni scambiati dall'elemento nella reazione:

HMnO4 + KOH KMnO4 + H2O numero di elettroni scambiati = 1 PE=PM/ne = 158/1= 158

Acidi

PE = PM/nH

Basi

PE = PM/nOH

Ossidoriduzione

PE = PM/n di e scambiati


Con normalità quindi si intende il numero di grammiequivalenti presenti in un litro di soluzione.

Ad esempio per sapere quanti g di Acido solforico presenti in una soluzione 1 normale dobbiamo fare:

PE = PM/2 = 98/2= 49

Cioè in una soluzione 1 normale ci sono 49 grammiequivalenti di di Acido solforico.

Se prendiamo una soluzione 1 molare in cui sono presenti 98 g di acido fosforico, la molarità è:

M = 98/1 = 98

PE = PM/3 = 98/3 = 32,3

Ossia in un litro di soluzione sono presenti 32,3 grammiequivalenti di acido fosforico. Quindi esiste un rapporto tra la molarità e la molarità di 1M=3N.

Possiamo così esprimere una regola generale che mette in rapporto la molarità e la molalità.

M = N num di H presenti              N = M/ num di H presenti

Proprietà Colligative di una soluzione

Le cosiddette proprietà colligative sono delle proprietà proprie di una soluzione che non dipendono dalla concentrazione, ma dal numero di particelle presenti nella soluzione.

Esse sono quattro:

Tensimetria (tensione di vapore)

Ebullioscopia (punto di ebollizione)

Crioscopia (punto di gelo)

Pressione osmotica (comportamento di una soluzione all'interno di una particolare membrana detta membrana semipermeabile)

Tensimetria

Prendiamo come esempio un contenitore chiuso con all'interno dell'acqua a 25°. Nello spazio al di sopra dell'acqua ci sono particelle di acqua allo stato di vapore.

Questo sistema giunge all'equilibrio quando si ha:

H2O(l) H2O (v)

Ossia, quando dopo un certo tempo il numero di    Vapore

molecole che diventano gas è uguale al numero

di molecole che tornano allo stato liquido, si ha        

l'equilibrio. Questo quindi non è un equilibrio

statico, ma un equilibrio dinamico.      Acqua

La pressione che il vapore esercita sul manometro

Sul recipiente è detta tensione di vapore dell'acqua

A 25°C. La tensione di vapore si ha anche con un

blocco di ghiaccio in un recipiente, perché anch'esso

può sublimare e creare vapore. Quindi, tutte le tensioni di vapore dell'acqua a qualsiasi temperatura sono state tabulate mettendo un blocco di ghiaccio in un recipiente immerso in un termostato e facendo innalzare pian piano la temperatura. Questa tabella però non aveva valori intermedi tra i gradi (cioè ad esempio dava la tensione di vapore dell'acqua a 24° e a 25°, ma non la dava di 24,5°), e quindi era poco utile. Molto più utile invece un grafico studiato successivamente, detto diagramma di stato dell'acqua che rappresenta i tre stati di aggregazione dell'acqua in un unico grafico. Esso è:

P

curva di fusione

Diagramma di 760 torr L                curva di ebollizione

stato dell'acqua

S campo di esistenza

4,58 torr                                                                           

punto triplo

campo di esistenza

G


curva di sublimazione campo di esistenza







0,01°C                                           100°C t°C

Tutti i punti delle curve (di sublimazione, di fusione e di ebollizione) indicano la pressione e la temperatura dell'acqua in un quello specifico cambio di stato. Nel punto triplo si hanno tutti e tre gli stati contemporaneamente (il caso del ghiaccio fondente) e si hanno 4,58 torr di pressione e 0,01°C.

Possiamo così definire il punto di ebollizione come il punto in cui la Tensione di Vapore raggiunge la pressione atmosferica.

Definiamo invece grado di Varianza V il numero di parametri che si possono variare senza alterare la fase del sistema (senza quindi che il corpo passi da uno stato all'altro di aggregazione).

Nel caso dell'acqua la Varianza V=2 in quanto ci sono solo due parametri, la pressione p e la temperatura t. Nei punti delle tre curve invece la Varianza V=1 in quanto se dovessi prendere una pressione p differente si avrebbe il passaggio di stato. Nel punto triplo invece, non essendoci nessuna scelta, la varianza è nulla, quindi V=0. Possiamo quindi scrivere:

V = C - F +2

In cui C è il numero di componenti del sistema, F è il numero di fasi in cui si trova il corpo.

Diagramma di riscaldamento

Possiamo abbinare il diagramma di stato dell'acqua a un altro tipo di grafico detto di riscaldamento, in cui sono espresse la temperatura nell'asse delle ordinate e la quantità di calore su tempo data o sottratta. Poniamo di avere un pezzo di ghiaccio a -60°C:

Diagramma di riscaldamento

P



100°C passaggio di stato V=1

1 atm

0°C passaggio di stato

V=1


-60°C


Calore latente di vaporizzazione

 

Calore latente di fusione

 
-60°C 0° 0,01°C Q/T



Come si può notare se forniamo al blocco di ghiaccio una certa quantità di calore esso raggiungerà temperature sempre più alte fino a quando raggiungerà i 0°C. Come si può osservare nel diagramma di riscaldamento alla temperatura di 0°C, continuando a fornire calore, la temperatura rimarrà costante per un certo tempo (nel grafico si ha un plateau), poi ricomincerà a salire. La temperatura è rimasta costante perché in questo lasso di tempo tutto il ghiaccio ha cambiato fase passando dallo stato solido allo stato liquido. Possiamo quindi definire il Calore latente di Fusione come la quantità di calore necessaria per far passare tutto il corpo dallo stato solido allo stato liquido (se si tratta di una mole di ghiaccio si parla di calore latente molare).

Continuando a somministrare una certa quantità di calore, si raggiungerà la temperatura di 100°C in cui si avrà un altro plateau, in cui l'acqua passerà dallo stato liquido allo stato gassoso. Anche qui la temperatura rimane costante per tutto il tempo del passaggio di stato, quindi possiamo definire il Calore latente di vaporizzazione come la quantità di calore necessaria affinché tutte le particelle del liquido passino allo stato di vapore (se si tratta di una mole di liquido si chiama calore latente molare).

Possiamo quindi definire l'evaporazione come il passaggio allo stato gassoso delle particelle di liquido sulla superficie del liquido.

Definiamo invece ebollizione come il passaggio allo stato gassoso delle particelle di tutto il liquido.

Legge di Raoult

Per quanto riguarda la proprietà colligativa della Tensimetria, Raoult studiò la relazione tra le pressioni, in un recipiente, dei componenti puri e le pressioni parziali.

Infatti ponendo con p°A la tensione di vapore di A allo                  pA pB

stato puro, con p°B la Tensione di vapore di B allo stato puro, p°A

con Xa la frazione molare di A nella soluzione, Xb la frazione                       ptot= p°A Xa + p°B Xb

molare di B nella soluzione, egli trovò che:            

pA = p°A Xa             pB = p°B Xb pA= p°A Xa                                                                                                                                             p°B

da cui :              ptot = p°A Xa + p°B Xb          

che rappresenta la Legge di Raoult nelle soluzioni liquido liquido pB=p°B Xb

Essa è rappresentata in un grafico chiuso in cui sulle ascisse vi                         

sono le frazioni molari dei componenti della soluzione, mentre Xa=1 Xb=1

nelle ordinate vi sono le pressioni parziali dei componenti.


Possiamo quindi definire soluzione ideale qualsiasi

soluzione che obbedisce alla Legge di Raoult.

La soluzione ideale però è una nozione limite, in quanto è p°A

Rarissimo che A e B abbiano la stessa entità.

Questo di scostamento dalla Legge di Raoult può essere ptot p°B

rappresentato sul grafico con una linea curva

al posto delle linee rette, deviata positivamente o                                                                      

negativamente a seconda che il passaggio allo stato pB pA

di vapore dei due componenti allo stato puro sia più Xa Xb

facile o più difficile di quello della soluzione stessa.                                                                             

Vediamo ora se avendo una miscela portata a ebollizione il vapore ha la stessa composizione del liquido (ossia se è con la stessa percentuale, nella soluzione, dell'elemento puro).

Abbiamo una soluzione a due componenti in cui le frazioni molari e le pressioni parziali sono:

Xa=0,5 Xb=0,5 p°A=800 torr p°B=200 torr

Quindi la pressione totale della soluzione è:

ptot = pA + pB = 800 0,5 = 400+100 = 500 torr

Per trovare la pressione di uno dei componenti trasformati a vapore utilizziamo la Legge di Dalton:

pA = ptot X'a              X'a= pA/ptot = 400/500 = 0,8

X'b = 1-0,8 = 0,2

Quindi il vapore non ha mai la stessa composizione del liquido.

Se volessi quindi calcolare approssimativamente la frazione molare di un componente fatto diventare gas, conoscendo la frazione molare che egli aveva nella soluzione, basta rappresentare le due curve (quella delle temperatura di ebollizione della soluzione a seconda delle frazioni molari e quella che rappresenta le frazioni molari dei due componenti vaporizzati) nel diagramma di stato della soluzione: composizione gas

Teb                                                     Teb t°C A

Vapore

X'b Xb B


V+L


X'a Xa Liquido



Xa=1 0,25 0,5 Xb=1 -Q/t





Composizione liquido

Il precedente grafico è un diagramma di stato a due componenti e viene rappresentato in parallelo un grafico in cui è rappresentata l'andatura della temperatura sottraendo del calore. Notiamo che dal punto b, cioè il punto corrispondente alla liquefazione del vapore, vi è un cambiamento di pendenza da parte della retta, cioè il raffreddamento è più lento: ciò avviene perché il sistema cambiando di stato emette calore, disturbando la mia opera di raffreddamento.

Miscela Azeotropica

Le miscele azeotropiche sono particolari soluzioni in cui il liquido ha la stessa composizione del gas.


Rappresentazione

di una

Miscela Azeotropica






Legge di Raoult per le soluzioni liquido-solido

Per le soluzioni liquido-solido, essendo la tensione di vapore di un solido circa uguale a zero, la legge di Raoult può essere scritta:

p = p°A Xa p°B


Vediamo ora come varia la concentrazione della soluzione nelle soluzioni liquido-solido:

p = p°A (1-Xb)            p = p°A - p°A Xb p°A - p = p°A Xb

Il primo membro rappresenta la tensione di vapore del solvente puro, mentre il secondo membro rappresenta la tensione di vapore della soluzione. Si ha quindi che aggiungendo il soluto si ha un abbassamento della tensione di vapore rispetto al solvente puro.


Possiamo ricavare anche una formula utile per la risoluzione degli esercizi:

Dp = p°A nb__ Dp = p°A gB_ soluto

na + nb MB______

_gA_ + _gB_ soluzione

MA MB

Nelle soluzioni diluite, cioè non concentrate, il rapporto gB/MB può essere trascurato perché è molto più piccolo del solvente. Avremo quindi che la variazione della tensione di vapore è uguale a:

Dp = _gB_ _MA_

MB gA

Ebullioscopia e Criscopia

Vediamo ora come varia la temperatura di ebollizione al variare della concentrazione della soluzione. Nell'acqua questo punto è a 1 atm e a 100°C. Partiamo quindi dal diagramma di stato dell'acqua per poi poter tracciare le curve di soluzioni più concentrate.

P


1 atm C(H2O) C1 C2

A B C


L D

S E



G


0 0°C-x-y 0°C-x 0°C t°C 100°C 100+x 100+x+y

Vediamo quindi che viene confermata la Legge di Raoult, in quanto più aumenta la concentrazione della soluzione, più aumenta la temperatura di ebollizione. Questa temperatura può essere calcolata. Infatti se osserviamo i 2 triangoli ACE e ADB essi per il Teorema di Talete hanno i cateti proporzionali:

AB:AC = AD:AE

Ossia, essendo AB= Dtc1, AC=Dtc2, AD=Dpc1, AE=Dpc2, avremo

Dtc1 : Dtc2 = Dpc1 : Dpc2


Quindi le differenze di temperatura di ebollizione sono proporzionali alle differenze di pressioni.

Dt Dp

Siccome noi sappiamo che la differenza di pressione è proporzionale alla frazione molare del soluto (XB = gb/Mb Ma ga), avremo:

Dt = k _gb_ MA_

MB ga

Se moltiplico e divido per 1000 avremo:

Dt = k _gb_ MA_

MB ga 1000

Se ora inglobo il 1000 al numeratore e il termine MA nella costante K, essa dipenderà quindi dal solvente. Possiamo quindi scrivere che la differenza di temperatura di ebollizione tra la soluzione e il solvente è:

Dt = Keb  gb

MB ga

Possiamo anche ricavare una formula più pratica. Infatti se abbiamo i grammi del soluto gb, i grammi del solvente ga e volessimo trovare la molalità avremo:

nb = _gb_

MB

Quindi possiamo scrivere la proporzione:

(gb/MB) : ga = m : 1000

m = _gb

ga MB

Come si nota la formula per trovare la molalità è uguale a quella per trovare la differenza di temperatura di ebollizione, quindi possiamo scrivere:

Dt = Keb m

Dt m

L'espressione precedente può essere scritta:

Tebsoluzione - Tebsoluto = Keb m

Quindi la costante di ebollizione Keb dipende dalla natura del solvente. Per l'acqua questa costante è Keb = 0,52. Le dimensioni di questa costante sono:

Keb = Dt = ____°C____ = °C Kg mol-1

m n Kg-1

La costante di ebollizione di una soluzione quindi si può trovare facilemnte realizzando una soluzione unomolale.


Per quanto riguarda la Crioscopia, cioè quella proprietà colligativa che studai il punto di congelamento di una soluzione. Il ragionamento è identico a quello fatto precedentemente per la temperatura di ebollizione: infatti il punto di congelamento dell'acqua è a 0°C e a 1 atm di pressione, mentre in una soluzione più concentrata C1 il punto di congelamento è 0°C-x, ossia è minore (bisogna avere temperature più basse). A sua volta un'altra soluzione più concentrata C2 congelerà ad una temperatura ancora più bassa. Si ha quindi un abbassamento del punto di congelamento rispetto al punto di congelamento del solvente puro. Le relazioni che legano questa differenza di temperatura sono le stesse, ma cambia la costante che qui è detta costante crioscopia Kcr:

Dt = Kcr  gb Tcongsoluzione - Tcongsoluto = Kcr m

MB ga

Pressione Osmotica

Prima di parlare della pressione osmotica dobbiamo definire uno strumento fondamentale per la sua determinazione: la membrana semipermeablie. Questa membrana semipermeabile è un tipo di membrana organica che per sua propria caratteristica, se immersa in una soluzione, lascia passare solamente il solvente: il passaggio di questo solvente viene detto osmosi (è da notare che attraverso la membrana semipermeabile passa solo il solvente e non il soluto.

Questa membrana semipermeabile può essere paragonata a un setaccio molecolare, ossia fa passare le molecole piccole, mentre non fa passare le molecole di dimensioni più grandi. Ma non è esattamente così: infatti anche con un soluto avente particelle più piccole del solvente passava sempre solo il solvente attraverso questa. Si parla così di solubilità della soluzione.

Prendiamo ad esempio un contenitore in cui sono messi a strati dell'etere, dell'acqua e del cloroformio CHCl3.


Etere

Parzialmente solubili tra loro

Acqua

Insolubili tra loro

Cloroformio



In questo caso l'acqua si comporta come una membrana semipermeabile: infatti si nota che si trova dell'etere in cloroformio, ma non si trovava del cloroformio in etere (l'etere è solubile in acqua mentre il cloroformio non è solubile in acqua).

In definitiva non esiste una vera spiegazione sul funzionamento della membrana semipermeabile in quanto alle volte passa anche il soluto attraverso questo, tuttavia questa membrana ci permette di introdurre il concetto di pressione osmotica (ultima proprietà colligativa delle soluzioni).

Prendiamo ora un recipiente diviso in 2 da una membrana semipermeabile in cui da una parte vi è dell'acqua miscelata con del boro B, mentre dall'altra c'è dell'acqua pura (solvente puro).


Dh

H2O B

H2O H2O


H2O B


H2O H2O


H2O H2O


6H2O 3H2O


Come si può notare la pressione esercitata dalle 6 molecole d'acqua del solvente puro è maggiore della pressione che esercitano le 3 molecole d'acqua della soluzione: si verrebbe così a formare un innalzamento Dh del livello della soluzione che viene equilibrata dalla pressione detta pressione osmotica p dovuta al peso di questa colonna di liquido.

Definiamo così pressione osmotica p la pressione che si dovrebbe esercitare sulla soluzione per evitare che ci sia osmosi, ossia il passaggio di solvente attraverso la membrana semipermeabile, e quindi l'innalzamento della soluzione.





Colui che mise in relazione la pressione osmotica e la concentrazione della soluzione fu Van't Hoff.

Infatti egli ipotizzò che la pressione osmotica è uguale alla pressione che avrebbe esercitato il soluto se allo stato gassoso alla stessa temperatura avrebbe ovvupato lo stasso volume V della cella osmotica:

pV = nRT

Essendo il volume V espresso in litri L e n espresso in moli, portando V al primo membro si ha il rapporto n/v che rappresenta la molarità M, ossia la concetrazione della soluzione.

p = MRT p= CRT p = gB RT

mB V



Quindi in una cella osmotica in cui vi sono due soluzioni avremo che il solvente puro passerà dalla soluzione più diluita alla soluzione più concentrata.

Inoltre due soluzioni che hanno la stesa concentrazione si dicono soluzioni isotoniche; la soluzione che rispetto a un'altra ha una maggiore concentrazione si dice ipertonica; la soluzione che rispetto a un'altra ha una minore concentrazione si dice ipotonica.


In definitiva le 4 proprietà colligative e le rispettive espressioni caratteristiche sono:


Tensimetria

Dp = p°A XB

Ebullioscopia

Dteb = keb m

Crioscopia

Dtcong = kcr m

Pressione Osmotica

p = CRT





Esaminiamo ora 4 sostanze quali il Glucosio C6H12O6, l'acido cloridrico HCl, il cloruro di sodio Na Cl e il tetracloruro di carbonio CCl4. Se mettiamo queste quattro sostanze in acqua, le prime tre si sciolgono in essa, mentre la quarta no.

Analizziamo per primo proprio il tetracloruro di carbonio CCl4 e la sua struttura atomica:

Cl


C


Cl Cl Cl

 

Come si può notare la molecola del tetracloruro di Carbonio è apolare

in quanto tutte le cariche ricadono sul carbonio C: la molecola quindi è

neutra. Ecco spiegato perché essa non si scioglie in acqua: essendo

infatti la molecola dell'acqua assimilabile a un dipolo, essa non riesce

a sciogliere e quindi a separare gli atomi che compongono una

molecola neutra.

O


C H


CHOH


CHOH


CHOH


CHOH


CH(OH)2

  Analizziamo invece ora il caso del glucosio C6H12O6: come sappiamo esso si scioglie in acqua e questo perché il glucosio è una molecola leggermente polare.

Infatti il glucosio allo stato solido è impacchettato

regolarmente, ma se noi lo immergiamo nell'acqua (che come

già detto è assimilabile a un dipolo), le sue molecole si staccano

tra loro dando luogo alle molecole in soluzione. Possiamo così

dire che il glucosio è una sostanza non elettrolitica in quanto dà

luogo a soluzioni con distaccamento di molecole.

Se analizziamo l'acido cloridrico HCl, anch'esso si scioglierà in

acqua perchè anch'esso è una molecola polare. Infatti l'acqua

fa rompere il legame tra l'idrogeno H e il cloro Cl, ionizzando le

due molecole: questa quindi è una sol elettrolitica perchè da luogo               

a ioni. H-----Cl

Analizzando invece la molecola del cloruro di Sodio notiamo che gli atomi di Na e Cl sono già ionizzati, quindi l'acqua ha solo il compito di dissociare la molecola. Questa quindi è una soluzione elettrolitica.

Na----Cl



Soluzioni elettrolitiche

In definitiva quindi definiamo sostanza non elettrolitica una sostanza che in soluzione con acqua dà luogo a molecole, mentre definiamo sostanza elettrolitica una sostanza che in soluzione con acqua dà luogo a ioni.

Le sostanze, le proprietà colligativa finora analizzate sono valide solamente per le sostanze non elettrolitiche. Vediamo ora di analizzare le proprietà delle sostanza elettrolitiche.

I soluti si dividono in elettroliti forti che sono sostanze che messe in acqua si dissociano completamente, ed elettroliti deboli che sono sostanze che disciolte in acqua si dissociano solo parzialmente. Vediamo ora come riconoscere queste due categorie di soluti.

Per quanto riguarda gli ACIDI c'è una regoletta che non è da seguire scrupolosamente, e che non è dimostrata, ma è una formula derivata da calcoli sperimentali. Prendiamo come esempio 4 acidi che hanno componenti l'idrogeno, l'ossigeno e il cloro. Sperimentalmente si nota che essi sono:

HClO 1

Debolissimo

HClO2 2

Debole

HClO3 3

Forte

HClO4    4

Fortissimo

Osserviamo quindi la loro struttura:

Acido ipocloroso HClO d d

Cl---O---H

In soluzione con acqua l'acido ipocloroso deve rompere i legami tra il ClO- e l'H+, ed essendo le cariche parziali molto piccole essi si staccano facilmente, quindi possiamo dire che l'acido ipocloroso è un soluto molto debole.

Acido Cloroso HClO2

Qui si hanno tre atomi fortemente Cl

elettronegativi che si rifanno alle spese d d

dell'idrogeno H. In questo caso quindi il    O O--H

legame è un po' più debole e quindi si ha che l'acido cloroso è un elettrolita un po' più forte dell'acido ipocloroso, ma pur sempre debole.

Acido clorico HClO3

Qui si ha che il legame tra l'idrogeno e l'O Cl

è ancora più debole perché la carica parziale d d

della molecola è ancora più grande di         O O O--H

quella che aveva l'acido clorico, quindi definiamo l'acido clorico un elettrolita forte.

Acido perclorico HClO4

O--H


Cl


O O O

  L'acido perclorico è un elettrolita molto forte in quanto alla piccola

carica parziale positiva dell'idrogeno corrisponde una grande carica

parziale negativa del resto della molecola.


Da questi quattro acidi possiamo trarre una formulata generale: infatti se si

guarda la precedente tabella, si nota che la debolezza e la forza di un soluto

dipendono dalla differenza tra gli atomi di Ossigeno O e gli atomi di Idrogeno H.

Quindi usando come scala questa degli acidi del cloro possiamo sapere se un qualsiasi acido è un soluto debole o un soluto forte. Prendiamo l'esempio dell'acido Fosforico H3PO4: essendo la differenza tra gli atomi di ossigeno e gli atomi di idrogeno uguale a 1, l'acido fosforico è un elettrolita debole.


Gli unici acidi che sfuggono a questa regoletta sono gli idracidi che non contengono atomi di ossigeno, ma che essendo solo 6 possono essere facilmente classificati.

HF

Debolissimo

HCl

Forte

HI

Forte

HBr

Forte

H2S

Debolissimo

HCN

Debolissimo

L'acido Fluoridrico è un elettrolita debolissimo in quanto tra l'atomo di idrogeno e l'atomo di fluoro c'è un legame idrogeno che impedisce lo sciogliersi del legame.

Un altro acido che può sfuggire alla regoletta è l'acido acetico CH3COOH che è un acido monoprotico ed è un elettrolita debole.


Per quanto riguarda le BASI invece la classificazione è semplice: infatti tutte le basi con elementi del 1° e del 2° gruppo, tranne l'idrossido di Berillio Be(OH)2, sono elettroliti forti, mentre tutte le altre basi sono elettroliti deboli.

Per quanto riguarda i SALI essi sono tutti elettroliti forti.


Dissociazione

Prima di continuare a parlare delle soluzioni elettrolitiche è bene parlare di dissociazone di una soluto quando questo viene a contatto con dell'acqua.

Acidi

HNO3 + H2O H+ + NO3+ cioè si mette una carica positiva all'idrogeno e tante cariche negative ai restanti atomi del composto quanto è la sua valenza.

HSO4 H+ + HSO4- HSO4- H+ + SO4-

Facciamo Invece un esempio di dissociazione graduale:

HSO3 H+ + HSO3- H+ + SO32-

Basi

Per dissociare le basi invece basta mettere sopra ogni elemento dissociato tante cariche quanto è la propria valenza:

Ca(OH)2 Ca2+ + 2OH-

Be(OH)2 Be2+ + 2OH-

Sali

Per dissociare I sali basta mette il metallo con tante cariche positive quanto è la sua valenza e al residuo omogeneo tante cariche negative quanto è la sua valenza.

Na2SO4 2Na+ + SO42-

Fe2 (SO4)3 2Fe3+ + (SO4)2-


Conducibilità

Altra proprietà essenziale nelle soluzione elettrolitiche è la conducibilità. Nelle soluzioni elettrolitiche essa avviene tramite passaggio di massa. Per la legge di Ohm noi sappiamo che la resistenza di un materiale è direttamente proporzionale alla lunghezza di esso e inversamente proporzionale alla sua sezione e la costante di proporzionalità è detta resistività e dipende solo dalle caratteristiche del materiale:

R = r l/s = ohm

Possiamo quindi introdurre una nuova grandezza detta conducibilità L che è uguale all'opposto della resistenza, ossia:

L = 1_ = c s_

R l

In cui c è detta conducibilità specifica o conduttanza del materiale ed è uguale alla conducibilità di un volume di soluzione compreso in un cubo di sezione uguale a 1 cm2 e di spigolo uguale a un cm.

La conducibilità può essere studiata solamente in un circuito alimentato da corrente alternata in cui lo ione si sposta e da questo spostamento è possibile studiare la conducibilità del materiale.

Quindi la conducibilità in una soluzione elettrolitica è data da alcuni fattori:

Una soluzione più concentrata conduce meglio l'elettricità perché ci sono più conduttori ionici.

Altro fattore importante che influenza la conducibilità è la carica dello ione.

Un altro fattore importante che condiziona molto la conducibilità è la mobilità ionica che dipende da due fattori: la grandezza dello ione e il grado di solvatazione. Ogni ione in una soluzione è solvatato, ossia è circondato dai dipoli del solvente a secondo della carica dello stesso ione; la solvatazione dipende dal rapporto carica/massa dell'elemento: ad esempio il rapporto carica massa del litio è maggiore di quello del potassio e quindi esso ha attorno un campo elettrico maggiore del potassio. Lo ione Litio Li+ quindi avrà due sfere di solvatazione, ossia i dipoli solvente si disporranno attorno allo ione su due file. In definitiva quindi la mobilità del Litio è minore di quella del potassio K.

La temperatura è un altro fattore importante, perché aumentando questa diminuisce al viscosità della soluzione.

Un apparecchio che ci permette di misurare la conducibilità di una materiale è il ponte di Kohlrausch che è formato da un circuito diviso in due semicircuiti di diverso materiale con 3 resistenze e un condensatore alimentate da una corrente alternata. All'interno di questo circuito c'è un detector che individua le relazioni tra il passaggio di corrente in un semicircuito e l'altro.

Per misurare la conducibilità di una soluzione ci sono delle celle dette celle di conducibilità che sono costruite in modo che nella provetta contenente la soluzione ci siano anche due elettrodi.

Altro concetto fondamentale per studiare la conducibilità di una conduzione è la conducibilità equivalente Le definita come la conducibilità presente in un volume di soluzione in cui è sciolto i grammoequivalente di elettrolita

Quindi avendo una soluzione 0,1 N molale per calcolare la conducibilità equivalente basta moltiplicare la conducibilità specifica (ossia quella riscontrata in un cm3) per 10.000, in quanto 1m3 = 10.000 cm3.

Non è però necessario fare tutto questo procedimento. Infatti per la definizione di molalità possiamo scrivere la seguente proporzione:

0,1 grammiequivalenti: 1000 (1 L) = 1 (1 gE) : Ve (volume equivalente)

Essendo Ve= 1000/N avremo:

Le c Ve = c

N

Allo stesso modo possiamo introdurre la conducibilità molare, intesa come la conduzione presente in un volume di soluzione in cui è disciolta una mole di soluto.

Lm c

M







Vediamo ora il fenomeno della conducibilità negli elettroliti forti e in quelli deboli.

Negli elettroliti forti appena si mette corrente nella

soluzione molte coppie di ioni cominciano a dissociarsi Le

fino ad arrivare un punto in cui non ci sono più particelle

da dissociare e quindi la conducibilità equivalente rimane

costante, mentre aumenta il volume. Si ha quindi il seguente

grafico:

Viene quindi spiegato il fenomeno delle coppie ioniche.

Ad esempio in una soluzione molto concentrata di NaCl c'è la possibilità che gli ioni si 1/C (diluizione)

riaccoppino per riformare il sale neutro, sale che all'inizio non partecipa, ma che se viene diluito comincerà a partecipare alla dissociazione.

Negli elettroliti deboli, come ad esempio nell'acido acetico CH3COOH, si ha:

Le

CH3COOH CH3COO- + H+

elettroliti forti



elettroliti deboli





1/C

Come si vede la curva dell'elettrolita debole tende asintoticamente alla curva degli elettroliti deboli e quindi la diluizione completa si avrà all'infinito,quindi si avrà L

Se invece guardiamo un grafico della conducibilità specifica in        c

funzione della concentrazione vediamo che quando la soluzione

diventa troppo concentrata si formano le coppie accoppiate che

diminuiscono la conducibilità.


C'è però una legge detta Legge di migrazione indipendente degli ioni

che trova il L senza bisogno di diluire all'infinito. Infatti ogni ione

che costituisce l'elettrolita partecipa in maniera k alla conduzione della           C

soluzione.

LNaCl Lna+ LCl

LHCl LH+ LCl

LCH3CONA LCHECOOH LNa+

LCH3COONA+ LHCl LNaCl LCH3COO- LNa+ LH LCl- LNa+ LCl

LCH3COO- LH+ L CH3COOH

cioè abbiamo sommato gli ultimi due termini e sottratto a questi il primo, riuscendo ad ottenere la conducibilità equivalente uguale a dell'acido acetico.

Se volessimo ora trovare il grado di dissociazione dell'acido acetico possiamo scrivere la proporzione:

L CH3COOH L CH3COOH a

a L CH3COOH

L CH3COOH

Proprietà Colligative delle soluzioni elettrolitiche

Per le proprietà colligative delle soluzioni elettrolitiche bisogna parlare di termini correttivi: infatti prima esse dipendevano dalla concentrazione e non dal numero di particelle. Il termine correttivo è detto coefficiente di Van't Hoff e si indica con i.

Ad esempio il numero di particelle è:

ntot = no[1+a n

In cui no è il numero di moli iniziali, a è il grado di dissociazione e n è il numero di particelle a cui da luogo la dissociazione. Il termine correttivo i quindi è quello all'interno delle parentesi quadre.

Per gli elettroliti forti il grado di dissociazione a=1, quindi la pressione osmotica per le soluzioni elettrolitiche è:

p = cRT[1+n-1] = cRTn

Quindi ad esempio per il solfato di alluminio il termine correttivo è:

Al2 (SO4)3 2Al+++ + 3SO4-

i = n

Quindi la pressione osmotica p del solfato di alluminio è 5 volte più piccola degli elementi dissociati.

Si definisce quindi valore teorico della proprietà colligativa il valore della stessa ottenuto senza tener conto delle dissociazioni.

Il termine i di Van't Hoff si può trovare anche in un altro modo: infatti se si calcola la pressione osmotica di una soluzione sperimentalmente si vede che essa differisce dalla pressione osmotica di un certo valore.

psper a =_i - 1_

pteor n

Quindi il termine a rappresenta il grado di dissociazione per le soluzioni elettrolitiche deboli.

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