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Impianto a Biogas




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Impianto a Biogas

Biogas

Con il termine biogas si intende una miscela di vari tipi di gas (per la maggior parte metano, dal 50 al 80%) prodotto dalla fermentazione batterica in assenza di ossigeno, dei residui organici provenienti da rifiuti, vegetali in decomposizione, carcasse in putrescenza, liquami zootecnici o di fognatura. L'intero processo vede la decomposizione del materiale organico da parte di alcuni tipi di batteri, producendo anidride carbonica, idrogeno molecolare e metano (metanizzazione dei composti organici).

Tecnologie produttive

Il biogas si forma spontaneamente negli accumuli di materiale organico. Le discariche di rifiuti urbani ne sono quindi grandi produttori, visto che normalmente il 30-40% del rifiuto è appunto materiale organico; tale gas deve essere captato per evitarne la diffusione nell'ambiente.

Sono state sviluppate tecnologie ed impianti specifici che, tramite l'utilizzo di batteri in appositi 'fermentatori' chiusi, sono in grado di estrarre grandi quantità di biogas dai rifiuti organici urbani e dal letame prodotto dagli allevamenti intensivi, o anche dai liquami di fognatura. Il gas metano prodotto in questo processo può essere quindi utilizzato per la combustione in caldaie da riscaldamento o nel motore a combustione interna, producendo calore e/o elettricità.

Esistono varie tipologie di impianti di produzione di biogas indirizzati a trattare matrici organiche differenti, liquide o solide. Le caratteristiche principali di un impianto sono il sistema di miscelazione matrici all'interno del fermentatore/digestore, il caricatore di matrici solide e il sistema di filtrazione del biogas prodotto.

Gli impianti di biogas idonei al trattamento di matrici prevalentemente solide sono chiamati 'a secco' e cioè non hanno bisogno di liquami per il loro funzionamento. In questo caso l'acqua necessaria al processo è legata all'umidità del materiale utilizzato per alimentare l'impianto. Il gas metano prodotto in questo processo può essere quindi utilizzato per la combustione in caldaie da riscaldamento o nei motori a scoppio. Quest'ultima applicazione ha trovato buon successo in Paesi del centro Europa quali Svizzera, Germania, Svezia ecc., e in via sperimentale anche in Italia, costituendo una delle più concrete promesse nel campo della mobilità eco-sostenibile.

Vantaggi nell'us del biogas

La CO2 prodotta dalla combustione del metano così ricavato permette quasi di pareggiare il bilancio dell'anidride carbonica emessa in atmosfera: infatti la CO2 emessa dalla combustione del biogas è la stessa CO2 fissata dalle piante (o assunta dagli animali in maniera indiretta tramite le piante), al contrario di quanto avviene per la CO2 emessa dalla combustione dei carburanti fossili. Ulteriore vantaggio ecologico nell'utilizzo del biogas, è quello di impedire la diffusione nella troposfera del metano emesso naturalmente durante la decomposizione di carcasse e vegetali: il metano è infatti uno dei gas-serra più potenti ed è quindi prevedibile la sua degradazione in CO2 e acqua per combustione. L'emissione di 1 kg di CH4, in un orizzonte temporale di 100 anni, equivale ad emettere 21 kg di CO2.

Vi e anche però la presenza di alcuni svantaggi, perché infatti sul piano economico le spese che si devono sostenere sono elevatissime e la manutenzione richiesta da un impianto del genere è di notevole importanza.

Discussione  sulla spesa

Il guadagno medio di un impianto di biogas è di circa 200.000€ l’anno, in base all’energia prodotta. Il suo mantenimanto però richiede ingenti spese di manutenzione senza il contributo statale sarebbe pressochè impossibile mantenerle un impianto del genere esclusivamente con la produzione annuale.                                 

I contributi dallo stato vengono concessi per poter stimolare, all’interno della comunità, il desiderio di aumentare il proprio reddito attraverso la produzione di energia pulita. Questo gioverebbe sia alle tasche dei produttori sia allo stato; in un accordo stipulato il 29-4-1998, detto “Protocollo di Kyoto”infatti, l’Italia si impegnò, insieme ad altri 160 paesi, a diminuire l’emissione  di sostanze inquinanti e a cominciare a produrre tipologie di energie rinnovabili; ciò induce a pensare quindi che lo stato stia concedendo questi contributi per incrementare la produzione di energia elettrica per evitare il pagamento di un’ammenda per il mancato raggiungimento della produzione del 20 % di energie rinnovabili.

E se lo stato cessasse la distribuzione di contributi? Come farebbero i cittadini a mantenere un impianto del genere? E l’impianto ha vita infinita? Il costo per lo smaltimento, stimato sul milione, dove verrà reperito una volta cessato il funzionamento dell’impianto? Queste sono domande riscontrate da varie fonti a cui forse solo lo stato può rispondere.

www.energeticambiente.it

Non vi sono però solo lati negativi ;lo smaltimento di sostanze come le effluenti delle fogne o delle scorie prodotte da allevamenti, possono essere smaltite in maniera sicura e incrementando la produzione di energia pulita,. Questo però deve essere fatto con una certa attenzione al rischio inquinamento e alla natura.


Biogas

Gas ottenuto dalla 'Biodigestione' di liquami di scarto e che ha un buon contenuto di Metano, e che quindi è combustibile; la parte combustibile può arrivare al 70% del totale.




Fonti di biogas

Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani (F.O.R.S.U.)

Liquami provenienti da allevamenti ed Aziende Agricole

Scarti da industrie alimentari

ecc..

Energia Ottenibile

Con impianti di una certa dimensione (ad es. 100 mc/giorno) si possono ottenere indicativamente :

  • circa 1000 kW Elettrici
  • altrettanti Termici per impianti di teleriscaldamento e applicazioni similari (Cogenerazione)

Regime Tariffario

Questa energia essendo da fonti rinnovabili è considerata 'pregiata' e quindi gode di regimi economici privilegiati per la sua immissione nella rete elettrica pubblica (Certificati Verdi) Dlgs 387/2003.
 

















Indicazioni del Biogas fonti www. Biogasitalia.it

Impianto da 100 kW elettrici
su allevamento bovino

Impianto da 1000 kW elettrici su
allevamento suino, scarti vegetali, ecc

Energia da biomasse

Il termine biomassa viene utilizzato per indicare materiale organico

( prevalentemente di origine vegetale ), nel quale l’ energia solare si è accumulata grazie al processo di fotosintesi clorofilliana.

Oltre alla legna ricavata dalle foreste (la più tradizionale delle biomasse), si utilizzano i residui delle coltivazioni agricole (paglia, lolla di riso, pula di grano), gli scarti delle lavorazioni nel settore alimentare (gusci, noccioli ,ecc.), quelli della lavorazione del legno (segatura, trucioli), le deiezioni animali delle aziende zootecniche  e i rifiuti solidi urbani.

Si possono anche coltivare piante a crescita rapida per uso energetico, sia pluriennali (come il pioppo, il salice , l’eucalipto ), sia annuali (come la canna da zucchero, il cardo, la barbabietola, il girasole e la colza).

L’ utilizzazione delle biomasse per fini energetici non contribuisce all’effetto serra, poiché la quantità di anidride carbonica rilasciata durante la decomposizione, sia che essa avvenga naturalmente, sia per effetto della conversione energetica, è equivalente a quella assorbita durante la crescita della biomassa stessa. Non vi è, quindi, alcun contributo netto all’aumento del livello di CO2 nell’atmosfera.

Alcune tecnologie di conversione energetica sono già abbastanza sviluppate e possono essere utilizzate a livello industriale, altre sono a livello sperimentale.                           www. Itabia.it

Tipi di combustione


Vi sono vari tipi di processi che possono essere utilizzati per la produzione di sostante combustibili:


  1. La combustione diretta di residui di coltivazioni agricole, effettuata in opportune caldaie, è utilizzata per il riscaldamento, anche se un impianto a biogas è solitamente utilizzato per produrre energia elettrica pulita.

  1. Fermentazione alcolica di materiale vegetale pretrattato (soprattutto da canna da zucchero), per produrre sia bioetanolo sia ETBE ( etere utilizzabile per la combustione data la sua composizione di alcool), che possono essere utilizzati come biocarburanti per automezzi sia puri sia mescolati a benzina.

L’ etanolo è usato soprattutto in Brasile, ma ora vi stanno investendo anche Stati Uniti e Europa.

Benché tale carburante sia tanto osannato nei circoli ambientalisti, ultimamente un ricercatore americano ha affermato che bruciare etanolo è, in realtà, una minaccia alla salute pubblica. Produce sostanze pericolose e fa aumentare la quantità di ozono nella bassa atmosfera.


  1. Per spremitura o estrazione con solventi si produce biodiesel (un olio combustibile utilizzato per  l’autotrasporto e gli impianti di riscaldamento) da piante oleose come la colza, il girasole e la soia.

Informazioni aggiuntive www.biogasenergia.it


Nel nostro Paese le biomasse sono bruciate negli inceneritori. Si tratta soprattutto di rifiuti urbani, smaltiti attraverso la combustione ad alta temperatura (incenerimento), che dà come prodotti finali un effluente gassoso, ceneri e polveri.

Negli impianti più moderni, chiamati termovalorizzatori, il calore sviluppato durante la combustione viene recuperato per produrre vapore, poi utilizzato per la produzione di energia elettrica o come sistema di riscaldamento alternativo ( teleriscaldamento ).

I termovalorizzatori presenti sul territorio italiano sono 52: la maggior parte al Nord e solo 8 al Sud. Il dibattito sulla loro convenienza economica, sull'efficienza e soprattutto sul loro impatto ambientale è sempre vivo.

E’ da notare che solo in Italia viene considerata totalmente rinnovabile l'energia prodotta dalla termovalorizzazione, mentre l’ UE considera rinnovabile solo la parte organica dei rifiuti (ovvero gli scarti vegetali).

Tale posizione è condivisa da gran parte dei movimenti ambientalisti, secondo i quali deve essere eliminata la produzione di l'energia derivante dai rifiuti solidi urbani, in quanto questi sono prodotti anche con materie prime fossili o prodotti sintetici non biodegradabili.

In Europa, a differenza dell’ Italia, gli inceneritori stanno progressivamente lasciando spazio alla raccolta differenziata e alla riduzione del rifiuto alla fonte. Negli Stati Uniti non si possono più costruire. Infatti, nonostante i sistemi di depurazione, gli inceneritori disperdono prodotti inquinanti nell’ atmosfera.

L’alternativa migliore sembra essere la tecnologia della pirolisi.

Tale tecnica consiste nel bruciare rifiuti in completa assenza di ossigeno, utilizzando temperature comprese tra 400 e 800°C. Tuttavia, ad oggi non si è ancora raggiunto un livello dei prodotti sufficientemente adeguato.



I processi biochimici di digestione in mancanza di ossigeno di deiezioni animali, rifiuti organici civili e industriali, a opera di microrganismi, producono biogas

( soprattutto metano), utilizzabile come biocombustibile. Esso fa funzionare un semplice motore, al quale è collegato un generatore di corrente elettrica.

Sfruttando il biogas, per esempio, in Svezia è stato realizzato un treno ( composto da un solo vagone ) i cui motori sono alimentati con scarti di macelleria.                               www.wikipedia.org


Funzionalità pratica di un impianto a biogas


Fasi del processo: Il trattamento di separazione meccanica delle frazioni liquide dai solidi grossolani è quasi sempre necessario e serve per eliminare dal liquame le parti non biodegradabili nei tempi tecnici di digestione previsti, quali ad esempio i residui vegetali ed il pelo, che tendono ad affiorare per effetto della risalita del biogas ed a formare sulla superficie del liquame una crosta di materiale cellulosico intrecciato, che occupa volume utile e può provocare a lungo tempo intasamenti del digestore. La frazione solida separata a monte del digestore potrà essere compostata o accumulata e portata come concime sui terreni agricoli, mentre la frazione liquida, ricca di sostanze organiche, alimenterà il digestore, di norma a sezione trasversale rettangolare, a uno o più canali paralleli. La digestione anaerobica dei liquami è ottenuta all’interno di un apposito digestore mediante l’attività di batteri capaci di frantumare le molecole complesse con la formazione di metano, anidride carbonica, acqua e idrogeno         solforato.

Le suddette attività biologiche sono condizionate da vari fattori quali: il pH, la temperatura ed il tempo di permanenza del liquame nel digestore. Al diminuire della temperatura di digestione in particolare è necessario garantire un tempo di permanenza del liquame nel digestore più elevato. Rispettando queste condizioni, le rese energetiche dell’impianto raggiungono ottimi risultati in qualsiasi stagione. Per operare in condizioni termicamente controllate le pareti del digestore devono essere opportunamente isolate e l’interno del digestore è riscaldato e mantenuto ad alla temperatura di processo da uno scambiatore di calore posto in prossimità del fondo, realizzato con tubazioni in acciaio inossidabile nelle quali è fatta circolare acqua calda prodotta dalla combustione del biogas in cogenerazione.

Il biogas prodotto è raccolto direttamente nella parte superiore del digestore mediante una copertura a cupola gasometrica ed eventualmente altre coperture             raccogligas.







La membrana più interna delle cupola ha il compito di racchiudere il biogas in una camera a contatto con il liquame, quella intermedia è in contatto con l’esterno lungo i bordi laterali ed evita che il biogas possa eventualmente miscelarsi con l’aria contenuta nel volume racchiuso tra la membrana intermedia e quella più esterna, che rimane sempre gonfia.
La camera dell’aria è mantenuta in pressione da una centralina di controllo e da valvole che, aggiungendo o sfogando aria, mantengono il biogas sempre alla pressione di 200 mm H2O, indipendentemente dalla quantità di biogas contenuto. In tal modo l’alimentazione dei bruciatori è regolare e la membrana esterna è sempre tesa, con gli immaginabili benefici nei confronti di        vento, acqua o neve.

Il sistema di copertura a membrana pressostatica conferisce inoltre i seguenti vantaggi:

  • evita la costruzione separata di un gasometro;
  • semplifica la manutenzione del digestore, essendo facilmente rimovibile;
  • assicura un elevato grado di coibentazione della sommità del digestore;
  • è adattabile a vasche esistenti;
  • consente di immagazzinare il biogas già alla pressione di utilizzo dei bruciatori, evitando l’installazione di compressori per il gas;
  • è resistente a neve e vento;
  • rende possibile una gestione più flessibile degli utilizzatori di biogas grazie all’elevato volume racchiuso;
  • favorisce infine la deumidificazione del gas contenuto, soprattutto nei mesi più freddi, mediante la condensa dell’acqua a contatto della parete della cupola.

Attraverso una apposita condotta collegata con la copertura raccogligas del digestore, il gas prodotto e recuperato è avviato ad un impianto di cogenerazione, che bruciando il biogas produce energia elettrica e calore. Parte del calore prodotto viene recuperato ed utilizzato mantenere in temperatura il digestore. Infine il liquame in uscita dal digestore, ormai stabilizzato e deodorizzato, sarà accumulato in uno o più bacini di stoccaggio in attesa dell’utilizzazione agronomica.





Schema di sistema

Vi sono varie imprese di notevole importanza, in tutto il mondo, che producono inpianti di questo genere.

Alcune di esse sono: 1) Meri

2) Thoeni

3) Ittigen

4) Reidermoos


E altre..

Oltre alle ditte di progettazione di questi impianti, c’è la necessità, durante l’istallazione di questi impianti, di imprese o aziende con competenze specifiche nell’istallazione di impianti e tubazioni di trasporto di liquami e altre sostanze, per evitare cosi intasamenti o problemi durante la produzione di elettricità.






L’inizio della produzione di questi impianti, e della ricerca di nuovi fonti di energia inizio quando nei primi anni ’70 la popolazione si rese conto che il petrolio era il bene più prezioso dell’umanità e che fino a quel giorno se ne era usuffruito in maniera eccessiva. Questo scatenò molte polemiche ma stimolò anche molti ingenieri nella ricerca di qualche sostanze sostituibile al petrolio. Questo problema non toccò tutti fino a quando non arrivò il “crash” che si attendeva già da tanto tempo.

La crisi energetica del 1973 infatti fu dovuta principalmente ad un'improvvisa e inaspettata interruzione del flusso dell'approvvigionamento di petrolio dai paesi appartenenti all'Opec (Organization of the Petroleum Exporting Countries) ai Paesi importatori dell'oro nero. In quegli anni infatti la situazione mediorientale era incandescente: i Paesi arabi non avevano ancora riconosciuto il diritto dello Stato di Israele ad esistere.

Nell'ottobre del 1973 l'esercito egiziano attaccò Israele da sud, ovvero dalla penisola del Sinai, contemporaneamente con quello siriano che attaccò invece da nord, dalle alture del Golan. Israele si trovò in grave difficoltà durante i primi giorni della guerra, ma dopo i primi momenti di smarrimento iniziale, l'esercito israeliano risultò vincente su entrambi i fronti, tanto da minacciare Il Cairo. La guerra finì dopo una ventina di giorni con la proclamazione di un cessate-il-fuoco tra le due parti. Durante i combattimenti Egitto e Siria furono aiutati e supportati dalla quasi totalità dei Paesi arabi e anti-americani, mentre Israele fu appoggiato da Stati Uniti e dei Paesi europei. È per questo motivo - punire l'Occidente per la sua politica filo-israeliana - che i Paesi Arabi appartenenti all'Opec bloccarono le proprie esportazioni di petrolio verso questi paesi.

Questo processo portò all'innalzamento vertiginoso del prezzo del petrolio, che in molti casi aumentò più del triplo rispetto alle tariffe precedenti. I governi dei Paesi dell'Europa Occidentale, i più colpiti dal rincaro del prezzo del petrolio, vararono provvedimenti per diminuire il consumo di petrolio e per evitare gli sprechi. In Italia il governo, presieduto da Mariano Rumor, varò un piano nazionale di “austerity economica” per il risparmio energetico che prevedeva cambiamenti immediati: il divieto di circolare in auto la domenica, la fine anticipata dei programmi televisivi, la riduzione dell'illuminazione stradale e commerciale. Le cosiddette 'domeniche austere'. Insieme a questi provvedimenti con effetti immediati, il governo impostò anche una riforma energetica complessiva con la costruzione, da parte dell'Enel, di centrali nucleari per limitare l'uso del petrolio.

In Europa Occidentale la crisi energetica portò anche alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento, che diede anche risultati positivi: la Norvegia trovò sui fondali del mare del Nord nuovi giacimenti petroliferi. Ci fu poi un forte interesse, come già detto, verso nuove fonti di energia, alternative al petrolio, come il gas naturale, l'energia atomica, l’energia eolica, l’energia idrica, l’energia da biomasse e l’energia solare per cercare di limitare l'uso del petrolio e quindi anche la dipendenza energetica dai Paesi detentori di ques’ultimo. Infatti si diffuse la consapevolezza della fragilità e della precarietà del sistema produttivo occidentale, le cui basi poggiavano sui rifornimenti di energia da parte di una tra le zone più instabili del pianeta. E le conseguenze della crisi energetica non tardarono a manifestarsi anche sul sistema industriale, che infatti non conobbe più i tassi di crescita registrati nei decenni precedenti. Negli Stati Uniti la situazione fu meno problematica, data la minor dipendenza energetica dai Paesi Arabi produttori di petrolio. Nell'Europa dell'Est gli effetti della crisi furono gravi, perché mancavano i soldi per trasformare e modernizzare gli impianti industriali, che cominciarono lentamente a decadere.

Per quanto riguarda invece i Paesi arabi detentori dell'oro nero, le conseguenze della crisi energetica furono positive perché le entrate degli Stati aumentarono in maniera considerevole, anche se spesso questa maggiore disponibilità finanziaria non portò considerevoli vantaggi alla popolazione. Per esempio tra Iran e Iraq, due Paesi produttori di petrolio, scoppiò una guerra con gravi lutti per la popolazione civile. Ma questi combattimenti posero fine anche alle alte tariffe petrolifere perché L’Arabia Saudita e altri Paesi dell'Opec aumentarono l'estrazione di petrolio e quindi il prezzo del greggio diminuì. La “crisi energetica del 1973” poteva dirsi conclusa.

La crisi energetica cambiò certamente la mentalità della popolazione su alcuni importanti temi. Si diffuse una maggior consapevolezza dell'instabilità del sistema produttivo e si rivalutò l'importanza del petrolio, che non fu più visto come l'unica fonte di energia possibile. Con la crisi energetica del 1973 cominciarono ad entrare nel vocabolario comune nuove parole come ecologia, risparmio energetico ecc..simboli del cambiamento del modo di pensare delle persone.

www.crisimondiale ’73.it

La valutazione di impatto ambientale

Un impianto a Biogas per poter essere in regola con il d.lgs. 152/2006 deve avere una dichiarazione di compatibilità ambientale. Infatti su di essa deve essere svolta una valutazione di impatto ambientale nella quale o lo stato, o la regione, a seconda degli enti presi in considerazione o dell’importanza o della grandezza del progetto, dovrà valutare i progetti e altri fattori, che elencherò più avanti, per poter rilasciare un permesso che consenta l’inizio dei lavori per portare a termine il progetto. Infatti senza questo permesso non è consentito fare nulla perché è la prima cosa che viene richiesta qual’ora ci si stia accingendo a portare a termine progetti di grandi opere, o di impianti che rientrano nell’elenco del codice dell’ambiente:

impianti industriali

industrie estrattive

energie ( centrali nucleari, impianti biogas, centrali elettriche, ecc)

infrastrutture di trasporto

impianti di regolazione delle acque

impianti per lo smaltimento dei rifiuti

allevamenti

Per poter richiedere una concessione alla regione o al ministero per la V.I.A bisogna presentare,  insieme al progetto, una serie di documenti che possano dare la possibilità all’ente di capire le intenzioni del committente. Per poter fare ciò deve essere consegnato anche:

L’individuazione di misure idonee a contrastare i possibili effetti negativi causati sull’ambiente

L’individuazione degli effetti rilevantisul patrimonio culturale e sull’ambiente dopo la realizzazione dell’opera

La descrizione delle alternative prese in considerazione dal proponente

La valutazione del rapporto costi e benefici.

Una volta che l’impatto ambientale è stato reputato idoneo, allora il proponente dell’opera lo deve comunicare alle autorità competenti. Su questo argomento anche i cittadini devono essere informati. Per dare la possibilità a chiunque di poter avere un idea della questione, il promotore deve fare pubblicare sulla stampa un annuncio contenente l’indicazione dell’opera, la sua localizzazione e una piccola descrizione del progetto che dovrà poi essere successivamente consegnata anche alla regione. Ad esso deve essere allegato anche una piccola descrizione in linguaggio non tecnico per dare la possibilità a tutti i cittadini di consultarla facilmente.

Un volta consegnato l’insieme di informazioni necessarie per il rilascio del certificato, l’autorità competente ha a disposizione 90 giorni per prendere una decisione. Sulla base delle conclusioni date dalla commissione, il ministero dell’ambiente potrà o meno rilasciare una dichiarazione di compatibilità ambientale che darà iniziono ai lavori.

Libro di diritto “ambiente e territorio”

www.biomasseschweiz.ch

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