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Supernove, stelle di neutroni e buchi neri




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Supernove, stelle di neutroni e buchi neri


Non tutte le stelle diventano nane. Le stelle molto grandi, considerevolmente più massive del nostro Sole, sono abbastanza calde da bruciare elio e altri elementi senza diventare giganti rosse. All'interno di una stella di questo tipo, l'elio si fonde in carbonio e alla fine in silicio e ferro. Quando tutta la materia stellare si è trasformata in ferro, il processo di fusione si interrompe brusca­mente e la stella non può più generare la pressione necessaria per controbilanciare la sua gravità, subendo un collasso gravitazionale totale. In una frazione di secondo, la stella crolla in un primo momento su se stessa, creando nuovi tipi di materia super-com­pressa, e poi rimbalza in un'esplosione incredibile: una supernova.








Le supernove sono rare, fortunatamente. Rilasciano così tanta energia che, se ne scoppiasse una a distanza inferiore a dieci o venti anni-luce dalla Terra, gli effetti sulla vita quaggiù potreb­bero essere disastrosi. Abbiamo resoconti storici di tre superno­ve osservate all'interno della nostra Galassia (ma sufficiente­mente lontane da non porre in pericolo i terrestri), il più recen­te dei quali risale al 1604. Una di queste esplosioni, che avven­ne quasi mille anni fa, lasciò alle sue spalle un residuo, la famo­sa Nebulosa del Granchio. La supernova del Granchio era così brillante che poteva essere vista facilmente non solo di notte, ma anche durante il giorno.

Durante un'esplosione di supernova, anche se una parte della stella viene scaraventata nello spazio, molto materiale stellare rimane intatto. Questo materiale residuo diventa o una stella di neutroni o un buco nero, a seconda della sua massa. Una stella di neutroni è un oggetto incredibilmente compresso con una massa più grande del nostro Sole, ma un diametro dell'ordine di 30 chi­lometri. Non si riuscirebbe mai a comprimere la materia ordina­ria a una tale densità. I protoni negli atomi sono carichi positiva­mente e quindi si respingono quando vengono avvicinati. Questa repulsione impedisce alla materia ordinaria di raggiungere tali compressioni estreme dovute alla gravità o ad altre forze. Per esempio, la gravità della Terra non è in grado di comprimerla a una dimensione minore di quella che ha, proprio per via della sua resistenza. Le stelle di neutroni, però, sono così massive che la gravità può obbligare i protoni e gli elettroni a stare insieme, distruggendosi a vicenda, lasciando solamente dei neutroni. Dal momento che i neutroni non hanno carica elettrica, la materia che rimane può essere compressa fino a densità enormi. Un fram­mento di stella di neutroni della dimensione di qualche centimetro cubo peserebbe di più di un blocco di ferro della dimensio­ne di 100000 grattacieli come l'Empire State Building. Questo è il significato del vuoto all'interno dell'atomo.

Le stelle di neutroni non solo sono molto più dense di una tipica stella, ma ruotano anche molto più velocemente. Se il nostro Sole ruota su se stesso circa quindici volte l'anno, una tipica stel­la di neutroni può ruotare centinaia o migliaia di volte al secon­do. Le stelle di neutroni ruotano così energicamente, per la stes­sa ragione per cui un pattinatore ruota più velocemente quando raccoglie le braccia intorno al corpo. Una legge fon­damentale della fisica afferma che, in assenza di forze esterne rotazionali, il momento angolare di qualunque corpo, sia una stel­la che un pattinatore, deve rimanere costante. Il momento ango­lare è essenzialmente il prodotto tra la distanza di una massa da un asse dato e la velocità con la quale gli ruota intorno. Quindi, quando un pattinatore raccoglie le braccia intorno al corpo - ovve­ro la distanza della sua massa dal centro diminuisce - la legge di conservazione predice che ruoterà più velocemente. Ana­logamente, quando una stella collassa e diventa più concentrata, ruota molto più velocemente di prima.






Se la stella è ancora più pesante, perfino questa materia inte­ramente di neutroni non sarà in grado di resistere alla forza della propria gravità e continuerà a collassare, diventando un oggetto bizzarro noto con il nome di buco nero. Il concetto di buchi neri ha una lunga storia, che comincia perlomeno a partire dal XVIII secolo, quando un geologo inglese chiamato John Michell dimo­strò che se un oggetto era sufficientemente massivo e denso, la gravità sarebbe diventata così forte che perfino la luce non sareb­be potuta sfuggirgli. Michell chiamò questo ipotetico oggetto «stella oscura».


Anche se le sue stelle oscure erano davvero un'idea intri­gante, Michell non aveva gli strumenti necessari per sviluppar­la appieno. La descrizione della gravità nel XVIII secolo (la teo­ria di Newton) non era in grado di esprimere le condizioni alle quali le «stelle oscure» di Michell potevano esistere. Un ogget­to di questo tipo è semplicemente troppo denso e la sua gravità troppo intensa per poter applicare la teoria di Newton. Le leggi newtoniane della gravitazione, anche se descrivono con grande successo le orbite dei pianeti e i moti dei corpi che incontriamo nell' esperienza quotidiana, hanno i loro limiti. Ci sarebbe volu­ta la rivoluzione scientifica rappresentata dalla teoria della rela­tività di Einstein per cogliere il funzionamento interno di un buco nero.


Nel 1915, Albert Einstein pubblicò la sua teoria della rela­tività generale. Con questa dimostrò che la gravità non era sem­plicemente la forza che teneva insieme le masse, come aveva pensato Newton, ma era piuttosto una conseguenza della geo­metria dello spazio e del tempo, ovvero dello spazio-tempo. Lo spazio-tempo di Einstein, un concetto ricavato dalla preceden­te teoria della relatività speciale, era una combinazione delle tre dimensioni dello spazio insieme a una quarta dimensione, il tempo. La teoria della relatività speciale dimostrava che quello che a un osser­vatore appariva come un oggetto che si muoveva nello spazio poteva essere percepito come un moto attraverso il tempo, o una qualche combinazione di tempo e spazio, da un osservato­re con un diverso punto di vista. Diversi osservatori potrebbe­ro misurare distanze diverse tra gli tessi due punti nello spa­zio e nessuno dei due sbaglierebbe.

Secondo le leggi della fisica newtoniana, gli oggetti che sono liberi dall' influenza di forze come la gravità si muovono sem­pre lungo linee rette. Un altro modo di dire la stessa cosa è che il cammino più breve tra qualsiasi coppia di punti fra i quali viaggia un oggetto sarà proprio la traiettoria dell'oggetto. La nuova teoria di Einstein, invece, diceva che questo non era vero in senso stretto nello spazio, ma piuttosto nello spazio-tempo. Quando non sono presenti né la gravità né altre forze, il cam­mino più breve nello spazio-tempo, chiamato geodetica, è iden­tico alla linea retta predetta dalla teoria di Newton. Quando, invece, sono presenti grandi quantità di massa o di energia, la geometria dello spazio-tempo diventa curva, o distorta, e le geo­detiche lungo le quali viaggiano gli oggetti vengono modifica­te. La curvatura, che causa il cambiamento delle traiettorie degli oggetti in presenza di massa o energia, è ciò che noi conoscia­mo come forza di gravità. 






Nel 1916, poco dopo la pubblicazione di Einstein della sua teoria generale della relatività, l'idea delle stelle oscure venne rispolverata dall'astrofisico tedesco Karl Schwarzschild. Egli scoprì, utilizzando le equazioni di Einstein, che, se una massa fosse sufficientemente concentrata, la gravità non ren­derebbe semplicemente più difficile la fuga degli oggetti dalla sua attrazione, ma del tutto impossibile. Schwarzschild presentò la sua soluzione alle equa­zioni di Einstein e l'esistenza della soluzione implicava che i buchi neri erano possibili, ma certamente non significava che esistessero davvero.

Per creare un buco nero, una quantità enor­me di massa deve essere imprigionata in un volume minusco­lo. Per esempio, per comprimere la Terra abbastanza da farla diventare un buco nero, dovreste farla entrare in una sfera con un raggio di circa un centimetro, mentre una stella con la massa del nostro Sole dovrebbe essere schiacciata in un oggetto con un raggio di pochi chilometri. Vista l'ovvia difficoltà di fare qualcosa del genere, anche dopo che venne dimostrato che le equazioni di Einstein permettevano la possibile esistenza di buchi neri, la maggioranza degli astrofisici pensava che fosse improbabile che i buchi neri esistessero davvero. Molti soste­nevano che tali densità non si potevano mai raggiungere in natura, o che le equazioni di Einstein non si potevano applicare in condizioni così estreme e che ci sarebbe voluta una nuova teo­ria, senza predizioni così esotiche, per descrivere queste circo­stanze.

Al giorno d'oggi, c'è un ampio spettro di prove a favore dell'esistenza dei buchi neri. Molti di questi buchi neri furo­no probabilmente prodotti nelle esplosioni di supernova di stel­le molto massive. Inoltre, ci sono buchi neri molto più grandi che risiedono nei nuclei delle galassie: al centro della nostra stessa Galassia, per esempio, c'è un buco nero colossale, più massivo di due milioni di soli messi insieme. Si pensa che buchi neri di questo tipo esistano al centro della maggioranza delle galassie e che si siano formati probabilmente attraverso una serie di fusioni tra buchi neri più piccoli, stelle e altro materiale.

I buchi neri dunque non sono altro che uno stadio degenere della materia dove quegli spazi vuoti all'interno dell'atomo, gli stessi che aveva scoperto Rutherford, vengono ridotti al minimo, annullati. Questo rende tali oggetti incredibilmente densi e la loro forza di attrazione gravitazionale esageratamente grande tanto che perfino la luce viene attratta senza via d'uscita.


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