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Andromeda è la galassia a noi più vicina, poco più di 2 milioni di anni luce, e molto simile alla nostra galassia per massa e struttura. Oltre ad Andromeda l'universo risulta popolato a distanze sempre maggiori da un numero enorme di galassie. Si stima ne esistano oltre un centinaio di miliardi.
In base alla loro forma le galassie sono classificate in spirali, ellittiche ed irregolari.
In alcune galassie a spirale le spire non partono dal nucleo galattico ma dall'estremità di un segmento di materia che attraversa il nucleo stesso e per questo motivo sono dette spirali barrate.
Un tempo si pensava che le galassie nascessero come ellittiche per poi trasformarsi in spirali (Hubble). Oggi si ritiene invece che la struttura della galassia dipenda essenzialmente dalle particolari condizioni dinamiche e cinematiche della nube protogalattica.
Secondo gli astrofisici infatti le galassie si sarebbero formate dalla frammentazione del gas primordiale in immense condensazioni nebulari (protogalassie), ciascuna in rotazione intorno ad un proprio asse e soggette ad un moto di contrazione gravitazionale.
Se le velocità di rotazione e di contrazione della nube protogalattica sono tali per cui la materia che sedimenta sul piano del disco ha il tempo per essere totalmente utilizzata nella formazione di stelle di alone di prima generazione, si dovrebbe formare una galassia ellittica. In caso contrario parte della materia nebulare, arricchita di elementi pesanti dall'esplosione delle supernovae più massicce, raggiunge il piano contribuendo a formare galassie a spirale.
Gli AGN (Active Galactic Nuclei) costituiscono un gruppo di oggetti celesti, caratterizzati da luminosità estremamente elevate (fino a 1015 L) e da una emissione non termica (non di corpo nero).
Si manifestano in modi diversi, ma oggi si ritiene che possano essere ricondotti ad un comune modello galattico.
Gli astrofisici ritengono infatti che tutti gli oggetti classificati come AGN siano galassie con i nuclei interessati da fenomeni esplosivi di enormi proporzioni di cui non conosciamo la natura. Il candidato più probabile a fungere da motore centrale (central engine) per gli AGN dovrebbe essere il solito enorme buco nero. Dal nucleo galattico si dipartono getti di materia luminosa che si allontanano in direzione perpendicolare al disco galattico (jets). Il nucleo è inoltre circondato da nubi emittenti di gas e polveri in espansione indicate come BLR (Broad Lines Region = regione a linee allargate) e NLR (Narrow Lines Region = regione a linee sottili).
La larghezza delle righe in emissione è correlabile con la velocità di espansione del gas. Se la materia si espande in tutte le direzioni, parte di essa si avvicina e una parte si allontana dall'osservatore, in modo che ciascuna riga subisce contemporaneamente un red ed un blu-shift che la allarga.
Secondo il modello unificato i diversi tipi di AGN possono essere spiegati facendo riferimento alla differente angolazione con cui un AGN viene osservato.
Alcuni tra gli oggetti classificati come AGN sono le galassie di Seyfert, le Radiogalassie, i Blazar e i Quasar. Le Galassie Star-burst sono galassie peculiari a volte impropriamente classificate come AGN. Si tratta di galassie in cui l'elevata luminosità è sostenuta da un eccezionale tasso di formazione stellare (star-burst), probabilmente innescato da uno scontro con un'altra galassia. Il loro spettro ottico è molto simile a quello delle regioni HII.
Le galassie di Seyfert, sono galassie a spirale caratterizzate dalla presenza di un nucleo puntiforme, di aspetto stellare, particolarmente brillante.
Le radiogalassie sono galassie ellittiche che presentano un'emissione radio paragonabile a quella ottica e quindi fino ad un milione di volte più intensa di quella emessa nella stessa banda dalle galassie normali. L'emissione radio è concentrata in due enormi lobi che si trovano in posizione opposta rispetto alla galassia, uniti ad essa da sottili filamenti. Le onde radio sono generate dal movimento spiraleggiante del plasma intorno alle linee di forza del campo magnetico (emissione di sincrotrone).
I Blazar (ing. blaze = vampata) sono caratterizzati da una luminosità fortemente e rapidamente variabile, con periodi inferiori al giorno. Si suddividono in oggetti BL Lac (BL Lacertae) e in OVV (Optical Violently Variable).
I Quasar o QSO vennero osservati per la prima volta nel 1962. Inizialmente essi furono identificati attraverso un'emissione radio intensissima e fortemente concentrata. In seguito, puntando i telescopi ottici su di essi, venne rilevata anche una sorgente luminosa dall'aspetto stellare, puntiforme. Ciononostante, l'analisi dello spettro confermò che non poteva assolutamente trattarsi di stelle. Si coniò allora il termine di 'oggetti quasi stellari' o Quasi Stellar Objects (QSO o Quasar).
In un secondo tempo vennero scoperti oggetti analoghi, ma radioquieti, anch'essi classificati come quasar.
Gli spettri dei quasar non furono immediatamente riconosciuti finché non si tentò di interpretarli come spettri fortemente spostati verso il rosso.
Se i quasar sono oggetti così distanti, come la maggior parte degli astronomi ritiene, un semplice calcolo dimostra che la loro luminosità intrinseca deve essere enorme, superiore a quella di un'intera galassia.
Ma il dato più sconcertante fu la scoperta che alcuni quasar presentavano una luminosità variabile.
Da una parte è infatti piuttosto improbabile che un'intera galassia di stelle produca una variazione sincrona della luminosità di tutte le sue componenti.
In secondo luogo è possibile dimostrare che se le dimensioni di un oggetto luminoso sono maggiori della lunghezza cT, dove T è il periodo di variabilità della luminosità, un osservatore non sarebbe in grado di percepirne la variabilità. Ciò ha come conseguenza che se un quasar presenta, come spesso avviene, un periodo di variabilità della sua luminosità di un mese, esso non può possedere un diametro superiore ad un mese-luce.
Eppure da una regione così minuscola, comparabile alle dimensioni del sistema solare, viene emessa una quantità di energia maggiore di quella emessa da un'intera galassia.
Gli astronomi si chiedono quale meccanismo possa produrre una quantità così elevata di energia in un volume così piccolo. Forse enormi buchi neri che stanno inghiottendo materia? Oggi si ritiene che i quasar siano i nuclei attivi di galassie così lontane da non poter essere osservate. Ma la grande lontananza dei quasar pone anche un problema evolutivo.
Forse è possibile ipotizzare una relazione tra quasar, radiogalassie e galassie normali, per cui i primi rappresenterebbero forme primordiali di aggregazione della materia (ricordiamo che i quasar essendo molto distanti nello spazio, sono anche molto distanti nel tempo) destinati ad evolversi e a trasformarsi nelle odierne strutture galattiche? Tutte domande in attesa di risposta, problemi sui quali dibatte oggi la cosmologia moderna.
Alcune galassie appaiono talmente vicine da far supporre l'esistenza tra di esse di un legame gravitazionale. L'esistenza di ammassi di galassie (cluster) è stata ipotizzata negli anni Trenta da Fritz Zwicky e da lui stesso poco dopo confermata con la scoperta dell'enorme ammasso in Coma (Chioma di Berenice). Glia ammassi formati da qualche decina di galassie sono detti gruppi.
La nostra galassia appartiene ad un piccolo ammasso formato da una ventina di galassie (quasi tutte ellittiche nane) che ruotano intorno ad un baricentro comune. Tale ammasso è detto Gruppo Locale.
Il Gruppo Locale appartiene all'ammasso della Vergine, comprendente 2500 galassie (quasi tutte a spirale). Analizzando i red-shift delle galassie appartenenti al Gruppo Locale e all'ammasso della Vergine a cui esso appartiene è stato possibile evidenziare un movimento di caduta del Gruppo Locale verso il Centro dell'ammasso della Vergine alla velocità di circa 220 km/s.
Ragionando in termini di ordine di grandezza, un ammasso tipico è una struttura delle dimensioni di 10 Mpc contenente 103 galassie, con una densità dell'ordine di 1 galassia per Mpc3 ed una distanza media tra galassie di 1 Mpc. Le stime dinamiche della massa (massa del viriale) è dell'ordine di 1015 masse solari, circa 1 ordine di grandezza più elevata della semplice somma delle masse delle singole galassie. Gli ammassi presentano pertanto tipicamente un rapporto M/L dell'ordine di 300h M/L.
L'esistenza di raggruppamenti di ordine superiore, i superammassi (supercluster), formati da aggregati gravitazionali di ammassi di galassie, fu ipotizzata nel 1953 da Gerard de Vaucouleurs. Le sue osservazioni lo indussero a ritenere che il Gruppo Locale, l'ammasso in Ercole, l'ammasso in Coma e l'ammasso in Vergine fossero gravitazionalmente legati a formare una enorme struttura appiattita (Superammasso Locale) di cui l'ammasso in Vergine costituiva il centro. L'ipotesi di de Vaucouleurs tardò ad essere accettata, ma i dati osservativi non sembrano lasciare dubbi sull'esistenza del Superammasso Locale e di numerose altre analoghe strutture. Le prime conferme vennero nel 1959 con il lavoro di classificazione eseguito da George Abell su 2712 ammassi, le cui posizioni suggerivano chiaramente una loro distribuzione non omogenea nello spazio ed in seguito con i lavori di mappatura bidimensionale di Jim Peebles e tridimensionale di Margaret Geller e John Huchra. I superammassi sono tra loro separati da immensi spazi vuoti (voids). L'universo su grande scala mostra oggi una struttura spugnosa, con gli ammassi ed i superammassi che si distribuiscono in enormi filamenti e superfici curve, aventi uno spessore minore di un decimo delle loro dimensioni, che racchiudono bolle di spazio prive, almeno apparentemente, di materia luminosa delle dimensioni di 100 Mpc. Riuscire a giustificare una tale distribuzione di materia è oggi uno dei problemi centrali della cosmologia.
Sempre in termini di ordine di grandezza, un superammasso tipico è una struttura delle dimensioni di 100 Mpc contenente una decina di ammassi, tra loro separati da una distanza media di qualche decina di Megaparsec. La massa è dell'ordine di 1016 M, con un rapporto M/L analogo a quello misurato per i singoli ammassi.
La distribuzione di materia nell'universo appare estremamente irregolare su piccola scala. Ma l'omogeneità cresce con la scala, tanto che gli astronomi sono convinti che l'universo possa considerarsi fondamentalmente omogeneo ed isotropo a grandissima scala, cioè su distanze superiori ai 100 Mpc.
Recenti lavori di conteggio di galassie hanno evidenziato una densità media delle galassie dell'ordine di 10-2 Mpc-3 (vedi "L'origine della struttura dell'universo" in Le Scienze n 285 maggio '92). È stata censita un'area che copre il 10% della sfera celeste, per una profondità di 2 miliardi di anni luce (circa 610 Mpc), individuando circa 2 milioni di galassie. Tenendo conto che una sfera di tale raggio occupa un volume di circa 109 Mpc3 e che il conteggio ha interessato il 10% di tale volume (108 Mpc3), la densità media di galassie nell'universo risulta di 2 galassie per 100 Megaparsec cubici
Attualmente la porzione di universo osservabile (distanza-orizzonte), per un universo euclideo, vale
dove h è un fattore di incertezza sul valore della costante di Hubble. Una sfera di tale raggio ha un volume di circa 1010 Mpc3 il quale dovrebbe dunque contenere circa 108 galassie (ng = VU dg = 1010 10-2 = 108), raggruppate in 105 ammassi, a loro volta riuniti in 104 superammassi, per una massa totale dell'universo osservabile dell'ordine di 1020 M (contro una Massa Critica dell'ordine di 1022 M).
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