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La scoperta dell'Universo oltre la Via Lattea




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La scoperta dell'Universo oltre la Via Lattea


La concezione moderna dell'Universo come uno spazio in cui sono distribuite miliardi di galassie separate tra loro da distanze ben maggiori di quelle interstellari, è frutto di scoperte relativamente recenti. Prima del 1922 le galassie erano state osservate solo come nebulose, termine generico per indicare corpi celesti extrastellari, e non si sapeva nemmeno se queste nebulose si trovassero all'interno o all'esterno della Via Lattea.

Thomas Wright nel 1750 ipotizzò che la Via Lattea fosse un grande aggregato di stelle a forma di disco, di cui dalla Terra si osserva la sezione traversa; Kant propose che molti altri simili sistemi esistessero nello spazio. L'ipotesi di Kant era priva di basi osservative, ma segnava l'affermarsi del concetto di un Universo molto più grande di quanto sostenuto fino ad allora.


Si iniziò a studiare le galassie (che non erano ancora state identificate come tali) nel 1781, quando Charles Messier pubblicò un catalogo di 110 oggetti nebulari.



Figura 1: gli oggetti del catalogo di Messier


Oggi sappiamo che questo conteneva regioni di formazione stellare, resti di esplosioni di supernova, nebulose planetarie, ammassi stellari ma soprattutto galassie esterne. Nel 1845 William Parsons (Lord Rosse) completò in Irlanda la costruzione di un telescopio riflettore da 1.8 metri di diametro, un gigante a quell'epoca, e con questo fu in grado di riconoscere la caratteristica struttura a spirale in alcune delle nebulose di Messier. Successivamente, John Dreyer, assistente di Lord Rosse, continuò ad usare il Leviatano (così fu soprannominato il telescopio di Parsons) per scoprire un altro migliaio di nebulose; integrando altri cataloghi tra il 1888 e il 1908 pubblicò nel New General Catalog oltre 13'000 oggetti, in gran parte di origine allora ignota.

Intorno al 1912 l'americano Vesto Slipher iniziò lo studio spettroscopico delle nebulose con strutture a spirale. In particolare misurò significativi spostamenti Doppler delle righe spettrali che gli permisero di concludere che quelle nebulose si muovevano con grandi velocità radiali e ruotavano su se stesse. Slipher fu anche in grado di rivelare spettroscopicamente l'esistenza del gas interstellare e delle polveri. Nel 1920 si erano consolidate due linee di interpretazione:


. una teoria extragalattica, secondo la quale le nebulose erano strutture

separate dalla Via Lattea, teoria sostenuta soprattutto da Heber Curtis;

questa teoria si basava in gran parte sull'osservazione che nelle nebulose

si rivelavano stelle novae con incidenza statistica superiore a quelle della

nostra Galassia stessa;


. una teoria galattica, che vedeva tutte le nebulose come associate alla Via

Lattea, teoria sostenuta soprattutto da Shapley; Shapley e van

Maanen portavano come evidenza proprio le enormi distanze a cui tali

strutture avrebbero dovuto trovarsi per avere le piccole dimensioni

apparenti osservate; in particolare le osservazioni (rivelatesi in

seguito errate) di elevate velocità di rotazione delle nebulose avrebbero a

quelle distanze portato a velocità superiori a quella della luce.


Il dibattito poté essere risolto solo con l'acquisizione di ulteriori dati osservativi. È così nel 1922 che Edwin Hubble con il telescopio 100 inch di Mt. Wilson (circa 2,5m di diametro) fu in grado di risolvere molte nebulose in aggregati di stelle. Inoltre individuò alcune variabili Cefeidia nella nebulosa nella costellazione di Andromeda e la relazione periodo-luminosità predisse distanze

100 volte superiori alle dimensioni della Via Lattea ricavate da Shapley. Si trattava quindi di aggregati di stelle totalmente separati e molto distanti dalla nostra Galassia.


Al giorno d'oggi, mentre l'astrofisica delle stelle ha raggiunto una fase di piena maturità ed esiste un modello standard che riproduce bene le principali regolarità delle popolazioni stellari, al contrario, l'astrofisica delle galassie è in piena fase d'espansione: le galassie sono sistemi molto più complessi e strutturati delle stelle. Inoltre, la storia di formazione ed evoluzione delle galassie risente in modo diretto dell'evoluzione dell'Universo; è impossibile capire pienamente le galassie senza avere prima capito l'Universo. L'argomento si può ribaltare: per la cosmologia è impossibile capire l'origine e l'evoluzione dell'Universo senza avere una profonda conoscenza delle galassie, il "mattone fondamentale'' osservativo; a distanze cosmologiche infatti, le stelle (supernove a parte), non sono visibili singolarmente.







a)     Una variabile Cefeide è una stella variabile caratterizzata da una stretta correlazione tra il periodo di variabilità e la luminosità assoluta. Grazie a questa correlazione, e alla grande precisione con cui viene misurato il periodo di pulsazione, le variabili Cefeidi possono essere usate per determinare la distanza degli ammassi globulari e delle galassie in cui sono contenute. Poiché la relazione periodo-luminosità può essere calibrata con grande precisione usando le stelle Cefeidi vicine, le distanze trovate con questo metodo sono tra le più accurate disponibili.


Il campo ultraprofondo dell'Hubble Space Telescope è l'immagine dell'Universo più profonda mai raccolta nelle lunghezze d'onda del visibile. Realizzata dal telescopio in una serie di esposizioni tra Settembre 2003 e Gennaio 2004, essa visualizza una parte dello Spazio così distante che tutti gli oggetti visibili, eccetto una decina di stelle di campo, non possono essere che galassie. Con un'attenta analisi se ne possono contare fino a 10'000. La gran parte di queste distano dalla terra oltre 13 miliardi di anni luce e tutte sono contenute in un'infinitesima area pari ad una parte su tredici milioni della sfera celeste. Fino a 90 anni fa si pensava che la Via Lattea fosse l'unico aggregato di stelle esistente e completante il Cosmo.

Classificazione delle Galassie


Hubble stesso operò la prima classificazione delle galassie. La sua classificazione è di tipo morfologico e tutt'oggi è ancora largamente basata sull'analisi visiva di immagini da parte di esperti del settore. Classificazioni quantitative sono ancora in via di sviluppo e vengono applicate soprattutto alle galassie molto lontane.



Hubble suddivise quindi le galassie in:


  • galassie ellittiche che appaiono come ellissoidi privi di struttura. Si presentano in diverse combinazioni di ellitticità, e vengono sottocatalogate a seconda del loro rapporto tra i semiassi delle isofoteb. Si indicano con la lettera E affiancata dal numero n calcolato come
     dove a e b sono i semiassi. Le sottocategorie vanno quindi da 0 (forma sferica) a 7 (non sono state osservate galassie con ellitticità superiore a 7)

  • galassie a spirale che sono formate da un disco e da un bulge (un rigonfiamento centrale), nonché da un alone sferoidale. Vengono sottocatalogate in spirali Sa, Sb, Sc ed Sd. Le spirali dei primi tipi (Sa, Sb) hanno bulge prominenti e bracci di spirale molto avvolti, mentre quelle degli ultimi tipi (Sc, Sd) hanno bulge piccoli e bracci di spirale diffusi. Per tutti i sottotipi morfologici, circa metà delle spirali presentano una vistosa struttura lineare, detta barra, che attraversa il bulge, e dalla quale si dipartono poi i bracci a spirale. La Via Lattea è una spirale Sbc, ma è molto probabilmente barrata, quindi SBbc

  • galassie lenticolari ( S0 ) che sono intermedie tra le spirali e le ellittiche, e sono tanto numerose quanto le ellittiche. Presentano un disco, il quale non mostra alcuna struttura a spirale. Il bulge è molto grande

  • Infine galassie irregolari ( Irr ). Queste possono essere divise in due categorie: le irregolari di tipo I, per le quali un'analisi cinematica mostra una rotazione simile a quella delle spirali (come le nubi di Magellano), e quelle di tipo II, per le quali anche la cinematica è irregolare.

b)     Isofota: linea che collega in un'immagine tutti i punti a pari luminosità o che sono colpiti da un'uguale luminosità; si tracciano linee isofote per tutte le onde elettromagnetiche.


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