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Un tempo si riteneva che lo spazio galattico interstellare fosse praticamente vuoto. Oggi l'esistenza di materiale diffuso tra gli oggetti condensati (stelle, pianeti etc) è stata definitivamente accertata sulla base di innumerevoli evidenze osservative. Il mezzo interstellare (ISM - interstellar medium) costituisce circa il 10-15 % della massa galattica ed è composto per il 99% circa (in massa) di gas e per il rimanente 1% di polvere
La polvere è formata da particelle solide di minuscole dimensioni (0,1 - 1 m), costituite prevalentemente di grafite, solfuro di carbonio (CS), silicati e ghiacci. Ciascuna particella è mediamente formata da 108 atomi. La densità media è di 100 particelle di polvere per km3 (10-13 particelle per cm3). L'effetto principale della polvere è quello di assorbire e, soprattutto, di diffondere (scattering) la luce. Ciò provoca una diminuzione della luminosità delle stelle che prende il nome di estinzione interstellare. L'estinzione dipende naturalmente dalla quantità di polvere interposta e di conseguenza anche dalla distanza della stella.
Si calcola che mediamente vi sia una diminuzione di magnitudine apparente pari a 1-2 gradi per kpc.
La luce che proviene dal centro della galassia, posto a circa 10 kpc, subisce una diminuzione molto più elevata di circa 27/28 gradi di magnitudine. In altre parole dal centro della galassia ci arriva solo 1 fotone ogni 100 miliardi. Infatti, se il rapporto tra flusso percepito ed flusso in assenza di estinzione è 1/1011, applicando la relazione di Pogson si ottiene )
Inoltre per le loro dimensioni i granuli diffondono prevalentemente la luce a minor lunghezza d'onda (luce blu) e per questo motivo le stelle appaiono sistematicamente più rosse (più corretto sarebbe dire "meno blu") di quanto ci si potrebbe aspettare sulla base del loro tipo spettrale (arrossamento interstellare o reddening). Si tratta dello stesso fenomeno che arrossa il sole all'alba e al tramonto, quando la sua radiazione deve attraversare uno strato più spesso di atmosfera
Essendo l'entità dell'arrossamento proporzionale alla quantità di polvere interposta, esso è di conseguenza correlabile al grado di estinzione. Ciò permette agli astronomi di apportare le opportune correzioni alla luminosità, sulla base del livello di arrossamento.
La differenza tra l'indice di colore (B-V) osservato e quello teorico fornisce un parametro noto come eccesso di colore EB-V. Maggiore è l'arrossamento, minore il flusso nel blu, maggiore la magnitudine nel blu B, maggiore l'indice di colore osservato e, di conseguenza, più elevato l'eccesso di colore. L'eccesso di colore è correlato all'estinzione (o assorbimento, absorption) AV nella banda del visibile V, dalla relazione . Una volta calcolata, l'estinzione AV si utilizza per correggere i valori di magnitudine apparente misurati
Il gas è costituito essenzialmente da idrogeno (73% in massa), elio (25% in massa) e da minime percentuali di altri elementi (2% - in prevalenza O, C, N, Ne, S, Si, Fe).
Presenta una densità media di 1 particella per centimetro cubo La pressione è circa 1025 volte inferiore a quella atmosferica.
I diversi elementi possono presentarsi, a seconda delle condizioni termodinamiche del gas sia in forma atomica (neutra o ionizzata) che in forma molecolare.
In particolare l'idrogeno si presenta in forma:
ionizzata (Regioni H II)
atomica (idrogeno neutro o Regioni H I)
molecolare (H2)
L'idrogeno neutro (atomico) e quello ionizzato si osservano facilmente.
L'idrogeno neutro (HI) emette una riga di 21 cm, il secondo emette nel visibile la tipica radiazione rossa della serie di Balmer (riga Ha) dell'idrogeno eccitato. L'idrogeno molecolare è invece difficile da osservare direttamente e per rilevarlo si utilizza come sonda la molecola di CO (la seconda molecola per abbondanza dopo l'idrogeno molecolare - CO/H2 = 1/105), la quale viene eccitata ed emette proprio grazie agli urti con l'H2 un'intensa riga di 2,6 mm (ed a 1,3 mm).
Gas e polveri si concentrano prevalentemente sul piano galattico ed in particolare sulle braccia della spirale, dove presentano una concentrazione dieci volte maggiore rispetto allo spazio interbraccia.
Le braccia sono disegnate da nubi di idrogeno atomico diffuso (regioni HI) punteggiate da densi agglomerati di idrogeno molecolare (nubi molecolari giganti)
Il 50% circa del mezzo interstellare si trova diffuso nelle spire a formare le cosiddette regioni HI dell'idrogeno neutro (atomico), con una densità particellare intorno a 10 particelle/cm3 ed una temperatura dell'ordine di 102 °K. Come si ricorderà fu proprio la mappatura di tale gas (Edward Purcell e Harold Ewen - 1951) a permettere di disegnare la forma a spirale della nostra galassia.
Il rimanente 50% va a costituire le cosiddette nubi molecolari giganti (o complessi molecolari giganti GMC), enormi strutture gravitazionalmente legate, immerse nelle vaste regioni HI. Manifestano un'elevata estinzione per la presenza di elevate quantità di polveri, che proteggono le sostanze allo stato molecolare dagli effetti distruttivi della radiazione ad alta frequenza (UV, X, gamma etc). Sono costituite in primo luogo da idrogeno molecolare, ma in esse si trova una grande varietà di altre specie chimiche molecolari. La temperatura relativamente bassa (10 K) e la elevata densità (rn cm-3) ne fanno i luoghi ideali per la formazione stellare. Nonostante presentino una maggior pressione rispetto al gas che le circonda, sono sostanzialmente stabili e non si espandono essendo probabilmente corpi autogravitanti. Dopo gli ammassi globulari, sono gli oggetti più massicci esistenti nella nostra galassia, con masse dell'ordine di 105/106 M. Finora ne sono state contate circa 6.000. Al loro interno la materia nebulare può interagire in modo diverso con la radiazione proveniente dalle stelle, diventando osservabile nel visibile e formando in tal modo tre tipi fondamentali di nebulose: oscure, in emissione, in riflessione. Alcune nebulose sono note fin dall'antichità. Quella di Orione è ad esempio visibile ad occhio nudo quando il cielo è particolarmente terso. A differenza delle stelle che presentano sempre un aspetto puntiforme, a qualsiasi ingrandimento, le nebulose ci appaiono come macchie di luce diffusa (altre come macchie scure sul cielo stellato). In passato il basso potere di risoluzione dei telescopi non permetteva di distinguere una nebulosa da una galassia ed il termine "nebulosa" veniva utilizzato per indicare indifferentemente qualsiasi oggetto dall'aspetto diffuso, non puntiforme.
v Le nubi oscure sono caratterizzate da una densità che decresce radialmente in modo omogeneo dall'interno verso l'esterno. Sono individuabili per l'elevata estinzione che producono sulle stelle retrostanti e si manifestano pertanto come macchie scure sul fondo stellato. Presentano dimensioni di pochi parsec (5-10 pc) e masse pari a 102-103 M . Quando le dimensioni non superano il parsec sono dette globuli. Quando si presentano come striature scure allungate sono dette proboscidi.
v Le nebulose in emissione sono regioni di idrogeno ionizzato (regioni H II) da stelle giovani e massicce (ammassi aperti giovani, associazioni O-B), che presentano la tipica colorazione rossastra dell'idrogeno in emissione. La dimensione di una regione HII (Raggio di Strömgren) e la sua luminosità dipendono dal tipo spettrale (e quindi dalla temperatura) della stella eccitante. Le regioni H II possono essere per questo motivo utilizzate come indicatori di distanza. La pressione molto elevata che caratterizza le regioni HII (T 104 °K ; rn cm-3) ne fa delle strutture non in equilibrio e dunque in espansione, destinate a dissolversi nel giro di qualche milione di anni. La bassa densità particellare è responsabile (come avviene anche nelle nebulose planetarie) della formazione di righe proibite.
v Se le stelle che si formano sono più fredde, il gas e le polveri circostanti diffondono e riflettono la radiazione emessa, producendo nebulose in riflessione. Poiché le radiazioni diffuse con maggior efficienza sono quelle a minor lunghezza d'onda, le nebulose a riflessione presentano caratteristici colori bluastri (il cielo diurno è azzurro per la stessa ragione).
Recentemente si è scoperto che l'idrogeno atomico che forma le spire (Regioni HI) è in equilibrio di pressione con altre due fasi gassose:
Un mezzo internebulare caldo, che separa le regioni HI, con una densità particellare intorno a 10-1 particelle/cm3 ed una temperatura dell'ordine di 104 °K. Costituisce circa il 50% del volume del mezzo interstellare;
Un gas coronale caldissimo, che si estende fuori dal disco galattico fino all'alone, con una densità particellare intorno a 10-3 particelle/cm3 ed una temperatura dell'ordine di 106 °K. Pur contenendo una minima frazione della massa, costituisce circa il rimanente 50% del volume del mezzo interstellare. È stato scoperto nel 1976 da E.B.Jenkins e D.M. Elmegreen e si ritiene possa essersi formato al passaggio delle onde d'urto delle esplosioni di supernova.
Come si diceva, le tre fasi sono in reciproco in equilibrio, non evidenziando alcuna tendenza ad espandersi l'una a spese dell'altra. Ciò dipende dal fatto che esse presentano sostanzialmente i medesimi valori di pressione, come si può dedurre dal fatto che il prodotto della densità particellare per la temperatura risulta sempre costante.
Ricordando infatti che la costante di Boltzmann (k = 1.380658 10-23 j k-1)) è pari al rapporto tra costante R dei gas e numero N di Avogadro, sostituendo opportunamente nell'equazione di stato dei gas perfetti si otterrà
osservando ora che nN/V è il numero di particelle per unità di volume o densità particellare (rn), possiamo scrivere
dove si dimostra che i gas in cui è costante il prodotto (rn T), presentano la stessa pressione.
Fase |
Densità (particelle cm-3) |
Temperatura (°K) |
rT |
Pressione (pascal) |
Gas atomico freddo |
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Gas atomico caldo e diffuso |
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Gas coronale |
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La pressione del mezzo interstellare risulta quindi 1025 volte inferiore alla pressione atmosferica (1 atm = 101325 pascal).
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