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Possiamo ora vedere quale relazione esista tra i risultati finora ottenuti e la descrizione relativistica dell'universo. Riordiniamo l'equazione che fornisce l'energia totale ()
poniamo e, dopo aver espresso ancora una volta la Massa e la Velocità in termini di grandezze misurabili ( e H), otteniamo una relazione formalmente analoga a quella utilizzata in relatività generale per descrivere l'universo
Il valore di k può variare in funzione delle unità di misura usate, ma non il suo segno. Infatti se
Ep > Ec k > 0
Ep = Ec k = 0
Ep < Ec k < 0
E' allora evidente che la determinazione del segno di k ci permetterebbe di conoscere quale dei tre modelli espansivi deve essere utilizzato per descrivere il nostro universo.
Si noti ora che, essendo R sempre necessariamente positivo, per determinare il segno di k sarà sufficiente calcolare il segno della quantità tra parentesi (misurando e H).
La relazione trovata è, come abbiamo già detto, formalmente identica a quella che descrive lo spazio-tempo nella relatività generale. La differenza sostanziale sta nell'interpretazione fisica di R, k e
Nell'approccio newtoniano R è il raggio dell'universo esprimibile attraverso unità di misura di lunghezza e k è la misura dell'energia totale di una particella materiale, il cui segno ci permette di prevedere se essa è o meno gravitazionalmente legata, mentre è la densità di materia.
Nell'approccio relativistico R è il fattore di scala, k è l'indice di curvatura dello spazio-tempo e è la densità della massa-energia
Prima di approfondire il significato di tali parametri ricordiamo in che modo si è giunti all'inizio del nostro secolo ad applicare la relatività generale all'intero universo.
I primi tentativi di descrivere l'universo tramite gli strumenti della relatività si devono allo stesso Einstein, il quale nel 1917 aveva ottenuto come risultato un universo non in equilibrio, ma in contrazione. Ma come abbiamo già detto la convinzione che l'universo fosse statico era talmente radicata che Einstein decise di introdurre un termine correttivo, la cosiddetta costante cosmologica, con effetti repulsivi, per 'evitare' che l'universo collassasse sotto la spinta della attrazione gravitazionale prodotta dalla materia in esso contenuta. In seguito Einstein parlerà della costante cosmologica come uno dei più grossi abbagli della sua carriera.
Se Einstein avesse applicato le sue equazioni all'universo senza introdurre la costante cosmologica avrebbe potuto anticipare la scoperta di un universo dinamico, in evoluzione.
Il risultato si deve invece al sovietico Aleksandr Fridman il quale nel 1922 ottenne una soluzione dinamica (non statica) delle equazioni originarie di Einstein (senza la costante cosmologica).
Fridman giunse ad una descrizione che oggi riteniamo corretta della dinamica dell'universo, ma le sue equazioni non ebbero alcuna eco in occidente, fino a quando non vennero riscoperte in modo indipendente nel 1927 da George Lemaitre, il quale suggerì che l'espansione avrebbe prodotto uno spostamento verso il rosso delle righe spettrali osservate, fatto poi confermato sperimentalmente dall'astronomo Hubble nel 1929.
Lemaitre è forse maggiormente noto per esser stato il primo ad ipotizzare, in modo del tutto qualitativo, la nascita dell'universo da un 'atomo primigenio' superdenso, dalla cui esplosione avrebbero preso origine tutti gli elementi chimici e la radiazione cosmica. Per questo motivo è spesso ricordato come il 'padre' del Big Bang
Nel 1935 i modelli di Fridman trovarono una definitiva formalizzazione grazie ai lavori di Robertson e Walker. Oggi i modelli cosmologici basati sulle soluzioni di Fridman, Robertson e Walker sono spesso indicati come cosmologie FRW.
Essi corrispondono, anche dal punto di vista formale, ai tre modelli newtoniani ottenuti in precedenza.
Si tratta ora di chiarire come in relatività generale certe grandezze debbano essere interpretate fisicamente in modo diverso rispetto a quanto abbiamo visto nella descrizione newtoniana.
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