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Le macchine da calcolo
Introduzione
I primi strumenti costruiti dall'uomo per effettuare calcoli matematici e astronomici risalgono a qualche decennio prima della nascita di Cristo quando i marinai iniziarono a servirsi di manufatti per orientarsi in mare utilizzando le loro conoscenze sulle posizioni delle stelle.
Fra i più antichi ritrovamenti vi è il meccanismo di Antikythera, un calcolatore metallico risalente al 100-150 a.C. composto da un complesso planetario mosso da una serie di ruote dentate ed utilizzato per calcolare il sorgere del Sole, le fasi lunari, i movimenti dei cinque pianeti allora conosciuti, gli equinozi, i mesi e i giorni della settimana.
I primi oggetti utilizzati per fini unicamente matematici risalgono, invece, al XVII secolo quando Blaise Pascal realizzò una sorta di calcolatrice in grado di fare le addizioni e le sottrazioni, seguito da Leibniz che ne costruì una in grado di fare anche le moltiplicazioni e le divisioni.
Circa due secoli più tardi, nel 1842, Ada Byron, figlia del poeta inglese Lord Byron, scrisse quelli che possono essere considerati i primi programmi informatici della storia.
Ma è con l'avvento delle due guerre mondiali che lo sviluppo tecnologico, e soprattutto quello informatico, subiscono un forte avanzamento ed è proprio agli albori della seconda guerra mondiale che le forze armate tedesche iniziano a criptare le proprie telecomunicazioni servendosi di un dispositivo elettro-meccanico, la macchina Enigma, che impediva alle forze nemiche di comprendere i messaggi che venivano intercettati.
Ma grazie all'aiuto di tecnici, ingegneri e matematici, tra i quali Alan Turing, gli inglesi riuscirono a trovare un metodo per decriptare i messaggi in loro possesso dando un importante aiuto alla risoluzione della guerra e alla sconfitta delle forze dell'Asse.
Agli inizi degli anni '40 vennero costruite in Germania le prime macchine programmabili (le Z1 e le Z3), cioè in grado di svolgere più di un solo tipo di calcolo, che funzionavano tramite codice binario.
Una volta terminata la seconda guerra mondiale, i dipartimenti della difesa degli Stati Uniti finanziarono dei progetti per la costruzione di un sistema di difesa informatico, e molti dei partecipanti, una volta conclusi i lavori di realizzazione, decisero di creare autonomamente delle macchine che potessero essere utilizzate dai civili. Fu così che nel 1960 venne commercializzato il PDP-1, un computer che occupava lo spazio di un armadio e che era dotato uno schermo a tubo catodico. A causa delle dimensioni e del prezzo elevato non ebbe un grande successo, ma comunque l'idea alla base di questo calcolatore fu quella che in futuro verrà intrapresa da molte aziende, ossia quella del computer inteso come oggetto personale.
Un decennio dopo la Xerox, l'azienda che in seguitò brevetto anche il mouse e le finestre grafiche, realizzò un prototipo mai commercializzato, lo Xerox Alto, dotato di un display a colori e di finestre.
Gli anni '70 sono molto importanti per la storia dell'informatica soprattutto per il fatto che fu proprio in quel periodo che Bill Gates fondò la Microsoft nel 1975 (ma che rimarrà in disparte fino alla metà degli anni '80) e Steve Jobs la Apple nel 1976. E fu proprio la Apple ad utilizzare per prima il termine personal computer quando nel 1977 mise in commercio l'Apple II, il primo ad avere un display a colori, la tastiera integrata e il mouse.
Gli anni '80 vedranno la diffusione sempre più crescente dei computer nelle case delle persone grazie alla commercializzazione di alcuni modelli che passeranno alla storia, come il Commodore 64 e l'Atari 400. Ma è di nuovo la Apple a rivoluzionare il mondo dei computer quando nel 1984 lancia il Macintosh e un nuovo sistema operativo (OS), il MacOS, introducendo nell'interfaccia grafica le icone del cestino, del desktop, delle cartelle, ecc., rendendo così possibile l'utilizzo del PC anche a chi non ne aveva mai adoperato uno, modificando l'immagine del computer come oggetto relegato all'utilizzo da parte di appassionati e tecnici.
Ed è proprio che in questo periodo che la Microsoft si inserisce prepotentemente nel mondo dell'informatica, copiando molte idee dal Macintosh (le icone, le finestre, il mouse, ecc.), modificandole e inserendole nel proprio sistema operativo, Windows 3.0. Il successo del nuovo OS, oltre che dall'introduzione di nuove componenti grafiche, verrà sancito anche dall'introduzione della vendita tramite licenza, che permise di installare il software Microsoft su hardware non specifico, dando così la possibilità al cliente di acquistare un modello di computer non eccessivamente costoso, a differenza dei Macintosh che costavano svariate migliaia di dollari.
In seguito a questo evento fra Microsoft e Apple si verrà a creare una rivalità che li porterà alla realizzazione di prodotti sempre più avanzati e diffusi, fino a trasportare quasi l'intero mercato dei sistemi operativi nelle loro mani.
Nel corso degli anni '90 e fino ad oggi il mercato dell'informatica procederà a ritmi velocissimi ed inimmaginabili perfino per i creatori delle stesse aziende che oggi producono svariati milioni di computer e che aiutano l'uomo in moltissimi settori, dalla medicina all'astronomia, dalla chimica alla musica e dall'istruzione al divertimento.
Nel 1936, Alan Mathison Turing pubblicò un articolo nel quale egli risolveva il "Problema della decisione" lanciato nel 1900 dal matematico David Hilbert, il quale aveva proposto al Congresso internazionale dei matematici 23 problemi irrisolti da lui ideati e che in parte sono ancora oggi in cerca di una risoluzione
Hilbert, nel secondo problema voleva sapere se «esiste sempre, almeno in linea di principio, un metodo meccanico (cioè una maniera rigorosa) attraverso cui, dato un qualsiasi enunciato matematico, si possa stabilire se esso sia vero o falso».
La risoluzione positiva di tale problema avrebbe portato alla realizzazione di un algoritmo che sarebbe stato in grado di risolvere qualsiasi problema matematico e addirittura di ridurre il pensiero umano ad un mero calcolo meccanizzabile.
Una prima risposta negativa venne data ne l 1931 dal matematico Kurt Gödel, il quale dimostrò che la coerenza di un sistema formale non è sufficiente a garantire che ciò che in esso viene dimostrato sia vero oppure falso.
A questa prima risposta teorica, Turing ne aggiunse una più pratica ideando una macchina in grado di simulare il processo di calcolo che compie la mente umana scomponendola nei sui passaggi elementari. Questa macchina è composta da: un nastro illimitato, suddiviso in un numero infinito di celle, ognuna delle quali contiene uno dei due simboli 0 o 1; un dispositivo di lettura-scrittura, tramite il quale la macchina può leggere o modificare il contenuto di una sola cella; uno stato interno indicato con un numero naturale e finito; un programma scritto in un linguaggio semplice. La macchina agisce mediante il dispositivo di lettura-scrittura che può eseguire alcune operazioni elementari: scrivere il simbolo 0 o 1 nella cella su cui è posizionato; spostarsi di una sola cella a destra o sinistra; mutare il proprio stato interno.
I programmi della macchina di Turing sono costituiti da un numero finito di istruzioni formate da cinque simboli: il primo è un numero naturale che indica lo stato interno della macchina; il secondo è un simbolo che può essere 0 o 1 e che indica il simbolo che si trova scritto nella cella corrente del nastro; il terzo può anch'esso essere 0 o 1 e indica il simbolo che dovrà essere scritto nella cella corrente del nastro; il quarto può essere la lettera S o D e indica la direzione in cui si dovrà spostare il dispositivo di lettura-scrittura, il quinto è un numero naturale e indica lo stato interno che deve assumere la macchina. Una volta scritto il programma da eseguire si posiziona il dispositivo di lettura-scrittura sulla cella che contiene il primo simbolo 1 a sinistra e si pone la macchina nello stato 0. Si avvia e si attende che si arresti da sola. Una volta fermata si considera come risultato della computazione il numero di 1 presenti sul nastro indipendentemente dalla loro posizione.
Può anche accadere che la macchina continui a funzionare entrando in un ciclo infinito e in questo caso non è possibile determinare un numero n finito di simboli 1 che compaiono sul nastro.
A partire da quest'ultima condizione si è cercato di risolvere il problema della fermata, così formulato: data una macchina di Turing e un numero naturale n come input, esiste un algoritmo in grado di stabilire se la computazione della macchina avrà termine oppure no ?.
Per risolvere questo problema si può ipotizzare di scrivere un algoritmo che una volta immesso in una macchina di Turing sia in grado di stabilire se un altro algoritmo porterà la macchina a fermarsi o ad entrare in un ciclo infinito.
Lo stesso Turing dimostrò che non esiste un tale algoritmo, e di conseguenza nessuna macchina da calcolo in grado di risolvere il problema, andando a confermare ciò che Gödel aveva teorizzato e che quindi non è possibile dare una risposta positiva al problema di Hilbert e tantomeno di creare una macchina che servendosi funzioni matematiche possa simulare il comportamento della mente umana.
La macchina di Turing venne inoltre utilizzata durante la seconda guerra mondiale per decifrare i messaggi criptati che le truppe Naziste si scambiavano tramite la macchina Enigma.
La macchina Enigma aveva l'aspetto di una macchina per scrivere con due tastiere: una vera inferiore, e una seconda superiore nella quale i tasti erano sostituiti da lettere luminose che si accendevano ogniqualvolta veniva premuto un tasto sulla tastiera effettiva: la sequenza delle lettere che si illuminavano dava il messaggio cifrato (o quello in chiaro, se si batteva il testo cifrato).
Enigma funzionava tramite una serie di rotori disposti in base ad un ordine preciso stabilito giorno per giorno e scritto in un cifrario in dotazione ad ogni unità enigma. Ogni rotore deviava più volte il segnale elettrico generato dalla pressione di un tasto che a sua volta veniva modificato da un riflettore che faceva ripercorrere il percorso al contrario fino a che l'impulso non arrivava alla lampadina della rispettiva lettera decodificata.
Andando a calcolare approssimativamente le possibili combinazioni di codifica alle componenti della macchina (13 fili, 3 rotori di 5 tipi diversi e un riflettore) si ottiene il seguente risultato:
In questo modo era molto difficile per gli Alleati riuscire a comprendere i messaggi intercettati dato che le possibili combinazioni erano moltissime, ma grazie all'aiuto di alcune macchine, tra le quali anche quella di Turing, si riuscì a decodificare le comunicazioni intercettate in poco tempo. L'apporto dato allo svolgimento del conflitto da questi calcolatori fu molto importante poiché contribuì a ridurne di molto la durata, riducendo in parte il numero altissimo di vite che vennero sacrificate durante gli anni di combattimento.
La fisica ha dato contributi molto importanti all'informatica soprattutto tramite gli studi sull'elettromagnetismo che nel XX secolo hanno permesso di realizzare dei componenti fondamentali per tutti i dispostivi elettronici, come i condensatori, le resistenze, i chip, le memorie magnetiche, i monitor, ecc.
Un importante passo avanti rispetto ai sistemi di memorizzazione dei dati utilizzati nei primi decenni del '900 costituiti da nastri di carta è stato fatto grazie alle scoperte sulla capacità di alcuni metalli di "memorizzare" il verso della loro magnetizzazione. Questo fenomeno si verifica quando un materiale ferromagnetico, come il ferro che è molto sensibile a variazioni magnetiche esterne, viene sottoposto alla forza di un campo magnetico che ne modifica le proprietà fisiche. I cambiamenti che subisce un materiale di questo tipo possono essere rappresentati tramite il ciclo di isteresi, ossia una funzione che mette in relazione un campo magnetico esterno e il campo che scorre all'interno del materiale.
Per studiare l'andamento si utilizza un campione a forma di anello, intorno al quale viene avvolto un filo metallico isolato e collegato a un commutatore il quale riceve energia da un generatore. Intorno al campione viene avvolta una bobina secondaria connessa a un galvanometro poiché una variazione del flusso del campo attraverso i punti interni alla seconda bobina produce una corrente dalla cui misurazione si può risalire all'intensità B dell'induzione magnetica.
Facendo scorrere corrente nel filo che avvolge l'anello, il valore in modulo di aumenta e riportando i corrispettivi valori in modulo di si ottiene la curva di prima magnetizzazione che ha un andamento non lineare.
Infatti, all'aumentare di H la curva cresce dapprima rapidamente, poi più lentamente fino ad arrivare al valore limite di saturazione Bs. Una volta raggiunto tale valore se si fa diminuire H l'induzione magnetica diminuisce con rapidità insufficiente affinché il sistema possa ripercorrere in maniera opposta la curva prima di magnetizzazione. Infatti quanto H=0 c'è ancora un'induzione magnetica residua Br diversa da zero. Per annullarla bisogna portare H al valore -Hc, chiamato forza coercitiva invertendo il verso della corrente col commutatore. Se a questo punto, mantenendo H negativo, si continua ad aumentare l suo valore assoluto, il campione si magnetizza nel verso opposto, finché l'induzione magnetica raggiunge il valore di saturazione -Bs che, per essere annullata necessita di una forza coercitiva HC contraria alla precedente. Continuando ad aumentare H, il campione si magnetizza nuovamente nel verso iniziale fino a raggiungere lo stato di saturazione.
Il fenomeno per cui la curva di magnetizzazione cambia a seconda del verso in cui viene percorsa e non coincide con quella di prima magnetizzazione, viene chiamato isteresi magnetica e la curva del grafico prende il nome di ciclo di isteresi magnetica.
Ogni materiale ferromagnetico ha un ciclo d isteresi caratteristico, la cui area fornisce una misura del lavoro necessario per magnetizzarlo, dato che durante il processo esso si riscalda.
Un'importante conseguenza di questo fenomeno è il fatto che quando H=0 e B=± Br, il materiale è magnetizzato anche se il campo magnetico esterno è nullo e quindi possiede un magnetismo residuo.
Dalla quantità di magnetismo residuo i materiali ferromagnetici si distinguono in magneti permanenti e magneti temporanei.
Fra i primi, hanno particolare importanza le ferriti per la forma del loro ciclo di isteresi, quasi rettangolare, che permette il loro utilizzo come memorie magnetiche. Infatti se attraverso il loro nucleo viene fatta scorrere corrente esso si magnetizza in un verso o in un altro e quando il passaggio di corrente viene interrotto il materiale rimane magnetizzato con induzione Br o -Br, ricordando in questo modo il verso della magnetizzazione. A causa dell'elevata intensità di magnetizzazione residua, l'informazione immagazzinata viene conservata definitivamente.
Ai due stati di magnetizzazione residua si possono far corrispondere i due valori binari 0 e 1, facendo immagazzinare ai nuclei le informazioni sotto forma di bit per quanto tempo si desidera fino a quando essi non verranno ripercorsi da correnti contrarie a quelle che li hanno magnetizzati.
Ada Lovelace, daughter of the poet Lord Byron, is considered today the first computer programmer of history.
She was born in 1815 from George Byron and his wife, Anne Isabella Milbanke. During her life she met and corresponded with the mathematic Charles Babbage, who was planning a kind of mechanical computer. She wrote some programs, a sort of manipulation of symbols according to rules, for Babbage's machine and she also foresaw the capability of computers to go beyond the simple calculation of numbers.
Her father was one of the most important writers from the second generation of Romantic Poets.
George Gordon, Lord Byron, was the only Romantic poet to get a pan-European reputation both because of his life and his works. He was born in London in 1788 and his father, John Byron squandered the fortunes of his first wife. He eventually deserted his family and went to France where he died in 1791. From his parents the young Byron inherited a tendency to instability and rebellion, while from his governess he derived the Calvinistic idea of predestination to sin and damnation.
He was born lame and this disability gave him a sense of inferiority, although he was a man of great beauty and he become a perfect rider, swimmer and boxer. In 1798 his great-uncle died and Byron inherited the peerage. This marked a great change in his life, allowing him to took a degree in 1808. In 1807, while still at university, he published his first work, Hours of Idleness, and in 1811 after a long journey through Europe, he returned to England where he soon acquired great notoriety. In 1815 he married Anna Isabella Milbanke, and in the same year Ada was born. Lady Byron demanded a separation and because of the great scandal, Byron was ostracized by London society and he left England in 1816 spending the rest of his life abroad. During the last period of his life he took part in the Carbonari movement and he supported the cause of Greece against Turkish domination. In 1824, seized by marsh fever, he died in Greece at Missolonghi.
He was himself a mixture of idealism and rationalism. He felt almost compelled by his high heredity to do great and glorious things. On the other hand, his common sense showed him the comedy as well as the tragedy of the contrast between dream and reality, thus increasing his sense of sceptical realism. The two sides of his character are showed in his poetry and they may be distinguished as "Byron the romantic" and "Byron the non-romantic".
Byron can be regarded as a romantic in his life, in his worship of liberty and his rebellion against any form sham and oppression; in his individualism, in his nationalism, in his appreciation of nature and in his realization of the co-called Byronic hero. The Byronic hero is intended by Byron himself as a violent and mysterious man, dark and brooding, who often in his past life has had guilty secrets, but is endowed with great courage and finally redeemed by his passion for a woman. Byron can be considered as non-romantic in his criticism of society, in his depreciation of romantic ideals; in his sense of fun, in his ironic disbelieve of his own emotions, in his concern with the true reality of things and in his lucid way of writing.
Fin da quando l'uomo ha iniziato ad esplorare la Terra per raggiungere luoghi lontani e sconosciuti si è reso conto di aver bisogno di un qualche sistema con il quale si potesse orientare sia sulla terra che in mare.
Uno dei primi sistemi, inventato già nel 2600 a.C., è la bussola che grazie alla presenza del campo magnetico terrestre permette a chi la utilizza di orientarsi in qualsiasi luogo.
Essa è composta da un ago, libero di ruotare su un piano orizzontale, la cui parte colorata indica sempre la direzione del polo Nord magnetico. I poli magnetici però non coincidono con quelli geografici e per questo motivo è necessario aggiungere dei gradi rispetto alla direzione indicata dall'ago se si vuole avere un'informazione più precisa. L'entità della correzione, chiamato angolo di declinazione magnetica, cambia da luogo a luogo e per questo è necessario modificarla ogni volta che ci si sposta. In questo modo si possono ottenere in pochissimo tempo le posizioni dei quattro punti cardinali, Nord, Sud, Est ed Ovest, sufficienti per potersi muovere anche in posti mai visitati prima.
La bussola costituisce un importante aiuto per l'orientamento, ma da sola non è sufficiente per poter permettere a chi si trova in mare di conoscere le proprie coordinate geografiche.
Infatti, per la determinazione della latitudine si utilizzano la Stella Polare (nell'emisfero terrestre nord) o il Sole quando, però, i sui raggi giungono sulla Terra perfettamente paralleli all'Equatore (durante gli equinozi di primavera e autunno).
Nel caso si utilizzi la Stella polare, data la sua elevata distanza dalla Terra, si possono considerare i suoi raggi paralleli fra di essi e perpendicolari al piano equatoriale. Preso un punto P sulla superficie terrestre si considera l'angolo α che il piano dell'orizzonte passante per quel punto forma con i raggi della stella polare. L'angolo che si crea (α) è la latitudine del luogo, poiché è uguale ad α', in quanto sia α che α' sono i complementari di β e β', i quali risultano congruenti poiché angoli corrispondenti rispetto alle rette parallele S ed S' tagliate dalla trasversale Z.
Nel caso invece si utilizzi il Sole si prende in considerazione l'angolo α, che i raggi solari formano nel punto P col piano dell'orizzonte e complementare della latitudine β', poiché β' è uguale a β in quanto essi sono angoli corrispondenti rispetto alle rette S ed S' tagliate dalla trasversale Z.
Per la determinazione della longitudine ci si serve del movimento apparente che il Sole compie intorno alla Terra.
Poiché essa compie una rotazione completa su se stessa in 24 ore, in tale periodo il Sole si troverà al culmine di tutti i 360 meridiani che si possono immaginare tracciati sulla Terra. Perciò il Sole impiega 1 ora per passare sopra 15 meridiani (360:24=15) e quindi 4 minuti per passare da un meridiano all'altro. Dalla differenza tra l'ora locale e quella del meridiano di riferimento (Greenwich) si può ricavare la longitudine del luogo in cui si trova l'osservatore. Poiché il Sole si sposta apparentemente da Est verso Ovest, se l'ora locale è maggiore di quella di Greenwich vuol dire che nel luogo considerato il Sole è sorto prima che a Greenwich e che quindi esso si trova ad est del meridiano fondamentale; se l'ora locale è minore, si trova a Ovest.
Con l'avvento dell'informatica i metodi utilizzati per il posizionamento terrestre sono andati sempre più migliorando ed oggi si utilizza il GPS, ovvero il Global Positionig System, in grado di visualizzare sullo schermo di un dispositivo la posizione precisa di chi lo sta utilizzando.
Il sistema si basa su 24 satelliti che orbitano intorno alla terra e che inviano costantemente dei segnali radio sulla superficie terrestre. Questi vengono captati da un qualsiasi ricevitore, che basandosi sui dati ricevuti da almeno tre satelliti è in grado di triangolare la propria posizione e servendosi di carte geografiche salvate in memoria la indica su di esse.
Gli antichi romani vengono da sempre considerati fra i popoli più avanzi dell'antichità, sia per le loro conoscenze che per le loro conquiste territoriali.
Fra gli autori latini, ce ne fu uno che decise di raccogliere le conoscenze "scientifiche" del suo tempo e trascriverle in una sorta di enciclopedia, che grazie al successo ottenuto nel corso dei secoli è arrivata ai giorni nostri. L'autore è Plinio il Vecchio e la sua opera, la Naturalis historia, è stata considerata sia dai suoi contemporanei che dalle popolazioni del medioevo una fonte attendibile di conoscenze scientifiche, in particolare per quanto riguardava i medicinali.
In luce delle attuali conoscenze si è chiaramente scoperto che i contenuti dell'opera non possono essere considerati allo stesso modo delle nostre basi scientifiche, ma resta comunque il valore storico dato dalla quantità di dati sulla civiltà romana che ci sono stati trasmessi.
Gaio Plinio Secondo nacque a Como nel 23 d.C. da una famiglia di censo equestre. Iniziata la carriera di funzionario imperiale sotto Claudio, ha poi anche ricoperto il ruolo di procuratore e collaboratore imperiale. Quando poi gli venne affidato il comando della base navale di Miseno venne sorpreso dall'eruzione del Vesuvio nel 79 durante la quale decise di imbarcarsi per osservare il fenomeno e portare aiuto alla popolazione. Lo stesso giorno muore a Stabia per asfissia.
Le conoscenze sulla sua personalità ci sono state trasmesse dalle lettere del nipote Plinio il Vecchio, che lo descrive come un lavoratore infaticabile, impegnato per ore e ore a leggere libri da cui ricavava schemi ed estratti.
La sua unica opera che ci è pervenuta per intero, nei suoi 37 libri, è la Naturalis historia. In una delle sue lettere sottolinea la novità dell'opera, ma afferma tuttavia che l'argomento scelto non gli permette di conferire al suo testo pregi letterari a causa degli innumerevoli termini tecnici che rendono il suo vocabolario molto ricco, ma che nello stesso momento lo escludono dalla letteratura elevata. In questo modo sottolinea il carattere tecnico-scientifico dell'opera che mira di più all'utilità del lettore che al suo intrattenimento.
Lo scritto è frutto di una raccolta di più di ventimila dati tratti da duemila volumi e ripartito in vari libri: il I contiene un indice degli argomenti e un elenco delle fonti; i libri II-VI trattano di cosmologia e di geografia; il VII di antropologia; i libri VIII-XI di zoologia; dal XII al XIX di botanica; dal XX al XXVII di botanica medicinale; i libri XXVIII-XXXII illustrano i medicamenti tratti dal mondo animale. Infine il XXXIII dell'oro e dell'argento; il XXXIV di bronzo, rame, ferro e piombo; il XXXV dei colori minerali; il XXXVI delle pietre e del marmo; il XXXVII delle pietre preziose.
Nell'esposizione Plinio ammassa dati su dati e spesso discute le informazioni e le interpretazioni dei fenomeni naturali che trova nei suoi autori, confuta ciò che non gli pare accettabile e afferma a volte di registrare notizie molto dubbie solo per la completezza. La sua principale preoccupazione sembra non di indagare le cause dei fenomeni, ma di non sprecare nessuna scheda del suo gigantesco archivio selezionando i dati in base alla loro utilità pratica. Il suo interesse si rivolge anche a fatti straordinari, eccezionali e paradossali chiamati mirabilia. Le informazioni riguardanti questi fenomeni sono prelevate dalla letteratura greca a cui Plinio attinge, tramandando notizie curiose e favolose.
Nelle prefazioni e nelle digressioni che Plinio dedica a temi di carattere generale, affiora un accentuato moralismo con la deplorazione della corruzione dei costumi che si accompagnano ai progressi della scienza motivati troppo spesso dall'avidità di ricchezze e dalla ricerca del lusso e del piacere. In queste parti si ritrovano i luoghi comuni corrispondenti a temi diatribici e insieme si riconosce il tradizionalismo romano.
Secondo Plinio la vita dell'uomo va migliorata per mezzo dello studio della natura, ma senza che siano superati i limiti che ci ha posto. Queste prese di posizione sono motivate da timori di tipo superstizioso e dal moralismo che accomuna Plinio a Seneca nell'atteggiamento antitecnologico. Entrambi sono sostenitori della ricerca scientifica, ma biasimano le applicazioni tecniche di essa, in quanto le considerano incentivi all'avidità e all'ambizione, strumenti di lusso e di corruzione morale.
Lo stile dell'opera è vario e discontinuo anche per le diverse fonti a cui attinge: prevale un tecnicismo arido e disadorno, mentre nelle prefazioni, nelle digressioni e nei passi celebrativi di Roma lo stile si fa ricercato e artificioso e il tono si eleva fino all'enfasi declamatoria.
Uno dei primi movimenti d'avanguardia del '900 fu quello del Futurismo, organizzatosi intorno a manifesti teorici che ne regolavano le linee direttive in ogni campo, da quello artistico a quello politico.
Il Futurismo esaltava la macchina, la tecnica, la grande industria, la velocità e l'aggressività cercando di interpretare la nascente tendenza al nuovo, al progresso meccanico e alla modernità.
In questa prospettiva si riflettono gli atteggiamenti di un movimento che celebra e accetta una corrente di pensiero che nel primo '900 si stava diffondendo in tutta Europa, ossia quella del capitalismo imperialistico. Così facendo, il Futurismo, nonostante le sue dichiarazioni antiborghesi, si comporta in realtà come un'avanguardia borghese, ed è proprio in questo che si distingue dalle altre tendenze europee di avanguardia, nelle quali l'aspetto antiborghese è molto più radicato.
Il movimento viene fondato da Filippo Tommaso Marinetti, nato ad Alessandria d'Egitto nel 1876 e morto a Bellagio nel 1944, dopo aver trascorso la sua vita a Parigi. La sua formazione fu influenzata dal naturalismo e dal simbolismo dai quali non riuscirà mai separarsi del tutto.
Marinetti pubblica il manifesto del Futurismo, atto di nascita del movimento, nel 1909, sul giornale francese "Figaro", affermando la necessità di abolire i musei, le accademie e le biblioteche in quanto istituzioni che intendono proteggere i valori della tradizione e del passato. La sua concezione di arte parte dal presente, dalla vita nella città moderna ed essa deve capire ed esaltare la bellezza della velocità e della macchina.La celebrazione del moto, dell'azione, del gesto violento, induce a glorificare la guerra, la virilità e a disprezzare la donna e il femminismo.
Nella prima fase del futurismo, che va dal 1909 al 1912, è molto forte l'influenza del Simbolismo ed è largamente utilizzato il verso libero. Durante il primo periodo, per facilitare la diffusione del movimento, vengono organizzate delle serate futuriste, in cui gli artisti recitano le loro poesie e provocano il pubblico, generando a volte delle risse, a conferma dell'esaltazione della violenza come espressione di vitalità.
Il secondo periodo, dal 1912 al 1915, è caratterizzato dal passaggio dal verso libero alle parole in libertà, che presuppongono la distruzione della sintassi, l'abolizione della punteggiatura, l'uso dei verbi all'infinito, dell'onomatopea e dell'ortografia libera. In questo periodo la macchina non è concepita più come un prodotto artificiale contrapposto a quelli naturali, ma come un modo per far vivere la natura. L'elettricità e la chimica alla base della grande industria, sono risorse naturali. Il corpo stesso è una macchina naturale e deve imparare a divenire sempre più un congegno tecnico-meccanico in grado di sfruttare "l'energia cosmica". In questo modo il mondo industriale e quello naturale non vengono più contrapposti, ma sono concepiti come espressioni di una stessa energia originaria.
Con l'avvicinarsi della prima guerra mondiale la tendenza alla politicizzazione del movimento si accentua e si apre la terza fase del movimento (1915-1920). I futuristi non potendo che essere interventisti, si organizzano in un partito politico oscillando tra posizioni democratiche, antimonarchiche e anticlericali di sinistra e sovversive, coloniali e violente di destra. All'inizio prevalsero le prime portando Marinetti a rompere con Mussolini, ma in seguito presero il sopravvento le seconde e la maggior parte dei futuristi divenne fascista e Marinetti finì segretario della classe di lettere della fascista Accademia d'Italia, entrando a far parte così proprio di una di quelle istituzioni contro cui si batteva. Il Futurismo, ormai diventato uno strumento al servizio del regime, si estingue negli anni '30 quando la carica culturale e politica che aveva apportato agli inizi del secolo è quasi del tutto scomparsa.
Fra gli elementi fondamentali del Futurismo c'è il rifiuto della sacralità dell'arte classica e la sua autonomia rispetto al contesto storico nella quale si inserisce. Secondo i futuristi l'arte dovrebbe essere considerata come un qualcosa di omologo alla società industriale, alla tecnica e alla macchina. Da qui la polemica contro ogni concezione umanistica dell'arte e la proposta di abolire gli insegnamenti classici nelle scuole e il valore estetico di un'opera d'arte con il suo valore economico rendendola mera merce di scambio. Le novità apportate dai futuristi sono il risultato di un analisi obiettiva e realistica del mondo in cui si trovano a vivere. Infatti, si rendono conto che l'uomo moderno è condizionato in modo decisivo dalla presenza delle macchine e colgono l'importanza delle comunicazioni di massa e se ne servono per farsi propaganda, proponendo inoltre un'arte aperta a tutti con cinema e teatri gratuiti e organizzando mostre in piazza.
In un certo senso, si può notare come alcune delle loro intuizioni si siano poi rivelate fondamentali per la vita dell'uomo anche nel XXI secolo a partire dall'importanza che hanno assunto ai giorni nostri i mass media e i mezzi di comunicazioni attraverso i quali ci vengono proposti, non solo nuovi prodotti tramite la pubblicità, ma perfino modi di pensare tramite i programmi televisivi. L'importanza della libertà di accedere alla cultura e all'informazione trova oggi un valido mezzo nel computer e in particolare in internet, grazie al quale in pochi secondi si possono ottenere migliaia di informazioni e anche a chi non è permesso di conoscere la realtà liberamente, come nei paesi governati da regimi dittatoriali, è data una possibilità di accedere al mondo vero tramite un mezzo "virtuale".
Il Futurismo non si limitò a dettare le proprie leggi solamente nella letteratura, ma si estese anche in altri campi artistici, come la pittura e la scultura. In ambito artistico, uno dei più importanti autori futuristi è Umberto Boccioni, che ha realizzato opere futuriste sia in pittura che in scultura.
Egli nasce a Reggio Calabria nel 1882 e, ancora bambino si trasferisce a Roma dove in seguito apprenderà la tecnica divisionista. Nel 1907 si iscrive all'Accademia delle Belle Arti di Venezia, ma subito dopo si trasferisce a Milano. Nei sui primi dipinti affiorano l'uso della tecnica divisionista e riferimenti alla pittura impressionista e post-impressionista. Nel frattempo conosce le opere di Pellizza da Volpedo e nel 1910 incontra Marinetti, aderendo da subito al Futurismo e collaborando alla realizzazione del Manifesto dei pittori futuristi. Richiamato alle armi dalla prima guerra mondiale muore nel 1916.
Uno dei sui più significativi lavori è La città che sale. Il soggetto principale del dipinto è un turbinoso affollarsi di cavalli e di uomini che occupa quasi l'intero campo d'immagine e che lascia scorgere sullo sfondo le alte impalcature di alcuni edifici in costruzione. L'ambientazione è quella della periferia urbana, luogo prediletto dal Futurismo fin dal principio. Altro tema presente è quello del lavoro e infatti il primo titolo dell'opera era per l'appunto Il lavoro. Una febbrile attività anima le figure degli uomini e dei cavalli in primo piano deformandone i corpi in esasperate tensioni muscolari. I loro movimenti sono ulteriormente messi in risalto dall'utilizzo della tecnica divisionista che privilegia l'evidenziazione della componente cromatica, formata da masse di colore che si compenetrano e si scontrano generando un forte effetto dinamico, come se un forte vento attraversasse la scena. L'obiettivo di Boccioni è quello di andare oltre la pura raffigurazione degli oggetti per arrivare ad un livello più altro della comunicazione, ossia quello dell'espressione diretta di una sensazione, di un'emozione o di uno stato d'animo.
Simultaneità, sintesi tra visione ottica e
mentale, scomposizione ed espansione delle forme nello spazio circostante sono
tra i principi che boccioni tenta di trasporre nella scultura a partire dal
1912, anno in cui pubblica il Manifesto
tecnico della scultura futurista. Un esempio di questo suo sforzo è dato
dalla scultura in bronzo Forme uniche
nella continuità dello spazio. L'opera ci suggerisce l'idea di una possente
figura che avanza a grandi passi nervosi. Come in una fotografia mossa, la scia
dei corpi che sembra solidificarsi nello spazio contribuisce a creare la
sensazione stessa del movimento. I profili sinuosi e ininterrotti ampliano la
figura oltre i suoi limiti volumetrici e la sensazione che ne deriva è di una
vorticosa dinamicità e di grande astrazione. Il nuovo soggetto artistico della
scultura di boccioni non è più basato sulla consuetudine di assomigliare a
qualcos'altro, ma si fonda sulla propria autonoma bidimensionalità, intesa come
sintesi delle tre dimensioni in un incessante svolgersi nello spazio di forme e
forze.
Karl Raimund Popper nasce nel 1902 a Vienna da genitori ebrei, studia metafisica e fisica e si laurea in Filosofia nel 1928. Per un breve periodo nel 1919 aderisce al comunismo, ma se ne allontana dopo un violento scontro tra polizia e operai e abbandona il marxismo in quanto teoria dogmatica. Nel 1937, poco prima dell'annessione dell'Austria da parte di Hitler, Popper emigra in Nuova Zelanda, dove gli è offerta una cattedra e stringe amicizia con il neurofisiologo John Eccles. Nel 1946 si trasferisce in Inghilterra per insegnare alla London School of Economics, dove nel 1949 diventa professore di Logica e metodologia scientifica. Nell'ottobre del 1946, in occasione di una sua conferenza a Cambridge, ha un contrasto con Wittgenstein; nel 1950 si reca negli Stati Uniti a tenere le William James Lectures a Harvard e, in questa occasione, si incontra con Einstein a Princeton; nel 1961 partecipa a un dibattito in Germania sul metodo della sociologia con Adorno ed altri esponenti della Scuola di Francoforte.
Il suo primo bersaglio polemico fu il Positivismo o, meglio, le pretese dei Neopositivisti di considerare valido solo quel che è verificabile con l'esperienza. Egli si occupò anche di politica e di molti altri problemi, su cui espresse sempre la sua originale opinione. Nella Logica della scoperta scientifica, egli ritiene di aver risolto un problema filosofico fondamentale, quello della induzione (il passaggio dal particolare al generale) e lo ha risolto affermando che l'induzione non esiste, e la concezione opposta è solo un errore. L'induzione si intende in due modi: induzione per enumerazione o ripetitiva ed induzione per eliminazione, entrambi per Popper non validi. La prima consiste di osservazioni spesso ripetute, le quali dovrebbero fondare qualche generalizzazione della teoria. Dunque l'induzione per enumerazione è fuori causa: non può fondare nulla. D'altro canto, l'induzione eliminatoria si fonda sul metodo della eliminazione o confutazione delle teorie false. Bacone e Stuart Mill, asserisce Popper, credevano che, eliminando tutte le teorie false, si potesse far valere la teoria vera, ma non si rendevano conto che il numero delle teorie rivali è infinito anche se, di regola, in ogni momento particolare possiamo prendere in considerazione un numero finito di teorie. Dunque l'induzione non esiste ed è un errore pensare che la scienza empirica proceda con metodi induttivi. Di solito si afferma che una inferenza è induttiva quando procede da asserzioni singolari (quali i resoconti dei risultati di osservazioni o di esperimenti) ad affermazioni universali, quali ipotesi o teorie. Il non aver mai visto cigni non-bianchi ha portato l'uomo ad effettuare un'induzione, a sostenere che tutti i cigni fossero bianchi, ma ci si è accorti che esistevano anche, nei Paesi orientali, cigni neri. Connessa alla teoria dell'induzione, vi è secondo Popper l'altra idea per cui la mente del ricercatore dovrebbe essere una mente priva di presupposti, di ipotesi, di sospetti e di problemi, insomma un foglio bianco su cui verrebbe poi a rispecchiarsi il libro della natura. Questa idea è chiamata da Popper osservativismo ed è secondo lui un mito. La realtà è che l'osservazione è sempre orientata da aspettazioni teoriche : in altri termini, allo scopo di osservare, dobbiamo avere in mente una questione ben definita. E questo qualcosa sono le ipotesi o congetture o idee o teorie che si inventano per risolvere i problemi. La mente sgombra da pregiudizi non è, dice Popper, una mente pura poichè essa sarà soltanto una mente vuota. Noi operiamo sempre con teorie, anche se spesso non ne siamo consapevoli.
Per Popper la ricerca non parte da osservazioni ma da problemi e per risolvere i problemi occorre l'immaginazione creatrice di ipotesi o congetture; c'è bisogno di creatività, della creazione di idee 'nuove e buone' alla soluzione del problema ed è qui necessario tracciare una distinzione tra contesto della scoperta e contesto della giustificazione. Le idee scientifiche non hanno fonti privilegiate: possono scaturire dal mito, da metafisiche, dal sogno, dall'ebbrezza, ecc., ma quel che importa è che esse vengano provate di fatto. Ed è ovvio che, allo scopo di esser provate di fatto, le teorie scientifiche debbano essere provabili o controllabili di principio. Da questo si vede che una teoria deve essere falsificabile, deve essere cioè tale che da essa siano estraibili conseguenze che possono venire confutate, cioè falsificate dai fatti. Se infatti da una teoria non è possibile estrarre risultati derivanti da un ragionamento, essa non è scientifica. Inoltre, per quante conferme una teoria possa aver avuto, essa non è mai certa e definitiva, in quanto il prossimo controllo potrebbe smentire la teoria. In effetti, esiste una asimmetria logica tra la verificazione e la falsificazione: miliardi di conferme non rendono certa una teoria mentre un solo fatto negativo falsifica, dal punto di vista logico, la teoria. E' su questa asimmetria che Popper inserisce il suo principio metodologico della falsificabilità: siccome una teoria, per quanto confermata, resta sempre smentibile, allora bisogna tentare di falsificarla, perché prima si trova un errore e prima lo si potrà eliminare con l'invenzione e la prova di una teoria migliore di quella precedente. Il criterio di falsificabilità non vuole essere un criterio di dimostrazione come il principio di verificazione dei Neopositivisti (per i quali è valido ed ha senso solo quel che è verificabile, altrimenti non ha appunto senso e quindi non è accettabile) ma soltanto di demarcazione tra asserzioni empiriche e asserzioni che empiriche non sono. Inoltre dire di un asserto che non è scientifico non implica affatto che esso sia insensato. Dunque anche dal punto di vista psicologico la ricerca è impossibile senza idee metafisiche, quali potrebbero essere, ad esempio, le idee di realismo, di ordine dell'universo o di causalità. Da un punto di vista storico si vede che talvolta idee che prima appartenevano alla metafisica possono essere confermate dalle scoperte scientifiche. Alcune idee metafisiche sono state a volte d'aiuto, nel portare ordine nell'immagine che l'uomo si fa del mondo e, in alcuni casi, possono aver portato a predizioni poi verificate. Tali teorie metafisiche, sebbene empiricamente inconfutabili, possono essere criticabili perché esse non sono asserzioni isolate, ma sono collegate, si basano, presuppongono o sono incompatibili con altre teorie o situazioni problematiche.
Popper fu anche famoso
per le sue aspre critiche a marxismo, psicoanalisi e storicismo. La critica di
fondo a queste teorie da parte di Popper è quella di essere organizzate in modo
tale da sfuggire al rischio della falsificazione. Esse sono dottrine omni-esplicative
e a 'maglie larghe' ossia non suscettibili di sufficiente
falsificabilità oppure dirette a 'parare' le prove di falsificabilità
con continue 'ipotesi di salvataggio'. Popper ribadisce invece che
una teoria che non può venir confutata da nessun evento concepibile non è
scientifica. Per quanto riguarda poi lo storicismo, egli specifica che per
' storicismo ' intende tutte quelle teorie che hanno preteso di
cogliere il senso globale, oggettivo della storia, ovvero una sorta di destino
cui gli individui dovrebbero uniformarsi, accettando la direzione di marcia
della società, in tal modo svelata o profetizzata. Popper ritiene invece che
non esista un senso della storia precostituito rispetto alle interpretazioni e
alle decisioni umane poiché la storia assume il senso che gli uomini le danno.
Né la natura né la storia possono dirci che cosa dobbiamo fare, essendo noi
stessi ad introdurre finalità e significato nella natura e nella storia.
Inoltre quando lo storicismo crede di poter prevedere il futuro 'inevitabile',
dimentica che una previsione, per essere veramente scientifica, deve basarsi su
una legge e non su una tendenza. In altre parole, gli storicisti non pongono
mente al fatto che la validità delle tendenze, che sono 'affermazioni
storiche singolari', presuppone il persistere di certe condizioni iniziali
specifiche. Una società aperta è per Popper quella che è basata sull'esercizio
critico della ragione, una società che non solo tollera ma stimola, all'interno
e attraverso le istituzioni democratiche, la libertà dei singoli e dei gruppi,
in vista della soluzione dei problemi sociali, cioè in vista di continue
riforme. Questo non vuol però dire che il democratico, proprio perché tale,
debba accettare l'ascesa al potere dei totalitari. La domanda da farsi non è
per Popper 'Chi deve comandare?' bensì :'Come è possibile
controllare chi comanda e sostituire i governanti senza spargimento di
sangue?'. E' questa l'impostazione di chi costruisce, perfeziona e difende
le istituzioni democratiche a favore della libertà e dei diritti di ognuno e
quindi di tutti. Affiora così il tema della libertà , centrale in Popper, il
quale, non a caso, può essere considerato uno dei massimi esponenti del
liberalismo.
Durante la seconda Guerra mondiale gli eserciti di entrambi gli schieramenti chiesero l'aiuto dei migliori scienziati per realizzare nuove invenzioni che avrebbero aiutato le truppe sui campi di combattimento durane le varie operazioni militari.
Molte di queste invenzioni, negli anni successivi, verranno perfezionate e il loro utilizzo verrà protratto fino ai giorni nostri. Alcune di loro però non rimarranno confinate al campo bellico, ma verranno utilizzate anche per scopi civili entrando nella vita quotidiana delle persone.
Fra le prime importanti invenzioni c'è quella della piattaforma inerziale, realizzata dall'elettrochimico Charles Draper, che durante i suoi lavori al Massachussetts Istitute of Tecnology, sviluppa l'idea del giroscopio per realizzare il primo sistema di navigazione automatica, detto 'piattaforma inerziale', e basato su tre accelerometri montati su una piattaforma resa stabile da tre giroscopi che segnalano le deviazioni di un aereo sui tre assi.
La televisione
commerciale era nata da poco (nel 1929) quando l'inventore americano Goldmark
realizza a New York con la CBS la prima trasmissione televisiva a colori con un
metodo da lui ideato.
Il sistema, basato sulla sequenza dei campi dei tre diversi colori in cui è
scomposta l'immagine, verrà successivamente superato e sarà sostituito nel 1949
da quello sviluppato da Sarnoff in cui l'informazione viene divisa in due
segnali: la luminanza (variazioni del bianco e del nero) e la crominanza
(variazione dei tre colori associati all'elemento di immagine) risultando
inoltre compatibile con un ricevitore in bianco e nero.
Il
fisico americano Frederick Hunt approfondisce nel 1934 i fenomeni di
riverberazione, con i quali una frazione d'energia di un'onda sonora, che
incontra un elemento di discontinuità nell'acqua (un oggetto, il fondale o la
superficie di separazione acqua-aria) ritorna alla sorgente dell'onda. Nel 1941
Hunt viene messo a capo del laboratorio di acustica sottomarina di Harvard,
dove l'anno seguente realizza il primo sonar (radar acustico subacqueo), così
chiamato dalle iniziali 'SOund Navigation And Ranging'
(navigazione e determinazione delle distanze con il suono). Il sonar si
rivelerà uno strumento decisivo nelle operazioni navali, nella guida dei
sommergibili e dei siluri. Lo stesso Hunt svilupperà anche il sistema di
radioguida acustica dei siluri, con cui questi ordigni possono localizzare da
sé il bersaglio e dirigervisi contro, evitando che la loro direzione debba
essere impostata al momento del lancio. Il sonar può essere attivo (quando
emette onde sonore e ne raccoglie gli echi) o passivo (quando si limita a
ricevere onde emesse da altre sorgenti). Il primo permette di valutare la
direzione e la distanza dell'oggetto, ed è usato soprattutto dalle navi di
superficie, il secondo permette di valutare solo la direzione, ed è usato
soprattutto dai sottomarini, a meno che correnti o tempeste lo rendano
inefficace e costringano all'uso di quelli attivi.
Il sonar è completato da un dispositivo di visualizzazione tipo P.P.I., nel
quale la nave emittente è simboleggiata nel centro del quadrante e l'ostacolo è
materializzato da una marca luminosa. Il sonar è usato anche per i siluri
filoguidati, pilotati in un primo momento dai marinai sulla nave (che seguono
la direzione del missile con il dispositivo P.P.I.) attraverso un cavo che
trasmette impulsi elettronici ai timoni del siluro, ed in un secondo momento,
prima dell'impatto, da un sonar sistemato sulla cima del siluro.
Oggi è usato anche dalle flotte di pescherecci per individuare e seguire i
branchi di pesci e per ricercare relitti sommersi od individuare eventuali
iceberg.
Dall'isoletta di Peemenuende sul Baltico l'ingegnere tedesco Wernther von Braun fa volare la prima V2, primo razzo a propellente liquido pilotato automaticamente. Le V2 (dall'iniziale della parola 'Vergeltungswaffe', arma di rappresaglia) sono state sviluppate da von Braun come 'arma della vendetta di Hitler' nella speranza di rovesciare le sorti ormai compromesse del conflitto. Complessivamente saranno lanciate quasi tremila V2, di cui 2.792 raggiungeranno i territori nemici. La V2 pesa 13 tonnellate di cui quasi 9 di combustibili (alcol e ossigeno liquido); ha una velocità massima di 5.000 km/h, il raggio di azione è di 300 km. Dopo il decollo, a 100 km di quota il motore si spegne e la V2 inizia una traiettoria parabolica verso il bersaglio. Un sensore radio aziona il detonatore a tre metri dal suolo per sviluppare la massima forza d'urto. Per la sua traiettoria e per la sua velocità di caduta supersonica la V2 era assolutamente inarrestabile ed il suo arrivo non poteva essere avvertito con i mezzi di avvistamento ed identificazione esistenti allora.
Nel deserto di Jornada del Muerto presso Alamogordo nel Nuovo Messico, alle cinque e mezzo del mattino, esplode la prima bomba atomica della storia (ordigno che sfrutta l'energia liberata dalla fissione dei nuclei di uranio o di plutonio), realizzata nell'ambito del Progetto Manhattan diretto da Oppenheimer. Fermi lancia in aria alcuni pezzetti di carta e dallo spostamento che ricevono dall'onda d'urto calcola a mente la violenza dell'esplosione: 17mila tonnellate di tritolo. Meno di un mese più tardi, il 6 agosto 1945, la prima bomba atomica usata in guerra sarà fatta esplodere dagli Stati Uniti sulla città giapponese di Hiroshima; il 9 agosto su quella di Nagasaki. L'Urss realizzerà la sua prima bomba atomica il 23 settembre 1949. La prima bomba H o bomba a fusione, che utilizza idrogeno per ottenere una fusione nucleare sarà fatta esplodere dagli Stati Uniti il primo novembre 1952, sull'atollo di Eniwetok nel Pacifico, ad opera di un gruppo di fisici diretti dall'ungherese-americano Edward Teller e nove mesi dopo anche l'URSS realizzerà la sua bomba-H.
Appunti su: tesina le invenzioni derivate dalla guerra, xxxvdei sidesi, xxxvdei, |
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