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IL GRUPPO 63
Il Gruppo 63 prende il nome dall'anno in cui fu costituito. Ne fecero parte critici, poeti e narratori, che caratterizzarono il movimento con un'intensa interculturalità.
Chi visse in quegli anni fu testimone di una di quelle rare fortunate congiunzioni: l'allineamento degli astri di Papa Giovanni XXIII, di John Fitzerald Kennedy e di Nikita Kruscev ai vertici rispettivamente dei "tre imperi": la Chiesa cattolica, gli Stati Uniti e l'allora Unione Sovietica.
Lo stimolo proveniente da queste tre personalità è consistito in una straordinaria capacità di alimentare l'immaginazione delle persone e di stimolarne le tendenze innovatrici verso una società migliore e in direzione, in tempi di Guerra Fredda, di un allentamento della tensione tra gli schieramenti. In conseguenza di ciò, gli anni Sessanta furono a livello mondiale indiscutibilmente un periodo di grande fermento. Nel giro di 16 mesi, tra il 1963 e il 1964, questi uomini straordinari sarebbero tutti scomparsi dalla ribalta della Storia.
Il 1963 coincide, quindi, con il punto di maggior spinta per la comunità occidentale, nel periodo successivo alla II Guerra Mondiale. Una spinta, che proprio in quell'anno si interruppe per portare di nuovo velocemente il mondo nell'oscurità di una spirale di conflitti sociali e bellici esasperati.
Anche in Italia la curva dell'economia, che nel secondo dopoguerra aveva preso "miracolosamente" a ergersi dalle rovine del conflitto, cominciò a flettere. Di lì a poco il boom avrebbe invertito la tendenza per trasformarsi, a fine decennio, nel lungo periodo di conflittualità sociale che portò il paese sull'orlo della guerra civile.
IL PANORAMA CULTURALE
L'entusiasmo sperimentato dai componenti del Gruppo 63 rifletteva la genuina ricerca che stava prendendo corpo in tutto il mondo, di un nuovo stile di vita e di pensiero, in opposizione alle resistenze di coloro che si sentivano impegnati nella conservazione dei valori e nelle abitudini di un'Italia contadina e paesana e nella difesa degli interessi di gruppi radicati nel tessuto socio-economico.
Le istanze del movimento si contrapponevano a una "conservazione culturale" che ruotava intorno alla classe intellettuale uscita dalla guerra - Calvino, Bassani, Morante, Moravia - che occupavano posti di controllo nell'industria culturale, nelle case editrici e nelle università. Le loro posizioni, che sviluppavano sulle riviste «Officina» e «La Voce», risentivano dell'influsso dei principi estetici del comunismo sovietico. Erano considerati intoccabili, sia in campo letterario, perché costituivano la main stream della letteratura italiana del secondo Novecento, ma anche per quello che rappresentavano come intellettuali, la parte di valore di un'Italia che era sopravvissuta alle angherie del Ventennio, da cui era riemersa con una patina di istituzionalità.
Il Gruppo 63, appoggiandosi al giornale "Il quindici", non metteva in discussione la "qualità" dei testi o la statura dei personaggi, ma la conformità delle tematiche del Neorealismo o del Crepuscolarismo alla mutata situazione della società, all'avvento dei mezzi di comunicazione di massa, a un nuovo paradigma tecnico-scientifico, in Italia e in rapporto al resto del mondo. Gli si imputava di non essersi accorto della nascita dei nuovi linguaggi del giornalismo, della pubblicità e della televisione, del conseguente sviluppo della lingua italiana, della crescita abnorme che stava interessando la piccola borghesia.
In contrapposizione ai personaggi "popolari" che animavano i romanzi precedenti, i neoavanguardisti si mettono in gioco in prima persona (Guglielmi), con dei personaggi borghesi: i personaggi si aggirano spesso senza una trama, spostandosi per l'Europa da un festival di letteratura alla prima di un'opera lirica, a un set cinematografico, tenuti insieme da una fitta conversazione. I loro discorsi vertono a trasmettere le teorie critiche dell'autore.
Per contro, gli intellettuali che costituivano la cosiddetta egemonia culturale accusavano i neoavanguardisti di essere la voce del neocapitalismo, di perseguire in realtà una scalata al "potere". Inoltre interpretavano la consuetudine di confrontare e discutere il proprio lavoro in corso d'opera con gli altri componenti del Gruppo come una forma di promiscuità, una mancanza di pudore.
Cultura dominante, in Italia, espressione della linea degli intellettuali chiamati a collaborarvi, era però anche la giovane Televisione di Stato, con il «Festival di San Remo» , prototipo del nazional popolare; la trasmissione televisiva «Canzonissima», condotta da Tino Buazzelli e Sandra Mondani: questa era l'"egemonia culturale" nella quale ai neoavanguardisti premeva di entrare.
E cultura dominante era l'istituto tutto italiano della censura, che imperversava soprattutto nel mondo dello spettacolo, protagonista, grazie al cinema italiano, di un momento di grande successo sulla scena internazionale.
L'altro argomento di contrapposizione nei confronti degli scrittori main stream era un atteggiamento di distacco dall'impegno politico, in direzione di un'avanguardia astorica, aideologica e disimpegnata.
Questa linea prevalse nel gruppo fino al 1967, quando l'atmosfera venutasi progressivamente a creare nel clima di crescente conflittualità, contribuirono a renderla insostenibile.
Come si vede, il mondo internazionale della cultura era ovunque squassato da fermenti di rinnovamento (Pop art, Musica pop con i Beatles, i Rolling Stones e Bob Dylan, Beat genetarion con Kerouak), che però non agivano uniformemente con la stessa forza in tutte le espressioni dell'Arte. Ma il momento di transizione e di sviluppo culturale trovava riscontro nei cambiamenti che stavano avvenendo in tutto il mondo a livello sociale, politico ed economico.
Purtroppo anche la situazione in Viet-Nam si stava evolvendo rapidamente. Il "Papa buono" che l'11 aprile aveva diffuso l'enciclica Pacem in terris, si spense il 3 giugno. Il 16 giugno ci furono delle clamorose proteste a Saigon e le immagini di un monaco buddista che si era dato fuoco sulla pubblica piazza fecero il giro del mondo; il 22 novembre anche John Kennedy, presidente degli Stati Uniti, fu assassinato. Lo scoppio del conflitto in Indocina acutizzò le contraddizioni della Guerra Fredda e l'Italia prese presto coscienza della propria posizione geopolitica, schierata sulla frontiera Est-Ovest, aggravata da inconfessabili tensioni anticostituzionali interne. Ovunque, il fermento culturale era destinato a evolversi in uno scontro sociale e politico.
In Italia il basso tasso di scolarizzazione fa della letteratura un'attività borghese d'élite, mettendola al riparo dall'interessamento pruriginoso della censura, che si scatena invece sul cinema (La ricotta di Pasolini, 1963) e sul teatro.
Nel 1964 proprio Pier Paolo Pasolini pubblicherà un intervento, dal titolo Nuove questioni linguistiche, in cui descrive la situazione della lingua italiana organizzata su tre linee identificative: una media, corrispondente ad opere d'intrattenimento e d'evasione; una bassa, corrispondente alla prosa e alla poesia dialettale e una alta, della letteratura di valore. Quest'ultima a sua volta graduata a partire da un apice, costituito dal linguaggio iperletterario degli ermetici e della poesia, fino ad arrivare all'italiano medio dei Cassola, Calvino, Bassani, Moravia.
Gli autori del Gruppo 63, si pongono in antitesi a questa linea dell'italiano medio, su posizioni sperimentali e di rottura che privilegiano la ricerca del linguaggio verso uno scardinamento di ogni struttura sintattica e semantica. "La lingua è uno strumento espressivo che dice sempre il contrario di quel che dice", "fortemente significativa nella sua apparente insignificanza" (Guglielmi). Risaltano inoltre come caratteristici il rapporto tra uomo e tecnica ed evoluzione scientifica e l'approccio multidisciplinare che si realizza attraverso il contatto con la musica, col l'architettura, con la psicanalisi. In alcune poesie possiamo infatti anche trovare spunti che riconducono alla teoria di Sigmund Freud.
LO SCIOGLIMENTO
L'esperienza di «Quindici» fu intensa ma molti dicono che il Gruppo 63 aveva già esaurito la sua parabola. Si sciolse - ancor prima che la rivista, nel 1969 chiudesse i battenti - di fronte alla chiamata a un impegno civico che per alcuni dei componenti era divenuto prioritario e ineludibile. Ma la realtà è che anche in Italia il confronto generato dalle spinte innovatrici, dal piano della cultura, era scivolato sul piano della politica, per degenerare nello scontro.
Obiettivamente, era cambiato anche il contesto economico mentre, sul piano delle "tecniche", si andava sviluppando uno scenario nuovo, intorno alla diffusione sempre più palpabile dell'elettronica e dell'informatica.
Il Gruppo 63 rimase pertanto legato alle condizioni sociali ed economiche di un'Italia del boom economico, di un progetto che non si poté mai realizzare completamente, e di un rinnovamento intellettuale di cui costituì, in letteratura, il fenomeno più fecondo.
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