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Sciocchezza, Menzogna, Stronzata: un saggio filosofico




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Sciocchezza, Menzogna,  Stronzata: un saggio filosofico







Nota


L'argomento che ho trattato non è una stupidaggine o una provocazione, né tanto meno vuole essere un volgare modo per generare ilarità o disgusto nella commissione d'esame. .

Ho letto un libro di un filosofo americano e ne sono rimasto colpito. Ho preso spunto dall'argomento che trattava e ho costruito la mia tesina.

Ho affrontato questa materia perché credo fermamente che oggi sia centrale nella nostra società: il disgustoso, l'orrido, il volgare sono cose che appaiono quotidianamente davanti i nostri occhi. Trattare di questi temi non è certamente facile, tanto meno davanti una commissione d'esame, ma ritengo sia fondamentale affrontare tutti i problemi che la contemporaneità ci presenta. Se la società ci intrattiene con le logiche della ripugnanza, per conoscere e ovviare ai problemi che essa prospetta, bisognerà parlare senza timore alcuno della realtà così com'è.

Costruire una società migliore significa innanzitutto conoscerla e la conoscenza a volte passa per strade sporche e sterrate.


Sotto la spinta del corpo docente, ho censurato la parola che rappresenta il centro della mia ricerca. Non ho mai amato la censura, l'ho sempre ritenuta una negazione della libera dialettica: censurare le parole è sempre qualcosa di sbagliato, anche se queste possono ledere la coscienza comune.


Tuttavia ho ponderato l'importanza dell'opinione del corpo docenti, che - doverosamente lo sottolineo - mi ha comunque permesso di esprimere le mie posizioni.


Per questo li ringrazio.


Luca Amorello


















'One of the most salient features of our culture is that there is so much bullshit.'

Harry Frankfurt

Introduzione


Una delle caratteristiche principali della nostra società è la quantità di Stronzate in circolazione. Tutti danno il loro contributo pur non avendo una chiara consapevolezza di cosa siano le Stronzate, perché ce ne siano così tante o quale funzione svolgano.


La parola Stronzate è spesso usata con troppa libertà, come generica affermazione volgare volta all'insulto, senza però uno specifico significato letterale.


La Sciocchezza ed il suo rapporto con la menzogna


Per definire meglio che cosa siano in realtà le Stronzate è necessario in primo luogo definire il significato di sciocchezze, termine molto vicino a quello preso da noi in esame anche se non sempre liberamente e pienamente intercambiabile.


Une definizione formale delle sciocchezze può essere riassunta in:


SCIOCCHEZZE: falsa rappresentazione ingannevole, pur senza giungere alla menzogna, soprattutto per mezzo di parole o atti pretenziosi, dei propri pensieri, sentimenti o atteggiamenti¹.


Tale definizione può valere anche per il termine da noi preso in esame, ma prima è necessario commentare i vari elementi della definizione suddetta.


Falsa rappresentazione ingannevole Innanzitutto le sciocchezze hanno necessariamente lo scopo volontario di ingannare. In questo l'essenza delle sciocchezze è simile a quello delle menzogne: le sciocchezze richiedono infatti che il bugiardo faccia la propria affermazione con la precisa intenzione di ingannare.


Pur senza giungere alla menzogna. Le sciocchezze pur avendo alcune delle caratteristiche distintive delle menzogne, mancano di altre. Le menzogne e le sciocchezze sono modi di una falsa rappresentazione.


Soprattutto per mezzo di parole o atti pretenziosi Le sciocchezze non solo sono una categoria del discorso, ma anche una categoria dell'azione; possono essere attuate sia con l'utilizzo della parola, sia con l'atto vero e proprio. Essendo inoltre nell'enunciato implicata la parola soprattutto bisogna ricordare che non tutte le sciocchezze, così come non tutte le Stronzate, sono di carattere pretenzioso.


.dei propri pensieri, sentimenti o atteggiamenti. Se una persona rappresenta falsamente qualcosa, sta inevitabilmente fornendo una falsa rappresentazione del proprio atteggiamento mentale Supponiamo infatti che una persona, dicendo una bugia o una sciocchezza, dia una falsa rappresentazione di qualcosa. Egli necessariamente rappresenterà falsamente almeno due cose: ciò di cui sta parlando - l'oggetto o il referente del discorso - e così facendo fornirà una falsa rappresentazione del suo animo. Se tale bugia ha effetto allora la vittima viene ingannata due volte: ha una falsa credenza sia sull'oggetto protagonista del discorso, sia su ciò che il bugiardo ha in mente.


Da questa analisi possiamo cogliere lo scopo delle sciocchezze, ossia quello non di offrire agli interlocutori una falsa credenza riguardo allo stato di cose di cui si parla, ma piuttosto di offrire agli interlocutori una falsa impressione su ciò che ha in testa colui che parla.

Questa ipotesi spiega perché le sciocchezze non giungono alla menzogna: con esse si offre una falsa rappresentazione delle mie credenze non formulando alcuna dichiarazione su ciò che è nella mia mente.


Pensiamo a Silvio Berlusconi (di esempi così ce ne sono a migliaia in Italia) quando nel 2006 tenne un convegno di Comunione e Liberazione dicendo:


"La libertà è l'essenza dell'uomo, è l'essenza della sua mente e del suo cuore, l'essenza della sua intelligenza e dei suoi sentimenti, la libertà e ciò che sta alla base della sua capacità di amare, di creare, di fare; e l'uomo non è uomo se non è libero, perché Dio l'ha voluto così e l'ha voluto libero"


Si tratta indubbiamente di sciocchezze. Berlusconi però non sta mentendo; mentirebbe soltanto se avesse lo scopo di diffondere nel pubblico credenze da lui stesso considerate false. A lui però non importa nulla di ciò che pensa la gente sull'essenza dell'uomo, sul suo cuore, sulla sua capacità di amare e via dicendo. Egli attraverso queste affermazioni vuole soltanto comunicare una certa idea di sé. Non cerca di ingannare nessuno riguardo al principio della libertà, ciò che gli importa è quello che pensa la gente di lui. Vuole infatti che venga considerato un amante dei principi liberali, uno che apprezza la Religione, che è sensibile alla libera volontà dell'uomo e che si fa interprete di tutto questo.


Questo valga per la definizione di sciocchezza che comunque non può cogliere in maniera adeguata e accurata la natura essenziale delle Stronzate, anch'esse comunque falsa rappresentazione della realtà.


Stronzate: prodotti volgari o raffinati?


Le Stronzate possono essere assimilate come prodotti linguistici scadenti e realizzati con incuria. Gli escrementi non vengono progettati né tanto meno lavorati; sono semplicemente emessi e scaricati. Possono essere tra loro più o meno coerenti ma di sicuro non subiscono alcuna forma di lavorazione. Ma è sempre così?


I campi della pubblicità, delle pubbliche relazioni e della politica sono pieni di Stronzate tanto assolute da essere ormai diventati indiscussi modelli concettuali. Questi settori sono pieni di professionisti che - tramite l'aiuto delle tecniche e delle ricerche di mercato, dei sondaggi, dei test psicologici - mettono ogni cura nella scelta delle parole e delle immagini più appropriate cercando sempre in qualche modo di passarla liscia o come scrisse Umberto Eco nella sua rubrica "La Bustina di Minerva" de L'Espresso:


'Chi pronuncia Stronzate confida anche nella debole memoria del suo uditorio'


L'importanza del linguaggio per Wittgenstein


Wittgenstein dedicò gran parte delle sue energie nell'ossessiva analisi del linguaggio ordinario identificando e combattendo quelle che lui stesso considerava forme linguistiche di nonsenso. Ciò si rifletteva naturalmente anche nella sua vita personale. Così in un aneddoto raccontato da Fania Pascal, una sua amica all'Università di Cambridge negli anni Trenta dice:


Mi avevano tolto le tonsille ed ero all'ospedale, abbattuta e depressa. Wittgenstein mi venne a trovare. Gracchiai: << Mi sento come un cane che è stato investito da una macchina >>. Lui ne fu disgustato: << Lei non sa come si sente un cane che è stato investito da una macchina >>.²


Che cosa Wittgenstein considera così rivoltante del racconto fatto dall'amica?

Pascal effettivamente non sa nulla di come si sentano i cani investiti da un automobile, ma nel dire ciò non sta comunque mentendo (Avrebbe infatti mentito se avesse fatto questa affermazione nel momento in cui fosse consapevole di stare benissimo).


Ma Wittgenstein non intende accusare l'amica di mentire, ma di rappresentare qualcosa in modo falso. Fania non ha una vera conoscenza della sensazione a cui la sua frase si riferisce ma al contempo non è una frase priva di senso per lei. Pascal vuole comunicare con essa alcuni aspetti della qualità della sensazione. Il problema però è che quest'affermazione vuole comunicare qualcosa in più rispetto alla semplice informazione relativa al suo malessere. Lei distingue la sensazione che prova in maniera troppo specifica; non si sente genericamente male, ma secondo quanto dice, ha la distinta brutta sensazione che ha un cane quando viene investito.

Per Wittgenstein questa è una mera Stronzata.


Wittgenstein reagisce così perché percepisce in quello che dice Pascal, nessun legame con un interesse per la verità. La sua affermazione non ha dunque nessuna attinenza con la volontà di descrivere la realtà.

Lei architetta e inventa la descrizione delle sue sensazioni ed è per questa sua superficialità che Wittgenstein la rimprovera. Ciò che più lo disgusta è quindi che Pascal non si preoccupi minimamente della verità della sua affermazione. Pascal offre così la descrizione di un certo stato di cose senza sottomettersi alle costrizioni imposte dall'impegno di fornire un accurata descrizione della realtà. La sua colpa non è di non essersi espressa con esattezza, ma di non averci nemmeno provato.


Per Wittgenstein l'affermazione di Pascal non ha nessun legame con un interesse per la verità . Ecco perché non può essere considerata una bugiarda: perché non presume di sapere la verità e pertanto non può deliberatamente diffondere una proposizione che lei presume falsa. La sua affermazione non si fonda né su una credenza vera né su una credenza falsa.


Ed è proprio questa assenza di legame con un interesse per la verità che essenzialmente caratterizza le Stronzate.


Menzogna e Bluff


Prendiamo in considerazione i versi del Cantos LXXIV di Ezra Pound:


<< Hey Snag wots in the bibl'?

Tot are the books ov the bible?

Name'em, don't bulshits ME. >>³


<< Hey Snag, cosa c'è nella bibbia?

Quali sono i libri della bibbia?

Dimmeli, non raccontare Stronzate a ME. >>


Questi versi sono un appello a mostrare i fatti. Il destinatario deve aver evidentemente sostenuto di conoscere la Bibbia ma chi parla sospetta che in realtà quelle dette da Snag siano in realtà parole vuote. Sospetta dunque che ci sia un bluff e ha la pretesa di conoscere i fatti per come stanno.


La connessione tra Stronzata e bluff è esplicitamente affermata nella definizione del verbo to bullshit:


[Bulshits] Come v. tr. e intr., raccontare sciocchezze (a qualcuno); [.] anche, cavarsela con un bluff raccontando sciocchezze.


Il raccontare Stronzate appare dunque molto più vicino al bluff che alla menzogna. Ma qual è la differenza fondamentale tra i due?


Mentire e bluffare sono entrambi forme di falsa rappresentazione e di inganno. Ora il punto centrale per distinguere la natura della menzogna è quello della falsità: qualcuno che dice una bugia e colui che, come abbiamo già detto, diffonde deliberatamente una falsità.

Il bluff, pur avendo anch'esso il fine di comunicare un asserzione falsa, è specificatamente qualcosa che ha a che fare più con la contraffazione che con la falsità. Ed è proprio questo che spiega la sua vicinanza alle Stronzate in quanto la loro natura non sta nell'essere false, ma nell'essere finte.


Per comprendere questa differenza bisogna riconoscere che un oggetto contraffatto o finto non deve essere per forza inferiore al suo corrispettivo autentico. Può essere perfettamente funzionante e funzionale e può presentarsi come una copia esatta. Ciò che non può essere contraffatto non è il suo aspetto, ma il modo in cui è stata prodotta.


Così le Stronzate anche se vengono prodotte senza alcun interesse per la verità, non è detto che siano per forza false.


Menzogna / Stronzata


Nel Romanzo "Una sporca storia" di Eric Ambler, un personaggio, Arthur Abdel Simpson, ricorda i consigli che da bambino aveva ricevuto dal padre:


Anche se avevo solo sette anni quando mio

padre venne ucciso, me lo ricordo bene, e anche

alcune cose che diceva [.]. Uno dei suoi primi

insegnamenti fu: << mai dire una bugia quando

puoi cavartela a forza di Stronzate >>.


Tale frase non solo presuppone una differenza tra le Stronzate e le menzogne, ma anche che le prime siano preferibili alle ultime. Il padre del protagonista ritiene forse che più facile passarla liscia raccontando Stronzate invece che mentendo, e intendeva dire, nonostante il rischio di essere colti sul fatto sia all'incirca lo stesso, le conseguenze sono molto meno gravi per chi racconta Stronzate che per il bugiardo.


Questo è il classico atteggiamento che la gente tende ad avere nei confronti di questo genere di falsa rappresentazione. Vi è una sorta di tolleranza forse perché si è inclini a non considerarle come un affronto personale, come accede invece per le menzogne.


Torniamo però a quanto esposto da Simpson. Dire una bugia è un azione con un fine preciso: ha lo scopo di inserire una particolare falsità in un punto specifico di un insieme o di un sistema di valori, per evitare le conseguenze che la verità in quel punto specifico può generare. Il bugiardo non può fare a meno della verità; per inventare una qualunque bugia è infatti necessario che egli sappia che cosa sia vero. Ed è proprio a partire da quella verità che il bugiardo può progettare la sua falsità.


Già Platone nell'Ippia Minore aveva affrontato il problema del rapporto tra verità e menzogna. Protagonisti del dialogo tra Socrate e Ippia erano Achille e Ulisse, l'uno considerato come veritiero, l'altro come mentitore. Socrate nel suo discorso confutava Ippia facendogli notare che il bugiardo Ulisse non poteva essere inferiore in saggezza al sempre e solo veritiero Achille, perché la menzogna presuppone la conoscenza del vero e del falso, mentre l'incapacità di mentire presuppone la loro ignoranza.


D'altra parte, una persona che sceglie di cavarsela a forza di Stronzate ha molta più libertà. Egli non solo potrà inserire una certa falsità in un punto preciso, ma potrà anche contraffare il contesto che interseca quel punto.

Il tipo di creatività a cui si affida è meno analitico e meno premeditato di quello che viene messo in opera con la menzogna, è più ampio e indipendente con maggiori possibilità d'improvvisazione e di fantasia. Questa creatività ha poco di abilità tecnica e tanto di arte. Da qui deriva l'espressione inglese bullshit artist


Si giunge così ad un punto cruciale: poiché le Stronzate non devono di necessità essere false, differiscono dalla menzogna nel loro intento. Chi racconta Stronzate può benissimo non ingannarci, né tanto meno volerlo fare, né riguardo ai fatti, né riguardo alle sue credenze sui fatti. La cosa su cui intende ingannarci è la sua attività. Così, l'unica sua caratteristica distintiva è che offre una falsa rappresentazione di ciò che sta facendo.


In questo senso la distinzione tra lui e il bugiardo sta nel fatto che il bugiardo tenterà di nasconderci o allontanarci da una corretta percezione della realtà mentre il primo ci nasconderà che la sua intenzione non è né di riferire una verità, né di allontanarci da essa. Mentre una persona che mente sarà sensibile alla verità, colui che racconta stupidaggini non starà né dalla parte della verità, né dalla parte della falsità. 


Pericolosità


Per la gran parte della gente, il fatto che un'affermazione sia falsa costituisce in sé un motivo, anche se debole e labile, per evitare di farla. Per un impostore che prova diletto nel mentire, la falsità costituisce in sé la ragione per fare quell'affermazione. Uno che mente e uno che dice la verità giocano in campi opposti . Ognuno reagisce ai fatti della realtà reagendo in obbedienza all'autorità del vero, o sfidando quell'autorità. Chi invece racconta Stronzate non si cura di tali esigenze: non rifiuta l'autorità della verità, come fa il bugiardo e non si oppone ad essa. Insomma non le da nessuna importanza.

A causa di ciò, le Stronzate diventano un nemico della verità molto più delle menzogne.

La pericolosità di esse sta così nel non comprendere più nella possibilità di identificare alcune affermazioni come vere e come false e così di determinare e conoscere i fatti per come stanno realmente.


Ecco che allora si pone il problema sulla realtà e sulla verità: ha ancora senso parlare di ciò che è vero e ciò che è falso? Hanno ancora senso i termini realtà e non realtà?

Problema questo che rimane tutt'ora aperto.


Perché ci sono tante Stronzate in giro?


Innanzitutto le Stronzate sono inevitabili ogni volta che le circostanze impongono a qualcuno di parlare senza sapere di cosa sta parlando. Questa discrepanza oggi è molto diffusa per esempio nella vita pubblica, in cui le persone spesso sono spinte a parlare in lungo e in largo di materie nelle quali sono pressoché ignoranti.

Vi è poi un problema più specificatamente politico: la convinzione che in una democrazia ogni cittadino debba avere un opinione su tutto, o almeno su tutto quello che attiene alla gestione dello Stato.


Inoltre ad aggravare il problema vi sono quelle nuove forme di scetticismo, secondo le quali noi non possiamo avere alcun accesso affidabile a una realtà oggettiva, e pertanto non possiamo conoscere le cose per come sono realmente.


La dissoluzione nell'arte



(Artist's shit - Tate Modern, Londra)


Nel 1961 l'artista italiano Piero Manzoni sigilla in 90 scatolette di conserva le sue feci, applicando un'etichetta con la scritta «*erda d'artista» in inglese, francese, tedesco e italiano. Manzoni mise in vendita i barattoli di circa 30 grammi ciascuno ad un prezzo pari all'equivalente in oro del loro peso.


Se da una parte l'opera di questo eclettico artista voleva rappresentare lo sforzo dell'artista nell'atto della creazione, dall'altra parte costituiva un problema importante sulla dissoluzione e la decadenza dell'arte. Se le Stronzate nella moderna società sono padrone del linguaggio, queste simbolicamente possono prendere il possesso dell'arte, che regredisce svalutandosi di qualsiasi significato rappresentativo. Manzoni con queste opere rappresenta una caratteristica della società, quella di produttrice e assimilatrice di Stronzate. La sua ironia concepisce la nuova funzione dell'arte: se essa è rappresentazione simbolica del mondo, tale mondo è dominato dalla putredine che oggi viene addirittura valutata a peso d'oro.


CURIOSITY:

Etimology

'Bull', meaning nonsense, dates from the 17th century (Concise Oxford Dictionary), whereas the term 'bullshit' is popularly considered to have been first used in 1915, in American slang, and to have come into popular usage only during World War II. The word 'bull' itself may have derived from the Old French boul meaning 'fraud, deceit' (Oxford English Dictionary). The term 'bull**it' is a near synonym.

The earliest attestation mentioned by the Concise Oxford Dictionary is in fact T. S. Eliot, who between 1910 and 1916 wrote an early poem to which he gave the title The Triumph of Bull**it, written in the form of a ballade. The first stanza goes:

"Ladies, on whom my attentions have waited
If you consider my merits are small
Etiolated, alembicated,
Orotund, tasteless, fantastical,
Monotonous, crotchety, constipated,
Impotent galamatias
Affected, possibly imitated,
For Christ's sake stick it up your ass."

The word bullshit does not appear in the text of the poem, though in keeping with the ballade form, the refrain 'For Christ's sake stick it up your ass' appears in each following verse and concludes the envoi. Eliot did not publish this poem during his lifetime.
















































BIBLIOGRAFIA:



Harry G. Frankfurt: On Bullshit, Hardcover, Book, 2005, pp.11

¹Max Black, The Prevalence of Humbug, Cornell University Press, Ithaca 1985.

² Fania Pascal, Wittgenstein: A Personal Memoir, in R. Rhees, Recollecions cit., pp. 28-29

³ EZRA POUND, I Cantos, a cura di Mary de Rachewiltz, Mondadori, Milano 1985, pp. 847-849.

ERIC AMBLER, Dirty Story, The Bodley Head, London 1967, p.25

Eliot, T. S., Inventions of the March Hare: Poems 1909-1917 (Harcourt, 1997)

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