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Potere,libertà e ragione
Sono state avanzate diverse ipotesi su come il potere vada inteso, così tante che, di fronte a siffatte discordanze, avanzano dubbi sulla natura del potere quale concetto che si presti a scopo di analisi.
Per Lukes il potere esiste realmente ed agisce in molteplici modi, alcuni indiretti e occulti, e che esso è tanto più efficace quanto meno è visibile alle parti in causa e agli osservatori.
<<perché abbiamo bisogno di questo concetto? A cosa ci serve il concetto di potere?>>(Lukes)
Solo un autore ha risposto in realtà a questa domanda: Peter Morriss. Egli sostiene che esistono tre contesti in cui si può parlare di potere:
1)quella in cui i membri di una società hanno la possibilità di assecondare i propri bisogni e desideri→indica IMPOTENZA o mancanza di potere
2)quella in cui le società rendono i loro membri liberi dal potere degli altri→indica DOMINAZIONE o assoggettamento al potere degli altri
Da quì Morriss giunge ad affermare che <<se le gente non ha potere perché vive in un certo tipo di società, questa è già una condanna di quella società>> . L'autore vuole metterci in guardia dal compiere l'errore di presupporre che l'impotenza derivi dalla dominazione, che la mancanza di potere della gente sia il risultato delle macchinazioni dei potenti. Le cause dell'impotenza dei membri di una società sono da ricercare all'interno della struttura sociale stessa, non possono essere semplicemente ricondotte agli artifici e ai raggiri dei potenti. Il potere non va inteso solo in senso stretto come una condizione che richiede intenzioni, piani precisi o azioni.
In ogni caso, il presupposto dei potenti consiste nel fatto che sono capaci e responsabili di esercitare un'influenza, positiva o negativa, sugli interessi (soggettivi e/o oggettivi) degli altri.
Lukes poi riprende una definizione del potere data da John Locke, ampliandola: <<potere significa riuscire a fare o a subire qualunque cambiamento, o a opporvisi>>
Tale definizione implica l'identificazione, negli agenti sociali che detengono il potere, di una capacità: il potere è una potenzialità, non un esercizio. Potenzialità che può anche non essere mai esercitata.
Ma il potere sociale, quello che è stato finora preso da noi in esame, non rappresenta altro che la concezione restrittiva del potere, in cui il potere è definito come relazionale e asimmetrico, ossia è inteso come "potere sugli altri".
A tal proposito Lukes riprende la famosa distinzione spinoziana tra l'accezione più ampia del concetto di potere (potentia), ossia <<il potere delle cose presenti in natura, comprese le persone, di esistere e di agire>> e quella più restrittiva(potestas) <<il potere sugli altri>>(che congloba in se anche quella forma di potere intesa come dominazione), concludendo che la concezione restrittiva di potere, la potestas non è altro che un derivato della potentia.
Ma prima di analizzare nel profondo il potere come dominazione, è importante precisare delle considerazioni circa il potere nella sua accezione più ampia: il potere come "potentia":
Il potere, ha un estensione variabile che dipende dal tema, dal contesto(dalla gamma di circostanze in cui è esplicabile), dal grado di involontarietà e dall' attività/passività che comporta il suo manifestarsi.
Ma oltre che a identificare e a misurare il potere degli agenti sociali, siamo interessati anche a comparare il potere di individui e di collettività, ossia a stabilire in che misura il potere di un soggetto è maggiore di quello di un altro.
Le comparazioni di questo tipo mettono in luce un altro aspetto in relazione al quale la forma o l'estensione del potere può variare. Infatti, A avrà un potere (complessivo) maggiore di B se è in grado di provocare effetti più 'rilevanti' di quelli che può provocare B. Ma come valutare la rilevanza delle conseguenze? Il criterio più ovvio appare quello dell'impatto che il potere ha sugli interessi degli agenti coinvolti. E' l'impatto del potere sugli interessi di altri a fornire il criterio in base al quale valutarne la relativa estensione → se A può influenzare gli interessi principali di B, il suo potere(in relazione a B) è maggiore rispetto a quello di un terzo agente che ne tocca gli interessi superficiali
Ritorniamo ora alla concezione restrittiva del potere: il potere come potestas. avere questo potere significa essere in grado di forzare le scelte altrui, assicurandosi la loro acquiescenza.
L'acquiescenza può essere forzata(e in questo caso il potere è coercitivo) o volontaria(potere di influenzare le capacità di giudizio)
Come è stato precedentemente accennato, al potere come potestas sono riconducibili tutte quelle forme di potere intese come dominazione. Il potere va inteso come dominazione quando favorisce gli interessi dei potenti e ha effetti negativi sugli interessi dei dominati, impedendo loro di vivere secondo i dettami della loro natura.
Mentre la varie forme di potere sociale intese come semplice subordinazione e dipendenza sono volte a favorire, o almeno a non danneggiare, gli interessi di coloro che sono assoggettati( è il caso del paternalismo, della legislazione sull'obbligo delle cintura di sicurezza ecc.)
A trattare ampiamente il tema dell'acquiescenza volontaria al potere inteso come subordinazione/dominazione è stato un grande filosofo del nostro tempo: Michel Foucault, che si propose di ricercare quei meccanismi attraverso cui tale acquiescenza viene procurata.
FOUCAULT: una visione ultra-radicale del potere:
Michel Foucault prende in analisi quella forma di potere che determina l'acquisiscenza volontaria. Sono distinguibili due fasi del suo pensiero:
1°FASE: quella della VISIONE ULTRA-RADICALE(definita quarta dimensione) che concepisce un potere in grado al tempo stesso di reprimere e di produrre risultati, quello che lui definisce potere disciplinare.
Con tale affermazione Foucault intende negare la costituzione autonoma del soggetto, attribuendo al potere la capacità di "produrre" individui sociali disciplinati, forgiando il loro carattere, standardizzandoli, assoggettandoli a norme di correttezza, sulla salute mentale e fisica, sulla sessualità e su altri campi, norme che, utilizzando le parole di Foucault, "modellano l'anima".
Il potere produce individui sottomessi e disciplinati, costretti, confinati e modellati in "corpi docili".
Questa riflessione parte da una straordinaria intuizione: il profondo e strettissimo nesso tra potere e sapere. Sono proprio le nuove forme del sapere, come la linguistica, la psicoanalisi, la biologia ad aver portato alla luce le leggi inconsce che presiedono al costituirsi del linguaggio, dei desideri, delle azione dell'uomo.
Il soggetto, è da sempre penetrato da relazioni di potere che lo fanno essere quello che è, che lo plasmano nei pensieri e nei comportamenti, nei desideri, nel corpo, nei bisogni; quel soggetto è prodotto dai saperi che con esso nascono e dalle pratiche disciplinari che gli fissano una identità.
Da qui, l'idea secondo cui il potere esclude qualunque forma di libertà e di verità. Il potere è ovunque, ed è impossibile che una personalità si formi indipendentemente dai suoi effetti.
Inoltre tale forma di potere è da considerarsi inattiva nel senso che si avvale di una sorveglianza panoptica (fa riferimento alla struttura del Panopticon di Bentham, struttura carceraria che prevedeva un solo sorvegliante in tutta la prigione, posto al centro di un edificio circolare. Questa posizione avrebbe consentito al sorvegliante di vedere tutti i prigionieri rinchiusi nelle celle, mentre la posizione delle celle non avrebbe permesso ai prigionieri di vedere il sorvegliante. Di conseguenza, la presenza del sorvegliante diventa superflua: ciò a cui mirava il progetto era che la sorveglianza diventasse virtuale. Per i detenuti sarebbe stato sufficiente sapere di essere osservati per comportarsi come sorvegliati) il cui fine è quello di rendere il detenuto cosciente del fatto che, esso si trova in una situazione di visibilità, cosi da scaturire in lui una forma di auto-sorveglianza. Gli individui nella società(i dominati), anche non vedendo fisicamente lo sguardo di chi detiene il potere, sanno di essere osservati, quindi sentendo il peso di uno sguardo esaminatore, e finiranno per interiorizzarlo a tal punto da divenire controllori di se stessi. In questo modo si assicura il funzionamento automatico del potere, si rende inutile il suo esercizio.
2°FASE: Nella seconda fase del suo pensiero Foucault, abbandona l'ultra-radicalismo che lo contraddistingueva, riconoscendo che il soggetto si autocostituisce in modo attivo attraverso le pratiche del sé, pratiche che l'individuo trova nella sua cultura.
Gli individui vengono indirizzati verso prassi e ruoli culturalmente e socialmente stabiliti, li interiorizzano e possono percepirli come frutto della loro libera scelta.
In tal modo i rapporti di potere si configurano come giochi strategici tra soggetti liberi, giochi strategici che sfociano nel tentativo da parte di alcuni di determinare la condotta di altri, mentre la dominazione risiede là dove i rapporti di potere sono fissati in modo da essere eternamente asimmetrici, e il margine di liberà è estremamente limitato.
Mentre la prima fase è interpretata da Lukes come un esagerazione che non trova empiricamente riscontri, ed esclude qualsiasi possibilità di cambiamento dei rapporti di potere, la seconda invece si accorda invece all'impostazione del filosofo e garantisce dei margini di azione, la possibilità cioè di dissentire.
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