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Protagonista è un contadino preoccupato per le sorti del figlio, data la decadenza della città in quegli anni. Per questo motivo si recò all'oracolo di Febo: il dio gli disse di seguire la prima persona che avrebbe incontrato uscendo dal tempio. Quella persona fu Cremilo, che stava tornando a casa col servo Carione e con un vecchio cieco e malinconico. I due non sapevano chi fosse il vecchio e quindi gli fecero delle domande alle quali egli non rispose, ma poi, sotto minacce, dovette rivelare che era il dio della ricchezza, Pluto, che era stato accecato da Zeus perché non distinguesse i buoni dai cattivi. A quel punto Cremilo gli disse di andare con lui perché gli avrebbe fatto tornare la vista per distinguere il bene e il male.
Deciso questo, Cremilo chiamò attorno a sé i contadini, che formavano il coro, dicendo loro che gli avrebbe dato la ricchezza, ma mentre conducevano Pluto al tempio, incontrarono Penia (Povertà), che tentò invano di dissuaderli da quello che stavano per fare: quando tutti sarebbero diventati ricchi, nessuno avrebbe più lavorato e il denaro non servirà più a nulla. Nessuno le diede ascolto e per questo predisse che un giorno l'avrebbero invocata.
Dopo un po' tornò Carione, che annuncia che Pluto ha riacquistato la vista e che sta beneficiando i buoni. Carione elogia tutte le ricchezze che Pluto ha portato, ma anche i disagi e dopo un po' Cremilo promette, con l'aiuto di Pluto, che avrebbe collocato il dio nel tempio di Atena.
Questa fu l'ultima tra le opere rimaste del poeta, e come tale fu molto criticata. Fu considerata, infatti, come la decadenza di Aristofane. Fu giudicata insignificante l'apparizione del personaggio di Penia, che però alla fine si capisce che aveva ragione.
Assente è il tema che è rappresentato dalla ricchezza, ma non sufficientemente espresso come nelle altre opere.
Pluto va considerata come una favoletta dove è presente la lotta tra il bene e il male. < evidente l'assenza dell'originalità che ha caratterizzato Aristofane nelle altre sue opere.
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