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"La società giusta"
Il '900 è stato il secolo in cui hanno avuto maggiore diffusione gli ideali di libertà e democrazia, ma allo stesso tempo esso può essere definito un periodo storico contraddittorio, in quanto si è potuto assistere anche allo scoppio della seconda guerra mondiale ed allo sviluppo dei regimi totalitari; di fronte a questo complesso scenario, fu particolarmente acceso il dibattito filosofico sui contenuti e sui fini dell'organizzazione della società, quindi sulla giustizia del suo assetto e sui suoi fondamenti, per fare in modo che i diritti di ogni uomo venissero rispettati e che non si ripetesse ciò che era accaduto; lo scopo del confronto riflessione era quello di elaborare un modello di società in cui potesse essere garantita sia la libertà individuale che la giustizia sociale. In particolare, tale acceso dibattito ha dato vita a quella che è stata definita "Teoria politica"; sul suo sviluppo hanno pesato il tracollo dei sistemi di socialismo realizzato e i processi di trasformazione delle strutture della società, determinati sia dalla rivoluzione tecnologica, sia dai nuovi equilibri internazionali, sia dallo sviluppo della società di massa e dall'irruzione delle masse sulla scena politica.
I problemi fondamentali di cui si occupava la teoria politica erano:
Il problema della giustizia, quindi, si presentava al centro di un radicale conflitto di interessi materiali e di concezioni ideologiche
SIMONE WEIL
Una dei protagonisti dello sviluppo della teoria politica fu sicuramente Simone Weil, autrice delle "Riflessioni sulle cause della libertà e dell'oppressione sociale", in cui imputa la perdita della libertà dei cittadini allo sviluppo economico del secolo appena trascorso, in quanto ritiene che esso abbia aumentato la dipendenza dell'individuo da tutti gli altri; tale dipendenza si è trasformata in soggezione al potere. In particolare, la descrizione della condizione operaia la porta ad una serrata critica del capitalismo industriale; ella si interroga sul perché sembra impossibile cancellare l'oppressione e l'ingiustizia nella società umana, e quindi anche la tendenza delle rivoluzioni a tradire le loro promesse.
Secondo
Hanna Arendt
Nell'ambito della
riflessione finalizzata alla costruzione di una società più giusta e liberale
si colloca anche il pensiero della tedesca di origine ebrea Hanna Arendt;
attraverso i suoi scritti "Le origini del totalitarismo" e "Vita activa",
Sostenendo che l'uomo può trovare la propria identità e la propria libertà solo attraverso la vita attiva e non tramite quella contemplativa, la pensatrice identifica quelle che sono le principali attività umane, e cioè l'attività lavorativa (labor), l'operare (work), e l'agire.
Il labor è l'attività volta a soddisfare i bisogni primari dell'uomo, e che garantisce la sopravvivenza di quest'ultimo attraverso l'uso della realtà per la produzione di mezzi di sussistenza.
Il work consiste nella costruzione di un mondo artificiale di cose, nettamente distinto da quello naturale; questa attività è opera dell'uomo definito tecnologico, che utilizza il sapere tecnico-scientifico per modificare radicalmente l'ambiente in cui vive.
L'azione è l'attività più
importante che l'uomo svolge; essa si basa sul contatto diretto tra gli uomini,
senza la mediazione di cose materiali. Inoltre, non è fondata sullo
sfruttamento del prossimo per raggiungere i propri fini, ma sull'accettazione
della diversità degli altri e sul rispetto del loro punto di vista. Tale
attività coincide con la politica, ed in
essa gli uomini possono trovare la loro libertà e la loro identità. Lo spazio
pubblico dell'agire è quello del discorso; esso è allo stesso tempo espressione dell'uguaglianza e della
diversità tra gli uomini. Infatti, essendo uguali tra loro, possono
comprendersi, ma è solo grazie alla loro diversità che possono praticare
l'attività politica, senza la quale sarebbero come "morti per il mondo". Secondo
Questa situazione è
stata, secondo
NORBERTO BOBBIO
Anche il pensiero dell'italiano Norbeto Bobbio riveste grande importanza nello sviluppo della filosofia politica; in particolare esso si colloca nell'ambito della riflessione nel campo del diritto; egli sofferma l'attenzione da una parte sull'importanza di garantire la protezione dei diritti umani, dall'altra sulla predisposizione di adeguati strumenti conoscitivi per comprendere meglio il problema della loro attuazione.
Egli è fautore di quello che è stato definito positivismo giuridico; esso consiste sull'analisi dei vari sistemi giuridici, dei quali si esamina l'efficacia reale, e si basa sul criterio dell'avalutatività del diritto, cioè sullo studio dei mezzi e non dei fini etico-politici che un dato sistema di norme persegue. Inoltre, Bobbio si fa sostenitore dell'indipendenza della cultura dalla politica, in quanto essa non può essere asservita alle esigenze del potere. Il filosofo italiano definisce anche quello che deve essere il ruolo dell'intellettuale nella società: egli non deve diffondere certezze, ma seminare dubbi, ovvero essere sempre pronto a rivedere le sue teorie qualora vengano smentite dalla realtà; inoltre, esso deve costituire la coscienza critica della società; lo stesso Bobbio, infatti, critica i principi del marxismo teorico e del socialismo realizzato, mantenendo un atteggiamento di dialogo con i comunisti occidentali, in particolare con Gramsci, dei quali apprezza l'originalità e la loro ampiezza di vedute, in quanto sono disposti a rivedere alcuni dei principi del Marxismo teorico. Dal canto suo, Bobbio si fa sostenitore di un "Socialismo liberale", che si basa sull'emancipazione delle masse popolari, nell'ambito di una società in cui vengono garantite la democrazia e la libertà per tutti. Infine, bisogna ricordare il suo grande impegno a favore della pace, minacciata dalla corsa agli armamenti e dalla costruzione di armi nucleari.
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