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"La società giusta"




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"La società giusta"


Il '900 è stato il secolo in cui hanno avuto maggiore diffusione gli ideali di libertà e democrazia, ma allo stesso tempo esso può essere definito un periodo storico contraddittorio, in quanto si è potuto assistere anche allo scoppio della seconda guerra mondiale ed allo sviluppo dei regimi totalitari; di fronte a questo complesso scenario, fu particolarmente acceso il dibattito filosofico sui contenuti e sui fini dell'organizzazione della società, quindi sulla giustizia del suo assetto e sui suoi fondamenti, per fare in modo che i diritti di ogni uomo venissero rispettati e che non si ripetesse ciò che era accaduto; lo scopo del confronto riflessione era quello di elaborare un modello di società in cui potesse essere garantita sia la libertà individuale che la giustizia sociale. In particolare, tale acceso dibattito ha dato vita a quella che è stata definita "Teoria politica"; sul suo sviluppo hanno pesato il tracollo dei sistemi di socialismo realizzato e i processi di trasformazione delle strutture della società, determinati sia dalla rivoluzione tecnologica, sia dai nuovi equilibri internazionali, sia dallo sviluppo della società di massa e dall'irruzione delle masse sulla scena politica.

I problemi fondamentali di cui si occupava la teoria politica erano:

  • come conciliare libertà e giustizia sociale;
  • quali criteri direttivi debbano essere seguiti nel disegnare modelli ci convivenza nei quali il riconoscimento dell'autonomia dell'individuo si equilibri con un'uguaglianza tra tutti i membri della comunità;
  • quali dovevano essere le "carte dei diritti" e se la stessa uguaglianza doveva essere concepita in termini di astratta possibilità o di effettive opportunità e capacità garantite a tutti i cittadini;
  • di quale giustizia si potesse parlare guardando alle enormi differenze tra Nord e Sud del mondo e quali potessero essere i principi e gli strumenti di un ordine di giustizia a livello planetario, quali, cioè potessero essere le idee regolatrici di un'etica globale de popoli del XXI secolo e di una politica con essa coerente.

Il problema della giustizia, quindi, si presentava al centro di un radicale conflitto di interessi materiali e di concezioni ideologiche


SIMONE WEIL

Una dei protagonisti dello sviluppo della teoria politica fu sicuramente Simone Weil, autrice delle "Riflessioni sulle cause della libertà  e dell'oppressione sociale", in cui imputa la perdita della libertà dei cittadini allo sviluppo economico del secolo appena trascorso, in quanto ritiene che esso abbia aumentato la dipendenza dell'individuo da tutti gli altri; tale dipendenza si è trasformata in soggezione al potere. In particolare, la descrizione della condizione operaia la porta ad una serrata critica del capitalismo industriale; ella si interroga sul perché sembra impossibile cancellare l'oppressione e l'ingiustizia nella società umana, e quindi anche la tendenza delle rivoluzioni a tradire le loro promesse.

Secondo la Weil, alla base dell'ingiustizia, prima ancora della proprietà privata dei mezzi di produzione, c'è la divisione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, tra funzioni direttive e funzioni esecutive; attraverso questa separazione, la società industriale ha aumentato enormemente la complessità della sua organizzazione, ponendo le condizioni per un potere sempre più forte; in questo contesto, gli operai sono assoggettati da un meccanismo che li sovrasta e che essi non sono in grado di capire. Sono stati sradicati dal loro passato, e gettati in una condizione di solitudine e di assenza di valori, mentre si rafforzano le gerarchie e i poteri burocratici. Il capitalismo, con la  sua ferrea logica di asservimento della persona umana ai ritmi del lavoro produttivo quindi, è la causa dell'oppressione che, dopo quella attuata con la forza delle armi, i popoli europei devono ancora subire. La pensatrice si concentra quindi sulla possibilità di un graduale miglioramento dell' organizzazione lavorativa; questo può essere attuato solamente ridendo dignità al lavoro degli operai, un lavoro che però deve basarsi sulla compenetrazione dell' ideazione e dell'esecuzione; la sua, però è una visione pessimistica. Infatti, vede la società muoversi in senso contrario, e ciò la spinge a credere in una prospettiva di salvezza ultraterrena, facendola avvicinare alla religione cristiana, alla quale però non aderisce totalmente, in quanto ne accetta i principi ma non condivide l'atteggiamento della Chiesa, che nell'imporre i suoi dogmi ai fedeli, può essere paragonata ai regimi totalitari. Secondo la Weil, quindi, la costruzione di una società più giusta e liberale, rispettosa di tutte le persone, deve poggiare anche su basi etiche e religiose, su una rigenerazione spirituale di individui e collettività.


Hanna Arendt

Nell'ambito della riflessione finalizzata alla costruzione di una società più giusta e liberale si colloca anche il pensiero della tedesca di origine ebrea Hanna Arendt; attraverso i suoi scritti "Le origini del totalitarismo" e "Vita activa", la Arendt ha identifica la libertà umana nella coincidenza tra libertà e politica, al contrario di quanto succede nella società a lei contemporanea, in cui la libertà è intesa come liberazione dalla politica. Ella recupera i valori della polis greca, ed in particolare l'idea aristotelica di virtù, concepita come connubio tra etica e politica; infatti, secondo la Arendt, poiché gli uomini vivono in uno spazio comunitario, la politica dovrebbe essere rivolta a finalità etiche.

Sostenendo che l'uomo può trovare la propria identità e la propria libertà solo attraverso la vita attiva e non tramite quella contemplativa, la pensatrice identifica quelle che sono le principali attività umane, e cioè l'attività lavorativa (labor), l'operare (work), e l'agire.

Il labor è l'attività volta a soddisfare i bisogni primari dell'uomo, e che garantisce la sopravvivenza di quest'ultimo attraverso l'uso della realtà per la produzione di mezzi di sussistenza.

Il work consiste nella costruzione di un mondo artificiale di cose, nettamente distinto da quello naturale; questa attività è opera dell'uomo definito tecnologico, che utilizza il sapere tecnico-scientifico per modificare radicalmente l'ambiente in cui vive.

L'azione è l'attività più importante che l'uomo svolge; essa si basa sul contatto diretto tra gli uomini, senza la mediazione di cose materiali. Inoltre, non è fondata sullo sfruttamento del prossimo per raggiungere i propri fini, ma sull'accettazione della diversità degli altri e sul rispetto del loro punto di vista. Tale attività coincide con la politica, ed in essa gli uomini possono trovare la loro libertà e la loro identità. Lo spazio pubblico dell'agire è quello del discorso; esso è allo stesso tempo espressione dell'uguaglianza e della diversità tra gli uomini. Infatti, essendo uguali tra loro, possono comprendersi, ma è solo grazie alla loro diversità che possono praticare l'attività politica, senza la quale sarebbero come "morti per il mondo". Secondo la Arendt, però, nel mondo moderno l'uomo è privato della possibilità di partecipare alla vita politica, a causa dei ritmi di lavoro imposti dalla società e dallo sviluppo della società di massa, che determina la condizione di isolamento degli uomini e il conformismo sociale.

Questa situazione è stata, secondo la Arendt, la causa principale della nascita dei totalitarismi, infatti ella sostiene che essi abbiano avuto origine da due fattori: il terrore e l'ideologia totalitaria. Il terrore si basa sull'eliminazione, da parte dei regimi, dei nemici politici attraverso i campi di concentramento, la polizia politica ecc., mentre l'ideologia totalitaria consiste nella distruzione della dignità umana e della vita politica democratica; tale ideologia, inoltre, rende le persone tra loro nemiche, inducendole a sospettare l'una dell'altra. Attraverso l'uso dei nuovi mezzi di comunicazione, i regimi sono riusciti ad ottenere l'appoggio delle masse, in quanto gli individui che ne fanno parte sono stati privati della loro capacità di giudicare ed indotti a sottomettersi, accettando di eseguire qualsiasi ordine impartito dal capo supremo. Da ciò scaturisce quella che la Arendt definisce la banalità del male, ovvero la disponibilità, da parte di persone comuni, a rendersi protagoniste di ogni tipo di barbarie in virtù della fedeltà verso il regime. L'unico modo di superare questa crisi è quello proposto dalla "Critica del giudizio" kantiana, e cioè di sviluppare una capacità soggettiva di considerare e valutare il particolare senza sussumerlo ed assorbirlo in un universale dato; solo così si potrà realizzare una società capace di tutelare la libertà di ogni uomo e nel contempo di garantire una convivenza democratica e pacifica degli individui.


NORBERTO BOBBIO

Anche il pensiero dell'italiano Norbeto Bobbio riveste grande importanza nello sviluppo della filosofia politica; in particolare esso si colloca nell'ambito della riflessione nel campo del diritto; egli sofferma l'attenzione da una parte sull'importanza di garantire la protezione dei diritti umani, dall'altra sulla predisposizione di adeguati strumenti conoscitivi per comprendere meglio il problema della loro attuazione.

Egli è fautore di quello che è stato definito positivismo giuridico; esso consiste sull'analisi dei vari sistemi giuridici, dei quali si esamina l'efficacia reale, e si basa sul criterio dell'avalutatività del diritto, cioè sullo studio dei mezzi e non dei fini etico-politici che un dato sistema di norme persegue. Inoltre, Bobbio si fa sostenitore dell'indipendenza della cultura dalla politica, in quanto essa non può essere asservita alle esigenze del potere. Il filosofo italiano definisce anche quello che deve essere il ruolo dell'intellettuale nella società: egli non deve diffondere certezze, ma seminare dubbi, ovvero essere sempre pronto a rivedere le sue teorie qualora vengano smentite dalla realtà; inoltre, esso deve costituire la coscienza critica della società; lo stesso Bobbio, infatti, critica i principi del marxismo teorico e del socialismo realizzato, mantenendo un atteggiamento di dialogo con i comunisti occidentali, in particolare con Gramsci, dei quali apprezza l'originalità e la loro ampiezza di vedute, in quanto sono disposti a rivedere alcuni dei principi del Marxismo teorico. Dal canto suo, Bobbio si fa sostenitore di un "Socialismo liberale", che si basa sull'emancipazione delle masse popolari, nell'ambito di una società in cui vengono garantite la democrazia e la libertà per tutti. Infine, bisogna ricordare il suo grande impegno a favore della pace, minacciata dalla corsa agli armamenti e dalla costruzione di armi nucleari.  



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