LA
RESISTENZA ITALIANA
E'
difficile precisare in quale periodo esatto sia cominciata la crisi decisiva
del regime fascista, quando cioè abbia avuto inizio la disgregazione di quel
consenso popolare di massa sul quale, oltre che sul terrorismo poliziesco, esso
aveva basato il proprio potere. Questa crisi viene alla luce in modo drammatico
nel corso della seconda guerra mondiale, ma trova le sue radici negli anni
precedenti l'entrata in guerra, a partire dal 1935; coincide di fatto con il
rovesciamento dei rapporti tra l'Italia fascista e la Germania nazista, con la
seconda che prende il sopravvento sulla prima: Mussolini diventa succube di
Hitler, fantoccio nelle mani del dittatore nazista e ne segue puntualmente gli
ordini. L'imposizione delle leggi corporative e autarchiche ad un paese già
economicamente depresso, avvantaggiando enormemente pochi gruppi monopolistici
(industriali) a scapito dell'intera collettività, la guerra d'Etiopia, che
costò un fiume di denaro sottratto al pubblico erario, la costituzione
dell'Asse Roma-Berlino, che condusse all'allineamento dell'Italia fascista con
la Germania nazista,la rassegnata accettazione dell'Anschluss,l'emanazione
delle leggi razziali; questi furono i fattori che determinarono un radicale
stato di disagio e di malcontento nelle classi operaia e contadina e fra quegli
strati della piccola e media borghesia urbana e rurale dove il fascismo aveva
raccolto inizialmente gran parte dei suoi consensi, che ora vedeva venire meno.
All'ingresso in guerra si può affermare che esiste un distacco generico di
larga parte della popolazione dal regime, che non si manifesta apertamente per
la paura di venire arrestati dalla polizia politica e che si trasforma
progressivamente in netta frattura e "odio fisico" per i fascisti, man mano che
le vicende della guerra fanno capire quale ne sarà l'esito finale. Piuttosto
che ai bollettini di guerra o ai comunicati della stampa fascista, abitualmente
reticenti o abilmente manipolati, si presta fede a Radio Londra il cui ascolto
- malgrado i severi divieti - diviene un vero e proprio "fatto di massa".
Sempre più diffusi sono i motti di spirito o le barzellette che mettono in
ridicolo il regime (I pilastri o le istituzioni fondamentali dell'Italia - si
dice - sono quattro: Fascismo, Aeronautica, Marina, Esercito, cioè la
F.A.M.E.).
Il 1943 è l'anno
decisivo per le sorti della guerra e per quelle del regime fascista, e vede il
formarsi di un movimento di opposizione organizzato (politico e militare) che
prende il nome di Resistenza. La sconfitta delle Armate dell'Asse sul fronte
orientale a Stalingrado e su quello dell'Africa Settentrionale a El Alamein,lo
sbarco degli americani in Marocco e Algeria e la ripresa del controllo sul
Mediterraneo determinano un mutamento nell'andamento delle operazioni belliche:
l'iniziativa passa infatti alle forze alleate contro le dittature nazifascista.
Le notizie che vengono dal fronte incoraggiano i movimenti di opposizione
interna al regime ormai in affanno; nel marzo del 1943, nelle città industriali
del nord, si verifica un'ondata di scioperi di massa - i primi dopo vent'anni
di dittatura - che assumono un evidente carattere politico: le richieste
economiche di aumenti salariali e di migliori razioni alimentari sono
accompagnate dalla richiesta di porre fine alla dittatura e alla guerra. La
sfiducia della classe operaia al regime è totale; anche nelle campagne, tra i
contadini, che pure erano stati favoriti dal fascismo, lo sconforto e i
sentimenti di opposizione alla dittatura serpeggiano in lungo e in largo.
Saranno queste due categorie sociali a dare il sostegno morale e materiale alla
Resistenza armata contro gli invasori tedeschi nei due anni successivi. Ormai
il regime ha perso il suo fascino sulle masse e il popolo italiano, nella
grande maggioranza, aspetta l'occasione giusta per scrollarsi di dosso questo
pesante fardello. Molti italiani ripongono
ancora la propria fiducia nella casa reale dei Savoia - sperando in un
colpo di mano del re contro Mussolini - ma la monarchia è troppo compromessa
con il fascismo e Vittorio Emanuele III non è uomo di polso e indugia a
prendere la decisione che gli Italiani aspettano da mesi. Intanto all'interno
del Partito Fascista matura un movimento d'opposizione al Duce che vede in Dino
Grandi, Giuseppe Bottai, Galeazzo Ciano (genero del duce, marito della figlia
Edda) e altri i promotori di una mozione di sfiducia che la notte del 25 luglio
1943 trova favorevole la maggioranza del Gran Consiglio (19 voti favorevoli e 7
contrari) e obbliga Mussolini alle dimissioni. Il giorno successivo Mussolini
viene fatto arrestare da Vittorio Emanuele III° e trasportato in un rifugio
segreto sul Gran Sasso a Campo Imperatore. E' la fine della dittatura fascista;
manifestazioni di giubilo esplodono un po' in tutto il paese, mentre al maresciallo
Badoglio viene affidata la presidenza del consiglio. Il governo Badoglio avvia
trattative segrete con gli anglo-americani (che intanto erano sbarcati in
Sicilia e avevano occupato l'isola senza trovare resistenza) per una uscita
unilaterale dell'Italia dal conflitto che viene sancita con la firma
dell'armistizio di Cassibile - in Sicilia - il 3 settembre e reso noto l'8
settembre. Una volta stipulato l'armistizio il re, la corte, Badoglio, il
governo e i comandi militari abbandonano Roma in tutta fretta e si rifugiano a
Brindisi, che nel frattempo era entrata sotto il controllo degli Alleati.
L'esercito, praticamente senza ordini, finì allo sbando; intere divisioni di
dissolsero spontaneamente, i soldati cercarono di ritornare alle proprie case con
ogni mezzo; molti si unirono alle bande partigiane e continuarono a lottare
contro i nazisti, che intanto stavano occupando l'Italia dal Brennero, e le
milizie fasciste della Repubblica di Salò; in alcune zone, in cui le truppe
italiane non si sbandarono e trovarono ufficiali capaci, riuscirono a
fronteggiare l'esercito tedesco come in Corsica, dove i soldati italiani si
unirono agli Alleati. Il 27 settembre la popolazione di Napoli insorse contro i
tedeschi e dopo 4 giorni di combattimenti riuscì ad avere la meglio e a
liberare la città. Il 1° ottobre le truppe alleate fecero il loro ingresso
nella città liberata di Napoli. Roma fu occupata dai tedeschi dopo durissimi
scontri con alcuni reparti dell'esercito regolare italiano e alcuni settori
della popolazione. L'Italia era praticamente divisa in due: Roma e il
centro-nord sotto l'occupazione tedesca e il governo fantoccio della Repubblica
sociale di Salò; il meridione a sud di Cassino era presieduto dalle forze
alleate con il governo del maresciallo Badoglio. Le quattro giornate di Napoli
furono il primo grande episodio della Resistenza Italiana, di questo grande
movimento di rifiuto, di opposizione tacita prima e armata poi che fu organizzato
nei paesi occupati dai nazisti a partire dal 1943. Grandi maestre di questo movimento
furono la Francia, dove la Resistenza si organizzò e operò in clandestinità fin
dall'indomani dell'occupazione tedesca nell'estate del 1940, sotto la guida del
generale De Grulle - che aveva costituito a Londra un movimento per la liberazione
del paese-, e la Jugoslavia dove si formarono bande partigiane alla guida di
Josip Broz detto Tito. In Italia, dopo la caduta del fascismo, si formarono
spontaneamente bande armate partigiane che ebbero dapprima un carattere
prevalentemente locale, ma ben presto si
svilupparono collegamenti e si formò un grande movimento di massa con
l'appoggio della popolazione urbana e rurale. Ne facevano parte ex soldati, ex
ufficiali, operai, contadini, studenti, intellettuali di diverse tendenze
politiche ma uniti nello scopo comune di liberare l'Italia dalla dittatura e
dall'oppressione nazista. Anche buona parte del clero urbano e rurale dette il
proprio contributo alla lotta di liberazione. Intanto i partiti politici
(Partito d'Azione, P. Comunista, P. Socialista, Liberali, Democrazia Cristiana,
Partito democratico del lavoro) disciolti dal fascismo, ma che avevano
continuato ad operare in clandestinità, si ricostituirono dopo il 25 luglio, e
il 9 settembre, a Roma formarono il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN),
che si proponeva di promuovere la lotta degli Italiani contro l'occupazione tedesca
e contro il fascismo.
Nel nord d'Italia
molti giovani chiamati alle armi dalla Repubblica di Salò preferirono disertare
e darsi alla clandestinità, andando ad ingrossare le file delle formazioni
partigiane. La Resistenza armata fu un fenomeno tipico del nord d'Italia, su
tutto l'arco alpino, dove le bande erano solitamente ben organizzate, ben
equipaggiate, collegate tra di loro e operavano spesso con una strategia
comune; ma anche nella pianura padana e nell'Appennino tosco-emiliano la lotta
di liberazione popolare ebbe un buon livello di organizzazione.
Le più forti formazioni partigiane erano le "Garibaldi",
controllate dai comunisti, che agivano in collegamento con i reparti di
"Giustizia e Libertà" (Partito d'Azione) e "Matteotti" (socialisti). Altre
formazioni minori raccoglievano monarchici, liberali e "democristiani" che
rappresentavano la continuità con il vecchio Partito popolare di Don Sturzo. Le
forti differenze ideologiche che caratterizzavano le formazioni partigiane
(comunisti e socialisti, in particolare, vedevano nella Resistenza la prima
fase di una lotta che avrebbe dovuto portare a una profonda rivoluzione sociale
nella futura Italia liberata) non impedirono tuttavia che prevalesse una
sostanziale unità nella lotta contro il nazi-fascismo. Già nel 1944 l'azione
delle forze partigiane fu posta sotto il comando unificato del Corpo Volontari
della Libertà (CVL), diretto dal generale Raffaele Cadorna, dal comunista Luigi
Longo e da Ferruccio Parri del Partito d'Azione e in stretto collegamento con
il Comitato di Liberazione Nazionale, l'organismo che rappresentava l'unità
politica delle forze antifasciste italiane. Dalle loro basi sulle montagne i
partigiani scatenarono operazioni di guerriglia, sabotaggi, attentati e anche
battaglie in campo aperto; agivano nelle città occupate e nelle campagne con
azioni rapide ed efficaci. La loro lotta, che durò quasi due anni (dal
settembre del 1943 all'aprile del 1945) e costò più di 70.000 morti, assunse
subito un duplice carattere: di guerra contro il nemico e di guerra civile,
contro il nemico fascista. I risultati furono importanti, sia sul piano
militare sia su quello morale. I nazifascisti furono tenuti costantemente sulla
difensiva e si sentirono presto isolati, mentre il popolo italiano, che era
stato coinvolto in una guerra odiosa, complice di un alleato feroce, poteva ora
riscattarsi agli occhi del mondo. Alle azioni dei partigiani, i nazisti e i
fascisti risposero con crudeli rappresaglie sulla popolazione civile: i nomi
delle Fosse Ardeatine, vicino a Roma, dove furono massacrati 335 ostaggi, o di
Marzabotto, vicino a Bologna, dove i nazisti in fuga massacrarono 2.000 persone
inermi, ricordano solo due tra i tanti episodi della violenza nazi-fascista.
Superarono il durissimo inverno 1944-1945 senza deporre le armi, la Resistenza
italiana diede un contributo determinante alla liberazione del Nord Italia
nella primavera del 1945. L'insurrezione nazionale dilagò il 25 e il 26 aprile
del 1945. Mentre gli alleati invadevano la valle del Po, i partigiani
lanciarono un attacco congiunto contro le forze nemiche: i Tedeschi fuggirono,
la Repubblica sociale si sfasciò. Mussolini fu catturato dai partigiani mentre,
travestito da soldato tedesco, cercava rifugio in Svizzera. Venne fucilato il
28 aprile, insieme ad altri gerarchi fascisti, e il suo corpo esposto
pubblicamente a piazza Loreto a Milano. Tra gli oppositori politici al regime
fascista che si distinsero in azioni di guerra vi furono Alessandro Pertini e
Giuseppe Saragat che negli anni successivi saranno eletti Presidenti della
Repubblica Italiana nata dalle rovine della guerra e del fascismo.