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"il riso" tesina




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"IL RISO"


Scienze: risoterapia e clowterapia

Filosofia: Bergson "Il riso" saggio sul significato del comico

Italiano: Pirandello "Saggio sull'Umorismo"

Storia dell'arte: Boccioni "La risata"


"Non capiremo mai abbastanza

Quanto bene è

Capace di fare

Un sorriso."


Madre Teresa di Calcutta






















LA RISOTERAPIA

Che ridere faccia bene alla salute ormai è noto a tutti. Ma forse non tutti sanno che a sostegno del potere benefico della risata sono stati effettuati, soprattutto in questi ultimi anni, numerosi studi clinici che hanno dimostrato come un atteggiamento ottimistico verso la malattia aiuti il processo di guarigione per diverse malattie. Anche per quanto riguarda l'approccio ad una patologia così diffusa e complessa come il cancro sono sempre più frequenti le testimonianze di medici e pazienti che descrivono come il ricorso all'ironia aiuti ad affrontare meglio la malattia e contemporaneamente contribuisca a infondere fiducia nella ricerca.

Gelotologia e psiconeuroendocrinoimmunologia

La gelotologia (dal greco ghelos=riso e logos=scienza) è una nuova disciplina , ponte tra biologia, psicocologia, antropologia e medicina, che studia in maniera sistematica l'attività del ridere, del buonumore e del pensiero positivo come rimedio a numerosi disturbi e malattie psicofisiche.
Essa si basa sugli studi di psiconeuroendocrinoimmunologia (P.N.E.I.) che hanno sostanziato l'influenza diretta degli stati mentali e delle emozioni sul sistema immunitario e viceversa. Anche la PNEI è una disciplina di nascita relativamente recente, che basa le proprie teorie e i propri metodi sulla convinzione che i vari sistemi (psichico, neurologico, endocrino e immunitario) interagiscano tra loro per il raggiungimento di un'omeostasi (equilibrio) interna dell'organismo. Secondo questo presupposto se mente e corpo sono in grado di interagire, non risulta difficile accettare l'idea che l'umore (inteso come disposizione mentale, più o meno positiva, all'interpretazione degli stimoli) possa regolare, o quantomeno influenzare, il sistema nervoso centrale, quello ormonale e quello immunitario. La gelotologia ha scoperto che grazie alle risate si attivano delle strutture nervose periferiche che producono le endorfine, delle sostanze chimiche dotate di una potente attività analgesica ed eccitante che esercita sul corpo umano un effetto simile alla morfina e alle altre sostanze oppiacee. L'aspetto più interessante delle endorfine sta dunque proprio nella loro capacità di regolare l'umore. Esse infatti vengono rilasciate dal nostro organismo in situazioni particolarmente stressanti come forma di difesa in modo da poter sopportare meglio il dolore sia fisico sia psicologico. Si può quindi dire che le endorfine sono in grado di regalare piacere, gratificazione e felicità aiutando a sopportare meglio lo stress.

Le ragioni scientifiche degli effetti benefici della risata

Ridere coinvolge tutte le parti del corpo umano: il cuore e la respirazione accelerano i ritmi, la pressione arteriosa diminuisce e i muscoli si rilassano. Anche la chimica del sangue si modifica e tanto più la risata è esplosiva e spontanea tanto più si verifica una generale caduta della tensione che si manifesta con una sensazione di liberazione che coinvolge tutti gli organi e le funzioni corporee che si regolarizzano. Ciò dipende dal fatto che ridere stimola l'aumento delle beta-endorfine (sostanze fisiologiche che hanno sull'organismo lo stesso effetto degli oppiacei) da parte del cervello e del cortisolo (ormone che regola la risposta allo stress) per mezzo delle ghiandole surrenali, generando una sensazione di benessere e assenza di dolore. Le emozioni quindi provocano l'emissione di ormoni: per esempio, in stato di stress vengono liberati nel sangue adrenalina, noradrenalina, prolattina, cortisolo e oppiacei naturali, che sono sostanze che hanno un forte impatto sul sistema immunitario. Principalmente producono l'effetto di inibire l'attività delle cellule immunitarie per far sì che tutte le energie disponibili siano concentrate nella difesa dal pericolo che ha provocato lo stress: il che spiega perché una persona stressata si ammali più facilmente. Secondo il fisiologo francese Waynbaun Israel i muscoli agiscono come un laccio emostatico sui vasi sanguigni e regolano l'afflusso di sangue al cervello, che a sua volta ha un effetto sui nostri stati d'animo; quindi secondo questa teoria le emozioni spesso sono conseguenti alle espressioni e non sempre le precedono. Il muscolo maggiormente coinvolto nell'atto di ridere e di sorridere è lo zigomatico che secondo Waynabaum favorisce direttamente l'aumento del flusso sanguigno al cervello, ed è per questo che lo stesso fisiologo sostiene che quando ci si sforza di sorridere ci si sente più contenti ed è meglio fare così piuttosto che aspettare di essere contenti e sorridere. Paul Ekman ritiene che la meccanica dei movimenti muscolari del volto sia strettamente legata al sistema nervoso autonomo che controlla il battito cardiaco, il respiro e altre funzioni non controllate dalla coscienza; sorridere, anche quando non ne abbiamo alcuna voglia, può influenzare l'umore e l'attività del Sistema Nervoso Autonomo di chi ci circonda, noi tutti infatti restiamo contagiati dall'umore delle persone con cui viviamo, e a volte lo assorbiamo. La risata agisce dunque sul sistema circolatorio, muscolare e soprattutto su quello immunitario tramite le giunzioni neuroendocrine che, collegando il cervello ai linfociti (cellule del sangue che hanno il compito di reagire in modo specifico nei confronti di qualsiasi agente estraneo, o antigene), ne stimolano la produzione. Come è indicato nella sezione psicosomatica, corpo e mente non sono due mondi separati, ma sono due parti, in continua influenza reciproca, di un tutt'uno: l'uomo nella sua unità somato-psichica. È ormai provato che il buon umore e la fiducia rafforzano l'organismo aumentando le difese immunitarie, mentre stati depressivi favoriscono l'insorgere di malattie ed il loro aggravamento.

Quindi secondo il dott. Franco Scirpo, esperto di terapia della risata, ridere provoca:
1) l'aumento dell'ossigenazione del sangue;
2) il ricambio della riserva d'aria presente nei polmoni;
3) la stimolazione della produzione di serotonina;
4) la stimolazione della produzione di endorfine;
5) la stimolazione della produzione di anticorpi;
6) l'aumento dell'irrorazione sanguigna degli organi interni (grazie al massaggio prodotto dai movimenti diaframmatici);
7) l'aumento dell'irrorazione sanguigna dell'epidermide e dei muscoli facciali;
8) il miglioramento del tono muscolare addominale;
9) il miglioramento dell'autostima;
10) la neutralizzazione degli effetti dello stress;
11) la neutralizzazione degli effetti dell'ansia;
12) lo sviluppo di una maggiore predisposizione ai rapporti sociali ( eliminazione dell'agorà fobia, delle psicosi, della crisi di mezza età, della depressione)


Ridere per vivere: rapporto tra reazioni psicosomatiche, stress emotivo e cancro

Ridere per vivere. È questa la filosofia di Branko Bokun, antropologo e studioso di psicologia sociale, e il titolo del suo libro (Mondadori, 1997) dove si analizzano innanzitutto le strategie per combattere lo stress e in generale per vivere meglio. Bokun descrive i poteri benefici della risata per combattere il cancro entrando nel merito scientifico. Secondo l'autore alla base delle reazioni emotive prodotte dal nostro cervello c'è una sovrabbondante secrezione di neurotrasmettitori da parte del sistema nervoso simpatico e degli ormoni delle ghiandole surrenali. Sia questi neurotrasmettitori sia gli ormoni vanno ad aumentare l'attività di un gruppo di cellule a svantaggio di altre cellule e organi. Inoltre, l'aumento della secrezione ormonale, provoca una diminuzione dei globuli bianchi normalmente deputati a impedire lo sviluppo delle cellule cancerose. Se si ha un sistema immunitario sano e dunque ben funzionante esso riconosce con facilità le cellule cancerose e, o le elimina, o ne impedisce la riproduzione. La teoria dell'antropologo è che tutti possono avere una qualche forma di cancro ma, proprio perché protetti dal sistema immunitario, alcuni di noi non lo sviluppano mai o lo bloccano proprio grazie alle difese naturali dell'organismo. I motivi per cui un cancro può svilupparsi possono essere diversi: un virus, degli agenti chimici o delle radiazioni. Accade che quando le difese immunitarie si abbassano si possono verificare dei cambiamenti patologici in una cellula e in un corpo sovraffaticato si riduce l'efficienza dei meccanismi di autoripristino delle cellule danneggiate. Un danno non riparato del DNA di una cellula può trasformarla in una cellula maligna. Oggi si ricorre alla risoterapia anche in alcuni ospedali che curano patologie gravi come il cancro. Le prime ricerche al riguardo sono state condotte negli Stati Uniti, dove, a seguito dell'esperienza positiva di Norman Cousin, sono stati messi a disposizione dei pazienti veri e propri "reparti risate".

Il caso Norman Cousin

Risalgono agli anni '60 e '70 i primi studi condotti negli Stati Uniti che hanno messo in risalto le virtù terapeutiche della risata. Da un punto di vista scientifico le prime conferme arrivano negli anni '80 con il caso eclatante del giornalista scientifico Norman Cousin, che ha fatto rivalutare gli studi sugli effetti delle emozioni sul sistema immunitario. Il giornalista, colpito da spondilite anchilosante, una malattia alla cui origine c'è un'alterazione delle articolazioni che porta progressivamente alla paralisi e poi alla morte, decise di curarsi in modo insolito: ridere "nutrendosi" per tre-quattro ore al giorno di film comici e assumere per flebo 25 grammi al giorno di vitamina C. Smentendo ogni previsione Cousin è guarito completamente nell'arco di un solo anno. Un recente studio canadese ha provato scientificamente che il buonumore mette al riparo dalle infezioni determinando una minor riduzione dell'immunoglobulina A, un anticorpo che nell'ambito del sistema immunitario svolge la funzione di neutralizzare corpi estranei come virus e batteri.

Esperimento: malate terminali di tumore al seno e supporto psicologico

Nel 1989 David Spiegel è stato autore di un esperimento individuando un gruppo di donne malate terminali di tumore al seno in cura tutte con gli stessi farmaci e dagli stessi medici. Le donne sono state divise in due gruppi: a metà di loro è stata data la possibilità di incontrarsi ogni settimana per scambiarsi opinioni sulla loro condizione in modo da poter esprimere liberamente quello che stava loro accadendo. All'altra metà sono state somministrate le cure senza sostegno psicologico. Le donne che hanno avuto la possibilità di condividere le loro emozioni, hanno vissuto in media tre anni, mentre quelle del secondo gruppo soltanto un anno e mezzo.

Patch Adams e la clownterapia

La nascita della clownterapia si deve al Dottor Hunter "Patch" Adams, reso celebre in tutto il mondo da un film che porta il suo nome interpretato da Robin Williams (Patch Adams, 1998). Il dottor Adams ha iniziato a formulare una teoria sulla felicità partendo dalla sua esperienza negativa che l'ha visto, appena adolescente, ricoverato in una clinica per malattie mentali a causa di una depressione che lo stava conducendo al suicidio. Proprio partendo dalla sua sofferenza Adams ha intrapreso degli studi sui pazienti ricoverati in ospedale cercando di capire che cosa potesse dar loro gioia. Decise così di iscriversi alla facoltà universitaria di Medicina dove subì una forte delusione nel constatare che gli studenti erano costantemente incoraggiati a vivere un atteggiamento di distacco con il paziente. Adams cercò di ribaltare questa tendenza lottando perché la malattia e il paziente diventassero il punto centrale dell'attenzione dei medici. Con la consapevolezza che il riso porti degli enormi benefici agli ammalati Adams iniziò a girare per i reparti degli ospedali vestito da clown e il suo sogno prese pian piano forma: realizzare una casa-ospedale dove poter curare gratis i malati e adottare terapie alternative a quelle tradizionali basate sulla ricerca del benessere. È così che Adams, con la collaborazione di alcuni amici, riuscì a realizzare nel 1983 nelle montagne del West Virginia il Gensuhndeit Institute (Gensuhndeit è un termine tedesco che vuol dire salute) secondo quelli che erano stati da subito i suoi desideri: un ospedale e centro di salute gratuito concepito e organizzato come una casa accessibile a tutti dove le cure mediche sono integrate da attività ludiche. 'Patch' Adams punta a indurre un atteggiamento mentale positivo nelle persone che soffrono dimostrando come lo stato emotivo giochi un ruolo significativo nel decorso della malattia. Presso la sua struttura, quindi, il buon umore, la gioia e la creatività sono parti integranti della cura, i pazienti e i dottori si relazionano sulla base della fiducia reciproca e ciascun paziente riceve molto tempo e attenzione da parte dei medici.

Il clown-dottore

Il ruolo del clown-dottore può essere svolto sia da clown professionisti sia da volontari e, in alcuni casi, anche dal personale medico. Egli va a visitare i pazienti e dopo aver trasformato, con piccoli accorgimenti scenografici, la camera in uno spazio teatrale tenta di farla percepire al malato come un luogo sicuro dove il riso si fa strumento di una gioia sicura e arma per distogliere l'attenzione dalla malattia. L'importanza della figura del clown-dottore si estende dal paziente a chi lo cura e soprattutto a tutta la famiglia.

Clownterapia nel mondo

La clownterapia si è diffusa negli ultimi anni in moltissimi ospedali di diversi Paesi tra cui: Francia, Olanda, Svezia, Gran Bretagna, Germania, Israele, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Sudafrica. Le forme di comicoterapia adottate sono state di diversi tipi: alcuni medici hanno scelto di far entrare i clown nelle corsie, altri hanno formato dei corsi ad hoc di comicoterapia per il personale medico-infermieristico e in alcuni ospedali sono state create delle minibiblioteche comiche itineranti. Un modo nuovo per mettere al centro i pazienti come persone rendendoli consapevoli che ci sono dei metodi migliori della mortificazione e della sofferenza psicologica oltre che fisica per affrontare le malattie.

La clownterapia in Italia

In Italia i primi interventi dei clown-dottori in corsia risalgono agli anni '90 e, per una lunga fase, sono stati rivolti esclusivamente ai bambini. Solo in questi ultimi anni alcuni ospedali hanno dato la possibilità alle associazioni di clownterapia di entrare anche nei reparti dove si trovano gli adulti. Le varie associazioni che operano oggi in Italia si distinguono per approcci differenti che vanno dalla formazione di clown volontari a veri e propri laboratori del sorriso. Alcune associazioni offrono una forma di comicoterapia passiva, dove i clown fanno degli spettacoli ma i pazienti non partecipano attivamente con proprie proposte; altre, invece, propongono una partecipazione attiva dei malati che scelgono i materiali comici da usare e in alcuni casi vengono spronati a far ridere loro stessi. Molte regioni hanno proposto di regolamentare e incentivare il servizio di comicoterapia, dato il successo medico e psicologico riscontrato affinché diventi una pratica stabile negli ospedali e un valore aggiunto nel Sistema Sanitario. Proprio a questo proposito è al vaglio una proposta di legge che propone l'istituzione del servizio di gelotologia in tutti gli ospedali regionali dopo una prima fase di verifica sperimentale. Nel 1997 è stato introdotto presso l'Ospedale Pediatrico "Anna Mayer" di Firenze il progetto pilota "Clown in corsia". L'iniziativa ha riscontrato un enorme successo sia dai bambini sia dai medici sia dai familiari tanto da ricevere il sostegno della Regione Toscana, del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, dell'Associazione Armonia e dell'Ente Teatrale Italiano. Il progetto è stato realizzato da "Soccorso Clown" che si avvale di attori professionisti e plurispecializzati che utilizzano tecniche atte a sdrammatizzare i drammi della vita dei piccoli pazienti, un vero e proprio supporto psicologico che agevola i trattamenti medici e diminuisce l'ansia e la paura legate alla degenza. Il metodo di lavoro si differenzia a seconda della grandezza dell'ospedale e del reparto e può riguardare un intervento faccia a faccia con il bambino o con più bambini riuniti insieme. Il servizio si adopera anche per i pazienti lungo degenti e per i familiari con l'obiettivo di favorire la relazione tra bambino e genitori e tra questi e la struttura ospedaliera.

Successi terapeutici

Una ricerca internazionale realizzata dall'Ospedale Meyer di Firenze ha dimostrato che l'intervento dei clown in corsia messa in atto da Soccorso Clown ha ridotto del 50% l'ansia nei bambini sottoposti a interventi chirurgici. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Pediatrics, ha preso in esame 40 bambini di età compresa fra i 5 e i 12 anni che dovevano sottoporsi a intervento di chirurgia minore in day-surgery. La metà di questi, selezionata a caso, veniva accompagnata in sala preoperatoria da due professionisti clown e da un genitore, mentre l'altra metà entrava con la sola compagnia di un genitore. Nel gruppo sperimentale due clown-in-corsia avevano già conosciuto il bambino in reparto. In sala operatoria il bambino veniva addormentato dagli anestesisti mentre era distratto da giochi e dalle magie dei clown-in-corsia di Soccorso Clown. Successivamente con degli specifici test psicologici è stata misurata l'ansia del bambino e del genitore e sono state fatte interviste a genitori, clown-in-corsia, nonché a medici e infermieri della sala operatoria. I risultati ottenuti hanno appunto indicato che l'ansia dei bambini accompagnati dai clown-in-corsia diminuiva quasi del 50% e i bambini, all'avvicinarsi dell'anestesia, non presentavano un innalzamento della paura come invece succedeva a quelli senza Soccorso Clown. Anche all'Ospedale SS. Annunziata, a Forcella, nel reparto di pediatria operano dei clown. Fanno parte della cooperativa 'Le Nuvole', una gruppo di artisti professionisti che lavorano al progetto "Guarir dal ridere". La reazione presso i bambini ricoverati è stata straordinaria e un sorriso è nato anche sul volto dei ricoverati nel reparto oncologico.



BERGSON "IL RISO"

Le riflessioni di Bergson sulla natura della comicità sono racchiuse nel breve libro intitolato Il riso. Saggio sul significato del comico (1900): questo saggio ricco di significato, ebbe più di sessanta edizioni in poco più di quarant'anni.

L'opera si colloca in una fase importante dell'evoluzione del pensiero bergsoniano: si colloca, infatti, negli anni in cui da interessi prevalentemente psicologico - filosofici, Bergson si muove verso una filosofia della vita orientata metafisicamente. Il saggio sul riso racchiude dunque, queste due tendenze di Bergson.


Le occasioni del riso

Bergson parte innanzitutto da una constatazione di natura generale: se il riso è un gesto che appartiene al comportamento umano, allora deve essere lecito domandarsi qual è il fine che lo muove. Ora, per comprendere il fine cui mira un comportamento, si deve in primo luogo far luce sulle occasioni in cui accade. E per Bergson vi sono almeno tre punti che devono essere a questo proposito sottolineati:

'Non vi è nulla di comico al di fuori di ciò che è propriamente umano'.
Anche quando l'oggetto del comico non è una persona, tuttavia ciò che suscita il riso è un aspetto di quell'oggetto o animale che richiama alla mente atteggiamenti e situazioni umane (pensiamo ad un burattino).

  1. Il riso scatta solo di fronte a ciò che appartiene direttamente o indirettamente all'ambito umano.
    L'apprezzamento della situazione comica prevede 'qualcosa come un'anestesia momentanea del cuore': l'empatia, l'identificazione con la persona oggetto del riso è bandita.

Perché possa scaturire, è necessario che chi ride non si lasci coinvolgere emotivamente dalla scena che lo diverte. Per ridere di una piccola disgrazia altrui dobbiamo far tacere per un attimo la pietà e la simpatia, e porci come semplici spettatori o - per esprimerci come Bergson - come intelligenze pure.

  1. Il riso, come abbiamo osservato, chiede una sorta di sospensione del legame di simpatia che ci lega a colui di cui ridiamo. E tuttavia tutti sappiamo che il riso è un'esperienza sociale: ridiamo meglio quando siamo insieme ad altri, ed il riso è spesso il fondamento che tiene unito un gruppo di persone. Bergson parla di microsistema sociale in quanto il riso crea un sistema di relazioni: colui che ride, colui di chi si ride e coloro che ridono assieme al primo. Il riso quindi implica solidarietà, complicità e un legame sociale attraverso il quale si creano gruppi coesi. 'Il riso cela sempre un pensiero nascosto di intesa, direi quasi di complicità, con altre persone che ridono, reali o immaginarie che siano' .

Il punto fondamentale che si deve chiare è la ricerca del momento in cui si ride. Il concetto fondamentale è che suscita il riso ogni situazione che si trasforma in qualcosa di meccanico. Partendo dal presupposto che la vita è un flusso libero, dinamico e agile ( slancio vitale), quando questo viene interrotto da un movimento meccanico o da un automatismo provoca in noi il riso. Uno degli esempi che il filosofo utilizza è quello di un corridore che non accorgendosi di un sasso cade rovinosamente a terra provocando l'ilarità degli osservatori. È proprio la distrazione ad interrompere il flusso della vita, ovvero la corsa del corridore, che invece di notare il sasso, continua lungo la sua traiettoria mediante un automatismo.

Il riso sembra essere strettamente connesso con la vita sociale dell'uomo, con il suo essere un animale sociale. Possiamo allora far convergere i tre punti, in un'unica tesi: "il 'comico' nasce quando uomini riuniti in un gruppo dirigono l'attenzione su uno di loro, facendo tacere la loro sensibilità, ed esercitando solo la loro intelligenza".




Il riso come funzione sociale

Il riso ha una funzione sociale, e sorge dalla constatazione di una sorta di contraddizione: ciò che dovrebbe comportarsi in modo libero e vivo sembra assoggettare i suoi gesti a leggi meccaniche. Al riso spetta dunque il compito di sanare questa contraddizione. Il riso è quindi un castigo sociale.

Di questa funzione sociale del riso, la commedia è un'espressione esemplare. Tra tutte le forme di comicità una in particolare sembra stringere un rapporto strettissimo con la sfera sociale: è la comicità morale.

Bergson vede il comico come una sorta di 'castigo sociale' con cui la comunità individua, respinge e corregge una serie di comportamenti percepiti come contrari allo 'slancio vitale' con cui s'identifica la vita stessa.

La commedia

Le passioni spesso si prendono gioco di noi e subordinano tutte le nostre azioni ad un unico meccanismo. E' questo ciò che accade ai personaggi comici di molte commedie: lo spettatore è chiamato a ridere di un uomo, i cui gesti sembrano quelli di una marionetta, mossa da un burattinaio che ci è ben noto e di cui sappiamo prevedere i movimenti. Di qui la forma di tante commedie che hanno per protagonisti non già individualità ben determinate, ma personaggi tipici. Di qui anche il fine che si prefiggono: correggere, ridendo, i costumi. Alle forme propriamente artistiche, caratterizzate dall'assoluta assenza di finalità pratiche si deve contrapporre dunque la commedia, che è una forma artistica diversa, proprio perché affonda le sue radici nella vita e perché alla vita ritorna come ad un valore da salvaguardare e cui sottomettere i propri sforzi. Il filosofo esamina come diversi vizi morali , come l'avarizia, possano suscitare emozioni diverse, a volte il riso a volte il nostro disprezzo. La diversità della reazione non dipende solo dalla gravità della colpa ma soprattutto nel modo in cui essa si palesa. Gli eroi tragici ci rivelano il loro carattere nelle azioni mentre il personaggio comico invece si rivela nei gesti. Nell'azione la persona intera è in gioco, nel gesto invece una parte isolata della persona si esprime all'insaputa dell'intera personalità. Il gesto è una sorta di irruzione improvvisa dell'inconscio nella vita ed è proprio questo carattere di involontarietà e di immediatezza che ci fa apparire come comico anche un vizio riprovevole. Quindi se il comico si esprime nel gesto, anche il riso è un gesto sociale di cui si deve sottolineare l'immediatezza.


La metafisica bergsoniana

Se il riso è un gesto sociale allora appartiene alla forma di vita propria dell'uomo, allora deve esistere qualcosa come un addestramento al riso. Così, accanto alla tesi secondo la quale il riso sorge come prodotto di un'antica abitudine sociale, Bergson viene sempre più chiaramente sostenendo che 'il riso è semplicemente l'effetto di un meccanismo datoci dalla natura'. Ed in questa prospettiva, il problema di un addestramento al riso non si pone. Il riso ci appare come una manifestazione diretta della natura, come una difesa immediata della vita che è la vita stessa a donarci, armandoci di una sorta di istintiva reazione alla comicità. Se dunque Bergson non si impegna anche sul terreno delle considerazioni sociologiche è proprio perché intende rispondere alla domanda sulle origini del riso sul terreno di una autentica metafisica della vita, che del resto si fa percepire in vari passaggi del saggio bergsoniano. Quindi il riso è sì un castigo sociale, ma le sue origini non appartengono alla società, ma alla vita stessa e debbono essere quindi viste sullo sfondo della lotta tra lo slancio vitale e l'inerzia della materia. Importantissimo è appunto il concetto di slancio vitale che è l'atto esplosivo originario nel quale è contenuta la vita in quanto potenza creatrice, esso è la durata pura, libera e indeterminata che si propaga nell'uomo. L'elan vital, che penetra nella materia e tende a dominarla spingendola verso forma di realizzazione via via più complesse ( evoluzione attraverso il quale si formano istinto, intelligenza e intuizione). Lo slancio vitale quindi che da vita all'intuizione e al quale si contrappone la materia, non è altro che il riso stesso a cui si oppone la rigidità e la meccanicità della materia stessa.











PIRANDELLO "SAGGIO SULL'UMORISMO"

Luigi Pirandello si impegnò nella ricerca delle origini del comico e sostenne una sostanziale differenze tra il comico e l'umoristico. Egli scrisse nel 1908 un saggio intitolato L'umorismo, anche se si interessò dell'argomento già molto tempo prima come testimonia nel 1896, il saggio che scrisse su Cecco Angiolieri, dal titolo "Un preteso poeta umorista del XIII secolo". Curò poi una riedizione del saggio l'umorismo, nel 1920, apportando modifiche in senso anticrociano. Croce, infatti, aveva negato la possibilità di definire l'umorismo. Pirandello sostiene che l'umorismo non sia una categoria storica, ma un concetto che circoscrive un comportamento umano stabile nel tempo e indagabile con gli strumenti dell'indagine psicologica. La riflessione sull'umorismo quindi si muove su di uno sfondo di natura esistenziale: l'analisi dei meccanismi psicologici dell'umorismo diviene così una riflessione tipicamente novecentesca su di una struttura di fondo dell'esistenza, su un modo di atteggiarsi dell'uomo rispetto alla propria vita ed al mondo.

L' esempio da cui parte lo stesso autore è quello della vecchia signora tutta imbellettata e con i capelli tinti, io mi accorgo che il suo aspetto è il contrario di ciò che una vecchia signora dovrebbe essere. In questo consiste il comico, nell'avvertimento del contrario, nel rendersi conto che la realtà che si propone ai nostri occhi è l'opposto di quello che noi ci aspettiamo. A questo punto però Pirandello sostiene che se interviene la riflessione, l'individuo si rende conto di quanto la vecchia signora soffra a vestirsi a quel modo, ma agisca ugualmente in questo modo solamente per trattenere l'amore del marito più giovane di lei. In questo caso l'autore pone il lettore dalla parte dell'osservatore della situazione e da questo versante esterno l'umorismo appare come un approfondimento del comico.

In questo trattato quindi Pirandello rileva l'importanza che riveste la riflessione nella creazione di un'opera umoristica, infatti, è la riflessione stessa che analizza e scompone il sentimento suscitando nello spettatore il "sentimento del contrario", che è il tratto caratterizzante dell'umorismo.

"la riflessione - scrive Pirandello - lavorando in me, mi ha fatto andar oltre quel primo avvertimento, o piuttosto più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l'umoristico."

L'umorismo quindi nasce dall'azione combinata di due forze: il sentimento che crea le situazioni della vita e la ragione che interviene e le analizza scomponendole nei loro elementi costitutivi che ne rilevano i meccanismi. Per spiegare la complementarietà di queste due forze, Pirandello si serve di due immagini:

La ragione è come una superficie di acqua gelata in cui il sentimento si tuffa e si smorza, il friggere dell'acqua rappresenta il riso che l'umorista suscita.

La ragione è come un demonietto che ha lo scopo di squarciare i veli che avvolgono la realtà per penetrarla a fondo e smontare i congegni di cui ogni caso della vita è formato.

L'autore Agrigentino individuò inoltre una finalità analitica dell'umorismo poiché questo processo risultava di capitale importanza per la disgregazione della psicologia umana che non si trova più ad apparire come un sistema unitario. La scomposizione umoristica fa così emergere il fondo sconosciuto della psiche in cui non ci riconosciamo.

Il fu Mattia Pascal

Quali sono le ragioni che spingono Pirandello a riflettere con tanto impegno su questo tema? La risposta a questo interrogativo si svela nelle ultime pagine del suo saggio: l'umorismo è un tratto essenziale della condizione umana e fa tutt'uno con la filosofia della vita .

La prima significativa opera in cui Pirandello delinea una filosofia dell'esistenza e della condizione umana è senz'altro Il fu Mattia Pascal, ed è proprio alla buon'anima di quel bibliotecario che è dedicato il saggio sull'umorismo. L'elemento umoristico del romanzo traspare con chiarezza nel finale che ci presenta Mattia Pascal nell'atto di deporre fiori sulla sua tomba.

Vi è un senso in cui questa scena è senz'altro comica: quale gesto può sembrarci più ridicolo e sciocco che portare fiori sulla tomba di un vivo? E tuttavia l'avvertimento del contrario può facilmente trapassare nel suo sentimento: non solo Mattia Pascal ma ogni uomo seppellisce se stesso poiché rimane bloccato nelle forme morte dell'esistenza, in quelle convenzioni ed abitudini che si sedimentano col tempo, rendendo invisibile il fluire continuo della vita che al di là da esse continua a scorrere.

La filosofia dell'esistenza

In questa filosofia della vita, in cui è chiaro l'eco di Bergson, non è difficile scorgere la genesi di molti temi pirandelliani, ed anche la sua dottrina dell'umorismo affonda qui le sue radici. Sostenere che la vita si è persa ed arenata nelle sue forme morte vuol dire infatti alludere ad una situazione, in ultima istanza, comica: l'uomo è diventato prigioniero delle convenzioni e le sue azioni rammentano quelle di un burattino, e il burattino è un luogo comune della comicità.

Dalla comicità all'umorismo il passo è breve: basta rendersi conto che l'irrigidimento della vita che ci spinge a ridere di un qualche personaggio è in realtà un tratto caratteristico della natura umana. Il riso ingenuo e aperto che sorge non appena cogliamo nei gesti di un uomo la meccanica rigidità del burattino, si vena di tristezza e di amarezza non appena impariamo a ritrovare nel burattino l'uomo. L'atteggiamento umoristico si pone così, in Pirandello, come il frutto cui conduce un'amara filosofia dell'esistenza.











BOCCIONI "LA RISATA"

Umberto Boccioni nasce a Reggio Calabria il 19 ottobre del 1882. Dopo essersi stabilito a Roma nel 1900, stringe amicizia con Severini, assieme al quale frequenta lo studia del più anziano e affermato Giacomo Balla dal quale apprende la tecnica divisionistica ( movimento pittorico sviluppatosi in Italia tra il XIX e il XX secolo che indaga i principi scientifici che stanno alla base della diffusione della luce e della percezione visiva dei colori. Ne deriva una pittura maculata o filamentosa, nella quale i colori sono puri, con tratti spezzati, secondo la giusta opposizione di complementari ) e il gusto per la pittura del vero. Nei dipinti del suo primo periodo affiorano da un lato l'influenza di Balla e dall'altro un preciso riferimento alla pittura impressionista e post-impressionista. I suoi disegni iniziali sono meticolosi nei particolari, vincolati da un' esigenza di riprodurre alla perfezione e in modo realistico i suoi soggetti.

Tuttavia tra gli elementi di tradizione, si avverte una certa insofferenza: lo sfumato naturalistico contrasta con la tensione del segno ripetuto. Egli confessa una continua insoddisfazione per il proprio lavoro e critica il divisionismo del Balla, da cui tuttavia non riesce ancora a distaccarsi, nonostante, a suo avviso, trasmetta soltanto impressioni percettive. Nel pensiero di Boccioni si fanno strada esigenze nuove che non trovano immediata espressione nella sua arte, egli stesso afferma: " Credo occorra una mente immensa che abbia il coraggio o la forza di sintetizzate la sapienza moderna e creare la vera opera".

Oltre all'influenza di Balla, incisivo è l'incontro con Gaetano Premiati che incide sulla formazione pre-futurista di Boccioni: il simbolismo gli permetti di superare la visione impressionista, di origine francese a cui l'aveva avviato Balla, per volgersi ad un arte più mentale, a una " pittura di idea" ( come scrive egli stesso) da cui potrà svilupparsi la successiva dinamica futuristica singolare. Il contributo boccioniano al movimento futurista infatti consiste soprattutto nella decisiva spinta simbolista, che capovolge la premessa impressionistica che viene superata per un' inquietante clima di simboli.

La sua pittura subisce un profondo mutamento mediante l'incontro nel gennaio 1910 con Marinetti, evento decisivo per la poetica di Boccioni e per il superamento di quella inquietudine da lui avvertita. Boccioni aderisce con entusiasmo al futurismo e nel febbraio dello stesso anno collabora alla pubblicazione del Manifesto dei pittori futuristi, diventando poi il principale ispiratore del Manifesto tecnico della pittura futuristica. Egli nega il concetto di un continuum spazio-temporale, perseguendo la creazione di una sintesi di quel che si ricorda e di quel che si vede. Abbandona l'impostazione tradizionale fondendo interno ed esterno, dati reali e quelli del ricordo in una singola immagine. Con questo intento sviluppa le caratteristiche linee forza che tracciano le traiettorie di un oggetto in movimento nello spazio. Il futurismo appunto punta alla rappresentazione del movimento, della velocità, del dinamismo. Boccioni tende ad una diversa idea de movimento e della simultaneità. Tutto comincia con un assioma: un corpo fermo si muove ( in quanto partecipe del dinamismo universale) non meno di uno che si sposta. Egli è interessato quindi dal motivo della persistenza dei contenuti nella coscienza, ovvero dal principio della durata, teorizzato da Bergson. La durata, che è sintesi di tempo passato, presente e futuro si realizza nella dimensione della memoria e della coscienza, che al tempo stesso è memoria e slancio vitale, cioè divenire e creazione in atto. Ma allo spiritualismo di Bergson, Boccioni, che parla di 'vibrazione universale', integra il dato della sensazione e il principio della luce, la quale si presenta corposa, densa e molecolare. Boccioni non segue Bergson quando questi contrappone materia e movimento (ossia materia e vita): ma abbraccia piuttosto la soluzione energetista dei fisici che riduce la materia a energia. Materia e movimento non sono termini quindi contraddittori ma sono riconducibili allo stesso principio dell'energia, valore nuovo rispetto alla tradizionale antinomia di materia e spirito: valore fisico, psichico e dinamico che investe la stesa vitalità della psiche. "La simultaneità - dichiarano i futuristi - è per noi l'esaltazione lirica, la plastica manifestazione di un nuovo assoluto: la velocità; di un nuovo e meraviglioso spettacolo: la vita moderna; di una nuova febbre: la scoperta scientifica. Simultaneità è la condizione nella quale appaiono i diversi elementi che costituiscono il dinamismo. E dunque l'effetto di quella grande causa che è il dinamismo universale. È l'esponente lirico della moderna concezione della vita, basata sulla rapidità e contemporaneità di conoscenza e di comunicazioni. Se consideriamo le diverse manifestazioni dell'arte futurista noi vediamo in tutte affermarsi violentemente la simultaneità." L'elaborato delle teorie di Boccioni sulla simultaneità e sul dinamismo fu inoltre agevolato dallo studio del cubismo durante una visita a Parigi nel novembre 1911. Visitando il Saloon d'Automne e la galleria di Kahnweiler, il mercante di Braque e Picasso, Boccioni riconosce nel metodo di scomposizione cubista uno stile rivoluzionario, cerebrale, moderno, adatto a rappresentare il dinamismo futurista.

LA RISATA







La Risata, venne esposta nel maggio 1911 alla Mostra d'arte libera a Milano ( mostra nella quale i concetti fondamentali del linguaggio futurista di dinamismo, simultaneità, scomposizione del soggetto ed intersezione dei piani, iniziano a concretizzarsi nelle importanti tele esposte, fra le quali Rissa in Galleria 1910, La città sale 1910-1911), è oggi conservata al Museum of Modern Art,  a New York. Ardengo Soffici pubblica su "La Voce" una stroncatura della mostra, l'articolo scatena la celebre "spedizione punitiva" del 29 giugno 1911: Boccioni insieme a Carrà, Marinetti e Russolo si reca a Firenze per confrontarsi con Soffici e con gli altri animatori de "La Voce". L'incontro si trasforma immediatamente in rissa e si conclude in Questura, malgrado ciò il confronto fra milanesi e fiorentini porterà all'adesione di Soffici, Prezzolini, Slataper e Papini al movimento futurista. L'opera sembra sia stata sfregiata da un visitatore con un rasoio, tuttavia non reca alcuna traccia di tagli, forse perché Boccioni la ridipinse dopo il viaggio a Parigi nell'autunno del 1911. A tale ridipinta, sembra l'opera deve l'aspetto cubista; inizialmente era stata concepita in chiave espressionistica ( la critiche apparse in occasione della rassegna milanese parlano di violenza cromatica e di cruda aderenza alla realtà), né le successive soluzioni cubiste avrebbero modificato sostanzialmente l'impianto compositivo, che conserva evidente una spazialità di origine prospettica. Boccioni non se la sente, infatti, di modificare il viso di donna cui è dovuto il titolo dell'opera, che risulta quasi uguale nei disegni preparatori della prima versione

Tale opera è fondamentale per capire il decollo dell'opera futurista; appunto grazie ai suoi forti accenti realistici nonostante i tagli scompositivi di origine cubista che segmentano i volumi, moltiplicando i punti di vista della scena. Il dipinto testimonia infatti l'ampia vitalità che consente all'autore di affrontare la conciliazione tra cultura espressionistica e soluzioni spaziale di marca cubista. Nonostante la tematica espressionistica della rappresentazione della vita notturna, si rapporta alla successiva ricerca della simultaneità e sulle compenetrazioni di figura-ambiente. Boccioni si sposta sempre più verso la fusione del'oggetto con lo spazio: la simultaneità non si ferma più ad una sintesi fra ciò che si vede e ciò che si ricorda, ma si spinge a realizzare una totale fusione con l'ambiente. Raffigura un gruppo di femmine e di viveurs che conversano molto allegramente intorno ad una tavola di un caffè mentre una delle donne, che sono tutte vestite in modo bizzarro, prorompe in una risata scrosciante e questa si comunica intorno. La donna è il soggetto più rappresentato da Boccioni: un intero universo femminile popola i suoi quadri, dagli inizi divisionisti, alla maturità futurista. La scena è vista con accuratezza e rappresentata con una pittura di efficacia irresistibile: l'effetto è dovuto in gran parte alla violenza del colore, al ravvicinamento accecante di toni fortissimi e luminosi: nel centro del gruppo un' enorme piuma gialla sembra un fuoco d' artificio. Le figure disposte in primo piano, intorno al tavolo davanti a cui è seduta la cocotte che dà origine all' ondeggiare della risata, sono moltiplicate, sdoppiate, i volti dei personaggi maschili sovrapposti, così come i loro gesti, fusi nell' atmosfera elettrizzante di una dimensione pervasa di suono, luce e colore. Boccioni concentra la sua indagine artistica sulla "luce" come elemento unificante nella compenetrazione tra figura, spazio interno ed esterno. I personaggi raffigurati sono studiati da tutti i lati e sia gli oggetti davanti che quelli dietro devono essere visti, in quanto tutti rappresentati nella memoria del pittore. Il riferimento è alla dimensione psicologica, mnemonica, in cui vive la scena rappresentata rimandando alla trasparenza dei corpi, al loro coesistere immateriale grazie alla luce, sottolineando la valenza soggettiva e spirituale della visione. La risata nello stesso tempo vuole essere un emblema moderno, denso com'é di riferimenti al clima della vita notturna delle grandi metropoli, che per Boccioni rappresentano un lato del progresso, quello della sfrenata vitalità e del'irrisione agli schemi di vita tradizionale. Non mancano tuttavia allusioni a una programmatica allegria, che è una delle facce del volontarismo e del vitalismo futurista. E' esattamente questa allegra vitalità,mutata in aperta, lucida ironia, una delle componenti più rivoluzionarie della corrente. La Risata può essere considerata come una metafora rappresentante la 'baldoria' come dice Marinetti nel suo manifesto, che è presente nella metropoli reinterpretata nel quadro con luci e case. Dalla metropoli però emergono diverse realtà tra cui diversi spazi che si inseriscono con ironia all'interno di essa. E' proprio questo spazio la sintesi personale del'interpretazione del quadro di Boccioni che si inserisce all'interno di uno spazio più grande, quello appunto della metropoli formato dal contesto del quadro.











Bibliografia:

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Gabriele Di Milia "Boccioni" ed. Bellini della Robbia

Luigi Pirandello, Giovanni Verga, a cura di Mirella Lirussi "Realtà e fantasia" novelle a confronto II ed. Agenzia Libraria Editrice

www.wikipedia.it

www.encarta.it

www.clowterapia.it

www.patchadams.org

www.patchadams..com

www.clown.it

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