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IL NAZISMO: origini ed evoluzione
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l termine nazismo sta per forma abbreviata di NAZIONALSOCIALISMO ed indica l'ideologia che si intendeva come "concezione etnico-raziale" di stato e società, e il movimento rivoluzionario basato su tale ideologia, che si è largamente sviluppato in Germania fra le due guerre mondiali. Esso viene spesso definito come versione tedesca del fascismo.
Diffuso fino alla I guerra mondiale in circoli assai ristretti, risale agli ultimi decenni dell'Ottocento. Elementi essenziali furono:
Il nazionalismo espansionista, che mirava all'unione di tutti i tedeschi in un solo stato e per questo all'egemonia nell'Europa centrale e al rango di potenza mondiale;
L'antisemitismo razziale e, con esso congiunta, la concezione della superiorità della razza germanica, derivata anche dalle dottrine darwiniste;
La tendenza a superare i contrasti fra le classi sociali e ad integrare gli operai dello stato nazionale rafforzando così quest'ultimo in modo da poter intraprendere la politica d'espansione.
S'aggiungevano ricordi irrazionali del fatalismo delle antiche religioni germaniche e il rifiuto del cristianesimo. Il nazismo non ha dunque espresso una dottrina originale, ma radicalizzato varie tendenze unendole in un miscuglio d'idee, il quale riceveva un'inaspettata carica esplosiva dalla crisi profonda degli anni 1918-19, causata da disfatta militare, rivoluzione e trattati di pace. Soprattutto l'antisemitismo offriva mezzi comodi per spiegare le cause della crisi. Il nazismo ebbe in comune con il fascismo, il quale gli serviva da modello., la convinzione che potenza, violenza e imperialismo fossero le forze determinanti della storia, l'esaltazione del capo e dell'élite, e il nazionalismo. In netto contrasto però al fascismo, molto più moderato nelle sue mire territoriali, esso ebbe un nucleo ideologico mai modificato: l'antisemitismo e le pretese di "spazio vitale" che Hitler, capo ed organizzatore supremo, voleva creare per la nazione tedesca con l'espansione verso Est e la repressione dei popoli slavi. Per anni egli seppe, però, nascondere le sue vere aspirazioni, presentandosi come nazionalista e semplice revisionista.
Le ragioni della crisi economica tedesca
Il crollo della borsa di Wall Street e di tutta l'economia in generale, costrinse gli Stati Uniti a richiedere indietro gli ingenti prestiti fatti alle varie nazioni, rese povere o più povere ancora dal primo conflitto mondiale. La Germania fu la nazione più colpita da questa situazione. L'inflazione era a livelli spaventosi e ogni tentativo di ripresa e apertura verso il debole mercato europeo sembrava vano.
La vertiginosa ascesa al potere del nazismo fu indubbiamente favorita dalle conseguenze della grande crisi che colpì pesantemente i ceti popolari e la piccola borghesia.
Hitler diventa cancelliere
Nel 1932, l'anno più duro della crisi, si aprirono notevoli spazi per l'estremismo di destra, e in particolare per il Partito nazionalsocialista, guidato da Adolf Hitler, che poté utilizzare il malcontento popolare dovuto al crollo dei salari e dell'occupazione per destabilizzare l'intero sistema politico. In quegli anni i nazisti ottennero un grande successo elettorale, divenendo il partito di maggioranza e il 30 gennaio 1933, il presidente della repubblica, il maresciallo Hidenburg, chiamò Hitler alla carica di cancelliere di un governo di coalizione che comprendeva ministri nazisti e nazionalisti.
Un atto terroristico oscuro, l'incendio del palazzo del Reichstag, sede del parlamento tedesco, avvenuto nella notte del 27 febbraio 1933, la cui responsabilità venne addossata ai comunisti, fornì ai nazisti il pretesto per arroventare il clima delle nuove elezioni, rese necessarie dai contrasti insorti nella maggioranza governativa. In un'atmosfera di autentico terrore, nel marzo 1933 i nazisti ottennero nella consultazione elettorale il 43,9 % dei voti, ciò che consentì a Hitler di mettere in atto i suoi programmi dittatoriali.
La base sociale del nazismo
L'ascesa nazista fu resa possibile dall'appoggio dichiarato che garantì la grande borghesia industriale e agraria e le caste militari che, riconoscevano nella ideologia autoritaria e aggressiva del Partito nazista. In ogni caso il Partito nazista dovette la vittoria anche al fatto di essere un'organizzazione politica nuova, del tutto diversa di gruppi politici reazionari costituiti, nei loro settori militanti, prevalentemente dagli strati sociali legati al vecchio ordine, Il partito di Hitler raccoglieva nelle proprie file, come membri attivi, soprattutto quelle categorie appartenenti agli strati medio-bassi della struttura sociale e prodotte dai processi di ristrutturazione economica e sociale, propri della modernità capitalistica. In primo luogo, quindi, quei settori di proletario dequalificato, formatosi all'interno delle strutture delle moderne imprese pianificate e razionalizzate, sostanzialmente estranei alla cultura ed alle ideologie della socialdemocrazia e del movimento operaio. Seguivano gli artigiani, gli impiegati pubblici e privati. Il nuovo "ceto medio", era desideroso di distinguersi ad ogni costo dal proletariato, disperatamente proteso, quindi, ad emergere dall'anonimato e dal grigiore quotidiano.
Su questo strato sociale, sulla sua emotività sommersa, la propaganda nazista, con il suo appello alle "radici", al mito e all'eroismo, con la sua carica millenaristica, semplice e totale, col suo culto per la potenza e per la purezza della razza, con le sue promesse di rifondazione integrale, era destinata ad avere un effetto travolgente. Ben più dell'esasperato razionalismo delle sinistre, spesso sconfinante nell'arido calcolo economico poco coinvolgente, emotivamente inerte.
La dottrina del nazismo
La dottrina hitleriana esaltava il nazionalismo e la superiorità genetica ed intellettuale della razza ariana, di cui i tedeschi sarebbero stati i più puri rappresentanti. Hitler proclamava la necessità di assicurare al popolo tedesco i territori che gli spettavano, mediante un vigoroso espansionismo ad oriente e soprattutto verso la Russia, patria del comunismo (considerato l'avversario storico del nazismo), alla conquista dello "spazio vitale". E' evidente che il trattato di Versailles, ricordo bruciante della sconfitta militare della Germania, avrebbe dovuto essere cancellato, per ridare al Reich il ruolo di grande potenza planetaria. Una delle minacce più gravi alla purezza della razza ariana, sbandierata con ossessiva insistenza, era inoltre rappresentata dalla "infezione ebraica". Un popolo ritenuto inferiore dai nazisti, come l'ebraico, avrebbe dovuto quindi essere eliminato. I motivi razziali nascondevano però altre ragioni, di tipo economico: la grande industria aveva bisogno di denaro e le banche erano in gran parte in mano agli ebrei; inoltre molti proprietari terrieri, che avevano ipotecato i loro beni, avevano creditori ebrei. L'eliminazione degli ebrei avrebbe dunque risolto i problemi di entrambe le categorie.
La dittatura del "F hrer"
Il volto più aggressivo e distruttivo del movimento nazista si manifestò senza indugio; il 30 giugno del 1934, in quella che passò alla storia come la "notte dei lunghi coltelli", Hitler fece massacrare i capi dell'ala sinistra del partito, per assicurarsi l'appoggio della casta militare e dei gruppi imprenditoriali che l'avevano sostenuto. Successivamente aggiunse alla carica dio cancelliere quella di capo dello Stato, in seguito alla morte di Hindemburg, e di capo supremo delle forze armate, assumendo il titolo encomiastico di "FÜHRER", cioè capo carismatico. Nel 1934 i partiti politici vennero sciolti, mentre oramai si erano saldamente consolidate le basi dello Stato totalitario. Tutti gli avversari del regime (comunisti, socialdemocratici, democratici e cattolici) subirono violenze di ogni tipo, spesso concluse con assassini o, in seguito, deportazioni nei lager, i campi di concentramento. Le SS (Schutz- Staffen=reparti di difesa), ossia le formazioni paramilitari del Partito nazista, comandate da Heinrich Himmler, e la GESTAPO (polizia politica) seminavano il terrore con le loro azioni di inaudita ferocia. Molti furono gli oppositori del regime che cercarono scampo all'estero: tra questi figuravano esponenti illustri del mondo culturale, come lo scienziato Albert Einstein, gli scrittori Thomas Mann e Bertold Brecht, l'architetto Walter Gropius e molti altri.
La persecuzione antiebraica
La propaganda antiebraica si tradusse ben presto in misure persecutorie sempre più schiaccianti e gli ebrei vennero progressivamente emarginati dalla vita del paese. Con le leggi di Norimberga del 1935, furono esclusi dal diritto di voto e dagli impieghi pubblici, dall'esercizio di professioni liberali, dal commercio, dalle banche, dall'editoria; successivamente marchiati con segni di riconoscimento (la stella gialla di David - )che permettevano di identificarli e di allontanarli dai luoghi pubblici. Dal 1938 la persecuzione contro gli ebrei divenne ancora più cieca e totale, fino a raggiungere le dimensioni di un vero e proprio genocidio, con la creazione dei campi di sterminio, che avrebbero dispiegato pienamente la loro azione un anno dopo, quando la Germania avrebbe trascinato il modo in un nuovo conflitto mondiale.
Il regime totalitario
Sull'onda di queste spietate repressioni si venne configurando un regime totalitario che puntava a un assoggettamento permanente degli individui e della società civile nelle strutture dello Stato nazista. Strumento fondamentale di questo tentativo di controllo sociale fu un'educazione totalmente sorvegliata e rivolta a questo fine. La scuola, le letture, gli svaghi dei giovani erano finalizzati alla formazione di unna gioventù assolutamente devota al regime, inquadrata in formazioni paramilitari come la Hitler-Jugend ( gioventù hitleriana).A ciò si accompagnava l'azione di una propaganda martellante, sapientemente orchestrata da Paul Joseph Goebbels, ministro della "cultura nazionale", che si servì di tutti i moderni mezzi di comunicazione di massa(radio, cinema, tabelloni e stampe murali, fotografie), delle adunate e delle immense parate militari per esaltare le masse e renderle succubi delle parole d'ordine e della volontà dell'unico capo, il Führer. Con un'accelerazione ancor maggiore che nell'Italia fascista, vennero eliminati tutti gli organismo di rappresentanza sindacale, sostituiti dal "fronte del lavoro", che comprendeva industriali e lavoratori. Il controllo sociale si combinò con un rigido dirigismo economico, attraverso il quale lo Stato coordinò la politica industriale, promuovendo non dolo grandi piani di lavori pubblici per ridurre la disoccupazione, ma soprattutto garantendo, attraverso una accentuata politica di riarmo, il "mercato" necessario alla ripresa dell'industria pesante: in particolare dei settori meccanico, metallurgico e siderurgico. L'interventismo nazista operò nel senso di tutelare gli interessi della grande industria e di favorire il processo di concentrazione capitalistica, senza modificare, anzi accelerando le gravissime disuguaglianze nella distribuzione delle reddito. Non si pose di uscire dalla crisi attraverso un allargamento del mercato interno, rappresentato dai cittadini, ma, al contrario, drenando tutte le risorse, dai consumi alla produzione, e garantendo alla produzione industriale uno sbocco di mercato del tutto artificiale, rappresentato dalla spesa pubblica dello Stato.
Politica economica e politica estera
Una simile politica economica era destinata a influire sulla politica estera, non solo perché il riarmo della Germania era proibito dagli accordi di pace siglati a Versailles, ma soprattutto perché si trasformò in un espansionismo aggressivo che minacciò i fragili equilibri su cui si basavano le relazioni internazionali. Già nel 1933 la Germania era uscita dalla Società delle nazioni. Circa un anno dopo a Vienna, con un colpo di mano conclusosi con l'assassinio del cancelliere austriaco Dollfuss, un gruppo di nazisti austriaci e tedeschi, perseguendo l'idea di annessione alla Germania dei paesi di lingua tedesca, tentò, senza riuscirvi, di rovesciare il governo austriaco per inglobare l'Austria nella "Grande Germania". L'Anschluss era solo rimandato di pochi anni. Do lì a non molto sarebbe cominciata la politica delle annessioni territoriali che avrebbero determinato lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Personalmente, ritengo che sia giusto nutrire amore per la propria nazione, ma portare all'estremo tale sentimento e farlo prevalere sui diritti dell'umanità mi sembra illogico e non posso che nutrire profonda disistima per un personaggio come il Führer che, ben lungi dall'essere il "superuomo" che si reputava, è stato solo uno dei tanti folli, un uomo pieno di complessi di inferiorità verso i suoi stessi compatrioti. Spesso e volentieri il nazismo è associato e confuso con il fascismo, ma mi sembra netta la differenza, visto che non credo che esso abbia mai diffuso tanta violenza e premeditato l'assassinio di milioni di vite umane, semplicemente ed ingiustificatamente trattate come bestie per il semplice fatto di essere di razza differente. L'inferiorità di un individuo è, a mio avviso riconoscibile in base a fattori intellettuali e umanitari, non razziali, e quindi gli unici a meritare un trattamento così brutale sono esseri stupidi, esibizionisti e, quindi, presuntuosi come furono Hitler ed i suoi seguaci.
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