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Ancona
Geografia: Città delle Marche, capol. della prov. omonima e della regione Marche. Comune di 123,71 km2 con 104.255 abitanti. Posta a 16 m s.m., si affaccia al Mar Adriatico nel punto in cui la costa forma un gomito dovuto al promontorio del m. Conero . Il nucleo più antico della città sorge sulle pendici del colle Guasco, coronato dalla cattedrale di S. Ciriaco e dominante da NE la vasta falcatura del porto. Al sec. XIII risalgono l'espansione dell'abitato sulle pendici del colle dell'Astagno, a S del precedente, e l'occupazione della zona valliva tra i due rilievi, fino all'attuale piazza Roma. Un più vasto sviluppo urbanistico si ebbe tuttavia soltanto dopo l'annessione al Regno d'Italia, quando la costruzione della ferrovia aprì una nuova fase di prosperità economica e la città si estese con nuovi quartieri periferici soprattutto intorno alla stazione. Più recente è lo sviluppo urbano verso E, lungo l'asse del viale della Vittoria e delle vie a esso parallele. Nel dicembre 1982 un'enorme frana distrusse alcuni quartieri periferici della città.
Economia: Maggior centro commerciale della regione, esplica buona parte della sua attività di scambi attraverso il porto che in media registra un movimento annuo di ca. 2000 navi in arrivo e in partenza e un traffico di 1.566.000 t di merci. Netta prevalenza nelle importazioni hanno i prodotti petroliferi, diretti alla raffineria dell'attigua Falconara Marittima. Seguono i prodotti agricoli e le derrate alimentari (cereali, semi oleosi, farina di soia), il legname e i concimi (fosfati naturali), mentre rivestono minore importanza minerali e materiali da costruzione, combustibili solidi (carbone), prodotti metallurgici (laminati e rottami di ferro) e prodotti chimici (cellulosa). Più modesto è il valore delle esportazioni (ca. un decimo del traffico totale), sfavorite dalla mancanza di un vasto retroterra e dall'assenza pressoché totale della navigazione di cabotaggio; prevalgono anche in questo caso le derrate alimentari, seguite dalle macchine, auto, autocarri e manufatti vari. Una maggiore capacità di penetrazione commerciale dei traffici portuali si potrà avere quando sarà realizzato il cosiddetto "porto interno" nei Piani della Baraccola, in via di esecuzione. L'attività peschereccia, ristretta allo specchio d'acqua del Mandracchio, riveste un ruolo importante nell'economia portuale sia in termini di flotta che di addetti. Tra le strutture a terra ad essa collegate vanno ricordati un mercato ittico all'ingrosso, un Istituto di ricerche sulla pesca marittima, un'industria per la conservazione e lavorazione del pesce azzurro e tre cantieri per motopescherecci. Nel campo industriale, il settore più sviluppato è quello navalmeccanico, con due grandi cantieri; stabilimenti metalmeccanici producono tubi e infissi metallici; primaria importanza hanno ancora i settori chimico, farmaceutico, oleario. Tra le altre fonti di reddito sono da annoverare la pesca, il turismo (favorito da buone spiagge) e l'agricoltura che dà cereali, foraggi e in particolare uva da vino (rosso del Conero). In campo culturale operano le facoltà di economia e commercio, ingegneria e medicina, l'Istituto marchigiano di scienze, lettere e arti e la Deputazione di storia patria per le Marche.StoriaFondata da coloni siracusani tra il sec. V e il IV a. C., al tempo della guerra illirica il porto fu utilizzato come base navale romana. Colonie romane (anche di veterani cesariani) vi presero dimora e diedero ad A. un volto nuovo soprattutto al tempo di Traiano. Caduto l'Impero d'Occidente, A. sostenne l'attacco dei Goti e poi preferì (dopo aver sconfitto i Longobardi) sottomettersi spontaneamente alla Chiesa insieme alle altre città della Pentapoli. Cinta invano d'assedio da Federico Barbarossa (1167) e da Cristiano di Magonza (1174), in lotta con Saraceni (che nell'848 l'avevano distrutta), Normanni e Veneziani (con i quali sopportò un conflitto secolare), difese a lungo la propria autonomia finché nel 1532 fu costretta con la forza al diretto dominio pontificio che si rivelò odiosamente dispotico. Decaduta nel Seicento per il ristagno del commercio e per calamità naturali, fu occupata nel 1797 dai Francesi condotti personalmente da Napoleone. I gruppi giacobini istituirono un governo rivoluzionario e quindi una repubblica democratica. Dopo esser passata nelle mani dei Tedeschi (1799), dei Francesi (1801), della Chiesa (1815), fu annessa al Regno d'Italia nel 1860. Durante la II guerra mondiale A. fu colpita da più di 150 bombardamenti dagli Alleati che distrussero gran parte della città storica.
Arte: Il maggior monumento della città, che si sviluppa a pianta ortogonale, è il duomo di S. Ciriaco. Sotto la chiesa sono stati trovati resti del tempio di Venere Euplea, che secondo le fonti si trovava al sommo dell'acropoli della città greca. Il duomo venne eretto tra la fine del sec. XI e il XIII, su una basilica più antica; la decorazione esterna presenta forme romanico-gotiche lombarde (portale strombato con protiro e rosone nella facciata, archetti pensili) mentre la pianta, a croce greca con cupola poligonale su pennacchi e bracci absidati a tre navi, è di derivazione bizantina. I due bracci trasversali sono sopraelevati su due cripte. A una estremità del porto si innalza l'arco di Traiano (115 d. C.), che si è supposto opera di Apollodoro di Damasco. Della città romana, il cui foro era situato dov'è l'attuale piazza del Senato, rimangono resti di edifici pubblici (terme, magazzini portuali) e privati, con mosaici e pitture parietali. Ben conservato è l'anfiteatro di età augustea. Romanica è la semplice chiesa di S. Maria della Piazza, che ha una facciata con un portale gotico di gusto lombardo e una decorazione a loggette cieche di ricordo pisano (1210). Numerosi sono gli edifici tardo-gotici di stile veneziano (Loggia dei Mercanti, portali di S. Agostino e di S. Francesco alla Scala, tutte opere di Giorgio da Sebenico). Sulla scenografica piazza del Plebiscito si affacciano il palazzo della Prefettura (sec. XV) di Francesco di Giorgio Martini e la settecentesca chiesa di S. Domenico, che conserva una Crocefissione di Tiziano. La Pinacoteca Civica raccoglie importanti dipinti di scuola veneziana, tra cui una Madonna e Santi di Tiziano e opere di L. Lotto e di C. Crivelli. Molto importante è il Museo Archeologico Nazionale delle Marche, che conserva i reperti delle popolazioni preistoriche e italiche, oltre a opere di età greca e romana.
Provincia di Ancona: La provincia di A. (49 comuni; 1940 km2; 437.000 ab.) si estende nella parte centrale delle Marche tra l'Appennino e l'Adriatico: confina a N con la prov. di Pesaro e Urbino, a S con quella di Macerata, a W con l'Umbria (prov. di Perugia), mentre a E si affaccia al mare. Il territorio, in massima parte montuoso e collinare, comprende un breve settore dell'Appennino Centrale; parallelamente all'asse appenninico corre la catena dei monti di Misa, a E dei quali la morfologia digrada in ondulazioni collinari fino alla costa, su cui domina, quasi isolata, la massa rocciosa del m. Conero (572 m). La rete idrografica è costituita da fiumi brevi, a regime torrentizio, che scorrono in valli longitudinali, sboccando nella regione collinare attraverso strette gole e scendendo poi paralleli direttamente al mare. I principali sono: il Cesano, che scorre in gran parte sul confine con la prov. di Pesaro e Urbino, il Misa, l'Esino e il Musone, che nel tratto finale segna il confine con la prov. di Macerata. Le zone pianeggianti sono limitate alle alluvioni delle sezioni inferiori delle valli e alle strette cimose costiere. L'insediamento umano presenta notevoli divari nella sua distribuzione: piuttosto rado nelle zone di montagna e collinari, dove è in atto un processo di spopolamento, si infittisce nella regione intorno al capol., che offre migliori prospettive di impiego. La montagna e l'alta collina sono assai povere di risorse; la morfologia del terreno impone un'agricoltura di sussistenza, cui fa da complemento lo sfruttamento del bosco, d'altronde assai degradato. Colture intensive si hanno nelle piane vallive e sui bassi versanti collinari: si producono soprattutto frumento, ortaggi, frutta, uva e barbabietole da zucchero; diffuso l'allevamento, soprattutto quello bovino da carne. La pesca ha il suo principale centro, oltre che nel capol., a Senigallia, che dispone di buoni fondali anche per imbarcazioni di forte pescaggio. Le industrie sono abbastanza diversificate: fra le alimentari figurano ai primi posti la molitoria, la vinicola e la conserviera; numerose le industrie tessili (lana e cotone) e dell'abbigliamento. La lavorazione del legno (fiammiferi e compensati) è accentrata a Iesi, dove si costruiscono pure macchinari agricoli; Fabriano è il più famoso centro italiano per la produzione della carta. Nel campo della metalmeccanica figurano i cantieri navali del capol., dove sorgono pure fabbriche di apparecchiature elettroniche e di prodotti chimici e farmaceutici. Vi sono sviluppate anche le industrie meccaniche (elettrodomestici), della plastica, dell'abbigliamento, alimentari, dei laterizi e delle ceramiche. Falconara Marittima, in rapida espansione, ha una delle maggiori raffinerie di petrolio di tutto il litorale adriatico; Osimo e la vicina Castelfidardo vanno famose per la produzione di strumenti musicali, in particolare fisarmoniche. Il triangolo A. (con Falconara Marittima)-Senigallia-Iesi va delineandosi come la principale area industriale della provincia e dell'intera regione, favorita dall'abbondanza di vie di facile comunicazione, oltre che dalla disponibilità di acqua e di manodopera. Vanno ancora ricordati il centro religioso di Loreto e la stazione balneare di Numana.
Marca di Ancona: Fu costituita nel 1090 dall'imperatore Enrico IV investendo Guarnerio o Varnerio di quel territorio già appartenuto a Matilde di Canossa. Gli eredi di Guarnerio (Federico, Guarnerio II, Guarnerio III, Federico II) si alternarono poi al governo senza tuttavia assicurarsi la successione se nel 1177 la marca passò a Corrado di Lützelhard che la lasciò nel 1189 per quella di Toscana. Altri successori furono poi Gotebaldo di Senigallia (1191) e Marcovaldo di Annweiler (1194) che estese i suoi poteri al Molise e si fregiò del titolo di dux Ravennae, marchio Anconae et Molisii. Innocenzo III, che intendeva ricostruire il patrimonio della Chiesa, scomunicò l'infedele Marcovaldo e si annetté nel 1199 gran parte della marca. Fu difficile per il papa mantenere l'ordine e preferì scaricare il governo del tormentato territorio su Azzo IV d'Este. Dopo fasi alterne - che videro in primo piano le figure di Federico II e di Manfredi, i quali governarono per mezzo di vicari imperiali, e la ribellione dei signori locali durante la cattività avignonese - la marca fu riguadagnata al papato dal cardinale Albornoz che la riordinò secondo le Costitutiones Marchiae Anconitanae. L'ultima signoria, di Francesco Sforza, durò dal 1433 al 1477 dopo di che la marca rimase alla Chiesa.
Bibliografia: G. Bonarelli, Effemeridi anconitane, Gubbio, 1944; M. Natalucci, Visita al Duomo di San Ciriaco e breve itinerario della città di Ancona, Ancona, 1958; idem, Ancona attraverso i secoli, Città di Castello, 1960; E. Bevilacqua, Marche, Torino, 1961; L. Sandri, Palazzo Benincasa in Ancona, Roma, 1985.
la sottostante CRIPTA DELLE LACRIME (che prendeva questa denominazione di una immagine della Vergine scolpita in marmo, ivi venerata), dopo la totale distruzione del 1944, è stata interamente rifatta rispettando lo schema architettonico originale: "Durante il restauro sono venute alla luce alcune nicchie con affrescature policrome, che probabilmente fungevano da custodia delle sacre reliquie'"(Natalucci M.). a sinistra, scendendo per una breve scala, si accede ai resti ai resti dell'antico tempio pagano, ritrovati durante gli scavi archeologici del 1948. Si tratta di un tempio italico-greco (IV-III secolo a.C.) che si può identificare con quello di Venere Euplea, celebrato dagli antichi e che si riteneva fosse andato distrutto durante il terremoto del 558 d.C. Difficile è farsi un'idea anche approssimativa dell'antica costruzione pagana, in quanto l'edificazione più tarda (XII secolo) della cripta ha soppresso alcuni elementi relativi allo sviluppo perimetrale del tempio: probabilmente aveva pianta rettangolare con la facciata rivolta verso il mare. Gli elementi architettonici rimasti "in situ" corrispondono alle basi esterne del tempio, mentre le fondazioni dell'interno appartengono alla cella in cui veniva custodito il sacro simulacro della divinità.
Nel chiostro adiacente ed in due sale dell'antico episcopio, è stato trasportato il materiale scultoreo, già custodito nella Cripta delle Lacrime: sono per lo più oggetti di scultura che provengono dalla stessa cattedrale o da chiese del contado. Il pezzo più prezioso dell'intero MUSEO è il sarcofago scolpito in pietra attribuibile alla fine del IV secolo, di un certo Flavio Gorgonio ex prefetto del pretorio ed elemosiniere imperiale, come si legge nell'iscrizione dedicatoria posta al centro della facciata anteriore: ha forma rettangolare con coperchio trapezoidale diviso a fasce, che prende la forma di attico ad antefisse nei due lati maggiori ed in quelli minori di frontone timpanato. Entro le sei nicchie della fronte anteriore si svolge la scena della "Traditio Legis": al centro su un monticello il Cristo, fiancheggiato dagli Apostoli, consegna solennemente a Pietro il volume delle leggi, mentre in basso viene adorato dai due coniugi committenti; in alto a sinistra all'unica scena della "Adorazione dei Magi", corrispondono sulla destra tre momenti di tre vicende diverse: Mosè riceve le tavole della legge; Davide e Golia; il Battesimo di Gesù. Nella parte posteriore: entro una nicchia ad arco ribassati sono figurati Gorgonio in pallio e tunica insieme alla moglie con la stola matronale, nell'atto di toccarsi la destre in segno di concordia, entrambi fiancheggiati da due figure di Apostoli. La scena più importante per la storia dell'iconografia paleocristiana, in quanto si tratta di un soggetto raramente rappresentato, oltre all'Adorazione dei Magi sopra indicata, è quella raffigurante la visita dei Magi ad Erode nel lato destro minore, mentre non mancano di vivacità espressiva i vari quadretti dei timpani laterali, ove si spiegano le diverse mansioni di Gorgonio, in qualità di magistrato imperiale. Sempre nella prima stanza si trovano, ormai scialbati e privi del loro fasto policromo a pasta vitrea verde e rossa, i frammenti del pluteo che un tempo cingeva la cappella della Madonna: leggermente anteriori a quelli del Crocefisso queste lastre (raffiguranti grifi, lepri, gatto-tigri) sono databili tra 1148 ed il 1178, come riferisce l'antica iscrizione in lode del vescovo Lamberto. Nella seconda stanza degno di nota è il cenotafio del Beato Gabriele Ferretti: su un sarcofago a forma di vasca, adorna di festoni di frutta e di girari, floreali, giace il corpo del defunto. "Nel largo modellato piani del volto emaciato, nel panneggiare a lunghe pieghe cordonate del saio, nel taglio duro delle mani come nei festoni spiccati crudamente della fine del secolo XV" (Serra L.).
Nel TESORO si custodiscono rari codici, fra cui l'Evangelario miniato in pergamena, che appartiene al Beato Antonio Fatati (1431-1484): si deve ritenere opera di un maestro straniero della prima metà del secolo XV, tanto chiari sono i legami con la coeva miniatura fiamminga, specie nella pagina della preziosa Crocifissione, riquadrata a medaglioni con figure di angeli, che spiccano fra minuziosi motivi floreali. Tra i paramenti sacri non bisogna dimenticare il Paliotto di velluto persiano allucciolato d'oro con disegno a melograne, che reca all'estremità la storia di S. Ciriaco, secondo la leggenda aurea. È tutto un susseguirsi di vivace annotazioni coloristiche: sul fondo d'oro risaltano i verdi chiari, gli azzurri teneri, i grigi intensi, cui si accompagna qualche solitaria nota violacea o rosso cremisi vivace ma nello stesso tempo delicato. Presumibilmente è opera di un maestro umbro della fine del XV secolo. Preziosi anche i reliquari, fra cui quello di S. Stefano (arte italiana del XIV secolo): su un piede tutto dorato a base ottagonale poggia un tempietto ottagonale, movimentato da pilastrini cuspidati, mentre al di sopra si erge un coronamento a cuspide piramidale. Fa parte degli arredi sacri anche la Croce processionale (XV secolo) di argento dorato, cesellata a pietre bianche e turistiche; su un lato presenta un Crocefisso contornato dalla Vergine e da S. Giovanni Evangelista, un angelo e un simbolo eucaristico; sull'altro in 5 medaglioni nichelati e smaltati, l'Incoronazione della Vergine, S. Michele, S. Primiano ed altri santi.
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