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Le malattie del sistema nervoso
Come s'è accennato poc'anzi, il settore delle malattie neurologiche ha avuto, negli ultimi cinque anni, uno sviluppo rapidissimo e le ricerche in corso sulle varie malattie sono numerosissime. Devo quindi limitarmi ad offrire un resoconto delle due principali strategie perseguite da gruppi di ricerca sparsi nel mondo e dei formidabili problemi tecnici che ancora restano da superare per poter passare all'applicazione clinica.
La prima strategia punta a sfruttare la recente individuazione di nicchie di cellule staminali nel cervello adulto, che quindi, contrariamente a quanto si pensava fino a pochi anni fa, dovrebbe possedere una, sia pur limitata, capacità rigenerativa.
Si è pensato allora di stimolare tale capacità attraverso l'infusione di idonei «fattori di crescita» e nel 2001 un gruppo guidato da Fallon ha compiuto il primo esperimento di stimolazione su un modello animale di Parkinson, riuscendo ad ottenere una sia pur limitata proliferazione e, cosa ancor più importante, la migrazione delle cellule staminali verso i tessuti neurali offesi dove, probabilmente in risposta a messaggi ambientali, si sono differenziate in neuroni dopaminergici.
Questa strategia di stimolazione dei meccanismi riparativi interni è stata di recente utilizzata anche da un gruppo di ricerca italiano guidato da Rita Levi-Montalcini su un modello animale di sclerosi multipla. Questa malatattia del sistema nervoso è caratterizzata dalla distruzione della mielina, una sostanza che funge da isolante a protezione delle fibre nervose, e si manifesta in una forma
progressiva di paralisi. Si ritiene che sia una malattia autoimmune e cioè provocata da una abnorme risposta del sistema immunitario che, per ragioni tuttora ignote, riconosce come estranea la mielina e quindi comincia a distruggerla. La ricerca italiana è molto interessante perché, in questo caso, come fattore di stimolazione è stato usato un ormone naturalmente esistente nell' organismo,
l'ormone tiroideo, che è riuscito a risvegliare le cellule staminali nel cervello del topo, ivi comprese
quelle particolari cellule che producono la mielina. I ricercatori italiani progettano ora di ripetere l'esperimento su un modello animale più vicino all'uomo (la scimmia) e, se i dati saranno confortanti, si potrà passare ai primi test sull'uomo.
La seconda strategia punta sulla terapia cellulare e cioè sull'innesto di tessuti o cellule trattate in vitro in modo da indirizzarsi verso lo specifico tipo di cellula neurale richiesto dai vari tipi di malattie neuro degenerative.
Le differenze qui riguardano la fonte dei tessuti e delle cellule. Ho già detto dei tessuti derivati da feti usati nel caso del Parkinson. Questo approccio è stato usato anche nel caso della malattia di Huntington da un gruppo francese operante a Créteil e da un gruppo operante a Tampa (Stati Uniti). I risultati sono incoraggianti, ma contrastanti: nel caso francese sono stati registrati miglioramenti motori e cognitivi in tre dei cinque pazienti trattati, mentre nel caso di Tampa nessuno dei sette pazienti trattati ha mostrato significativi miglioramenti.
Le differenze possono dipendere da tanti fattori (incluso il metodo per preparare e innestare i tessuti), ma in tutti i casi resta il problema già segnalato a proposito del Parkinson e cioè l'esiguo numero di pazienti trattabili a causa della scarsità del materiale per innesti. È per questa ragione che il capo dell'équipe francese, Marc Peshanski, è diventato fautore della ricerca sulle cellule staminali embrionali e, insieme ad altri scienziati, ha avuto un importante ruolo nella recente decisione (ottobre2004) del governo francese di autorizzare l'importazione di linee cellulari dall'estero, inattesa dell' entrata in vigore della nuova legge sulla bioetica che consentirà anche la derivazione di cellule staminali da embrioni crioconservati.
L'approccio che usa cellule staminali embrionali è in forte sviluppo anche nel caso di altre malattie, sia pure ancora nella fase delle prime sperimentazioni su animali. Ad esempio, in una ricerca, ormai pioneristica, compiuta nel 2000 da Oliver Briisde all'Università di Bonn è stato possibile modificare in vitro cellule staminali embrionali di topo per formare alcuni tipi di cellule nervose.
Queste cellule sono state poi iniettate in un altro topo nel quale erano stati provocati danni al midollo spinale ed era paralizzato: la condizione era quella che purtroppo colpisce molte persone in seguito ad incidenti.Le cellule sono riuscite, in parte, a sostituire quelle distrutte. Si è aperta così una grande speranza per tutte le persone paralizzate a seguito di incidenti: negli Stati Uniti, uno dei primi personaggi pubblici a schierarsi a favore della ricerca
è stato l'attore Christopher Reeves, noto per l'interpretazione di Superman, paralizzato per anni a causa di una caduta da cavallo. Reeves è recentemente deceduto, ma la fondazione da lui creata continuerà la sua battaglia per favorire le ricerche in questo campo, che proseguono sia in Europa sia nel resto del mondo con risultati incoraggianti per la cura delle varie malattie del sistema nervoso. Particolarmente interessanti sono le ricerche di Evan Snyder a Harvard (USA), che ha clonato cellule neurali dal cervello di feti umani abortiti e ha sperimentato l'innesto nei cervelli di topi adulti. I risultati sono incoraggianti: le cellule sono riuscite a migrare verso le sedi della malattia (in questo caso la malattia di Tay-Sachs) e a produrvi cellule neurali adulte. Altrettanto
interessante è uno studio pubblicato nel 2002 nel quale è stato possibile ottenere la differenziazione
guidata di cellule embrionali in motoneuroni, che è il tipo di cellula neurale particolarmente colpita nel caso della sclerosi laterale amiotrofica.
Altri gruppi di ricerca, preferendo evitare le problematiche connesse alla sperimentazione sugli embrioni e sui feti, si sono rivolti alle cellule staminali neurali tratte dal cervello adulto e alle cellule neurali ottenute sfruttando la «plasticità» delle cellule del midollo osseo.
Un interessante esperimento del primo tipo è stato portato a termine da un gruppo italiano guidato da Gianvito Martino e Angelo Vescovi presso l'Ospedale San Raffaele di Milano ed ha avuto come bersaglio la sclerosi multipla. In un modello animale sono state iniettate cellule neurali (o, meglio, precursori multipotenti di cellule neurali) prelevate da un cervello adulto e si è potuto
osservare la loro integrazione nelle aree danneggiate e la loro differenziazione in cellule neurali adulte.
Quanto al secondo approccio, sebbene i dati scientifici siano ancora molto contraddittori, il suo interesse clinico è notevolissimo: le cellule staminali del midollo osseo sono facilmente accessibili e quindi la possibilità di usarle per la cura delle malattie del cervello è effettivamente di grande interesse. Da circa due anni è in atto in Italia, presso
due ospedali di Torino, una sperimentazione clinica che usa una particolare popolazione di cellule staminali del midollo osseo (le cellule mesenchimali) per il trattamento della sclerosi laterale amiotrofica. I primi risultati clinici, resi noti nell'ottobre del 2004, hanno evidenziato
in quattro dei sette pazienti trattati un qualche rallentamento nel progredire di questa terribile malattia e questo ha fatto nascere la speranza di essere sulla strada giusta. I medici e i ricercatori interessati sono tuttavia molto cauti sul significato di questi dati, sia per l'esiguo numero di pazienti trattati, sia perché non è stato possibile individuare esattamente il meccanismo che ha
prodotto il miglioramento.
Come si vede, il panorama delle ricerche è vasto e tutte le fonti di cellule staminali vengono studiate e saggiate. Tuttavia, come notano gli autori di un'accurata analisi degli studi in questo settore apparsa su «Nature Medicine» del luglio 2004, restano formidabili problemi da risolvere prima di avere un approccio affidabile alle malattie neurodegenerative. C'è da fare ancora molta ricerca di base per ottenere, nella quantità desiderata, i vari tipi di cellule coinvolti nelle differenti malattie;
e restano da effettuare molte altre sperimentazioni su modelli animali sempre più perfezionati per studiare i meccanismi di integrazione anatomica e funzionale delle cellule.
Cellule staminali mesenchimali
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