Le sentenze "additive" e "sostitutive"; le decisioni di accoglimento
"pro futuro"
Tuttavia, il genus delle sentenze interpretative di accoglimento
propriamente intese è stato ben presto abbandonato. Quelle pronunce finivano
infatti per determinare incertezze, non lasciando intendere con la necessaria
precisione quanta parte della disciplina sindacata fosse stata annullata dalla
corte. Con sempre maggiore frequenza, perciò, la corte ha cominciato a
formulare siffatte decisioni con una tecnica legislativa, sotto specie di
emendamenti puntualmente indicativi degli effetti ritenuti illegittimi: il che
ha dato vita alle cosiddette sentenze additive o sostitutive. Le pronunce in
questione rientrano, dunque, alla lettera, fra le sentenze di accoglimento
parziale. Ma ciò non toglie che esse, con tutta evidenza, non svolgano una
funzione caducatoria di determinate parti di testo impugnato. Quella annullata
è solo la parte ideale, ovvero un "precetto implicito". Di più: ad essere
colpita è semplicemente un'omissione del legislatore. Le cosiddette sentenze
sostitutive, per mezzo delle quali la corte non si limita a far cadere
un'esclusione od un vincolo od una mancata previsione di qualsivoglia natura;
bensì modifica esplicitamente il precetto in discussione. Ciò vale per la
sentenza che ha dichiarato l'illegittimità di una norma del codice penale, "nei
limiti" in cui essa attribuiva "il potere di dare l'autorizzazione a procedere
per il delitto di vilipendio della corte costituzionale al ministro di grazia e
giustizia anziché alla corte stessa".
Fino agli ultimi anni si soleva affermare in dottrina che le sentenze
di accoglimento fossero sempre produttive di "precisi, automatici ed
invariabili effetti". Con questo fondamento si negava, perciò, che l'organo
della giustizia costituzionale italiana fosse in gradi di restringere l'ambito
temporale di efficacia degli annullamenti da esso disposti.
Nel più recente periodo la corte ha emesso, però, talune sentenze
additive del tutto peculiari, che nel dispositivo provvedevano appunto a
ridurre gli effetti temporali della dichiarazione di accoglimento. Pronunce del
genere, che rimangono comunque molto rare, sono per altro basate sulla
particolarissima premessa che nei casi in questione si possa ragionare di
un'illegittimità sopravvenuta e non originaria. Al di fuori di siffatte ipotesi
la corte stessa ha invece utilizzato la tecnica della "doppia pronuncia":
consistente nell'assumere una prima decisione d'infondatezza o
d'inammissibilità, la cui motivazione preannuncia però un futuro accoglimento
non appena la questione si dovesse ripresentare.
Parallelamente, per conseguire analoghi scopi l'organo della giustizia
costituzionale si è servito delle cosiddette sentenze additive di principio: in
cui la dichiarazione di parziale illegittimità delle discipline impugnate si
accompagna all'imposizione di nuove misure costituzionalmente indispensabili,
che tuttavia rimangono affidate agli interventi legislativi.