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L'APPLICAZIONE DELLE NORME INTERNAZIONALI ALL'INTERNO DELLO STATO
L'ADATTAMENTO
DEL DIRITTO INTERNO A QUELLO INTERNAZIONALE: Abbiamo visto come si formano le
norme internazionali e quale sia il loro contenuto. Vediamone ora
L'APPLICAZIONE. Essa è affidata in primo luogo ai GIUDICI INTERNI di ciascuno
stato. Il nostro discorso si occupa del diritto italiano. A tal proposito sono
da superare le TEORIE MONISTE E DUALISTE (i primi ritengono che il nostro
ordinamento trovi fondamento dal diritto internazionale; i secondi sostengono
che esso sia originario).
1. PROCEDIMENTO ORDINARIO in cui l'adattamento avviene mediante norme interne
che riformulano quella internazionale e in nulla si distinguono dalle altre
norme interne se non per il motivo per cui vengono emanate (OCCASIO LEGIS).
2. PROCEDIMENTO SPECIALE la norma internazionale non viene riformulata. La
norma interna si limita ad ordinarne l'osservanza rinviando ad essa secondo l'
Art.10 C.
Dal punto di vista internazionale il secondo è preferibile, perché nel caso di
quello ordinario l'interprete ricorre alla norma internazionale solo se vi
siano dubbi circa l'interpretazione della norma interna. Nel caso di
procedimento speciale la cosa è più diretta, si assume direttamente la norma
internazionale e la sua applicazione si sposta dal legislatore all' interprete
direttamente. Tuttavia c'è da dire che il procedimento ordinario è più utile
quando la norma internazionale non sia SELF EXECUTING. Ovvio poi che i due
procedimenti possono COESTISTERE INTEGRANDOSI a vicenda.
Una volta introdotte nell'ordinamento le norme internazionali diventano FONTI
DI DIRITTI E DI OBBLIGHI . Tornando sulla DISTINZIONE FRA SENLF E NON SELF
EXECUTING, abbiamo questo secondo caso quando la norma attribuisce semplici
FACOLTA' AGLI STATI, oppure quando non esistono organi o procedure interne
INDISPENSABILI alla sua applicazione.
Occorre reagire invece a quelle tendenze che basano la distinzione su
motivazioni POLITICHE per non applicare norme indesiderate. Questo vale
soprattutto per i Paesi che rifiutano di applicare una Convenzione sostenendo
il suo contenuto 'vago o indeterminato'. Non esiste principio,
seppure generalissimo, dal quale l'interprete non possa ricavare una
applicazione concreta..
E' poi da respingere l'opinione secondo cui un Trattato che prevede procedure
di conciliazione in caso di mancata o difficoltosa applicazione, sia da
considerare non self executing. Neppure può ritenersi che costituisca un
impedimento la previsione nel Trattato di una CLAUSOLA DI ESECUZIONE, dato che
essa manifesta semplicemente la volontà di dare seguito al Trattato.
Ovviamente le norme internazionali sono utilizzabili all' interno entro i
limiti in cui si VERIFICHI IN CONCRETO
Può darsi che un accordo internazionale eseguito in Italia contenga
DISPOSIZIONI VANTAGGIOSE per uno stato estraneo all' accordo. Questi potrà
invocarle nonostante l'impegno sia stato assunto nei confronti di altri paesi.
Non si tratta di efficacia nei confronti di terzi, ma solo dell' applicazione
della norma internazionale.
Ma, una volta penetrato nell'ordinamento statale, che RANGO occupa il diritto
internazionale nazionalizzato? Tende ad essere quello che corrisponde alla
forza che ha il procedimento , ordinario o speciale, di adattamento.
L'ADATTAMENTO DEL DIRITTO INTERNO ALLA CONSUETUDINE INTERNAZIONALE: questo
avviene a livello costituzionale (Art.
Qual' è il RANGO delle norme internazionali generali nel nostro diritto
interno? Si può ritenere che esso sia SUPERIORE ALLA LEGGE ORDINARIA, che sarà
costituzionalmente illegittima nel caso contrasti con questo. Ma hanno
addirittura un RANGO SUPERIORE ALLA COSTITUZIONE? Premesso che un conflitto fra
norme internazionali e norme costituzionali difficilmente può verificarsi,
parlando l' Art. 10 di 'adattamento dell'ordinamento italiano' e non
di 'subordinazione' , pare che intenda escludere una subordinazione
del diritto costituzionale. Dobbiamo anzi precisare che l' Art.10 salvaguarda i
VALORI FONDAMENTALI e non voglia quindi un' esecuzione del diritto
consuetudinario fino alla rottura di detti valori. I giudici potranno
rifiutarsi, senza un previo intervento della Corte Costituzionale.
L'ADATTAMENTO
DEL DIRITTO INTERNO AI TRATTATI: La giurisprudenza è univoca nel ritenere che
l' Art.
E SE MANCA L'ORDINE DI ESECUZIONE CHE VALORE HA IL TRATTATO? Il problema si
pone limitatamente ai TRATTATI IN F.S. e in tutti gli altri casi in cui un
accordo vincoli sul piano internazionale l' Italia, ma non si sia provveduto ad
eseguirlo all' interno.
PASSIAMO AL PROBLEMA DEL RANGO che nel sistema delle fonti occupa l'atto
normativo in cui l'ordine di esecuzione è contenuto. L' ipotesi più frequente è
quella di LEGGE ORDINARIA. Trattati e legge ordinaria occupano quindi lo stesso
rango (conseguenze: 'lex posterior derogat priori') oppure c'è una
prevalenza sulla legge ordinaria? E' da escludere una prevalenza fondata sull'
Art.10 C. Si era sostenuto che, una volta eseguito il Trattato, il legislatore
non avrebbe potuto violarlo senza violare indirettamente l' Art. 10, ma questa
tesi non è stata condivisa dalla giurisprudenza che ha inteso sottrarre i
Trattati dall' applicazione dell' Art. 10, cosicché si ritiene che i rapporti
fra legge ordinaria e legge che esegue il Trattato siano sottoposti alle regole
sulla normale successione delle leggi nel tempo. Nel solco tracciato dalla
GIURISPRUDENZA AMERICANA E SVIZZERA si era posta la prevalenza del Trattato
sulla legge. Il Trattato sarebbe sorretto, nell' ordinamento interno, da una
DUPLICE VOLONTA' NORMATIVA: a) che certi rapporti siano disciplinati come li
disciplina la norma internazionale; b) che gli impegni assunti verso altri
stati siano rispettati. Per far prevalere la legge posteriore bisogna che
entrambe le volontà siano annullate. Una modifica delle norme di adattamento al
Trattato per semplice incompatibilità con una legge posteriore non è
ammissibile. La volontà del legislatore di VENIRE MENO AGLI IMPEGNI
INTERNAZIONALI può ricavarsi in modo implicito solo quando l'oggetto dell' obbligazione
e quello della norma interna COINCIDANO PERFETTAMENTE sia nella materia che nei
soggetti. Quindi vale il PRINCIPIO DI SPECIALITA' SUI GENERIS dei Trattati
rispetto alla legge interna: la norma internazionale prevale fino a quando non
si dimostri la volontà della norma interna di venire meno agli impegni
internazionali. Le norme patrizie immesse possono quindi essere sottoposte a
controllo costituzionale ed annullate se violano la costituzione.
L'ADATTAMENTO AD UN TRATTATO IMPLICA ANCHE L'ADATTAMENTO ALLE FONTI DA ESSO
PREVISTE? In particolare nell' esempio di un Trattato istitutivo di una
ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE. Le decisioni di questa diventano vincolanti per
il nostro stato? Può darsi anzitutto che il Trattato preveda ESPRESSAMENTE la
diretta applicabilità (es. regolamenti emanati dalla CE). Quindi saranno
direttamente applicabili. Quando invece NULLA DISPONE, il problema verrà
risolto alla luce dell' ordinamento interno.
L'ADATTAMENTO
DEL DIRITTO INTERNO A QUELLO COMUNITARIO: Questo ha seguito una strada diversa
rispetto all' adattamento con le norme dei comuni Trattati. Si è arrivati
infatti ad assicurare alle norme COMUNITARIE UNA PREVALENZA SULLE NORME
INTERNE. Vediamo COME (1) ha luogo l'adattamento e poi il RANGO (2) che queste
assumono nell'ordinamento interno:
1) COME: per effetto dell' ordine di esecuzione non solo hanno acquistato forza
giuridica le norme del Trattato CE, ma anche i REGOLAMENTI CE (Art. 189
Trattato CE che parla di 'diretta applicabilità). Questa diretta
applicabilità non comporta una violazione della Costituzione, perché deve
intendersi come IMPLICITAMENTE AMMESSA tramite l' Art.
E PER QUANTO CONCERNE LE DIRETTIVE E LE DECISIONI? Queste norme non sono
oggetto di mero rinvio da parte dell' ordinamento interno, ma vengono da questo
INTEGRALMENTE RIFORMULATE. E' comunque da escludere che direttive e decisioni
siano del tutto inapplicabili prima dei provvedimenti interni di
riformulazione/esecuzione. La loro obbligatorietà è LIMITATA AL RISULTATO. Si
tratta quindi di stabilire quali effetti costituiscono un corollario all'obbligo
di risultato (producendosi direttamente) e quali solo in seguito all' atto di
esecuzione. CONFORTI: regolamenti, direttive e decisioni sono tutti sullo
stesso piano, direttamente applicabili MA la direttiva ESSENDO INCOMPLETA PER
DEFINIZIONE può produrre immediatamente solo gli effetti conciliabili con
l'obbligo di risultato.
Tale dirittezza è stata sostenuta anche dalla Corte Giustizia, come nel caso
dell' EFFICACIA DIRETTA VERTICALE in base alla quale gli individui possono
invocare innanzi ai giudici nazionali il rispetto della direttiva. Ricordiamo
che questo vale anche per il RISARCIMENTO DEL DANNO provocato ai singoli dalla
mancata attuazione di una direttiva da parte dello stato (vedi caso
'Francovich'). NON C'E' L'EFFICACIA DIRETTA ORIZZONTALE , anche se
sembra assurda la distinzione fra 'applicabilità diretta', propria
dei regolamenti, e 'effetti diretti', propri delle direttive. Non si
vede perché applicare due pesi e due misure.
L'efficacia diretta è stata riconosciuta anche alle DECISIONI e agli ACCORDI
conclusi dalla CE con gli stati terzi.
2) RANGO: Sul
punto
L'ultima questione è se LE NORME DEI TRATTATI E DELLA LEGISLAZIONE CE POSSANO
ESSERE SOTTOPOSTI AL CONTROLLO DI COSTITUZIONALITA'.
ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE E COMPETENZA DELLE REGIONI: Il problema è quello del coordinamento del diritto internazionale con quelle materie che nel diritto interni formano oggetto di legislazione regionale. La maggioranza della dottrina concorda sul fatto che ad immettere il diritto internazionale è pur sempre lo stato nel suo potere centrale. Principio pacifico è quello del RISPETTO DEGLI OBBLIGHI INTERNAZIONALI assunti dallo stato da parte della Regione. La legge regionale contraria è costituzionalmente illegittima. Le Regioni, anche se autonome, non hanno poteri sovrani. Non ci pare vi siano ulteriori limiti. PER QUANTO CONCERNE I TRATTATI, allo stato la loro esecuzione, alle Regioni l'emanazione della normativa integrativa e di specificazione. All' inizio legislatore e Corte Costituzionale partivano dall' idea che tutto ciò che riguardasse l'applicazione del diritto internazionale fosse di competenza dello stato in quanto 'affari esteri'. Ma come evitare che in certe materie le Regioni fossero spogliate delle loro competenze? Le Regioni vi avrebbero potuto partecipare solo mediante delega del potere centrale. La posizione della Corte si è oggi modificata nel senso di riconoscere la competenza autonoma e originaria alle regioni evitando che esse siano alla mercé degli organi centrali. Ma d'altro canto continua il limite del rispetto degli obblighi internazionali.. E previsto il potere sostitutivo dello stato in caso di 'urgenza' (limite incerto ed elastico).
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