I regolamento del potere esecutivo
La carta costituzionale non ha inteso riservare al capo dello stato
l'emanazione di tutti i regolamenti dell'esecutivo; bensì ha ribadito che
compete al presidente della repubblica conferire la forma del decreto
presidenziale a quei regolamenti governativi, deliberati dal consiglio dei
ministri, i quali venivano emanati dal re nel periodo statutario ed in quello
fascista. Fermo rimane che quella del regolamento è una denominazione comune ai
più vari atti normativi del potere esecutivo non aventi forza di legge: atti
adottabili ed emanabili non solo dal governo e dal capo dello stato, ma da
tutte le altre autorità che si vedano attribuita dalle leggi una qualche potestà
regolamentare. Restano fermi in particolar modo i regolamenti ministeriali,
adottabili ed emenabili da un singolo ministro, senza una previa delibera del
consiglio dei ministri. C'è oggi da chiedersi se spetti ancora al governo
quella generale competenza a deliberare norme regolamentari. Vari
costituzionalisti ammettono cioè che il governo eserciti la potestà
regolamentare a prescindere dalle puntuali attribuzioni legislative del potere
stesso. Per contro un'opposta corrente di dottrinale ammette che il governo
deliberi autonomamente i regolamenti di mera esecuzione delle leggi; mentre i
cosiddetti regolamenti indipendenti non sarebbero effettivamente tali, perché
il principio di legalità precluderebbe la loro adozione al di fuori delle
ipotesi espressamente prefigurate. Da ultimo la legge disciplinante l'attività
di governo ha fatto propria la prima tesi, statuendo che i regolamenti
governativi sono senz'altro competenti, oltre che a considerare l'esecuzione e
l'attuazione delle leggi, anche a riordinare "le materie in cui manchi la
disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge. È stato già
ricordato che la legge n. 100 prevedeva tre specie di regolamenti: quelli di
esecuzione delle leggi; quelli indipendenti; quelli di organizzazione; ai quali
si aggiungevano o cosiddetti regolamenti delegati.
Circa i regolamenti "delegati" è stato già notato che non si trattava
di fonti equiparate alla legge, e questo assunto è più che mai fondato
nell'attuale sistema, giacché la costituzione non consente alla legge ordinaria
di istituire fonti "concorrenziali". Tuttora però tali normative vengono
eccezionalmente abilitate a derogare ai limiti della potestà regolamentare. In
particolar modo non è più dato alle normative stesse di intervenire liberamente
in materie riservate alla legge. Rimane allora aperta la sola eventualità che i
regolamenti delegati siano autorizzati a derogare alle leggi previdenti od
anche a sostituirsi ad esse, nella disciplina di materie non riservate,
effettuando la cosiddetta delegificazione. Nel configurare queste ipotesi, la
legge n. 400 ha previsto due ordini di garanzie: primo che le leggi da
sostituire o da derogare vengano puntualmente indicate dalla legge di
autorizzazione; secondo che resti comunque indispensabile la predeterminazione
in via legislativa delle "norme generali regolatrici della materia".
Del tutto a sé stante era infine il caso dei decreti presidenziali di
recezione delle norme risultanti dagli accordi sindacali per il pubblico
impiego; deve ritenersi incontestabile che si trattasse di particolarissimi
regolamenti governativi e non di atti con forza di legge.